Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 30768 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 30768 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 257/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo
studio dell’avvocato NOME COGNOME che l a rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BRESCIA n. 1192/2020 depositata il 09/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/06/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La presente controversia, per quel che qui rileva, trae origine dal decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Bergamo nei confronti, tra gli altri, della signora NOME COGNOME nella sua qualità di garante di RAGIONE_SOCIALE, per il pagamento dell’importo di 1.073.317,14 a favore della banca Unicredit s.p.a.
Proponeva opposizione NOME COGNOME disconoscendo la sottoscrizione apposta in calce alla fideiussione omnibus, del 10 marzo 2009, prodotta da Unicredit e, in via riconvenzionale, chiedeva il risarcimento per i danni subiti ex artt. 2043 -2049 c.c. in conseguenza della illegittima segnalazione alla centrale rischi della Banca d’Italia.
Il Tribunale di Bergamo, con sentenza n. 450/2017, rigettava tutte le domande relative al disconoscimento delle firme ma riteneva fondata la domanda riconvenzionale della Marzoli nei confronti di Unicredit relativa alla cancellazione del suo nominativo dalla Centrale dei Rischi della Banca di Italia.
La Corte d’appello di Brescia, con la sentenza n. 1192 del 9 novembre 2020, ha confermato la sentenza impugnata e rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME.
Propone ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base di sette motivi.
Resistono con controricorso sia Unicredit sia RAGIONE_SOCIALE la quale ultima ha depositato anche memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
5.1. Con il primo motivo la ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., per carenza della motivazione avendo la Corte d’appello respinto le sue eccezioni, già illustrate con l’opposizione al decreto ingiuntivo in modo puntuale, con un mero rinvio per relationem alla sentenza di prime cure (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.).
5.2. Con il secondo motivo di ricorso denuncia, ancora, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., in quanto il giudice del gravame avrebbe condiviso, con una motivazione solo apparente, la statuizione del Tribunale sulla natura di fideiussione a prima richiesta della garanzia per cui è causa, con conseguente preclusione per la ricorrente dal poter proporre eccezioni. E ciò, perché si tratterebbe di conclusione illogica, immotivata e ingiusta, al punto da non rendere percepibile il fondamento della decisione (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.).
5.3. Con il terzo motivo denunzia nullità della sentenza impugnata sempre per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., relativamente alla qualificazione della fideiussione de qua come a prima richiesta per mancanza di esaustiva motivazione. Inoltre, insiste per vedere riconosciuta la violazione dell’art. 119 TUB e, quindi, il suo diritto ad acquisire la documentazione richiesta (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.).
5.4. Con il quarto motivo denunzia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., lamentando che la sentenza impugnata sarebbe non esaustiva nei passaggi motivazionali in punto di tardività dell’eccezione sollevata dalla signora COGNOME ex art. 38 d.lgs. n. 358/93 e di superamento del limite di finanziabilità del credito azionato (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.).
5.5. Con il quinto motivo denunzia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., non avendo indicato, in modo esauriente, i passaggi motivazionali impiegati per giungere al rigetto dell’eccezione di nullità del contratto di mutuo, sollevata dall’appellante ex art. 1418 c.c., per carenza di causa. Tale eccezione sarebbe stata liquidata in poche righe e con un mero e vago richiamo per relationem .
5.6. Con il sesto motivo denunzia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., non risultando nell’impugnata sentenza evincibile il ragionamento seguito dalla c orte d’appello in ordine al calcolo dell’interesse bancario applicato, ravvisato non anatocistico (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.).
5.7. Con il settimo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., ancora perché la Corte non avrebbe motivato in modo esaustivo la statuizione sulla validità della fideiussione rilasciata in data 25 febbraio 2010, tralasciando completamente di considerare che uno dei due titoli su cui si fondava l’ingiunzione era falso (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.).
5.8. i motivi, che possono essere congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono inammissibili.
Le censure di parte ricorrente, per come articolate, sono sussumibili nella fattispecie di cui all’art. 132, 2 comma n. 4, c.p.c. Sul punto, a partire dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 8053/2014 è stato affermato il principio secondo cui si può parlare di vizio di omessa, carente, contraddittoria e insufficiente motivazione solo quando sia manchevole graficamente o perplessa od oggettivamente incomprensibile o ancora manifestamente contraddittoria, a condizione che detti vizi emergano dalla obiettiva lettura della decisione impugnata, senza che sia possibile ricavarli da altri elementi, con conseguente esclusione di rilevanza del difetto di sufficienza della motivazione (cfr. Cass. civ., Sez. lav., Ord., 12 aprile 2024, n. 9943; Cass. civ., Sez. I, Ord., 11 aprile
2024, n. 9776; Cass. civ., Sez. II, Ord., 31 marzo 2022, n. 10525; Cass. civ., Sez. II, Ord., 30 luglio 2021, n. 21937; Cass. civ., Sez. VI, 11 agosto 2021, n. 22698).
Nel caso di specie la corte di merito ha motivato l ‘adottata decisione in modo adeguato e rispettoso del principio del c.d. minimo costituzionale, dal momento che, dopo aver ricostruito i punti nodali del contenzioso (cfr. pp. 8-14 sentenza impugnata n. 1192/2020), ha spiegato le ragioni del suo convincimento, condividendo espressamente le statuizioni del primo giudice, sia con riferimento alla eccepita invalidità del contratto di mutuo, sia relativamente alla natura della garanzia a prima richiesta rilasciata dalla signora NOME COGNOME sia in merito alla richiesta di risarcimento danni per violazione dell’art. 119 TUB, nonché con riguardo alle ragioni di rigetto della consulenza tecnica d’ufficio (cfr. pp. 14-23 sentenza impugnata n. 1192/2020). Sul punto, osserva il collegio come i diversi passaggi che compongono la decisione impugnata sono chiari e consequenziali, nel senso che la Corte territoriale ha dato conto dei dati istruttori e degli atti del processo, argomentando in relazione alle intervenute preclusioni processuali, per tardività e mancanza di specificità delle eccezioni sollevate dall’appellante, nonché rispetto ai parametri giuridici coerenti con i consolidati principi in materia di questa Corte.
Rileva inoltre il collegio, con specifico riferimento alla dedotta apparenza della motivazione, come anche questa non sia rinvenibile nel caso di specie.
In proposito, infatti, le Sezioni unite, nella medesima sentenza n. 8053/2014, hanno chiarito che detta ipotesi richiede che la motivazione presenti vizi logici, lacune o aporie che la inficiano al punto da renderne apparente il supporto decisorio. E ciò, perché difetti talmente gravi da dover ‘essere desumibili dallo stesso tessuto argomentativo attraverso cui essa si sviluppa, e devono comunque essere attinenti ad una quaestio facti (dato che in ordine
alla quaestio juris non è nemmeno configurabile un vizio di motivazione)’, restando estranea, rispetto ai compiti di controllo di questa Corte, ‘una verifica della sufficienza e della razionalità̀ della motivazione sulle quaestiones facti , la quale implichi un raffronto tra le ragioni del decidere adottate ed espresse nella sentenza impugnata e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito’ (cfr., da ultimo, Cass. civ., Sez. lav., Ord., 15 maggio 2024, n. 13488; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 12 aprile 2024, n. 9943; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 11 luglio 2022, n. 21931; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 28 giugno 2022, n. 20782).
Nel caso di specie, come si è detto, le motivazioni addotte dalla Corte di merito sono tutte linearmente indirizzate nel senso di escludere che i dati istruttori analizzati fossero sufficienti a rivedere la decisione di primo grado, in accoglimento delle censure dell’appellante, per cui non può proprio parlarsi di motivazione apparente.
A ben vedere, dietro l’esteriore deduzione della nullità della sentenza, v’è la richiesta della rivalutazione dei fatti, al fine di suscitare in cassazione un nuovo giudizio di merito, in contrapposizione a quello formulato dalla Corte di appello e, prima di essa, dal Tribunale. Quando, invece, come noto un simile accertamento, così come la valutazione delle risultanze istruttorie, è attività riservata al giudice del merito, al quale compete non solo vagliare le prove, ma anche scegliere quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi. Scelta anch’essa insindacabile in sede di legittimità, perché in contrasto con i caratteri morfologici e funzionali propri di tale giudizio (v. Cass. civ., Sez. I, Ord., 29 febbraio 2024, n. 5375; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 19 febbraio 2024, n. 4370; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 30 gennaio 2024, n. 2745; Cass. civ., Sez. III, Ord., 18 gennaio 2024, n. 2009; Cass. civ., Sez. III, Ord., 29 dicembre 2023, n. 36393;
Cass. civ., Sez. III, Ord., 18 dicembre 2023, n. 35375; Cass. civ., Sez. I, Ord., 6 novembre 2023, n. 30878).
Quanto sopra, dunque, impedisce a questa Corte di riesaminare e valutare autonomamente il merito della controversia de qua, evidenziando, nell’ambito dei suoi poteri di controllo, sotto il profilo logico-formale, la correttezza giuridica della valutazione compiuta dal giudice del merito.
Le considerazioni sopra svolte hanno evidentemente carattere dirimente, in ogni caso, rileva questo collegio la correttezza di una motivazione resa per relationem , costituendo principio consolidato quello secondo cui : ‘la sentenza d’appello può essere motivata per relationem a quella di prime cure, purché il giudice dia conto, anche solo sinteticamente, delle ragioni della conferma in riferimento ai motivi di impugnazione proposti, ovvero dell’identità delle questioni prospettate in sede di gravame rispetto a quelle già esaminate in primo grado, in modo tale che dalla lettura di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente; va, invece, cassata la decisione con cui il giudice d’appello si sia limitato ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico, senza alcuna valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame’ (v. ex multis , Cass. civ., Sez. V, Ord., 22 maggio 2024, n. 14283; Cass. civ., Sez. V, Ord., 28 febbraio 2024, n. 5344; Cass. civ., Sez. II, Ord., 13 febbraio 2024, n. 3977; Cass. civ., Sez. I, Ord., 12 ottobre 2023, n. 28448 Cass. civ., Sez. V, Ord., 30 gennaio 2023, n. 2763).
Nella fattispecie, la Corte territoriale ha reso una decisione per relationem rispettosa dei suddetti principi, emergendo da essa un’esposizione sufficientemente congrua delle ragioni di fatto e di diritto su cui è fondata, esplicitando anche il ragionamento critico volto a giustificare l’adesione a talune ragioni di diritto della pronuncia di primo grado piuttosto che ad altre (pag. 16 e ss sentenza impugnata).
Pertanto, anche la doglianza sul punto non può trovare accoglimento.
6.1. Con l’ottavo motivo di ricorso censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., avendo la Corte d’appello ‘omesso di esaminare approfonditamente e con la giusta cognizione di causa i fatti comprovati dal compendio documentale utili a far emergere gli errori presenti nella sentenza oggetto di impugnazione’ (cfr. p. 23, ricorso principale). Contesta la decisione anche per aver respinto la richiesta di consulenza tecnica d’ufficio, ritenuta esplorativa, quando invece sarebbe stata conferente e necessaria per consentire alla stessa signora COGNOME di provare l’illiceità dei tassi di interessi applicati al caso de quo.
Il motivo è inammissibile.
Nella specie, infatti, ricorre l’ipotesi di c.d. ‘doppia conforme’, prevista dall’art. 348 ter , quarto e quinto comma, c.p.c., applicabile ratione temporis , non avendo la ricorrente, per evitare l’inammissibilità del motivo dedotto, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrandone la diversità tra loro (v. ex multis , da ultimo, Cass. civ., Sez. V, Sent., 11 giugno 2024, n. 16271; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 4 giugno 2024, n. 15602; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 17 maggio 2024, n. 13767; Cass. civ., Sez. V, Ord., 10 maggio 2024, n. 12886; Cass. civ., Sez. III, Ord., 30 aprile 2024, n. 11603).
7. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore delle controricorrenti, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 11.200,00, di cui euro 11.000,00 per onorari,
oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente Unicredit; in complessivi euro 12.200,00, di cui euro 12.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza