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Modifica domanda sfratto: ecco quando è ammessa

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in un procedimento di sfratto per morosità, il locatore può modificare la propria domanda iniziale dopo l’opposizione del conduttore. Se l’inquilino dimostra di aver pagato i canoni contestati, il locatore può, nella fase successiva del giudizio, basare la sua richiesta su altre mensilità non pagate relative allo stesso rapporto contrattuale. Questa modifica domanda sfratto è considerata un ammissibile adeguamento alle difese della controparte e non una domanda nuova. La Corte ha quindi respinto il ricorso del conduttore, confermando la risoluzione del contratto.

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Pubblicato il 5 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Modifica Domanda Sfratto: La Cassazione Chiarisce i Limiti

In un procedimento di locazione, cosa succede se l’inquilino dimostra di aver pagato i canoni per cui è stato citato in giudizio? Il proprietario perde la causa o può correggere il tiro? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sulla possibilità di una modifica domanda sfratto dopo l’opposizione del conduttore, delineando i confini tra un ammissibile aggiustamento e una domanda inammissibilmente nuova.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine da un’intimazione di sfratto per morosità. Una locatrice contestava al suo inquilino il mancato pagamento di canoni di locazione per un totale di circa 7.700 euro, riferiti in parte a un debito pregresso e in parte a mensilità più recenti, fino a luglio 2019. L’inquilino si opponeva allo sfratto, depositando le prove dei bonifici effettuati per i periodi contestati e chiedendo, in via riconvenzionale, la restituzione di somme che riteneva di aver pagato in eccesso sulla base di un precedente contratto stipulato con il dante causa della locatrice.

Di fronte a questa difesa, la locatrice, nella successiva memoria integrativa, precisava la sua pretesa: i pagamenti effettuati dal conduttore erano stati imputati a debiti più vecchi, lasciando scoperta un’intera annualità di canoni, quella del 2016, diversa da quella originariamente indicata in modo prevalente nell’atto di citazione. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello accoglievano la tesi della locatrice, dichiarando la risoluzione del contratto per grave inadempimento e respingendo la domanda riconvenzionale del conduttore. Quest’ultimo, ritenendo illegittima la modifica della pretesa avversaria, ricorreva in Cassazione.

L’Analisi della Cassazione sulla Modifica Domanda Sfratto

Il cuore della questione sottoposta alla Suprema Corte riguardava la legittimità della modifica domanda sfratto operata dalla locatrice. Il ricorrente sosteneva che, una volta provato il pagamento dei canoni oggetto dell’intimazione iniziale, la pretesa del locatore si sarebbe dovuta considerare estinta, e non era possibile introdurre una richiesta basata su un diverso periodo di morosità.

La Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha ribadito un principio consolidato: il procedimento per convalida di sfratto, in caso di opposizione dell’intimato, si trasforma in un giudizio ordinario secondo il rito del lavoro. In questa fase, che si apre con il deposito delle memorie integrative ai sensi dell’art. 426 c.p.c., il perimetro della controversia (thema decidendum) si cristallizza. È proprio in questo momento che l’originario intimante (il locatore) può non solo precisare, ma anche modificare la propria domanda, specialmente se ciò si rende necessario a seguito delle difese della controparte.

Secondo la Corte, quella della locatrice non era una domanda nuova, ma un “tollerabile allargamento del petitum iniziale”. La richiesta, pur riferendosi a un’annualità diversa (2016 anziché 2019), si fondava sullo stesso fatto costitutivo: la morosità del conduttore nell’ambito del medesimo rapporto di locazione. Si trattava, quindi, di una permessa emendatio libelli e non di una vietata mutatio libelli.

La Questione della Domanda Riconvenzionale

Un altro punto toccato dalla Corte è stato quello relativo alla domanda riconvenzionale del conduttore. Egli chiedeva la restituzione di canoni asseritamente pagati in eccesso dal 1981 al 2009, in riferimento a un contratto stipulato prima di quello oggetto di causa e con il precedente proprietario. La Corte d’Appello, e la Cassazione ha confermato, aveva correttamente rilevato il difetto di legittimazione passiva della locatrice. La domanda di restituzione, infatti, si basava su un rapporto contrattuale diverso e doveva essere rivolta agli eredi del locatore originario, non alla nuova proprietaria che agiva in forza di un contratto successivo (stipulato nel 2010) a cui era subentrata.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano sulla specificità del rito locatizio. A differenza del rito ordinario, dove le preclusioni sono più rigide, il passaggio dalla fase sommaria dello sfratto a quella di cognizione piena consente una maggiore flessibilità. La modifica della domanda è consentita perché scaturisce direttamente dalla difesa del convenuto e permette di accertare la reale situazione di dare-avere tra le parti nell’ambito di quel singolo rapporto contrattuale. La Corte ha ritenuto irrilevante la questione su quale specifica annualità fosse rimasta impagata; ciò che contava era la sussistenza di un grave inadempimento (il mancato pagamento di un intero anno di canoni) tale da giustificare la risoluzione del contratto. La pretesa del locatore, sebbene modificata nei suoi riferimenti temporali, rimaneva ancorata alla stessa causa petendi, ovvero l’inadempimento del conduttore al suo obbligo di pagare il canone.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione pratica. Per i locatori, conferma che un’efficace difesa del conduttore non chiude necessariamente la partita, ma apre la possibilità di adeguare la propria pretesa sulla base di quanto emerso, purché ci si muova all’interno dello stesso rapporto contrattuale. Per i conduttori, evidenzia come non sia sufficiente contestare puntualmente le mensilità indicate nell’atto di sfratto se esistono altre pendenze, poiché queste potrebbero legittimamente emergere nel corso del giudizio. La decisione riafferma la flessibilità del processo locatizio, orientato a risolvere la controversia nella sua interezza piuttosto che a fermarsi a formalismi procedurali.

In una causa di sfratto per morosità, il locatore può modificare la sua richiesta di pagamento indicando mesi diversi da quelli iniziali?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che, dopo l’opposizione dell’inquilino, il procedimento si trasforma in un giudizio ordinario in cui il locatore, con le memorie integrative, può modificare la domanda originaria, ad esempio indicando un diverso periodo di morosità, purché ciò avvenga in reazione alle difese dell’inquilino e riguardi lo stesso contratto di locazione.

Perché il motivo di ricorso del conduttore, basato sulla violazione delle regole di imputazione del pagamento, è stato respinto?
È stato respinto perché la Corte d’Appello ha considerato la questione irrilevante ai fini della decisione. Indipendentemente da come i pagamenti fossero stati imputati o a quale anno si riferisse la morosità, permaneva un grave inadempimento del conduttore (il mancato pagamento di un’intera annualità di canoni), sufficiente di per sé a giustificare la risoluzione del contratto.

Perché la domanda riconvenzionale del conduttore per la restituzione di canoni pagati in eccesso è stata rigettata?
È stata rigettata per difetto di legittimazione passiva della locatrice. La richiesta di restituzione si fondava su un contratto stipulato con il precedente proprietario e cessato nel 2009. La locatrice attuale, invece, agiva sulla base di un contratto diverso stipulato nel 2010. Pertanto, la domanda andava proposta nei confronti degli eredi del locatore originario e non verso la locatrice attuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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