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Motivazione apparente: Cassazione annulla sentenza

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d’Appello per motivazione apparente. Il caso riguardava la costruzione di un traliccio radioelettrico in presunta violazione delle norme su distanze e altezze. La Suprema Corte ha stabilito che il giudice d’appello non può limitarsi a confermare la decisione di primo grado senza analizzare criticamente i motivi di gravame, rendendo così la motivazione solo apparente e, di conseguenza, la sentenza nulla.

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Sentenza Annullata per Motivazione Apparente: Il Dovere del Giudice di Spiegare

Una recente sentenza della Corte di Cassazione Civile, la n. 10506 del 2025, offre un importante chiarimento su un vizio che può rendere nulla una decisione giudiziaria: la motivazione apparente. Questo principio fondamentale del nostro ordinamento stabilisce che un giudice non può limitarsi a confermare una sentenza precedente senza spiegare adeguatamente il proprio percorso logico-giuridico, soprattutto di fronte a specifiche critiche sollevate in appello. L’analisi del caso concreto ci aiuta a comprendere le implicazioni pratiche di questo vizio procedurale.

I Fatti di Causa: una Controversia tra Vicini

La vicenda ha origine da una disputa tra proprietari di fondi confinanti. Due vicini citavano in giudizio il proprietario di un terreno adiacente, lamentando che quest’ultimo avesse installato un grande traliccio per trasmissioni radioelettriche in violazione delle norme sulle distanze e sulle altezze. Chiedevano, quindi, la rimozione del manufatto e il ripristino della situazione precedente.

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda, ordinando la rimozione. Successivamente, la Corte d’Appello confermava integralmente la decisione, rigettando il gravame proposto dal proprietario del traliccio.

I Motivi del Ricorso e la questione della Motivazione Apparente

Insoddisfatto, il proprietario del manufatto proponeva ricorso in Cassazione, basandolo su sette diversi motivi. Tra questi, spiccavano due censure fondamentali che la Suprema Corte ha ritenuto meritevoli di accoglimento.

Il ricorrente lamentava, in primo luogo, la nullità della sentenza d’appello per motivazione apparente. Sosteneva che i giudici di secondo grado si fossero limitati ad aderire acriticamente alle conclusioni del primo giudice e del Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU), senza un proprio percorso logico e senza esaminare i rilievi critici formulati in sede di gravame. In pratica, la Corte d’Appello aveva affermato di condividere “appieno” l’iter logico-giuridico del primo giudice, senza però argomentare nel merito delle contestazioni specifiche sollevate dall’appellante.

In secondo luogo, veniva criticata la decisione della Corte d’Appello di dichiarare inammissibile la produzione di nuovi documenti in secondo grado, applicando erroneamente la normativa processuale sopravvenuta.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa ad un’altra sezione della Corte d’Appello. La Suprema Corte ha ritenuto fondato il motivo relativo alla motivazione apparente. Ha ribadito il suo costante orientamento secondo cui una motivazione è solo apparente quando, pur essendo graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione. Questo accade quando le argomentazioni sono “obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento”. Affermare semplicemente di condividere la decisione precedente, senza confrontarsi con i motivi di appello, non è sufficiente a costituire una motivazione valida.

La Corte ha inoltre accolto il motivo relativo all’errata applicazione dell’art. 345 c.p.c. sulla produzione di nuovi documenti in appello. Ha chiarito che, in base al principio tempus regit actum, al giudizio in questione si applicava la versione della norma precedente alla riforma del 2012. Tale versione consentiva la produzione di nuove prove se ritenute “indispensabili” dal collegio. La Corte d’Appello, invece di valutare l’indispensabilità dei documenti prodotti, li aveva erroneamente dichiarati inammissibili a priori, commettendo un errore di diritto.

Infine, la Cassazione ha ritenuto fondato anche il motivo relativo all’omessa pronuncia su specifiche critiche mosse dall’appellante, evidenziando come la Corte d’appello non avesse minimamente accennato ad alcuni dei motivi di gravame.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio cardine del giusto processo: ogni decisione giurisdizionale deve essere sorretta da una motivazione reale, effettiva e comprensibile, che dia conto del percorso logico seguito dal giudice. Non è ammissibile una motivazione “per relationem”, ovvero un mero rinvio alla sentenza di primo grado, quando la parte appellante ha sollevato specifiche e puntuali critiche. Il giudice d’appello ha il dovere di esaminare tali critiche e di spiegare perché le ritiene infondate. In caso contrario, la sua sentenza è viziata da motivazione apparente e, come in questo caso, destinata ad essere annullata. La causa dovrà ora essere riesaminata da un nuovo giudice, che dovrà attenersi ai principi stabiliti dalla Suprema Corte.

Cos’è la “motivazione apparente” e perché rende nulla una sentenza?
È una motivazione che esiste solo formalmente ma non spiega le ragioni logiche e giuridiche della decisione. Rende nulla la sentenza perché viola l’obbligo del giudice di rendere comprensibile il proprio ragionamento, impedendo alle parti di comprendere la decisione e di esercitare pienamente il diritto di difesa.

È possibile presentare nuovi documenti per la prima volta in appello?
Dipende dalla normativa applicabile al momento dell’inizio del giudizio. Nella versione dell’art. 345 c.p.c. applicabile al caso di specie (antecedente alla riforma del 2012), era possibile ammettere nuovi documenti e mezzi di prova se il giudice li riteneva “indispensabili” ai fini della decisione, con l’obbligo di motivare su tale indispensabilità.

Se un giudice d’appello conferma la sentenza di primo grado, deve comunque rispondere a tutti i motivi di gravame?
Sì. Il giudice d’appello non può limitarsi ad aderire genericamente alla decisione precedente. Deve esaminare specificamente le critiche e le argomentazioni contenute nell’atto d’appello, fornendo una risposta argomentata. L’omessa pronuncia su uno o più motivi di gravame costituisce un vizio della sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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