Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3520 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3520 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/02/2024
ORDINANZA
OGGETTO:
indegnità a succedere
R.G. 10902/2023
C.C. 24-1-2024
sul ricorso n. 10902/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato in Roma presso l’AVV_NOTAIO, nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrente
contro
COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con indirizzo pec EMAIL
contro
ricorrente
nonché contro
COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOME
intimati avverso la sentenza n. 433/2023 della Corte d’appello di Bologna depositata il 27-2-2023
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24-12024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.La sentenza n. 433/2023 pubblicata il 27-2-2023 della Corte d’appello di Bologna, in integrale riforma della sentenza n. 591/2018 del Tribunale di Reggio Emilia, accogliendo l’appello di NOME COGNOME, ha rigettato la domanda di NOME COGNOME volta a ottenere la dichiarazione di indegnità di NOME COGNOME a succedere a NOME COGNOME.
La sentenza ha considerato che il Tribunale di Reggio Emilia nella sentenza di primo grado aveva dichiarato la nullità del testamento olografo di NOME COGNOME per mancanza di autografia e aveva individuato il soggetto che aveva falsificato il testamento olografo in NOME COGNOME, la quale era stata di conseguenza dichiarata indegna a succedere ex art. 463 co. 1 n. 6 cod. civ. esclusivamente sulla base delle risultanze della consulenza grafologica d’ufficio, contestate da NOME COGNOME anche producendo perizia di parte. Ha dichiarato che, pure a prescindere dai rilievi che il consulente di parte aveva formulato alla c.t.u., non si potevano non riconoscere i limiti dell’esame grafologico, fondato sull’empirica osservazione che la scrittura di ogni soggetto è unica e irripetibile; ha aggiunto che nella fattispecie il giudizio del c.t.u. suscitava perplessità, laddove aveva dichiarato che il confronto del testamento olografo con la grafia di NOME COGNOME aveva mostrato rilevanti concordanze, per la genericità del giudizio, nonché laddove aveva dichiarato che le differenze erano costituite da accentuazioni ed esasperazioni formali intenzionali. Ha evidenziato come non fosse dato sapere quale fosse l’interesse di NOME COGNOME alla falsificazione del testamento olografo del padre, in quanto unica beneficiaria delle disposizioni era la moglie del de cuius e madre delle parti NOME COGNOME; nell’atto di citazione l’attore NOME COGNOME aveva dedotto che nell’asse ereditario vi era la quota di maggioranza di RAGIONE_SOCIALE MAC 3, tale quota era stata assegnata alla madre, la quale unitamente alla figlia aveva assunto il controllo e l’amministrazione
della società, ma tale tema di indagine non era stato oggetto di approfondimenti istruttori.
2.Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso affidato a due motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Sono rimasti intimati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, rispettivamente madre e NOME delle parti costituite, ai quali il ricorso è stato ritualmente notificato a mezzo posta e personalmente, ai NOME COGNOME in quanto contumaci nel grado di appello e a NOME COGNOME in quanto risulta deceduto il difensore domiciliatario in secondo grado.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e a ll’esito della camera di consiglio del 24-1-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo, ‘ violazione ed errata applicazione delle seguenti norme di diritto; art. 360 c.p.c. comma 1 n. 4 in relazione all’art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c.’ , il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata si sia limitata a commentare alcuni passaggi della relazione peritale, omettendo completamente di esprimere le ragioni tecniche del proprio dissenso, dichiarando che il giudizio del c.t.u. era generico e priv o di rigore scientifico, ma senza spiegare null’altro. Evidenzia che le scarne e ingiustificate critiche all’elaborato del c.t.u. sono state svolte solo nei confronti delle conclusioni, senza alcuna osservazione, critica o confutazione all’indagine contenuta nel corpo dell’indagine , eseguita in modo approfondito; quindi lamenta che non sia stata fornita una motivazione critica, ma sia stata svolta una critica scarna del tutto arbitraria e infondata, oltre che generica.
2.Con il secondo motivo, ‘ violazione ed errata applicazione delle seguenti norme di diritto; art. 360 c.p.c. comma 1 n.3 e 5 anche in relazione all’art. 115 c.p.c.’ , il ricorrente lamenta che sia stato
totalmente omesso l’esame di fatto storico la cui esistenza risulta dagli atti processuali, che è stato oggetto di discussione tra le parti e ha carattere decisivo, riferito alla falsità del testamento. Rileva che tale fatto, se fosse stato esaminato, avrebbe dovuto essere messo in relazione con l’avvenuta falsificazione p er mano di chi vi aveva interesse all’interno della cerchia familiare , nonché al fatto che la moglie del de cuius unitamente alla figlia NOME avevano poi assunto il controllo e l’amministr azione della società; evidenzia che tali fatti erano stati ammessi dalla stessa convenuta NOME COGNOME, la quale aveva dichiarato di rivestire il ruolo di Presidente in RAGIONE_SOCIALE
3.Il primo motivo di ricorso, diversamente da quanto sostenuto dalla controricorrente, è ammissibile, in quanto individua in modo preciso il vizio imputato alla sentenza impugnata, di nullità ex art. 360 co.1 n. 4 cod. proc. civ. per violazione dell’art. 132 co.2 n. 4 cod. proc. civ. e svolge gli argomenti specificamente finalizzati a sostenere la censura.
Il motivo è fondato, facendosi applicazione del principio ormai consolidato secondo il quale, a seguito della riformulazione dell’art. 360 co.1 n.5 cod. proc. civ. disposta dall’art. 54 d.l. 83/2012 conv. in legge 134/2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111 co. 6 Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili o risulti perplessa e obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; in tale caso si concreta nullità deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 co.1 n. 4 cod. proc. civ. per violazione dell’art. 132 co. 2 n. 4 cod. proc. civ. (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01, Cass. Sez. 6-3 25-9-2018 n. 22598 Rv. 650880-01, per tutte). La
motivazione è apparente allorché, benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a fare conoscere il ragionamento svolto dal giudice per formare il proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie e ipotetiche congetture (Cass. Sez. U 30-1-2023 n. 2767, Cass. Sez. U 3-11-2016 n. 22232 Rv. 641526-01, Cass. Sez. 6-1 1-3-2022 Rv. 664061-01, Cass. Sez. 6-5 23-5-2019 n. 13977 Rv. 654145-01). La motivazione è perplessa allorché è obiettivamente incomprensibile, e cioè non è idonea a fare emergere la ratio decidendi, per essere basata su elementi irrilevanti o su notazioni che, essendo prive di riscontri processuali, abbiano la loro fonte nella mera opinione del giudice, cosicché il relativo giudizio risulti privo di conclusione razionale (Cass. Sez. 1 6-7-2020 n. 13944 Rv. 658241-01, Cass. Sez. 1 4-92004 n. 17895 Rv. 576713-01, Cass. Sez. U 31-3-1971 n. 936 Rv. 350858-01).
Nella fattispecie la motivazione è apparente laddove la Corte d’appello, premesso che l’esame grafologico poggia su elementi che non appartengono a scienza esatta, dichiara di porre alla base delle sue considerazioni i principi posti da Cass. Sez. L 2-2-2009 n. 2579 e Cass. Sez. 1 28-4-2005 n. 8881 sulla limitata consistenza probatoria della consulenza grafologia; ciò perché, nonostante questi stessi precedenti richiedano che il giudice fornisca adeguata giustificazione del proprio convincimento e valuti i risultati della consulenza grafologica in relazione agli altri elementi a disposizione, la sentenza non fornisce tale giustificazione, ma si risolve nel negare in modo incomprensibile qualsiasi valenza probatoria all’indagine grafologica. Infatti, la sentenza ha proseguito dichiarando che ‘suscita non poche perplessità’ il giudizio espresso dal c.t.u. sulle concordanze tra la scrittura del testamento olografo oggetto di verifica e la scrittura di
NOME COGNOME, in quanto ‘balza, invero, evidente la genericità del giudizio espresso dall’ausiliare, indubbiamente ri velatrice di carenza di rigore scientifico’; ha aggiunto , con riguardo al giudizio sulle discordanze delle scritture, ‘lascia, ancora, maggiormente perplessi la seguente apodittica affermazione’. In questo modo la motivazione, anche dichiaratamente perplessa, si è limitata a prendere in esame le conclusioni del consulente d’ufficio sulle concordanze e differenze tra le grafie, esprimendo un giudizio di ‘perplessità’ che risulta obiettivamente incomprensibile perché, in quanto tale, dimostra di non avere avuto elementi sufficienti a fondare e argomentare l’affermazione dell’erroneità o almeno inattendibilità delle conclusioni del consulente d’ufficio , che invece sarebbe stata necessaria a fronte della sentenza di primo grado che quelle conclusioni aveva recepito; per questo il giudizio appare esclusivamente il frutto di suggestione fondata sul le caratteristiche proprie dell’esame grafologico e non il risultato di una compiuta valutazione dell’indagine svolta dal consulente d’ufficio e di tutti gli elementi probatori a disposizione. Per di più, l’affermazione sulla ‘perplessità’ è stata fondata su una ‘evidente genericità’ del giudizio del consulente d’ufficio che, diversamente da quanto affermato dalla sentenza, avrebbe potuto emergere soltanto se la sentenza avesse dimostrato di avere preso in esame l’analisi svolta dal consulente d’ufficio , e perciò non limitandosi a richiamare esclusivamente le sue conclusioni sintetiche al fine di lamentarne il carattere apodittico. Infatti, la sentenza non dichiara che le ‘rilevanti concordanze di ordine sostanziale e automatizzato’, le ‘similarità specifiche e dettagliate’ tra le scritture, così come le ‘accentuazioni ed esasperazioni formali’ , richiamate nel giudizio conclusivo del consulente d’ufficio e quindi non generiche in quanto tali, non fossero state individuate e descritte analiticamente nell’elaborato ; quindi il giudizio di genericità e di carenza di rigore scientifico risulta
un’opinione che non dimostra di essersi realmente confrontata con il contenuto della consulenza d’ufficio e con il dato che, sulla base di quell’ indagine tecnica, era stata dichiarata la falsificazione del testamento con pronuncia anche passata in giudicato.
Le successive affermazioni della sentenza risultano a loro volta irrimediabilmente perplesse, laddove dichiara che sarebbe stato opportuno ‘ approfondire il tema ‘ del rapporto tra la madre beneficiaria del testamento falsificato e la figlia con riferimento alla gestione della società la cui quota di maggioranza in forza del testamento era stata assegnata alla madre; ciò perché tale notazione è svolta dopo avere riportato il passo dell’atto di citazione nel quale si evidenziava che la madre insieme alla figlia aveva assunto il controllo della società. Quindi la sentenza, affermando la necessità dell’approfondimento del tema , ma non la mancanza di prova sul fatto che la madre e la figlia avessero il controllo della società, presuppone che tale fatto fosse emerso in causa; ciò comporta che, per esplicitare il ragionamento svolto e non esprimere una mera opinione, avrebbe dovuto spiegare in quali termini i fatti emersi fossero irrilevanti o insufficienti al fine di risalire al l’autore della falsificazione del testamento, essendo tale falsificazione un dato di fatto acquisito definitivamente in causa. Sicuramente la spiegazione non è fornita dall’ultima considerazione svolta dalla sentenza, in ordine al fatto che, se fosse stata ritenuta la fondatezza dell’assunto di NOME COGNOME, avrebbe dovuto essere ritenuto anche il concorso della madre nella falsificazione della scheda testamentaria; infatti, il dato che non fosse stata proposta impugnazione al fine di ottenere la dichiarazione di indegnità a succedere della madre non era elemento in sé che incidesse sulla valutazione delle risultanze probatorie.
4.L’accoglimento del primo motivo di ricorso in ragione della nullità per vizio di motivazione nei termini esposti della sentenza impugnata comporta l’assorbimento del secondo motivo di ricorso e impone la
cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di appello di Bologna in diversa composizione, per una nuova decisione sull’appello.
Il giudice del rinvio deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità ex art. 385 co. 3 cod. proc. civ.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione