Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23567 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23567 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 12463-2022 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2246/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 03/11/2021 R.G.N. 1045/2018;
Oggetto
Demansionamento
R.G.N.12463/2022
COGNOME
Rep.
Ud 04/06/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/06/2025 dal Consigliere Dott. NOMECOGNOME
FATTI DI CAUSA
il Tribunale di Roma, in parziale accoglimento del ricorso proposto da COGNOME COGNOME COGNOME condannò la società RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore del lavoratore della complessiva somma di euro 17.354,28, oltre accessori; il giudice di primo grado, dopo aver esaminato le risultanze della prova testimoniale, ritenne che fosse emerso ‘il diritto del ricorrente al superiore inquadramento (liv. VI) proprio in funzione delle attività svolte e corroborate dalle deposizioni dei testi (…), comportanti facoltà di iniziativa e decisionale nei limiti delle direttive generali impartite, con esplicazione di funzioni specialistiche (…)’, con ‘riconoscimento del trattamento retributivo del livello VI del ccnl applicato (calcolato nei limiti della eccepita prescrizione quinquennale)’, secondo i conteggi del ricorrente, ‘detratto dalla somma richiesta di euro 18.496,44, quanto spettante per i mesi successivi al giugno 2015’;
il Tribunale, invece, non accolse la domanda relativa al dedotto demansionamento, con conseguente richiesta di risarcimento del danno, formulata dal lavoratore per essere stato assegnato dal dicembre 2014 a mansioni inferiori di operatore call center addetto al servizio ‘187’, anche con periodi di inattività;
la Corte di Appello di Roma, con la sentenza impugnata, ha respinto l’impugnazione del lavoratore, confermando la pronuncia di primo grado;
ha condiviso col Tribunale che il demansionamento non sussisteva perché ‘è pacifico che a decorrere dal 25/06/2015 nei confronti di tutti i lavoratori subordinati si applica l’art. 2103 c.c., nella nuova formulazione come modificato dal d.lgs. n. 81/2015’;
ha argomentato: ‘Nel caso in esame poi gli elementi fattuali emersi, quali l’eccedenza di personale e le prescrizioni del medico competente, lette unitamente alle vigenti previsioni dell’art. 2103 c.c. portano a confermare la pronuncia di rigetto della domanda relativa al demansionamento. Del resto, l’art. 42 D.Lgs. 81/2008 secondo cui il lavoratore ritenuto dal medico competente inidoneo alle mansioni specifiche può essere adibito a mansioni equivalenti o, in mancanza, inferiori’ ( ndr. così nel testo);
quanto all’impugnazione concernente il risarcimento del danno da demansionamento la Corte territoriale ha affermato: ‘condivisibilmente il primo giudice ha ritenuto che non potesse prescindersi da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio medesimo, ovvero sulle circostanze che puntualmente e nella fattispecie concreta descrivano durata, gravità, conoscibilità all’interno ed all’esterno del luogo di lavoro dell’operata dequalificazi one, frustrazione di aspettative di progressione professionale, nonché gli effetti negativi dispiegati nelle abitudini di vita del soggetto’;
per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso il Nugara con cinque motivi; ha resistito la società con controricorso;
entrambe le parti hanno comunicato memorie;
all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
RAGIONI DELLA DECISIONE
i motivi di ricorso possono essere esposti secondo la sintesi offerta dalla stessa parte ricorrente;
1.1. il primo motivo denuncia: ‘la nullità della sentenza per avere la Corte d’Appello omesso di pronunciare, in violazione del disposto di cui all’art.112 c.p.c., sullo specifico motivo di appello riguardante il diritto del ricorrente a percepire, anche successivamente al giugno 2015, le differenze di retribuzione derivanti dal superiore inquadramento riconosciutogli a far data dal giugno 2004 (art.360 comma 1 n.4 c.p.c.) – in via subordinata, la nullità della sentenza per carenza assoluta di motivazione, in violazione del disposto di cui agli artt. 132 comma 2 n.4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 111 comma 6 Cost. (art.360 comma 1 n.4 c.p.c.)’;
1.2. il secondo motivo denuncia: ‘nullità della sentenza per avere la Corte d’Appello respinto con una motivazione meramente apparente e perplessa, il motivo di appello con il quale il ricorrente aveva censurato la sentenza del Tribunale nella parte in cui aveva respinto la domanda di accertamento in ordine alla sussistenza, a far data dal 01.12.2014, di una illegittima dequalificazione (art.360 comma 1 n.4 c.p.c.)’;
1.3. il terzo motivo, subordinatamente al secondo, censura ‘lo stesso capo di sentenza oggetto del secondo motivo sotto il profilo della violazione degli artt.2103 cod.civ., 42 del D.lgs. 81/2008 e 23 lett.B) del CCNL Telecomunicazioni (art.360 comma 1 n.3 c.p.c.)’;
1.4. il quarto motivo denuncia: ‘la nullità della sentenza, per avere respinto, con una motivazione meramente apparente,
la domanda di risarcimento del danno patrimoniale subito dal ricorrente per effetto della dequalificazione’;’;
1.5. il quinto motivo, subordinatamente al precedente, denuncia: ‘violazione/falsa applicazione degli artt.2727 e 2729 cod.civ. con riferimento agli artt. 1226 e 2103 cod.civ., quanto alla sussistenza del danno alla professionalità (art.360 comma 1 n.3 c.p.c.) ‘;
il Collegio reputa fondati il primo, il secondo e il quarto motivo di ricorso che eccepiscono sotto vari profili la nullità della motivazione impugnata, con assorbimento degli altri in quanto proposti subordinatamente;
come noto le Sezioni unite di questa Corte (Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014) hanno sancito che l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo che comporta la nullità della sentenza nel caso di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”;
si è ulteriormente precisato che di ‘motivazione apparente’ o di ‘motivazione perplessa e incomprensibile’ può parlarsi laddove essa non renda ‘percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscer e l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice’ (Cass. SS.UU. n. 22232 del 2016; v. pure Cass. SS.UU. n. 16599 del 2016);
in ossequio si è affermato che ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice
di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. n. 9105 del 2017; conf. Cass. n. 20921 del 2019);
ancora si è ribadito che la motivazione deve ritenersi apparente quando pur se graficamente esistente non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 comma 6 Cost. (Cass. n. 13248 del 2020);
tale vizio radicale ravvisa questo Collegio nella sentenza impugnata, laddove la Corte territoriale non spiega ragioni comprensibili per cui, una volta confermato che il Nugara aveva conseguito il diritto al superiore inquadramento nel livello 6° del contratto collettivo applicabile sin dal 2010, riconoscendo le relative differenze retributive, non accoglie il motivo di appello con cui si lamentava il mancato riconoscimento delle ulteriori differenze retributive per il periodo successivo al giugno 2015; né, tanto meno, si argomenta in modo da consentire il necessario sindacato sull’iter logico seguito per negare il risarcimento del danno in ragione di un demansionamento che andava rapportato all’inquadramento di 6° livello cui il lavoratore aveva diritto, mentre si motiva con il ricorso a formule stereotipate e prive di concreti riferimenti alla vicenda lavorativa e professionale del ricorrente;
conclusivamente, il ricorso deve essere accolto quanto ai motivi detti, con assorbimento degli altri e rinvio al giudice indicato in dispositivo, che, travolta con la dichiarazione di
nullità la motivazione della sentenza impugnata, provvederà a rinnovato esame della controversia, liquidando anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il secondo e il quinto motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 4 giugno 2025.
La Presidente Dott.ssa NOME COGNOME