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Motivazione apparente: Cassazione annulla sentenza

Un progettista, condannato a risarcire i danni per vizi costruttivi, ha presentato ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha respinto la maggior parte dei motivi, ma ha accolto quello relativo alla motivazione apparente della sentenza di secondo grado. I giudici d’appello non avevano spiegato adeguatamente come avessero calcolato i danni, omettendo di considerare i costi che i committenti avrebbero comunque dovuto sostenere. Per questo vizio di motivazione, la sentenza è stata annullata con rinvio.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Motivazione Apparente: La Chiave per l’Annullamento in Cassazione

Una sentenza deve sempre spiegare in modo chiaro e logico perché il giudice ha deciso in un certo modo. Quando questa spiegazione manca o è solo di facciata, si parla di motivazione apparente, un vizio grave che può portare all’annullamento della decisione. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un esempio pratico di questo principio, in un caso riguardante la responsabilità di un professionista per vizi in un’opera edilizia e il conseguente calcolo del risarcimento del danno.

I Fatti del Caso: Vizi Costruttivi e Responsabilità Professionale

La vicenda ha origine dalla richiesta di risarcimento danni avanzata da due committenti nei confronti del professionista incaricato della progettazione e della direzione dei lavori di ristrutturazione del loro immobile. A seguito dei lavori, erano emersi gravi vizi e difformità, in particolare legati a un inadeguato isolamento termico che causava la formazione di muffa. Il professionista, a sua volta, aveva chiamato in causa la propria compagnia assicuratrice per essere tenuto indenne (in gergo tecnico, per essere manlevato) da eventuali condanne.

Il Percorso Giudiziario e le Decisioni Precedenti

Sia in primo grado che in appello, i giudici avevano dato ragione ai committenti, condannando il professionista al risarcimento. La Corte d’Appello, in particolare, aveva confermato la sua piena responsabilità, sottolineando che, in qualità di direttore dei lavori principale, aveva il dovere di controllare e verificare l’operato anche degli altri professionisti coinvolti. Inoltre, i giudici avevano respinto la domanda di manleva nei confronti dell’assicurazione, poiché il professionista aveva colpevolmente omesso di comunicare alla compagnia l’esistenza delle contestazioni dei committenti prima della stipula della polizza.

Insoddisfatto, il professionista ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, basandolo su otto distinti motivi.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato i vari motivi di ricorso, dichiarandone la maggior parte inammissibile. Molte censure, infatti, si limitavano a proporre una diversa lettura delle prove e dei fatti, un’attività che non è consentita nel giudizio di legittimità, il quale si concentra sulla corretta applicazione delle norme di diritto e sulla logicità della motivazione.

Tuttavia, la Corte ha ritenuto fondato il quinto motivo di ricorso, che lamentava una motivazione apparente in relazione a un punto cruciale: la quantificazione del danno. Il professionista sosteneva che dal totale del risarcimento avrebbero dovuto essere sottratti i costi che i committenti avrebbero comunque dovuto sostenere per l’intervento di isolamento, se fosse stato eseguito correttamente sin dall’inizio. La Corte d’Appello aveva liquidato questa obiezione affermando genericamente che il consulente tecnico aveva correttamente applicato i prezzi di mercato e che non vi era prova di alcuna sovrastima.

Secondo la Cassazione, questa non è una vera motivazione. È una risposta laconica ed evasiva che non entra nel merito della questione sollevata. Un giudice non può limitarsi a una formula di stile per respingere una specifica doglianza; deve esporre un percorso logico-giuridico che permetta di comprendere perché quella specifica argomentazione è stata ritenuta infondata. In questo caso, mancava totalmente la spiegazione del perché lo scorporo dei costi non fosse dovuto. Questa carenza argomentativa integra, appunto, il vizio di motivazione apparente, che equivale a un’assenza di motivazione e determina la nullità della sentenza su quel punto.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha accolto il quinto motivo, ha dichiarato inammissibili gli altri e assorbito l’ultimo (relativo alle spese legali). Di conseguenza, ha cassato la sentenza impugnata limitatamente al punto viziato e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello, in diversa composizione, affinché riesamini la questione della quantificazione del danno, questa volta fornendo una motivazione completa e non apparente. Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale dello stato di diritto: ogni decisione giurisdizionale deve essere sorretta da un’argomentazione logica, comprensibile e che risponda puntualmente alle questioni sollevate dalle parti.

Cosa si intende per ‘motivazione apparente’ di una sentenza?
Per motivazione apparente si intende un ragionamento che, pur essendo formalmente presente nella sentenza, è talmente generico, contraddittorio, illogico o evasivo da non far comprendere l’effettivo percorso logico seguito dal giudice per arrivare alla sua decisione. È un vizio che equivale a un’assenza di motivazione e rende nulla la sentenza.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la decisione sul risarcimento del danno?
La Corte ha annullato la decisione perché la Corte d’Appello non ha spiegato adeguatamente perché non ha detratto, dal totale del danno, i costi che i committenti avrebbero comunque dovuto sostenere per i lavori di isolamento. La sua risposta è stata giudicata troppo superficiale e generica, configurando così una motivazione apparente.

Un professionista con un ruolo primario può essere ritenuto responsabile anche per gli errori di altri consulenti?
Sì. Secondo quanto stabilito dai giudici di merito (e non contestato su questo punto dalla Cassazione), il professionista che conserva il ruolo primario di direttore dei lavori ha il conseguente dovere di controllare e verificare la qualità delle prestazioni professionali svolte dagli altri specialisti coinvolti, potendo essere ritenuto responsabile anche per le loro mancanze o errori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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