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Molestia possessoria e distanze: quando conta?

La Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3700/2025, ha stabilito un importante principio in materia di molestia possessoria. Il caso riguardava una sopraelevazione di un edificio di soli 9 cm, contestata dal vicino. La Corte ha confermato che una violazione minima delle distanze legali non è sufficiente per configurare una molestia possessoria. È necessario che l’intervento edilizio provochi una ‘apprezzabile modificazione o limitazione dell’esercizio del possesso’. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, poiché mirava a una revisione dei fatti già accertati in appello, ribadendo che non ogni irregolarità edilizia giustifica un’azione a tutela del possesso.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Molestia Possessoria: Una Sopraelevazione di Pochi Centimetri Giustifica un’Azione Legale?

Una questione frequente nei rapporti di vicinato riguarda le costruzioni realizzate in violazione delle distanze legali. Ma cosa accade quando la violazione è minima? Può considerarsi una molestia possessoria anche una sopraelevazione di pochi centimetri? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, offre un’importante chiave di lettura, distinguendo tra la violazione formale della norma e la lesione concreta del possesso. Analizziamo la decisione per capire quando un’irregolarità edilizia diventa giuridicamente rilevante ai fini della tutela possessoria.

I Fatti del Caso: Una Disputa tra Vicini per 9 Centimetri

La vicenda ha origine dalla denuncia di due proprietari contro il loro vicino, accusato di aver realizzato una sopraelevazione sul proprio edificio senza rispettare la distanza legale di dieci metri. I ricorrenti lamentavano che tale opera costituisse una molestia al loro diritto di possesso.
Sia il Tribunale di primo grado che la Corte di Appello avevano respinto la domanda. Le perizie tecniche (CTU) avevano infatti accertato che la sopraelevazione era di entità minima, quantificata in soli 9 centimetri rispetto alla struttura preesistente. Secondo i giudici di merito, una variazione così contenuta non era idonea a costituire una lesione apprezzabile del diritto dei vicini.
I proprietari, non soddisfatti, hanno quindi proposto ricorso per cassazione, sostenendo che i giudici avessero errato nel non considerare le risultanze del loro consulente di parte (CTP), che indicavano misure ben maggiori, e nel non qualificare l’intervento come ‘nuova costruzione’, soggetta in ogni caso al rispetto delle distanze.

La Questione Giuridica sulla Molestia Possessoria

Il nodo centrale della controversia è il seguente: una qualsiasi violazione delle norme sulle distanze tra costruzioni integra automaticamente una molestia possessoria, legittimando un’azione di manutenzione ai sensi dell’art. 1170 del codice civile? Oppure, per ottenere tutela, è necessario dimostrare che tale violazione abbia causato una turbativa concreta e significativa del godimento del bene?

Le Motivazioni della Suprema Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei gradi precedenti e cogliendo l’occasione per ribadire un principio fondamentale.

I giudici hanno chiarito che un conto è l’azione a difesa della proprietà (azione petitoria), dove anche una minima violazione delle distanze può essere contestata, un altro è l’azione a difesa del possesso (azione possessoria). Quest’ultima tutela il potere di fatto sulla cosa e non il diritto astratto.

Perché si configuri una molestia possessoria, non è sufficiente la semplice violazione di una norma, ma è necessario che questa si traduca in un'”apprezzabile modificazione o limitazione dell’esercizio del possesso”. In altre parole, la turbativa deve essere concreta e tangibile. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la valutazione dei giudici di merito, secondo cui un’elevazione di 9 centimetri fosse troppo modesta per creare una reale molestia, fosse una valutazione di fatto, logica e ben motivata, e come tale non sindacabile in sede di legittimità.

La Corte ha inoltre specificato che il tentativo dei ricorrenti di far prevalere le misurazioni del proprio consulente su quelle del perito del tribunale costituisce un’inammissibile richiesta di riesaminare il merito della causa. Infine, ha ritenuto irrilevante la questione sulla classificazione dell’intervento come ‘nuova costruzione’, poiché il focus dell’azione possessoria non è la qualifica urbanistica dell’opera, ma l’impatto effettivo sul possesso del vicino.

Le Conclusioni: Il Principio di Apprezzabilità della Lesione

La decisione della Cassazione rafforza il principio di “apprezzabilità” della lesione nel contesto della tutela possessoria. Non ogni irregolarità edilizia giustifica un’azione legale da parte del vicino; è indispensabile che l’intervento provochi una compromissione sensibile del godimento del bene. Questo orientamento ha lo scopo di evitare liti giudiziarie per questioni di minima importanza, concentrando la protezione legale sulle violazioni che incidono in modo sostanziale sui diritti dei possessori. La sentenza, quindi, rappresenta un importante monito a valutare la reale entità del pregiudizio prima di intraprendere un’azione per molestia possessoria.

Una minima sopraelevazione di un edificio viola sempre il possesso del vicino?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la violazione delle distanze legali, se minima (come 9 cm nel caso di specie), non costituisce automaticamente una molestia possessoria. È necessario che tale violazione determini un’apprezzabile modificazione o limitazione dell’esercizio del possesso.

È possibile contestare la valutazione dei fatti del perito del tribunale (CTU) in Cassazione?
No. Il ricorso in Cassazione non può risolversi in una richiesta di revisione delle valutazioni di fatto e del convincimento del giudice di merito. La valutazione delle prove, come le risultanze di una perizia tecnica, è riservata ai giudici dei gradi precedenti e non può essere riesaminata dalla Suprema Corte, a meno di vizi logici o motivazionali gravissimi, non riscontrati nel caso in esame.

Qual è la differenza tra la tutela del diritto di proprietà e quella del possesso in materia di distanze?
La tutela del diritto di proprietà (azione petitoria) mira a far rispettare le norme in sé, quindi anche una minima violazione delle distanze può essere sanzionata. La tutela del possesso (azione possessoria), invece, protegge il potere di fatto sulla cosa. Pertanto, per giustificare un’azione di manutenzione, non basta una violazione formale delle norme sulle distanze, ma occorre che questa si traduca in una lesione concreta e apprezzabile del godimento del bene da parte del possessore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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