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Motivazione apparente: Cassazione annulla decreto

Una società creditrice si è vista rigettare l’ammissione del proprio credito nel passivo di un fallimento. Il Tribunale ha confermato il rigetto con un decreto la cui motivazione è stata giudicata dalla Corte di Cassazione come meramente apparente e incomprensibile. La Suprema Corte ha annullato la decisione, stabilendo che la motivazione apparente si verifica quando le argomentazioni sono inidonee a far comprendere il ragionamento del giudice, come nel caso di un mero rinvio ad altri atti senza descriverne il contenuto. Il caso è stato rinviato al Tribunale per un nuovo esame.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Motivazione Apparente: Quando la Sentenza è Nulla per Incomprensibilità

L’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali è un pilastro del nostro ordinamento. Una decisione, per essere valida, non solo deve esistere, ma deve anche essere comprensibile. La recente ordinanza della Corte di Cassazione, sez. I Civile, del 3 ottobre 2024, n. 25947, ci offre un chiaro esempio di cosa accade quando questo principio viene violato, introducendo il concetto di motivazione apparente come causa di nullità.

I Fatti di Causa: l’Opposizione al Passivo Fallimentare

La vicenda nasce nell’ambito di una procedura fallimentare. Una società a responsabilità limitata, creditrice di un’altra società dichiarata fallita, presentava istanza per essere ammessa al passivo e veder riconosciuto il proprio credito. Il giudice delegato respingeva la richiesta.

La società creditrice proponeva quindi opposizione allo stato passivo dinanzi al Tribunale, ma anche quest’ultimo rigettava la domanda. Le ragioni del rigetto erano basate su una serie di elementi che, secondo il Tribunale, dipingevano un quadro sospetto: i legami personali ed economici tra la società creditrice e quella fallita (entrambe riconducibili alla stessa famiglia), la stipula di un contratto di locazione ritenuto anomalo e finalizzato a sottrarre attivi alla massa dei creditori, e l’emissione di note di credito a storno dei canoni dovuti.

Tuttavia, il decreto del Tribunale non articolava in modo autonomo e chiaro queste ragioni, limitandosi a richiamare per relationem (cioè per riferimento) le motivazioni del precedente provvedimento di rigetto e gli scritti difensivi della curatela fallimentare, senza però descriverne puntualmente il contenuto.

La Decisione della Cassazione e la Motivazione Apparente

Contro il decreto del Tribunale, la società creditrice ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un unico motivo: la violazione di legge per motivazione manifestamente apparente, perplessa e incomprensibile. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la decisione e rinviando la causa al Tribunale.

Il Vizio della Motivazione Apparente

La Corte ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: si ha motivazione apparente quando il provvedimento, pur presentando un testo graficamente esistente, contiene argomentazioni talmente generiche, contraddittorie o tautologiche da non rendere percepibile il fondamento della decisione. In pratica, la motivazione c’è, ma è come se non ci fosse, perché non permette di comprendere l’iter logico-giuridico seguito dal giudice.

Nel caso di specie, il decreto del Tribunale era talmente laconico e confuso da non far capire né la natura del credito insinuato, né le specifiche ragioni dell’opposizione, né i motivi concreti posti a base del rigetto, se non attraverso un vago richiamo ad atti esterni.

L’Insufficienza del Richiamo ‘per Relationem’

Il Tribunale si era limitato a richiamare le argomentazioni della curatela fallimentare e del precedente provvedimento, senza però riportarle o sintetizzarle. Questo modo di procedere, secondo la Cassazione, non è sufficiente. Sebbene il richiamo per relationem sia a volte ammesso, non può tradursi in una totale abdicazione all’obbligo di motivare. Il giudice deve sempre far emergere il proprio percorso argomentativo.

Le Motivazioni della Corte

I giudici di legittimità hanno osservato che il decreto impugnato si componeva di “argomentazioni suggestive” ma prive di un’adeguata spiegazione e approfondimento giuridico. Mancava l’indicazione dell’istituto giuridico applicato per respingere la domanda e i vari elementi istruttori (i legami familiari, il contratto anomalo, le note di credito) venivano elencati in modo confuso e disordinato, senza essere collegati a una precisa norma o principio di diritto che giustificasse la decisione. Le ragioni di fatto, pur presenti, non erano coordinate con ragioni di diritto chiare e precise. Questa carenza strutturale ha reso la motivazione incomprensibile e, quindi, meramente apparente, determinando la nullità del provvedimento per error in procedendo.

Le Conclusioni

La sentenza in esame è un importante monito sull’importanza della chiarezza e completezza delle decisioni giudiziarie. Una motivazione non è un mero adempimento formale, ma la garanzia che consente alle parti di comprendere le ragioni della decisione e di esercitare efficacemente il proprio diritto di difesa. Un provvedimento fondato su allusioni, rinvii generici e argomenti non esplicitati è un provvedimento nullo. La cassazione con rinvio impone ora al Tribunale di riesaminare la vicenda, questa volta fornendo una motivazione completa, logica e giuridicamente ancorata, che renda finalmente giustizia alla complessità del caso.

Quando una motivazione di una sentenza è considerata ‘apparente’?
Secondo la Corte di Cassazione, una motivazione è ‘apparente’ quando, benché esistente sulla carta, contiene argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice. Questo accade se le ragioni sono eccessivamente generiche, contraddittorie o non permettono di comprendere il percorso logico e giuridico che ha portato alla decisione.

È sufficiente che un giudice richiami le argomentazioni di una parte o di un altro atto per motivare la sua decisione?
No. Nel caso esaminato, la Corte ha stabilito che il mero richiamo ‘per relationem’ agli atti di parte o a precedenti provvedimenti, senza una puntuale descrizione del loro contenuto o una chiara esposizione delle ragioni per cui vengono condivisi, non soddisfa l’obbligo di motivazione e può renderla apparente e incomprensibile.

Quali sono le conseguenze di una motivazione apparente in un provvedimento giudiziario?
Una motivazione apparente vizia il provvedimento rendendolo nullo per ‘error in procedendo’ (errore procedurale). Di conseguenza, la parte soccombente può impugnare la decisione davanti alla Corte di Cassazione, che, se accoglie il motivo, annulla (cassa) il provvedimento e rinvia la causa a un altro giudice per un nuovo esame.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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