Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21837 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21837 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11257/2018 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, in proprio e n.q. di erede di COGNOME NOME, e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, domiciliati ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di cassazione;
-ricorrenti- contro
CONDOMINIO INDIRIZZO,16 e 18 di Alcamo, in persona del suo amministratore pro-tempore ;
-intimato- per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Palermo n. 2325/2017, depositata il 6 dicembre 2017.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4 giugno 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. -I condomini NOME e NOME COGNOME hanno impugnarono davanti al Tribunale di Trapani, sezione distaccata di Alcamo la delibera del 14 maggio 2001, approvata dall’assemblea del Condominio di INDIRIZZO,14,16,18, con la partecipazione di undici condomini su tredici e con la presenza presunta di 916 millesimi, che dava corso al nuovo regolamento condominiale e alle tabelle millesimali, sostituendo integralmente il vecchio regolamento di natura contrattuale. Lamentavano che sin dalla data di costruzione dell’edificio la vita del condominio era stata regolata dallo strumento contrattuale predisposto dall’originario proprietario, che risultava riportato in tutti gli atti di vendita, e che in base a tale regolamento le spese erano state ripartite convenzionalmente, in deroga all’art. 1123 del cod. civ., in parti uguali tra tutti i condomini, a prescindere delle superfici dei singoli appartamenti e degli altri criteri previsti da tale norma (altezza del piano e altro). Evidenziavano che le spese condominiali, sino alla data di approvazione del nuovo regolamento, erano state suddivise in base ad un criterio unanime (in pari quota) pari a 83,33 millesimi, per i proprietari degli appartamenti e che il nuovo regolamento e le tabelle ad esso allegate doveva essere approvato all’unanimità , andando a variare il criterio determinato convenzionalmente di ripartizione delle spese e andando a incidere negativamente anche sui diritti dei singoli condomini, e in particolare sul diritto del condomino dell’ultimo piano di sopraelevare liberamente (senza alcuna preventiva autorizzazione del condominio), sulla cancellazione dei diritti di prelazione da parte dei condomini in caso di vendita di unità immobiliari. Producevano la delibera impugnata dalla quale appariva evidente che tale unanimità non era stata raggiunta per il voto contrario di NOME COGNOME, in proprio e quale delegato di NOME COGNOME e per la mancata partecipazione del condomino NOME COGNOME.
Trattandosi, a loro dire, di vizio che poneva nel nulla la delibera impugnata, chiedevano al Tribunale di dichiararne la nullità con tutte
le conseguenze utili ed onerose, compresa la inefficacia del nuovo regolamento e delle tabelle approvate con tale deliberazione e la condanna del Condomino alle spese di lite.
Si costituiva in giudizio il Condominio, il quale rilevava che la deliberazione impugnata era stata approvata dall’assemblea con la maggioranza e con i millesimi previsti dal regolamento contrattuale, il quale prevedeva che le delibere concernenti le modifiche del regolamento dovevano essere approvate con la maggioranza dei 4/5, e che, di conseguenza, essendo questa la norma regolamentare che disciplinava le modifiche, la deliberazione impugnata doveva ritenersi valida. Inoltre, osservava che, vertendosi in materia di annullabilità e non di nullità della deliberazione, l’azione doveva essere proposta nel termine di trenta giorni dalla piena conoscenza, termine ampiamente scaduto alla data di proposizione della domanda. Chiedeva pertanto, il rigetto della domanda e la condanna alle spese.
Con sentenza depositata il 12 febbraio 2013, il Tribunale di Trapani, sezione distaccata di Alcamo, rigettava la domanda e condannava gli attori alle spese di lite.
–NOME e NOME COGNOME hanno interposto appello.
Il Condominio, costituitosi, ha chiesto il rigetto del gravame.
La Corte d’appello di Palermo, con sentenza n. 2325/2017, depositata il 6 dicembre 2017, ha respinto il gravame.
-I due condomini soccombenti hanno proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
Il Condominio non ha svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo si deduce violazione ed errata applicazione dell’art. 1123 cod. civ. e dell’art. 1138 cod. civ. e in via gradata dell’art. 7 lett. c) del regolamento condominiale in relazione all ‘ art. 360 n. 3 cod. proc. civ. I ricorrenti evidenziano che il regolamento predisposto dal costruttore dello stabile di INDIRIZZO Delle
Rose n. 12, in Alcamo, ha natura contrattuale poiché limita i diritti di alcuni condomini in favore di altri e prevede limitazioni sia sulle proprietà esclusive (vedi diritto di prelazione e di edificazione riservato al proprietario dell’ultimo piano), sia nella ripartizione degli oneri condominiali (in parti uguali). Nella specie, si sostiene che l’assemblea dei condomini ha approvato, a maggioranza, con la deliberazione impugnata, un nuovo regolamento contrattuale e non la semplice modifica del regolamento contrattuale predisposto dal costruttore e approvato dai singoli condomini con i loro atti di acquisto. Tale nuovo regolamento ha anche approvato le tabelle millesimali e ha stabilito un diverso criterio di ripartizione delle spese condominiali, oltre a sostituire le clausole che danno il diritto di prelazione in caso di vendita ai condomini e il diritto alla sopraelevazione con criteri diversi da quelli previsti dall’art. 1127 c.c. Quindi, a loro dire, non trattandosi di semplice modifica, ma di un nuovo regolamento, lo stesso a ndava approvato all’unanimità dei condomini e non con la maggioranza qualificata prevista dall’art. 7 lett. c) del regolamento contrattuale. In ogni caso, si evidenzia che anche il quorum dei 4/5 dei condomini così come previsto dall’ar t. 7 lett. c) del regolamento condominiale, criterio diverso dall’unanimità (che secondo i ricorrenti era il criterio previsto dal regolamento per le modifiche delle norme di carattere regolamentare o di parti dello stesso) – non è stato raggiunto e tanto vizia di nullità la deliberazione impugnata.
1.1. -Il motivo è inammissibile per difetto di indicazione specifica dei documenti sui quali il ricorso si fonda (art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ.).
Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ex art. 366, comma 1, n. 6), cod. proc. civ., è compatibile con il principio di cui all’art. 6, par. 1, della CEDU, qualora, in ossequio al criterio di proporzionalità, non trasmodi in un eccessivo formalismo, dovendosi, di conseguenza, ritenere rispettato ogni qualvolta
l’indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fondi, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali, bastando, ai fini dell’assolvimento dell’onere di deposito previsto dall’art. 369, comma 2, n. 4 cod. proc. civ., che il documento o l’atto, specificamente indicati nel ricorso, siano accompagnati da un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati (Cass., Sez. I, 19 aprile 2022, n. 12481; Cass., Sez. Un., 18 marzo 2022, n. 8950; Cass., Sez. III, 4 marzo 2022, n. 7186)
Nella specie, come è evidente, l’oggetto del contendere e il ricorso ruotano sul contenuto dell’art. 7 del regolamento condominiale e sulle clausole che -a dire dei ricorrenti -incidono sui diritti dei singoli condomini, ma di esse il ricorso non ne trascrive il contenuto, in contrasto con la giurisprudenza richiamata, limitandosi a commentarle e dandone per scontata la sua conoscenza o supponendo che la Corte di Cassazione proceda a reperire gli atti nel fascicolo processuale.
La Corte d’ Appello ha ritenuto che la lettera dell’art. 7 non distingue tra le diverse parti del regolamento in funzione della natura contrattuale di alcune di esse, ritenendo che un diverso rilievo del contenuto del regolamento non si evince neanche dall’interpretazione dell’atto nel suo complesso, ciò allo scopo di escludere la modificabilità a maggioranza delle disposizioni contrattuali. Era quindi necessario riportare il contenuto della disposizione regolamentare in discussione.
Analogo difetto di specificità deve ravvisarsi in relazione alla delibera contestata che avrebbe condotto all’approvazione di un nuovo regolamento contrattuale.
2. -Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 112 e 345 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 n. 4 cod. proc. civ. Secondo quanto prospettato, la sentenza impugnata violerebbe il
principio della correlazione tra il chiesto e il pronunciato e quello del tantum devolutum quantum appellatum . In particolare, la violazione dell’art. 112 e dell’art. 345 cod. proc. civ. risulterebbe palese laddove la Corte di appello non si pronuncia su tutta la domanda, poiché, in particolare, omette di pronunciarsi su diverse censure mosse avverso i capi della sentenza, quelli afferenti alla pronuncia di decadenza dell’azione e , in particolare, sulla doglianza relativa al raggiungimento del quorum necessario per l’approvazione del nuovo regolamento condominiale. Gli appellanti hanno contestato anche il raggiungimento del quorum di cui all’art. 7 , lett. c), del regolamento di origine contrattuale, specificando anche l’esatto quorum necessario per ritenere valida la deliberazione approvata a maggioranza in sede di votazione (diversa da quella erroneamente riportata nella delibera che ha approvato il nuovo regolamento). Il Condominio avrebbe calcolato tra i votanti favorevoli anche il voto di un condomino (il sig. COGNOME NOME) che, invero, non ha partecipato alla votazione. Sul punto si osserva che la validità dell’approvazione di un nuovo regolamento non p uò essere dedotta da un semplice comportamento successivo alla adottata deliberazione, poiché il vizio di nullità travolge financo la manifestazione di volontà del condomino che ha partecipato alla votazione. Tanto perché, la censura mossa in via subordinata sul mancato raggiungimento del quorum previsto dall’art. 7, lett. c, del regolamento condominiale, era ictu oculi fondata. Su tale aspetto del gravame, tuttavia, il giudice di appello non si è pronunciato, violando le norme richiamate.
2.1. -Il motivo è anch’esso inammissibile.
Nel giudizio di legittimità, la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze siano puntualmente
riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni prospettatevi. Pertanto, non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, quale giudice del “fatto processuale”, intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi (Cass., Sez. II, 14 ottobre 2021, n. 28072; Cass., Sez. V, 4 luglio 2014, n. 15367; Cass., Sez. II, 19 marzo 2007, n. 6361).
Oltre a mancare di specificità la deduzione delle domande che sarebbero state omesse, come chiarito dalla giurisprudenza richiamata, vi è da rilevare in parte un chiaro difetto di interesse, posto che un eventuale rigetto di un’eccezione (come quella di decadenza) non avrebbe comunque inciso sul giudizio di soccombenza che si fonda, come è noto, sull’esito globale della lite (Cass., Sez. VI-3, 18 maggio 2021, n. 13356; Cass., Sez. VI-3, 13 marzo 2013, n. 6369). Il mancato esame della censura sul quorum è invece logicamente assorbito dall’esito del primo motivo .
3. -Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art 360 n. 5 cod. proc. civ. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. I ricorrenti sostengono che la Corte di appello, pur affermando il principio contestato dai ricorrenti, e cioè che per la modifica del regolamento condominiale era necessaria la maggioranza prevista dall’art. 7 lettera c) del vecchio regolamento contrattuale, omette di dare seguito a quanto affermato. Infatti non v’è capo della sentenza dal quale possa evincersi che la Corte di appello di Palermo ha
proceduto a verificare se la deliberazione impugnata avesse raggiunto il quorum necessario per la sua regolare approvazione, fatto che sarebbe stato contestato e anche dimostrato dagli odierni ricorrenti nei due precedenti gradi di giudizio.
3.1. -Il motivo è inammissibile.
La Corte d’Appello, respingendo il gravame, ha confermato la sentenza di primo grado. Ebbene, nell’ipotesi di ” doppia conforme “, prevista dall’art. 348ter , comma 5, cod. proc. civ., il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n. 5) dell’art. 360 cod. proc. civ. è inammissibile -come nel caso di specie -se non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass., Sez. III, 28 febbraio 2023, n. 5947).
-Con il quarto motivo, infine, ci si duole della pronuncia sulle spese liquidate.
La decisione, secondo i ricorrenti, appare del tutto ingiusta poiché la ricorr enza di aspetti dell’impugnazione implicitamente accolti (quelli avverso la pronuncia di decadenza della de ll’ azione proposta in primo grado) fanno apparire esorbitante ed ingiusta la condanna alle spese inflitta dalla Corte di appello.
4.1. -Il motivo, che non specifica neppure quale sarebbe il parametro normativo violato, è infondato (qualora lo si volesse intendere ancorato ad una violazione di norma di diritto (artt. 91 e ss. cpc).
In tema di spese processuali, infatti, la violazione di legge ricorre nel caso in caso di condanna della parte vittoriosa (tra le tante, v. Cass., Sez. V, 6 ottobre 2011, n. 20457), mentre nella specie, del tutto legittimamente, la regolamentazione delle spese ha seguito la regola della soccombenza che si fonda, a sua volta, sull’esito del giudizio e sul principio di causalità .
-In conclusione, il ricorso va rigettato.
Nulla si dispone sulle spese del presente giudizio, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva in questa sede.
Poiché il ricorso è stato rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte de i ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione