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Motivazione apparente: annullata espulsione straniero

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza del Giudice di Pace che confermava l’espulsione di un cittadino straniero. La decisione è stata presa a causa di una motivazione apparente, in quanto il giudice di merito non ha concretamente valutato il rischio di una “vendetta di sangue” che il ricorrente avrebbe corso nel suo paese d’origine, limitandosi a formule generiche. La Corte ha rinviato il caso per un nuovo esame.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Motivazione Apparente: La Cassazione Annulla l’Espulsione per Mancata Valutazione del Rischio Personale

L’ordinanza n. 9615/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sul dovere del giudice di fornire una motivazione concreta e non meramente di facciata. In un caso riguardante l’espulsione di un cittadino straniero, la Corte ha censurato la decisione del Giudice di Pace per aver utilizzato una motivazione apparente, senza entrare nel merito dei gravi rischi personali denunciati dal ricorrente. Questo provvedimento riafferma il principio secondo cui ogni decisione giurisdizionale deve essere ancorata ai fatti specifici della causa, specialmente quando sono in gioco diritti fondamentali.

I Fatti del Caso

Un cittadino albanese si opponeva a un decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Cuneo. La sua difesa si basava su un timore concreto e specifico: il rischio di essere vittima di una “vendetta di sangue” (o “gjakmarrje”), un fenomeno legato all’applicazione di un’antica legge consuetudinaria, il Kanun, ancora presente nel suo paese d’origine. Nonostante questa precisa allegazione, il Giudice di Pace di Cuneo respingeva l’opposizione. Il cittadino straniero, ritenendo la decisione ingiusta e immotivata, proponeva quindi ricorso per cassazione, lamentando principalmente due vizi: la violazione dell’art. 19 del Testo Unico sull’Immigrazione (che vieta le espulsioni verso Stati in cui la persona rischierebbe trattamenti inumani o degradanti) e, appunto, il vizio di motivazione apparente.

La Decisione della Corte e la Critica alla Motivazione Apparente

La Suprema Corte ha accolto il primo motivo di ricorso, ritenendolo fondato e assorbente rispetto al secondo. Il punto centrale della decisione è la critica radicale alla motivazione fornita dal Giudice di Pace. Secondo la Cassazione, il giudice di merito si è limitato a una motivazione stereotipata, una “mera formula di stile” che potrebbe essere applicata a qualsiasi controversia simile, senza alcun riferimento specifico alla fattispecie concreta.

Questo tipo di motivazione, definita appunto motivazione apparente, è del tutto inidonea a spiegare la ratio decidendi, ovvero il percorso logico-giuridico che ha portato il giudice a quella determinata conclusione. Di conseguenza, una tale motivazione impedisce di verificare la legittimità della decisione stessa, svuotando di fatto il diritto di difesa e il controllo di legalità.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che, a fronte della deduzione specifica del ricorrente circa il pericolo derivante dalla “vendetta di sangue”, il Giudice di Pace aveva l’obbligo di valutare nel merito tale circostanza. Ignorare un elemento così cruciale per la sicurezza personale del ricorrente e liquidare il caso con frasi generiche costituisce un grave vizio procedurale. La Cassazione, citando un suo precedente (Cass. n. 11280/2018), ha ribadito che una motivazione è apparente quando è “disancorata dalla fattispecie concreta e sprovvista di riferimenti specifici”. In questo caso, il giudice non ha esaminato né gli elementi che potessero confermare il timore del ricorrente, né le ragioni per cui tale timore potesse essere ritenuto infondato. Ha semplicemente omesso di pronunciarsi sul cuore della questione. Per questo motivo, l’ordinanza impugnata è stata cassata con rinvio, affinché un altro magistrato possa riesaminare la causa, questa volta fornendo una motivazione effettiva e aderente ai fatti.

Le Conclusioni

Questa pronuncia è un monito fondamentale per tutti gli operatori del diritto. Sottolinea che il dovere di motivazione non è un mero adempimento formale, ma la sostanza stessa della funzione giurisdizionale. In materie delicate come il diritto dell’immigrazione, dove le decisioni possono avere conseguenze drammatiche sulla vita delle persone, è indispensabile che il giudice analizzi con scrupolo ogni singolo aspetto della vicenda personale del ricorrente. La lotta contro le motivazioni apparenti è una battaglia per la trasparenza, la giustizia e la tutela effettiva dei diritti umani. Il caso dovrà ora essere deciso nuovamente, con l’obbligo per il nuovo giudice di valutare seriamente il rischio che il cittadino straniero ha denunciato.

Cosa si intende per “motivazione apparente” in una sentenza?
Per motivazione apparente si intende un ragionamento del giudice che, pur esistendo formalmente, è talmente generico, astratto o basato su formule di stile da non far comprendere le ragioni specifiche della decisione. È una motivazione che non si confronta con i fatti concreti della causa, rendendo impossibile il controllo sulla sua legittimità.

Perché il timore di una “vendetta di sangue” è rilevante in un caso di espulsione?
È rilevante perché l’articolo 19 del Testo Unico sull’Immigrazione vieta l’espulsione di una persona verso uno Stato in cui potrebbe essere oggetto di persecuzione o rischiare di subire trattamenti inumani o degradanti. Una “vendetta di sangue” rientra tra i pericoli gravi per l’incolumità personale che il giudice deve valutare per decidere se concedere una forma di protezione.

Qual è stata la conseguenza della decisione della Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte di Cassazione ha annullato (cassato) l’ordinanza del Giudice di Pace e ha rinviato la causa allo stesso ufficio giudiziario, ma a un diverso magistrato. Quest’ultimo dovrà riesaminare completamente il caso, tenendo conto dei principi affermati dalla Cassazione e, in particolare, dovrà valutare in modo concreto e specifico il rischio personale denunciato dal ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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