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Morosità locazione Covid: quando è inadempimento grave?

Un inquilino non paga l’affitto per mesi invocando la pandemia. La Corte di Cassazione ha stabilito che la morosità locazione Covid non è sempre giustificata. La crisi economica generale post-lockdown non basta a escludere la gravità dell’inadempimento senza una prova specifica del nesso causale tra pandemia e difficoltà economiche dell’inquilino. La valutazione deve considerare primariamente l’interesse del proprietario.

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Pubblicato il 21 agosto 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Morosità Locazione Covid: la Pandemia non Giustifica Sempre

La crisi sanitaria ha sconvolto l’economia, creando difficoltà per molti inquilini. Ma la morosità locazione Covid è sempre giustificata? Un’importante ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui criteri che i giudici devono seguire per valutare la gravità dell’inadempimento nel pagamento dei canoni di locazione, specialmente per i contratti ad uso non abitativo. La decisione sottolinea che, sebbene la pandemia sia un evento eccezionale, non può essere usata come una giustificazione universale per non pagare l’affitto, soprattutto dopo la fine dei lockdown.

I Fatti del Caso: Sei Mesi di Affitto non Pagato

Il caso riguarda un contratto di locazione di un immobile inizialmente ad uso abitativo, ma di fatto utilizzato dall’inquilino per un’attività extralberghiera. A partire da aprile 2020, in pieno lockdown, l’inquilino ha smesso di pagare il canone mensile di 2.000 euro, accumulando un debito di 12.000 euro fino a settembre 2020.

La proprietaria ha avviato una procedura di sfratto per morosità. L’inquilino si è opposto, sostenendo che il ritardo era dovuto al blocco delle attività ricettive imposto dalle misure anti-contagio e ha successivamente saldato l’intero debito. Mentre il Tribunale di primo grado ha dato ragione alla proprietaria, la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione, ritenendo l’inadempimento ‘non grave’ proprio in virtù della crisi pandemica.

La Valutazione della Morosità Locazione Covid in Appello

La Corte d’Appello aveva ritenuto che la difficoltà economica dell’inquilino, operante nel settore turistico duramente colpito, giustificasse il ritardo nel pagamento. Secondo i giudici di secondo grado, la ‘notoria emergenza sanitaria’ aveva inevitabilmente rallentato le attività commerciali, rendendo comprensibile il mancato versamento dei canoni. Il successivo pagamento (la cosiddetta ‘purgazione della mora’) ha ulteriormente contribuito a far considerare l’inadempimento come non grave.

Contro questa decisione, la proprietaria ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando che la Corte d’Appello avesse erroneamente dato peso solo alla situazione dell’inquilino, senza considerare il suo interesse a ricevere puntualmente i canoni, che costituisce l’obbligazione principale del contratto.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della proprietaria, cassando la sentenza d’appello. Il ragionamento dei giudici si basa su due pilastri fondamentali.

Il primo riguarda la corretta applicazione dell’art. 1455 del codice civile, che richiede di valutare la gravità dell’inadempimento ‘avuto riguardo all’interesse dell’altra parte’. La Corte d’Appello ha errato nel concentrarsi esclusivamente sulla presunta condizione di difficoltà dell’inquilino, trascurando completamente l’impatto che sei mesi di mancati pagamenti hanno avuto sulla proprietaria. L’interesse del locatore è l’elemento centrale che deve guidare il giudizio di gravità.

Il secondo pilastro è l’interpretazione della normativa emergenziale. La Cassazione chiarisce che il Decreto ‘Cura Italia’ (art. 91 D.L. 18/2020) ha introdotto una presunzione legale solo per il periodo in cui erano in vigore le misure di contenimento (lockdown), cioè fino al 18 maggio 2020. Per questo breve lasso di tempo, il rispetto delle misure è considerato una causa di forza maggiore che giustifica il ritardo. Tuttavia, per il periodo successivo, la morosità locazione Covid non è automaticamente giustificata. L’inquilino deve fornire una prova specifica e concreta del nesso causale tra le conseguenze a lungo termine della pandemia e la sua incapacità di pagare. Non è sufficiente invocare una generica ‘crisi notoria’, poiché ciò costituirebbe una presunzione priva dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha stabilito un principio di diritto cruciale: la crisi pandemica non costituisce un ‘salvacondotto’ per gli inquilini morosi. La valutazione dell’inadempimento deve essere bilanciata e rigorosa. Per il periodo dei lockdown, l’inadempimento può essere giustificato. Per i mesi successivi, l’onere della prova ricade sull’inquilino, che deve dimostrare in modo specifico come la crisi abbia inciso sulla sua capacità di adempiere. La decisione riafferma la centralità dell’interesse del creditore (il locatore) nella valutazione della gravità dell’inadempimento, riportando equilibrio in una materia fortemente influenzata dall’emergenza sanitaria.

La crisi economica dovuta al COVID-19 è una giustificazione sufficiente per non pagare l’affitto?
No, non sempre. La Corte di Cassazione ha chiarito che la normativa emergenziale (Decreto ‘Cura Italia’) giustifica il mancato pagamento solo per il periodo in cui erano in vigore le misure restrittive del lockdown. Per i periodi successivi, l’inquilino deve fornire una prova concreta e specifica del nesso causale tra la crisi e la sua impossibilità di pagare.

Come valuta un giudice la gravità del mancato pagamento dei canoni di locazione?
La valutazione deve essere effettuata sulla base dell’art. 1455 c.c., tenendo conto principalmente dell’interesse della parte che non ha ricevuto la prestazione (il proprietario). Non si può considerare solo la situazione di difficoltà dell’inquilino, ma si deve analizzare come il mancato pagamento abbia inciso sull’equilibrio complessivo del contratto e sugli interessi del locatore.

Cosa deve dimostrare un inquilino per giustificare la morosità dopo la fine dei lockdown?
L’inquilino non può limitarsi a invocare la ‘notoria crisi economica’. Deve fornire elementi di prova specifici che dimostrino una crisi di liquidità direttamente conseguente al calo di fatturato, a sua volta riferibile alla crisi pandemica. Questa prova deve essere bilanciata con le condizioni del proprietario e il comportamento di entrambe le parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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