Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5800 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5800 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28850/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO NOME INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende ex lege;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI ROMA n. 6730/2022, depositata il 26/10/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME chiedono la cassazione della sentenza in epigrafe con la quale la Corte d’Appello di Roma, adita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, aveva rideterminato in €. 40.000,00 la sanzione amministrativa originariamente irrogata agli istanti nella misura di €. 60.000,00 con decreto sanzionatorio emesso in data 16 maggio 2016, per violazione dell’obbligo di segnalazione all’UIF di operazioni sospette per €. 600.000,00 (art. 41 DLGS n. 231/2007), sanzione che il Tribunale in sede di opposizione aveva ridotto a €. 3.000,00.
1.1. La vicenda prende origine da accertamenti ispettivi condotti presso la società ricorrente -nei periodi 25-29 ottobre 2010, 8-11 novembre 2010 – dall’Unità di Informazione (UIF) della Banca d’Italia, finalizzati ad approfondire l’operatività della fiduciaria ispezionata in merito al rimpatrio di attività finanziarie detenute all’estero ai sensi dell’art. 13bis del D.L. n. 78/2000 (convertito in legge n. 102/2009 e ss. mm.).
Per quel che qui ancora rileva, dalla verifica delle attività legate al mandato n. 2313 del 01.12.2009 intestato a tale NOME COGNOME emergeva che la cliente di RAGIONE_SOCIALE aveva presentato due dichiarazioni riservate per il rimpatrio giuridico relativo a:
-€. 129 . 375,00 (€. 7.500,00 per quota), pari al 17.25% del capitale di una società con sede a San Marino (RAGIONE_SOCIALE; quote detenute fiduciariamente per conto della cliente dall’intermediario sammarinese RAGIONE_SOCIALE
-€. 600.000,00, relativamente ad un credito vantato dalla cliente nei confronti della stessa fiduciaria RAGIONE_SOCIALE che traeva origine dalla cessione del 25.50% del capitale della medesima società RAGIONE_SOCIALE) al coniuge della CasadeiRAGIONE_SOCIALEche aveva a sua volta effettuato un’operazione di scudo fiscale presso la medesima Fiduciaria
nell’ambito del mandato n. 2312 di cui era intestatario), avvenuta in data 20.03.2009 al prezzo di €. 650.000,00 (€. 25.500,00 per quota), versato in parte al momento della cessione (€ 50.000,00), rateizzato per il restante (in 6 rate da € 100.000,00 ciasc una, di cui la prima già versata in data anteriore al mandato al rimpatrio).
1.2. Gli agenti accertatori rilevavano che il diverso valore tra le quote scudate (€ 7.500,00) e il credito scudato (€. 25.000,00) non risultava comprovato da alcuna documentazione giustificativa: essendo le quote riconducibili al medesimo capitale sociale di proprietà di soggetti tra loro collegati erano state, infatti, valorizzate ai fini del rientro sulla base di criteri diversi.
Inoltre, a fronte di un credito scudato di €. 600.000,00 era sorto un debito di analogo valore a carico del coniuge acquirente che risultava, invero, già essere stato parzialmente assolto (per €. 100.000,00, con il pagamento della prima rata): così risultando ingiustificatamente diseconomica l’operazione di cessione del 20.03.2009.
1.3. Il Tribunale di Roma riteneva sussistente l’obbligo di segnalazione dell’operazione posta in essere dalla RAGIONE_SOCIALE: rilevava il mancato necessario approfondimento da parte della Fiduciaria sull’operatività attinente alle disponibilità scudate, consentendo la messa in atto di un’operazione di rientro dei capitali dall’estero «anomala» per la sua manifesta diseconomicità; osservava che la società ispezionata non aveva adempiuto agli obblighi di adeguata verifica della clientela e dell’origine dei fondi ut ilizzati da RAGIONE_SOCIALE attraverso l’acquisizione di informazioni e riscontri documentali idonei a chiarire la natura e l’origine delle attività finanziarie oggetto di scudo, posto che l’opacità delle operazioni poteva far ipotizzare una regolarizzazione di attività finanziarie non già scaturenti da reati fiscali,
ma addirittura inesistenti o provenienti da altre attività illecite eventualmente riconducibili ad un soggetto terzo.
Riteneva, tuttavia, il primo giudice di dover ridurre l’importo alla sanzionebase di €. 3.000,00 di cui al comma 1 dell’art. 58 d.lgs. n. 90/2017, stante il carattere unico dell’operazione, compiuta in un arco temporale ristretto, e la mancanza di tutti quegli elementi che connotano la sanzione come «qualificata».
La Corte d’Appello di Roma, adìta dal MEF, riteneva configurabile la fattispecie sanzionatoria di cui al comma 2 dell’art. 58 d.lgs. n. 90/2017 (che prevede una misura edittale tra 30.000,00 e 300.000,00 euro), stante la pluralità di operazioni non segnalate; la sanzione veniva, però , contenuta nei limiti di € . 40.000,00 (applicandosi il regime del DLGS n. 90/2017, comunque più favorevole a quello previgente di cui all’art. 57, comma 4, d.lg.s n. 231/2007 che contemplava una sanzione tra l’1 e il 40% dell’importo dell’operazione non segnalata), tenuto conto del ristretto numero delle operazioni e, di contro, del loro rilevante ammontare complessivo, nonché della circostanza che le stesse provenissero da una società costituita all’estero (RSM) con un presidio antiriciclaggio diverso.
Il ricorso per cassazione è affidato a due motivi e illustrato da memoria.
Resiste il Ministero dell’Economia e delle Finanze.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 132, comma 1, n. 4) cod. proc. civ. – Motivazione apparente. I ricorrenti censurano la pronuncia impugnata nella parte in cui ritiene che ci si trovi in presenza di una violazione qualificata dalla «pluralità di operazioni non segnalate» (affermazione già di per sé contraddetta qualche riga più avanti laddove la sanzione viene parametrata al
«ristretto numero di operazioni»). Di contro, osservano i ricorrenti, la contestazione sollevata nel processo verbale di accertamento redatto dall’UIF in data 27 .05. 2011, aveva riguardato un’operazione finanziaria unica del valore complessivo di €. 100.000,00, ossia il mandato fiduciario n. 2313, a causa, nello specifico, del diverso valore attribuito alle quote della RAGIONE_SOCIALE, le quali erano state quantificate per la percentuale del 17,25% ancora detenuta dalla RAGIONE_SOCIALE – al prezzo di €. 7.500,0 0 ciascuna, e per la percentuale del 25,50% ceduta al Muratori al prezzo di €. 25.500,00 per ciascuna quota. La motivazione è, dunque, apparente poiché non è dato comprendere in alcun modo le ragioni e l’ iter logico seguito dalla Corte d’Appello per pervenire a tale statuizione.
1.2 Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 11 della legge 24 novembre 1981, n. 689, degli artt. 58, 67 e 69 d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., nonché del principio del c.d. favor rei (art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.). Ad avviso dei ricorrenti, la Corte d’Appello di Roma ha totalmente ignorato il materiale probatorio e ha illegittimamente ritenuto sussistente l’ipotesi di cui al secondo comma dell’art. 58 d.lgs. n. 231/2007, erroneamente credendo di poter dare sostanza ai presupposti di cui alle lettere a, b, c, d della disposizione citata, non sussistendo un comportamento qualificabile come grave, dinanzi ad un’operazione comunque unica.
2 Il primo motivo è fondato sotto il profilo della motivazione apparente.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, anche a sezioni unite, tale vizio ricorre quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a
far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (v. tra le tante: (Cass Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023).
Nel caso di specie, nelle poche righe di motivazione, la Corte d’Appello (v. pag. 4 sentenza) ha dato per scontato che si trattasse di plurime operazioni su cui ha poi calcolato «il loro rilevante ammontare complessivo», così riformando la decisione di primo grado – che invece, motivando, aveva ravvisato una sola operazione – senza tuttavia spiegare le ragioni che l’ hanno indotta a pervenire a tale diversa conclusione.
Si rende pertanto necessario un nuovo esame per rimediare alla lacuna motivazionale.
Resta logicamente assorbito l’esame del secondo motivo di ricorso (sul quantum).
Il giudice di rinvio ( medesima Corte d’Appello in diversa composizione) deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, l’ 8 ottobre 2024.