Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10446 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10446 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 19292/2020) proposto da:
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, nella qualità di procuratore speciale di COGNOME NOME, in forza di procura per scrittura privata autenticata del 4 dicembre 2007, registrata il 13 dicembre 2007, al n. 45411S17, conferita da Giove StefanoCOGNOME quale procuratore generale del COGNOME, in forza di atto pubblico del 29 gennaio 1998, rep. n. 46587, racc. n. 5768, rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME nel cui studio in Roma, INDIRIZZO n. 16, ha eletto domicilio;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, di servizi e di produzione e lavoro RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA, in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentato e difeso, giusta procura a margine del controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME
R.G.N. 19292/20
C.C. 18/03/2025
Vendita -Pagamento rata prezzo -Condizione sospensiva
NOME, nel cui studio in Roma, INDIRIZZO, ha eletto domicilio;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 1586/2020, pubblicata il 27 febbraio 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18 marzo 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse del ricorrente, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 1° dicembre 2010, COGNOME COGNOME nella qualità di procuratore speciale ad negotia di COGNOME NOME, in forza dei poteri conferitigli dal procuratore generale COGNOME Stefano, conveniva, davanti al Tribunale di Roma, il RAGIONE_SOCIALE chiedendo che, previo accertamento dell’avveramento delle condizioni di esigibilità della quota del corrispettivo indicata all’art. 5, lett. e), del contratto di compravendita immobiliare concluso il 4 maggio 2004, al più tardi a decorrere da luglio 2010, il convenuto fosse condannato al pagamento, in favore dell’attore, della somma di euro 130.000,00 ovvero della diversa somma, maggiore o minore, ritenuta di giustizia, maggiorata in ogni caso di interessi legali, anche anatocistici, dal dovuto al soddisfo, o -in via subordinata -che fosse assegnato al convenuto un termine per l’esecuzione del pagamento della quota di corrispettivo indicata.
Si costituiva in giudizio il RAGIONE_SOCIALE il quale chiedeva che le domande avversarie fossero rigettate, in quanto infondate in fatto e in diritto, eccependo, in via pregiudiziale, la carenza di legittimazione attiva del COGNOME e il difetto di interesse ad agire e, nel merito, il mancato avveramento delle condizioni di esigibilità del prezzo rivendicato.
Nel corso del giudizio il difensore di parte convenuta depositava certificato attestante l’avvenuto decesso, risalente al 12 maggio 2011, di COGNOME NOME, chiedendo l’interruzione o la sospensione o l’estinzione del giudizio.
Con ordinanza del 12 luglio 2012 era dichiarata l’interruzione del giudizio.
Quindi, il Tribunale adito, con ordinanza depositata il 16 gennaio 2013, a seguito dell’istanza di parte convenuta, dichiarava l’estinzione del giudizio per mancata riassunzione nei termini di legge.
2. -Con atto di citazione notificato il 1° febbraio 2013, COGNOME COGNOME nella suddetta qualità, proponeva appello avverso l’ordinanza di estinzione e, all’uopo, lamentava: 1) l’erroneità e l’ingiustizia dell’ordinanza di estinzione del giudizio e della precedente dichiarazione di interruzione per violazione dell’art. 1723, secondo comma, c.c., in quanto il mandato conferito era in rem propriam e, dunque, non avrebbe potuto essere dichiarato estinto in conseguenza dell’estinzione della procura generale rilasciata, per effetto della morte del mandante; 2) la violazione dell’art. 300 c.p.c., essendo stata dichiarata l’interruzione del giudizio e la sua conseguente estinzione al di fuori delle condizioni di legge, poiché parte del giudizio conferente la procura alle liti
era non già il mandante, ma il mandatario, sicché non avrebbe assunto alcun rilievo l’intervenuto decesso del primo, e in ogni caso -per l’impossibilità di interrompere il processo in assenza di dichiarazione della morte da parte del procuratore del medesimo.
Si costituiva in giudizio il RAGIONE_SOCIALE il quale instava per la dichiarazione di inammissibilità/nullità dell’appello per difetto di legittimazione del COGNOME, in quanto privo di mandato, ormai estinto per morte del mandante, e -in subordine -per il suo rigetto, con la conferma dell’ordinanza impugnata.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Roma, con la sentenza di cui in epigrafe, dichiarava l’inammissibilità dell’appello per difetto di legittimazione sostanziale e processuale di COGNOME COGNOME.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che l’avvenuto e documentato decesso, risalente al 12 maggio 2011, del mandante COGNOME NOME aveva determinato l’estinzione del mandato, ai sensi dell’art. 1722, n. 4, c.c., e della connessa procura, con il conseguente esaurimento di ogni potere sostanziale e processuale ex art. 77 c.p.c. del mandatario procuratore COGNOME NOME nonché, per l’effetto, del sub -mandatario COGNOME NOME; b ) che, affinché il mandato potesse essere qualificato come mandato anche nell’interesse del mandatario, insensibile agli eventi estintivi ex art. 1723, secondo comma, c.c., non sarebbe stato sufficiente un interesse del mandatario coincidente con quello generico a conservare l’incarico e a proseguire l’attività gestoria al fine di conseguire il compenso, essendo, invece, necessaria
l’esistenza di un autonomo rapporto giuridico tra mandante e mandatario, generalmente preesistente al mandato o comunque contestualmente costituito, dal quale avesse tratto origine un interesse giuridico del mandatario, che le parti si prefiggevano di realizzare mediante l’attuazione del mandato; c ) che, nella specie, parte appellante sub-mandatario non aveva fornito elementi utili per qualificare il proprio mandato nei termini suddetti, neppure allegando l’esistenza di un autonomo rapporto giuridico con il mandante che avesse dato vita ad un suo interesse economico, che le parti si fossero ripromesse di tutelare mediante il conferimento del mandato, sicché doveva ritenersi configurabile un mandato soggetto alla disciplina generale di cui all’art. 1722 c.c., di talché l’estinzione della procura generale conferita al Giove, per morte del mandante ad negotia , doveva reputarsi idonea a determinare l’estinzione del mandato rilasciato al procuratore speciale, con l’invalidità della procura alle liti da quest’ultimo conferita al difensore, in assenza di poteri rappresentativi.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, NOME COGNOME nella suddetta qualità.
Ha resistito, con controricorso, l’intimato RAGIONE_SOCIALE
4. -Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-In primo luogo, deve essere disattesa l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso, come sollevata dalla
contro
ricorrente, in ragione del sopravvenuto difetto del rapporto processuale conseguente all’estinzione del mandato (per il decesso del rappresentato COGNOME NOME, avvenuto il 12 maggio 2011), il che escluderebbe la legittimazione del procuratore speciale NOME COGNOME a conferire lo ius postulandi .
Per contro, la legittimazione del ricorrente deve essere valutata rispetto all’esito del giudizio di gravame, che ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello alla stregua della sopravvenuta estinzione del mandato.
A fronte di questa decisione, legittimato all’impugnazione era appunto il mandatario, di cui è stato dichiarato il difetto di rappresentanza.
2. -Tanto premesso, con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte di merito deciso unicamente l’eccezione di nullità del gravame per carenza di legittimazione sostanziale e processuale del Ferilli, tralasciando di decidere le censure proposte dall’appellante, come riferite al thema decidendum del giudizio d’appello, con specifico riguardo alla lamentata violazione dell’art. 300 c.p.c., in ragione dell’intervenuta dichiarazione di interruzione del giudizio, con la conseguente e derivata dichiarazione di estinzione al di fuori delle condizioni previste dalla legge, oltre che con riferimento all’individuazione della parte del giudizio, conferente della procura alle liti, che avrebbe dovuto essere identificata non già nel mandante, ma nel mandatario.
Ad avviso dell’istante, tale doglianza avrebbe dovuto essere esaminata e decisa in via prioritaria, costituendo la decisione
sulla lamentata irritualità dell’interruzione del processo, fondata sulla morte della parte già costituita, l’antecedente logico -giuridico necessario della decisione sull’eccezione di nullità dell’appello per carenza dei poteri rappresentativi di parte appellante.
2.1. -Il motivo è infondato.
E ciò perché la declaratoria di inammissibilità del gravame, per difetto di legittimazione sostanziale e processuale dell’appellante COGNOME COGNOME era effettivamente assorbente rispetto alle censure sollevate dall’appellante medesimo avverso l’ordinanza di estinzione impugnata, come adottata dal Tribunale.
Per l’effetto, la Corte del gravame ha ritenuto, in via pregiudiziale, che l’appellante non fosse legittimato a proporre l’impugnazione, il che la esonerava dall’obbligo di esaminare i motivi di censura interposti avverso l’ordinanza conclusiva del giudizio di primo grado, esame che avrebbe postulato l’ammissibilità dell’appello.
Ora, nel giudizio di legittimità introdotto a seguito di ricorso per cassazione non possono trovare ingresso, e perciò non sono esaminabili, le questioni sulle quali, per qualunque ragione, il giudice inferiore non si sia pronunciato per averle ritenute assorbite in virtù dell’accoglimento di un’eccezione pregiudiziale (nella specie, la ravvisata inammissibilità dell’atto di appello), con la conseguenza che, solo in dipendenza della cassazione della sentenza impugnata per l’accoglimento del motivo attinente alla questione assorbente, l’esame delle ulteriori questioni oggetto di censura va rimesso al giudice di rinvio (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 19442 del 16/06/2022; Sez. 5, Sentenza n. 23558 del
05/11/2014; Sez. 3, Sentenza n. 4804 del 01/03/2007; nello stesso senso anche Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 28530 del 30/09/2022).
3. -Con il secondo motivo il ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 77, 159, 300 e 305 c.p.c. nonché degli artt. 1723, secondo comma, e 1362 c.c., per avere la Corte territoriale dichiarato l’inammissibilità del gravame, avendo ritenuto l’odierno ricorrente sprovvisto di legittimazione sostanziale e processuale, benché nel giudizio di primo grado l’evento consistito nella morte del rappresentato COGNOME NOME, quale effettivo titolare del diritto dedotto in lite, non fosse mai stato dichiarato dal procuratore della parte attrice, il che avrebbe dovuto inibire sia la dichiarazione di interruzione, sia la successiva dichiarazione di estinzione del processo.
Obietta l’istante che la morte del mandante che fosse stato in giudizio per mezzo del mandatario ad negotia , costituito tramite procuratore legale, in tanto avrebbe avuto rilevanza processuale e avrebbe importato l’interruzione del processo, in quanto fosse stata dichiarata o notificata dal procuratore legale della parte interessata dall’evento, sicché ai fini della declaratoria di estinzione -sarebbe difettato il relativo presupposto, non sussistendo la causa di interruzione posta a fondamento del provvedimento, il che avrebbe imposto la declaratoria di nullità di tale ultimo provvedimento, con la conseguente utile riassunzione anche dopo il decorso del semestre.
D’altronde, l’affermazione della Corte d’appello, secondo cui il mandato irrevocabile anche nell’interesse del COGNOME si sarebbe
estinto per la morte del mandante, si sarebbe posta in contrasto con il dettato di legge, in quanto, nella fattispecie, il rilascio della procura speciale, a cura di NOMECOGNOME era stato espressamente qualificato come mandato in rem propriam .
3.1. -Il motivo è fondato.
3.1.1. -E ciò sebbene la qualificazione del contratto, da parte del mandante, come mandato in rem propriam non sia vincolante per il giudice (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 3708 del 08/11/1968).
Sicché l’irrevocabilità del mandato, nonostante la morte del mandante, presuppone la verifica dell’effettivo conferimento del mandato anche nell’interesse del mandatario.
Segnatamente il mandato conferito anche nell’interesse del mandatario o di un terzo (cosiddetto mandato in rem propriam ) si distingue dall’ordinario mandato in quanto è diretto al soddisfacimento di un interesse del mandatario, diverso da quello strettamente limitato all’esecuzione del mandato o, in ipotesi di mandato oneroso, al conseguimento del corrispettivo, e costituisce il negoziomezzo per l’attuazione di uno scopo ulteriore rispetto a quello tipico del mandato, connesso alla realizzazione di un altro rapporto o di un altro negozio intercorso tra le parti e sottostante al mandato. Il detto mandato non può essere revocato da parte del mandante, salvo che sia diversamente stabilito dalle parti, o che ricorra una giusta causa di revoca, la quale può ritenersi verificata quando sia dimostrata, nella fattispecie concreta, l’avvenuta realizzazione o l’impossibilità di realizzazione dell’interesse del mandatario, in relazione al sottostante rapporto giuridico (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 3568 del 08/02/2024; Sez. 1, Sentenza n. 857 del
01/02/1983; nello stesso senso Cass. Sez. 1, Sentenza n. 22529 del 28/10/2011).
3.1.2. -Nondimeno, le norme che disciplinano l’interruzione del processo sono volte a tutelare la parte nei cui confronti si è verificato l’evento interruttivo, sicché l’irregolare prosecuzione del giudizio (situazione a cui deve essere equiparata l’irregolare interruzione, in difetto dei relativi presupposti), derivante dalla loro inosservanza, può essere fatta valere soltanto da quest’ultima, che dall’evento interruttivo può essere pregiudicata, e non anche dalle altre parti, le quali, non risentendo di alcun pregiudizio, non possono dedurla come motivo di nullità della sentenza pronunciata (ovvero dell’ordinanza di estinzione delibata) -Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 34867 del 25/11/2022; Sez. 3, Ordinanza n. 18804 del 02/07/2021; Sez. 1, Sentenza n. 1860 del 19/03/1984 -.
3.1.3. -D’altronde, il giudice del gravame non avrebbe potuto porre a fondamento dell’inammissibilità dell’appello l’avvenuto decesso del mandante COGNOME NOME.
Infatti, la morte del mandante che sta in giudizio per mezzo del mandatario ad negotia , costituito tramite procuratore legale, in tanto ha rilevanza processuale in quanto sia stata dichiarata o notificata dal procuratore legale, restando irrilevante che la morte della parte sia nota al giudice ed alla controparte, sopravvivendo la rappresentanza processuale, per il suo particolare carattere di rapporto esterno rispetto al giudice ed alla controparte, al decesso del mandante; mentre nei rapporti interni fra mandante e mandatario, gli atti (in essi compresa la nomina di un procuratore ad processum ) che siano stati compiuti dal
mandatario prima di conoscere l’estinzione del mandato (per morte del mandante) restano validi sia nei confronti del mandante che dei suoi eredi, salva da parte di questi ultimi la ratifica dell’operato del mandatario (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 10487 del 03/05/2018; Sez. 2, Sentenza n. 17034 del 26/07/2006; Sez. 3, Sentenza n. 721 del 18/01/2001; Sez. 2, Sentenza n. 13592 del 17/12/1991).
Ora, non essendo stato dichiarato l’evento morte del mandante dal difensore del mandatario (bensì dal difensore della controparte), il giudice d’appello non avrebbe potuto porre tale evento a fondamento della declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione.
Avrebbe piuttosto dovuto esaminare nel merito i motivi di gravame, chiarendo se fosse stato possibile dichiarare l’interruzione e la conseguente estinzione del giudizio di prime cure sulla base della dichiarazione della controparte circa l’avvenuto decesso del mandante.
4. -Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 300 e 305 c.p.c., per avere la Corte distrettuale reputato che la parte cui dovesse farsi riferimento ai fini della disposizione dell’interruzione del processo e della conseguente estinzione dovesse essere individuata nel rappresentato, anziché nel rappresentante, quale soggetto titolare dell’esercizio di una serie di poteri e facoltà processuali finalizzati a dare impulso e a consentire lo svolgimento della vicenda processuale, con la produzione di effetti di cui tale parte era destinataria immediata,
a prescindere dall’effettiva titolarità del diritto o rapporto giuridico sostanziale controverso.
Obietta l’istante che ad aver svolto l’attività processuale, innanzitutto conferendo mandato ai suoi difensori in primo grado, sarebbe stato unicamente NOME COGNOME sicché la qualità di parte processuale avrebbe dovuto essere attribuita, in via esclusiva, al mandatario, che aveva agito in giudizio a tutela dei diritti del mandante, senza che a quest’ultimo fosse in alcun modo riconoscibile tale qualità di parte processuale.
Espone altresì il ricorrente che, ove fosse stato istituito un collegamento tra il piano sostanziale e quello processuale attraverso l’interruzione del processo, nel quale era parte il mandatario, a seguito della morte del mandante si sarebbe determinata una situazione paradossale, per la quale legittimati alla costituzione volontaria o alla riassunzione sarebbero stati, non già gli eredi del mandatario, ma gli eredi del mandante, ai quali sarebbe stata così attribuita, d’ufficio, una qualità che il loro dante causa non aveva mai avuto.
Pertanto, NOME NOME sarebbe stato obiettivamente parte del giudizio, in quanto titolare di una posizione qualificata, avendo agito in giudizio per la realizzazione di un proprio interesse, a seguito di intercorso accordo con il mandante.
4.1. -Il motivo è assorbito dall’accoglimento della seconda censura.
5. -In definitiva, il secondo motivo del ricorso deve essere accolto, il primo motivo deve essere respinto mentre il rimanente motivo è assorbito.
La sentenza impugnata va, dunque, cassata, limitatamente al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi agli