Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 10287 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 10287 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2174/2023 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in FIRENZE INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-ricorrente- contro
COGNOME NOME COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in Catanzaro INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende -controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 1171/2022 depositata il 08/06/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza n. 1171/2022, depositata in data 8.6.2022, in accoglimento dell’appello proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale Firenze n. 2320/2019, ha rigettato le domande con cui la curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto che, ai
sensi degli artt. 2901 c.c., 66 L.F. e, in ipotesi, 2033 c.c., fosse dichiarato inefficace, nei confronti della procedura fallimentare, l’avvenuto pagamento della somma di euro 105.404,84, a titolo canoni di locazione di due immobili destinati ad attività alberghiera, eseguito dalla società RAGIONE_SOCIALE, la quale non era conduttrice degli immobili in oggetto (essendo titolare del contratto in oggetto la RAGIONE_SOCIALE), ma era affittuaria dell’azienda alberghiera esercitata negli immobili oggetto di locazione.
Il giudice d’appello non ha condiviso l’impostazione con cui il Tribunale di Firenze aveva qualificato i pagamenti del canone di locazione in oggetto come atti a titolo gratuito, avendo, infatti, tale pagamento consentito alla società poi fallita di poter continuare ad esercitare nei locali locati la propria attività alberghiera.
In sostanza, il pagamento del debito altrui era stato eseguito da RAGIONE_SOCIALE per perseguire un proprio interesse personale giuridicamente apprezzabile.
Il giudice di secondo grado ha, inoltre, ritenuto insussistenti i presupposti per l’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria proposta dal curatore fallimentare.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, affidandolo a tre motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito in giudizio con controricorso.
La curatela ha depositato la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la nullità degli atti processuali e della sentenza impugnata, a causa della irrituale prosecuzione del giudizio d’appello dopo il decesso dell’unico difensore costituito nello stesso grado di appello.
Espone la curatela che in data 1° aprile 2022 era deceduto l’avv.
NOME COGNOME, unico difensore della curatela, quando non era
ancora scaduto il termine per il deposito delle memorie di replica e prima della rimessione del fascicolo al Collegio (avvenuta il 12 aprile 2022) per la decisione. Pertanto, dalla data del 1° aprile 2022 il processo si era interrotto di diritto ed ogni attività processuale compiuta successivamente, ivi compresa la pronuncia della sentenza, doveva considerarsi nulla.
2. Il motivo è fondato.
Va osservato che è orientamento consolidato di questa Corte (vedi Cass. n. 21002/2017; conf. Cass. 32189/2022 e Cass. n. 29921/2024) quello secondo cui ‘La morte, nel corso del giudizio, dell’unico difensore della parte costituita, ancorché avvenuta nelle more della scadenza dei termini concessi ex art. 190 c.p.c., comporta automaticamente l’interruzione del processo, anche se il giudice e le altre parti non ne abbiano avuto conoscenza, e preclude ogni ulteriore attività processuale, con la conseguente nullità degli atti successivi e della sentenza eventualmente pronunciata, sicché l’irrituale prosecuzione del giudizio, nonostante il verificarsi dell’evento interruttivo, può essere dedotta e provata in sede di legittimità ‘.
Né, peraltro, è condivisibile la prospettazione delle controricorrenti secondo cui il decesso dell’unico difensore costituito determinerebbe l’automatica interruzione del processo e la nullità degli atti successivi solo a condizione che la parte dimostri il concreto pregiudizio arrecato al suo diritto di difesa.
Sul punto, va osservato che le Sezioni Unite di questa, nella recente sentenza n. 36596/2021, hanno chiarito che ‘La parte che proponga l’impugnazione della sentenza d’appello deducendo la nullità della medesima per non aver avuto la possibilità di esporre le proprie difese conclusive ovvero di replicare alla comparsa conclusionale avversaria non ha alcun onere di indicare in concreto quali argomentazioni sarebbe stato necessario addurre in prospettiva di una diversa soluzione del merito della controversia;
invero, la violazione determinata dall’avere il giudice deciso la controversia senza assegnare alle parti i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, ovvero senza attendere la loro scadenza, comporta di per sé la nullità della sentenza per impedimento frapposto alla possibilità per i difensori delle parti di svolgere con completezza il diritto di difesa, in quanto la violazione del principio del contraddittorio, al quale il diritto di difesa si associa, non è riferibile solo all’atto introduttivo del giudizio, ma implica che il contraddittorio e la difesa si realizzino in piena effettività durante tutto lo svolgimento del processo’.
Il secondo ed il terzo motivo -con cui, rispettivamente, è stata dedotta la violazione dell’art. 64 L.F. e dell’art. 2901 c.c. sono assorbiti.
La sentenza impugnata deve essere quindi cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Firenze, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, assorbito il secondo ed il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Firenze, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 10.4.2025.