Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 31493 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 31493 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17510/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in BERGAMO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l a rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in REGGIO EMILIA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende;
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 972/2023 depositata il 04/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/07/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale Reggio Emilia accolse l’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto ingiuntivo con cui, ad istanza di RAGIONE_SOCIALE le era stato ingiunta la restituzione di una macchina spazzatrice concessa in noleggio, oltre il pagamento di canoni rimasti impagati.
La Corte d’appello di Bologna accolse parzialmente il gravame di UCM, condannando la controparte al pagamento di euro 36.050,00, oltre interessi al saldo.
Propone ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE attraverso cinque motivi. Risponde con controricorso, illustrato da memoria, RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la società ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto ed in particolare dell’art. 342 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3. c.p.c. con il quale la ricorrente lamenta che il giudice non abbia pronunciato in ordine alla propria eccezione di inammissibilità per genericità dell’atto d’appello.
Il motivo è infondato.
In primo luogo, la censura è stata erroneamente articolata con riferimento alla violazione di legge processuale (art. 360 n. 3 c.p.c.), laddove, invece, avrebbe dovuta essere articolata con riferimento alla nullità del procedimento per omessa pronunzia ex artt. 112, 360 n. 4 c.p.c. In secondo luogo, lo stesso fatto che la sentenza d’appello abbia trattato il merito delle censure manifesta
l’implicita pronuncia circa l’ammissibilità dell’atto di gravame proposto.
Cib il secondo, il terzo e il quarto motivo la ricorrente censura la sentenza nel punto in cui ha ritenuto ammissibile e fondata la domanda di pagamento, avanzata da UCM nella comparsa di costituzione di primo grado, dei canoni relativi all’ulteriore periodo di utilizzazione della macchina da parte di SEA, ai sensi dell’art. 1591 cc, ritenendola una mera emendatio libelli . Sostiene la ricorrente che il giudice d’appello avrebbe trasformato una domanda generica di indennizzo per utilizzo sine titulo e risarcimento dei danni per utilizzo del macchinario in una domanda di pagamento dei canoni per l’ulteriore periodo di utilizzazione (danno per ritardata restituzione ex art. 1591 c.c.), pronunziando così ultra petita . In altri termini, la ricorrente ritiene che la riconvenzionale svolta da parte appellante esuli, in ogni caso, dall’oggetto della riconvenzionale proposta da parte opponente in primo grado: quest’ultima domanda si riferirebbe all’inadempimento di obblighi contrattuali da parte di U.C.M., e non avrebbe nulla a che vedere con il preteso e paventato uso del macchinario sine titulo e risarcimento non suffragato da obblighi contrattuali né dimostrazione di danni realmente subiti o specificati seppur in via di mera ipotesi.
La ricorrente denuncia anche la violazione e/o falsa applicazione di norme con riferimento all’equo processo e alla frammentazione del credito in relazione all’art. 360 n. 3 cpc, stante la mancata buona fede e correttezza di controparte per aver avanzato domanda riconvenzionale di pagamento di importi nuovi relativi ai canoni per la mancata restituzione della macchina operatrice da parte di RAGIONE_SOCIALE
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono infondati.
Correttamente il giudice, nel trattare e decidere sulla domanda, ha fatto riferimento ai principi del giusto processo ed al divieto di frazionamento del credito.
Ha fatto a tale stregua applicazione del principio enunziato da SU n. 12310/15 in base del quale la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 cod. proc. civ. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa ( petitum e causa petendi ), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali.
Con la conseguenza che la modifica è ammissibile anche nella memoria ex art. 183 cod. proc. civ.
Inoltre, in primo luogo occorre rimarcare che colui che s’oppone a decreto ingiuntivo riveste la posizione di attore nel momento in cui propone domanda riconvenzionale, mentre l’opposto si trova nella posizione di convenuto; sicché, quest’ultimo può proporre (come verificatosi nella fattispecie in esame) nella comparsa di costituzione e risposta domanda riconvenzionale che sia conseguenza delle domande proposte dall’opponente (in tal senso cfr. tra le più recenti Cass. 5415/19).
In secondo luogo, quanto al tema del frazionamento del credito, occorre fare riferimento a Cass. SU n. 4090/17, secondo cui ‘le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benché relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, – sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività
istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata, e, laddove ne manchi la corrispondente deduzione, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovrà indicare la relativa questione ex art. 183, c.p.c., riservando, se del caso, la decisione con termine alle parti per il deposito di memorie ex art. 101, comma 2, c.p.c.’.
5. Il quinto motivo (con il quale è formalmente censurato l’omesso esame di elementi probatori e istruttori, sul presupposto che il giudice ne avrebbe svolto una sommaria valutazione in merito al rigetto della riconvenzionale riproposta da SEA con appello incidentale, avente ad oggetto la richiesta risarcitoria derivante dalla necessità di dover sostenere costi per il noleggio di altri macchinari in sostituzione di quello non funzionante di RAGIONE_SOCIALE è inammissibile perché sostanzialmente prospettante una inammissibile diversa valutazione delle prove rispetto a quella operata dalla corte di merito.
Nel giudizio di legittimità non sono invero proponibili censure dirette a provocare una nuova valutazione delle risultanze processuali, diversa da quella espressa dal giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze che ritenga più attendibili ed idonee nella formazione dello stesso, essendo sufficiente, al fine della congruità della motivazione del relativo apprezzamento, che da questa risulti che il convincimento nell’accertamento dei fatti su cui giudicare si sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi probatori acquisiti.
Non essendo questa Corte giudice sul fatto, il ricorrente non può pertanto limitarsi a prospettare una lettura delle prove ed una
ricostruzione dei fatti diversa da quella compiuta dal giudice di merito come, appunto, nel caso di specie.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 5.600,00, di cui euro 5.400,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza