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Modifica unilaterale contratto: quando è legittima?

Una società si opponeva alla modifica unilaterale del contratto di fornitura energetica, invocando il blocco previsto dal Decreto Aiuti-bis. Il Tribunale di Milano ha dato ragione alla società fornitrice, stabilendo che l’aggiornamento delle tariffe alla scadenza delle condizioni economiche non costituisce una modifica illecita, ma una legittima applicazione del contratto stesso. Di conseguenza, la domanda della società cliente è stata respinta e quest’ultima è stata condannata a pagare le fatture basate sui nuovi prezzi.

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Pubblicato il 14 gennaio 2025 in Diritto Civile, Diritto Commerciale, Giurisprudenza Civile

Modifica unilaterale del contratto di fornitura: legittima se le condizioni economiche sono scadute

Nel contesto di mercato caratterizzato da forti oscillazioni dei prezzi dell’energia, la questione della modifica unilaterale contratto di fornitura è diventata centrale. Una recente sentenza del Tribunale di Milano ha fornito un’interpretazione chiave, distinguendo tra l’aggiornamento di condizioni economiche giunte a scadenza e una modifica illecita dei termini contrattuali generali. Questo caso chiarisce quando un fornitore può legittimamente aumentare le tariffe, anche alla luce delle normative emergenziali come il Decreto Aiuti-bis.

I Fatti di Causa

Una società cliente, operante nel settore industriale, aveva stipulato un contratto di fornitura di energia elettrica a tempo indeterminato, ma con condizioni economiche a prezzo fisso valide per i primi 12 mesi. Scaduto tale periodo, il rapporto era proseguito con le medesime tariffe per alcuni anni.

Nel maggio 2022, a fronte del drastico aumento dei costi dell’energia, la società fornitrice comunicava l’applicazione di nuove e più onerose condizioni economiche a partire da settembre 2022, come previsto da una clausola contrattuale che permetteva l’aggiornamento delle tariffe alla loro scadenza.

La società cliente si opponeva, ritenendo tale comunicazione una modifica unilaterale contratto illegittima ai sensi dell’art. 3 del D.L. 115/2022 (c.d. Decreto Aiuti-bis), che sospendeva l’efficacia di simili clausole. Di conseguenza, continuava a versare un importo inferiore, basato sulle vecchie tariffe, e citava in giudizio il fornitore per far accertare l’illegittimità degli aumenti e dichiarare un presunto credito per pagamenti in eccesso.

La società fornitrice si difendeva contestando la ricostruzione e, tramite una domanda riconvenzionale, chiedeva la condanna della cliente al pagamento della differenza accumulata, quantificata in oltre 142.000 euro.

La decisione del Tribunale sulla modifica unilaterale contratto

Il Tribunale di Milano ha rigettato completamente le domande della società cliente e, al contrario, ha accolto la domanda riconvenzionale del fornitore. Ha stabilito che l’aggiornamento tariffario operato dalla società fornitrice era legittimo. Di conseguenza, ha condannato la cliente al pagamento dell’intero importo dovuto secondo le nuove condizioni economiche, oltre agli interessi moratori e al rimborso delle spese legali.

Le motivazioni della Sentenza

Il Giudice ha basato la sua decisione su un’attenta interpretazione della normativa e del contratto. La motivazione centrale risiede nella distinzione fondamentale tra due concetti:

1. Modifica unilaterale delle condizioni generali di contratto: si tratta di una variazione della parte normativa del contratto, quella che definisce le regole generali del rapporto. Il Decreto Aiuti-bis intendeva sospendere proprio questo potere (ius variandi) per proteggere i consumatori da cambiamenti arbitrari durante la crisi energetica.
2. Aggiornamento delle condizioni economiche alla loro scadenza: questo è il caso in esame. Il contratto originale prevedeva espressamente che le condizioni economiche avessero una durata definita (12 mesi) e stabiliva le modalità per il loro rinnovo o aggiornamento. La comunicazione del fornitore non ha modificato le regole del gioco, ma ha semplicemente applicato una regola già esistente per adeguare il prezzo alla sua naturale scadenza.

Secondo il Tribunale, il legislatore non ha mai inteso imporre un “congelamento tout court” di tutti i contratti di fornitura, ma solo sospendere specifici poteri contrattuali di modifica unilaterale. L’aggiornamento delle tariffe, previsto contrattualmente alla scadenza delle condizioni economiche, non rientra in questa categoria. Questa lettura, peraltro, è stata confermata da una successiva modifica normativa (il c.d. decreto milleproroghe) che ha chiarito esplicitamente la legittimità di tali aggiornamenti.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La sentenza del Tribunale di Milano offre un principio guida di grande importanza pratica: la scadenza delle condizioni economiche di un contratto di fornitura non equivale a una modifica unilaterale contratto vietata dalla legge emergenziale. Se il contratto stesso prevede un termine di validità per le tariffe e un meccanismo per il loro successivo aggiornamento, il fornitore è legittimato ad applicare nuove condizioni, previo rispetto dei termini di preavviso.

Questa decisione sottolinea l’importanza di leggere attentamente tutte le clausole contrattuali, in particolare quelle relative alla durata delle condizioni economiche e alle modalità del loro rinnovo. Per le imprese, ciò significa che non si può fare affidamento su una presunta “proroga tacita” a tempo indeterminato delle tariffe iniziali, specialmente in un mercato volatile come quello dell’energia.

Un fornitore di energia poteva aumentare le tariffe durante il periodo di blocco stabilito dal Decreto Aiuti-bis?
Sì, ma solo se non si trattava di una modifica unilaterale delle condizioni generali di contratto, bensì di un aggiornamento delle condizioni economiche giunte alla loro naturale scadenza, come previsto dal contratto stesso.

Qual è la differenza tra “modifica unilaterale delle condizioni generali” e “aggiornamento delle condizioni economiche”?
La “modifica unilaterale” cambia le regole normative del contratto (es. modalità di fatturazione, recesso). L'”aggiornamento economico” si limita ad adeguare il prezzo alla sua scadenza, applicando una procedura già prevista e concordata nel contratto iniziale.

La qualifica di “microimpresa” della società cliente ha influito sulla decisione finale?
No, la decisione si è basata sull’interpretazione del contratto e della legge applicabile. Il Tribunale ha ritenuto che la distinzione tra modifica e aggiornamento fosse il punto cruciale, a prescindere dalla dimensione dell’impresa cliente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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