Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24127 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24127 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/08/2025
ORDINANZA
Sul ricorso R.G.N. 19121/2024
promosso da
NOME COGNOME nato in Senegal, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
– ricorrente –
contro
Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Matera in persona del Prefetto pro tempore e Polizia di Stato – Questura della Provincia di Matera in persona del Questore pro tempore;
– intimati – avverso la sentenza del Giudice di Pace di Matera, pubblicata il 26/06/2024, resa nel procedimento n. 638/2024 R.G., comunicata in pari data; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
letti gli atti del procedimento in epigrafe;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto depositato in data 02/05/2024, notificato in data 07/05/2024 NOME COGNOME ricorreva innanzi al Giudice di Pace di Matera ex art 18 d.lgs. n. 150 del 2011, avverso il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Matera in data 24/04/2024 e notificato in pari data, deducendo: 1) violazione e
mancata applicazione dell’art. 10 bis della l. n. 241 del 1990; 2) violazione di legge ed eccesso di potere per violazione dell’art. 53 , comma 5, d.P.R. n. 445 del 2000 e di ogni altra garanzia a presidio del diritto di difesa del ricorrente, avuto riguardo al contraddittorio e alle garanzie partecipative nel procedimento espulsivo anche con riferimento alla comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 l. n. 241 del 1990; 3) v iolazione dell’articolo 8 CEDU, evocato dall’art. 19, comma 1.1 , d.lgs. n. 286 del 1998.
Gli intimati non si costituivano in giudizio e con la decisione in questa sede impugnata il ricorso è stato respinto, con compensazione delle spese di lite.
Avverso tale decisione il cittadino straniero ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Gli intimati non si sono difesi con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è dedotta l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della decisione impugnata.
Il ricorrente ha, in particolare, affermato che il provvedimento del giudice di pace non ha argomentato in riferimento alle questioni sollevate con la proposizione del ricorso e non ha motivato il rigetto delle stesse, limitandosi ad affermare che il decreto del Prefetto di Matera era legittimo in quanto ha applicato «sia la normativa di cui al T.U. 286/98 sia la Direttiva 2008/115/CE come può desumersi dalla semplice lettura del decreto di espulsione così come notificato allo straniero».
Il cittadino straniero ha evidenziato che la sentenza non ha motivato su nessuno dei motivi posti a fondamento del ricorso, avuto riguardo tanto alla prospettata v iolazione dell’articolo 8 CEDU, evocato dall’art. 19, comma 1.1 , d.lgs. n. 286 del 1998, quanto alle ipotesi di violazione di legge e di eccesso di potere espressamente sollevate, che sono state neppure menzionate, così negando, di fatto, al ricorrente ogni diritto di difesa, in spregio alle garanzie previste dall’ordinamento costituzionale ed eurounionale.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione ed errata applicazione dell’art. 13 e ss. d.lgs. n. 286 del 1998, poiché il Giudice di Pace
è chiamato ad accogliere o rigettare il ricorso, decidendo con unico provvedimento adottato, in ogni caso, entro 20 giorni dalla data di deposito del ricorso stesso, mentre, nel caso di specie, il ricorso è stato depositato il 03/05/2024 ed iscritto al n. 638/2024 R.G., ma la decisione è stata comunicata in data 26/06/2024.
Il primo motivo è fondato sia pure nei limiti di seguito indicati.
2.1. Occorre precisare che il ricorrente, nella rubrica del motivo, senza menzionare la norma, ha inequivocamente richiamato il testo previgente dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., ma, poi, dall’esame dell’ illustrazione delle ragioni dell’impugnazione emerge chiaramente che la doglianza attiene a lla ritenuta totale assenza di motivazione del provvedimento impugnato.
Come evidenziato da questa Corte, l ‘ erronea indicazione della norma processuale violata nella rubrica del motivo non determina ex se l’inammissibilità di questo se la Corte può agevolmente procedere alla corretta qualificazione giuridica del vizio denunciato sulla base delle argomentazioni giuridiche ed in fatto svolte dal ricorrente a fondamento della censura, in quanto la configurazione formale della rubrica del motivo non ha contenuto vincolante, ma è solo l’esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 12690 del 23/05/2018; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 14026 del 03/08/2012; v. anche Cass., Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013).
2.2. Com’è noto, in virtù della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c. (introdotta dalla novella del 2012) non è più consentita l’impugnazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. «per omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio» , ma soltanto «per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» .
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che la richiamata modifica normativa ha avuto l’effetto di limitare il vizio di motivazione, quale
oggetto del sindacato di legittimità, alle fattispecie nelle quali esso si converte in violazione di legge (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
In particolare, la riformulazione appena richiamata deve essere interpretata alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 prel., come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è divenuta denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
In altre parole, a seguito della riforma del 2012 è scomparso il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sull’esistenza (sotto il profilo dell’assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta) della stessa, ossia il controllo riferito a quei parametri che determinano la conversione del vizio di motivazione in vizio di violazione di legge, sempre che emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata (v. ancora Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 e, da ultimo, Cass., Sez. 1, n. 13248 del 30/06/2020).
A tali principi si è uniformata negli anni successivi la giurisprudenza di legittimità, la quale ha più volte precisato che la violazione di legge, come sopra indicata, ove riconducibile alla violazione degli artt. 111 Cost. e 132, comma 2, n. 4, c.p.c., determina la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. (così Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016; conf. Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018; Cass., Sez. L, Sentenza n. 27112 del 25/10/2018; Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 16611 del 25/06/2018; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017).
Questa Corte ha, in particolare, affermato che il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio
logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 3819 del 14/02/2020).
Ricorre, dunque, il vizio in questione, quando la decisione, benché graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione, perché reca argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 13248 del 30/06/2020).
Tale evenienza si verifica non solo nel caso in cui la motivazione sia meramente assertiva, ma anche qualora sussista un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, perché non è comunque percepibile l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento e, di conseguenza, non è possibile effettuare alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 12096 del 17/05/2018; Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 16611 del 25/06/2018).
Alle stesse conseguenze è assoggettata una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, poiché anche in questo caso non è possibile comprendere il ragionamento seguito dal giudice e, conseguentemente, effettuare un controllo sulla correttezza dello stesso (cfr. Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022).
Ovviamente il controllo della motivazione del giudice di merito, nei limiti sopra indicati, non equivale alla revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opzione che ha condotto tale giudice ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che ciò si tradurrebbe, pur a fronte di un possibile diverso inquadramento degli elementi probatori valutati, in una nuova formulazione del giudizio di fatto (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 16526 del 05/08/2016).
2.3. Nel caso di specie, il ricorrente ha dedotto di avere proposto il ricorso al Giudice di pace deducendo: 1) violazione e mancata applicazione dell’art. 10 bis della l. n. 241 del 1990; 2) violazione di legge ed eccesso di potere per violazione dell’art. 53, comma 5, d.P.R. n. 445 del 2000 e di ogni altra garanzia a presidio del diritto di difesa del ricorrente, avuto riguardo al contraddittorio e alle garanzie partecipative nel procedimento espulsivo anche con riferimento alla comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 l. n. 241 del 1990; 3) violazione dell’articolo 8 CEDU, evocato dall’art. 19, comma 1.1, d.lgs. n. 286 del 1998.
La decisione impugnata reca la seguente motivazione: «Rilevato che la Commissione per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Torino ha rigettato con decisione del 16.11.2023 notificata il 15.01.2024 la domanda presentata dal ricorrente; Considerato che avverso tale decisione il ricorrente non ha presentato nei termini alcun ricorso; Considerato che il ricorrente si trova irregolarmente sul territorio nazionale e che sussiste il pericolo di fuga; Rilevato che in tal caso il decreto prefettizio di espulsione ed il conseguente atto del Questore sono atti dovuti e, quindi, privi di una motivazione specifica; Rilevato che COGNOME non è in possesso di regolare permesso di soggiorno per motivi di lavoro; Considerato che non sussistono i requisiti per il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di giustizia; Rilevato che COGNOME ha chiesto la revoca del decreto di espulsione emesso dal Prefetto della Provincia di Matera in data 24.04.2024 per una serie di motivi esposti in ricorso; Considerato che il decreto di espulsione emesso nei confronti dell’odierno ricorrente risulta regolarmente sottoscritto dal Vice Prefetto Aggiunto espressamente delegato dal Prefetto a firmare i provvedimenti di espulsione; Ritenuto che il Prefetto di Matera ha applicato sia la normativa di cui al T.U. 286/98 sia la Direttiva 2008/115/CE come può desumersi dalla semplice lettura del decreto di espulsione così come notificato allo straniero; Rilevato che il detto ricorso è stato proposto nel termine di gg. 3 0 dalla data del provvedimento di espulsione, così come previsto dall’art. 13, co. 8 del D.L.vo n. 286/98. Rilevata, nel merito, la legittimità dei presupposti
fondanti il decreto di espulsione della Prefettura di Matera ed il conseguente ordine del Questore di allontanamento dallo Stato Italiano per rispondenza ai requisiti procedimentali previsti dalla normativa richiamata. Considerata la particolarità della questione esaminata si ritiene di dover compensare interamente le spese processuali tra le parti.»
Dalla semplice lettura delle ragioni della decisione sopra riportate si evince con chiarezza che la motivazione della stessa è del tutto apparente, recando un riferimento alla validità della sottoscrizione da parte del Viceprefetto aggiunto, che non risulta tra le questioni ad essa devolute, e l’apodittica affermazione della legittimità del provvedimento prefettizio con affermazioni generiche, senza alcun riferimento ai motivi di ricorso in concreto formulati e al vaglio degli stessi.
All’esito dell’accoglimento del primo motivo di ricorso, cui consegue la cassazione della decisione, si rivela del tutto superfluo l’esame del secondo motivo, da ritenersi pertanto assorbito.
In conclusione, accolto il primo motivo, assorbito il secondo, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio al Giudice di Pace di Matera, in persona di un diverso magistrato, chiamato a statuire anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
la Corte
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, e cassa la sentenza impugnata con rinvio al Giudice di Pace di Matera, in persona di un diverso magistrato, chiamato a statuire anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile della