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Motivazione apparente: Cassazione annulla la sentenza

La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza d’appello in un caso di demansionamento, ravvisando una motivazione apparente. La Corte territoriale non aveva spiegato in modo logico perché, pur riconoscendo al lavoratore un inquadramento superiore, avesse negato sia le differenze retributive successive sia il risarcimento del danno da dequalificazione. L’assenza di un ragionamento comprensibile ha reso la decisione nulla, con rinvio del caso al giudice d’appello.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Motivazione Apparente: La Cassazione Annulla la Sentenza su Demansionamento

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento giuridico: ogni decisione giudiziaria deve essere supportata da un ragionamento chiaro, logico e comprensibile. Quando ciò non avviene, si cade nel vizio di motivazione apparente, che porta alla nullità della sentenza. Questo è quanto accaduto in un complesso caso di diritto del lavoro, dove a un dipendente, pur essendo stato riconosciuto il diritto a un inquadramento superiore, erano stati negati il risarcimento del danno da demansionamento e parte delle differenze retributive.

I Fatti del Caso: Dalla Richiesta di Inquadramento al Demansionamento

La vicenda ha origine dalla richiesta di un lavoratore nei confronti di una grande società di telecomunicazioni. Il Tribunale, in primo grado, aveva parzialmente accolto le sue domande, riconoscendogli il diritto a un inquadramento superiore (livello VI) e condannando l’azienda al pagamento di una cospicua somma a titolo di differenze retributive. Tuttavia, il giudice aveva respinto la domanda di risarcimento per il demansionamento subito dal dipendente, che dal 2014 era stato adibito a mansioni inferiori di operatore di call center, subendo anche periodi di inattività.

Il lavoratore ha impugnato la decisione, ma la Corte d’Appello ha confermato la sentenza di primo grado, respingendo il suo ricorso.

La Decisione d’Appello e la sua Motivazione Apparente

La Corte d’Appello aveva giustificato il rigetto della domanda sul demansionamento citando una serie di elementi: la nuova formulazione dell’art. 2103 c.c. introdotta dal Jobs Act, la presenza di esuberi di personale in azienda e le prescrizioni del medico competente che ritenevano il lavoratore inidoneo a determinate mansioni. Tuttavia, secondo la successiva valutazione della Corte di Cassazione, i giudici di secondo grado non avevano costruito un percorso logico-giuridico comprensibile che collegasse questi elementi alla negazione del diritto al risarcimento. Questa carenza ha trasformato la motivazione in una motivazione apparente.

L’Intervento della Cassazione: Quando la Motivazione è solo di Facciata

La Suprema Corte, accogliendo i motivi del ricorso del lavoratore, ha colto l’occasione per richiamare i suoi consolidati orientamenti sul vizio di motivazione. Una motivazione è “apparente” quando, pur essendo graficamente presente, si compone di argomentazioni che non rendono percepibili le reali ragioni della decisione. In pratica, è un ragionamento che non permette alcun controllo sull’esattezza e la logicità del percorso seguito dal giudice, violando così il “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 della Costituzione.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha individuato due vizi radicali nel ragionamento della sentenza impugnata.

In primo luogo, la Corte d’Appello, dopo aver confermato il diritto del lavoratore a un superiore inquadramento sin dal 2010 con le relative differenze retributive, non ha fornito alcuna spiegazione comprensibile per non aver accolto la richiesta di estendere tali differenze anche al periodo successivo al giugno 2015.

In secondo luogo, e in modo ancora più evidente, i giudici d’appello hanno negato il risarcimento del danno da demansionamento utilizzando “formule stereotipate e prive di concreti riferimenti alla vicenda lavorativa e professionale del ricorrente”. Il punto cruciale è che la valutazione del demansionamento avrebbe dovuto essere rapportata al livello di inquadramento superiore (il VI) che era stato legittimamente riconosciuto al lavoratore. La Corte d’Appello, invece, ha omesso questa fondamentale correlazione, rendendo il suo ragionamento illogico e incomprensibile.

Le Conclusioni: Annullamento e Rinvio per un Nuovo Esame

In conclusione, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, che dovrà riesaminare la controversia e fornire una nuova decisione. Questa volta, però, dovrà farlo con una motivazione completa, logica e coerente, liquidando anche le spese del giudizio di legittimità.

Questa ordinanza è un monito sull’importanza della trasparenza e della coerenza argomentativa nelle decisioni giudiziarie, elementi essenziali per garantire la tutela effettiva dei diritti dei cittadini.

Quando la motivazione di una sentenza si definisce ‘apparente’?
Secondo la Corte, una motivazione è ‘apparente’ quando, pur essendo formalmente presente, consiste in argomentazioni che sono oggettivamente inidonee a rendere comprensibile il percorso logico della decisione, impedendo così un controllo effettivo sull’accuratezza e la logicità del ragionamento del giudice.

È possibile negare il risarcimento per demansionamento a un lavoratore a cui è stato riconosciuto il diritto a un inquadramento superiore?
La Corte ha stabilito che negare tale risarcimento richiede una motivazione coerente e comprensibile. In questo caso, l’omessa valutazione del presunto demansionamento in relazione al corretto inquadramento superiore riconosciuto al lavoratore, utilizzando formule generiche, ha costituito un vizio che ha portato all’annullamento della sentenza.

Cosa succede quando la Corte di Cassazione annulla una sentenza per motivazione apparente?
La Corte di Cassazione annulla (‘cassa’) la decisione viziata e rinvia il caso allo stesso giudice che l’ha emessa (in questo caso, la Corte d’Appello), ma con un diverso collegio di giudici. Questo nuovo collegio deve riesaminare la causa e pronunciare una nuova sentenza, fornendo questa volta una motivazione completa e logica basata sui principi stabiliti dalla Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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