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Modifica domanda giudiziale: quando è ammissibile?

Una controversia immobiliare su lavori di sbancamento e deflusso delle acque si trasforma in un caso di procedura civile. La questione centrale riguarda la possibilità per l’attore di introdurre una domanda di usucapione in risposta alla difesa del convenuto. L’ordinanza interlocutoria analizza i limiti della modifica domanda giudiziale ex art. 183 c.p.c., rimettendo la decisione alle Sezioni Unite della Cassazione per chiarire se una domanda nuova, consequenziale alla difesa avversaria, possa essere considerata una modifica ammissibile.

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Modifica domanda giudiziale: la Cassazione rimette la questione alle Sezioni Unite

Una comune lite di vicinato per questioni di confini e scolo delle acque si è trasformata in un’importante questione di diritto processuale. Al centro del dibattito vi è un tema cruciale per chiunque affronti una causa civile: fino a che punto è possibile la modifica della domanda giudiziale in corso di causa? Con l’ordinanza interlocutoria n. 7846 del 2024, la Corte di Cassazione ha deciso di passare la parola alle Sezioni Unite per ottenere una risposta definitiva, le cui implicazioni influenzeranno le strategie processuali future.

I fatti del caso: da una lite di vicinato a una questione per le Sezioni Unite

Tutto ha inizio quando una proprietaria cita in giudizio il suo vicino, lamentando che i lavori di sbancamento e livellamento da lui effettuati avessero rimosso i paletti di confine e alterato il naturale deflusso delle acque piovane, causando allagamenti e frane sul suo terreno. La richiesta iniziale era semplice: accertare l’illegittimità dei lavori, ottenere la costruzione di un muro di contenimento e il risarcimento dei danni.

La situazione si complica quando il vicino, nel difendersi, contesta la proprietà stessa della porzione di terreno interessata dai lavori, affermando di esserne lui il legittimo proprietario. In risposta a questa difesa, la proprietaria, attrice nel giudizio, decide di introdurre una nuova domanda: l’accertamento dell’acquisto di quella porzione di terreno per usucapione. Questa domanda, tuttavia, non viene formulata alla prima udienza, ma nella prima memoria scritta successiva, prevista dall’art. 183 del codice di procedura civile.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno ritenuto ammissibile tale domanda, qualificandola come una reazione legittima alla difesa del convenuto. Il vicino, però, ha impugnato la decisione fino in Cassazione, sostenendo che si trattasse di una domanda nuova e quindi tardiva.

La modifica della domanda giudiziale nel processo civile

Il codice di procedura civile, all’articolo 183, stabilisce le regole per la trattazione della causa, consentendo alle parti di precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate. La giurisprudenza ha da tempo chiarito la differenza tra:

* Emendatio libelli: una semplice precisazione o modifica non sostanziale della domanda, che non ne altera gli elementi fondamentali (soggetti, oggetto e titolo). È sempre ammessa.
* Mutatio libelli: una vera e propria trasformazione della domanda, che introduce un nuovo tema di indagine e decisione. È consentita solo in casi specifici, come reazione alle difese della controparte.

Il caso in esame si colloca proprio in questa zona grigia. La domanda di usucapione è indubbiamente una domanda diversa da quella originaria (risarcimento e ripristino), ma è sorta come conseguenza diretta della contestazione della proprietà da parte del convenuto.

Quando è permessa una modifica della domanda giudiziale?

La giurisprudenza, in particolare quella delle Sezioni Unite (sentenza n. 12310/2015), ha stabilito che la modifica è ammissibile se la nuova domanda risulta comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e non compromette le possibilità di difesa della controparte. Generalmente, si richiede un rapporto di alternatività o subordinazione con la domanda originaria. Nel caso di specie, invece, la domanda di usucapione è stata ‘affiancata’ a quella iniziale, creando una connessione di pregiudizialità-dipendenza: l’accoglimento della domanda principale dipendeva dall’accertamento della proprietà.

Le motivazioni del rinvio alle Sezioni Unite

La Seconda Sezione della Corte di Cassazione ha ritenuto che la questione meritasse un approfondimento da parte del massimo organo nomofilattico. La domanda posta è la seguente: una domanda di accertamento della proprietà per usucapione, proposta dall’attore nelle memorie ex art. 183 c.p.c. in conseguenza della difesa del convenuto, può essere considerata una ‘domanda modificata’ ammissibile, anche se non è alternativa o subordinata a quella originaria, ma semplicemente connessa?

La Corte evidenzia un conflitto tra due principi fondamentali:

1. Principio di preclusione: l’esigenza di definire il perimetro della causa entro termini certi per garantire la ragionevole durata del processo e il diritto di difesa.
2. Principio di economia processuale e concentrazione della tutela: l’opportunità di risolvere l’intera controversia tra le parti in un unico giudizio, evitando la proliferazione di cause connesse.

Accogliere la tesi dell’ammissibilità significherebbe favorire il secondo principio, consentendo di definire con efficacia di giudicato una questione (la proprietà) che altrimenti sarebbe stata decisa solo in via incidentale. Questo eviterebbe al convenuto ‘sorprese’, poiché la questione della proprietà era già stata sollevata da lui stesso, e concentrerebbe la decisione in un unico contesto, risparmiando tempo e risorse.

Conclusioni: cosa significa questa ordinanza per il futuro?

L’ordinanza interlocutoria non decide il caso, ma pone una questione di massima importanza. La futura sentenza delle Sezioni Unite avrà il compito di tracciare una linea chiara sui limiti della modifica della domanda giudiziale. La decisione influenzerà profondamente le strategie processuali: da un lato, potrebbe consolidare un approccio più rigido, volto a cristallizzare il thema decidendum alla prima udienza; dall’altro, potrebbe aprire a una maggiore flessibilità, privilegiando l’esigenza di una giustizia sostanziale e completa che risolva l’intero contenzioso tra le parti in un unico processo.

La risposta che verrà fornita avrà un impatto diretto su innumerevoli cause, specialmente in materia di diritti reali e contrattuali, dove le difese del convenuto spesso fanno emergere questioni pregiudiziali che richiederebbero un accertamento con efficacia di giudicato.

È possibile per l’attore modificare la propria domanda dopo la prima udienza?
Sì, l’art. 183 del codice di procedura civile consente di modificare le domande nelle memorie scritte successive alla prima udienza. Tuttavia, la giurisprudenza ha posto dei limiti a questa facoltà, distinguendo tra modifiche ammesse (emendatio libelli) e cambiamenti sostanziali (mutatio libelli), la cui ammissibilità è oggetto del rinvio alle Sezioni Unite in questo caso.

Qual è la differenza tra ‘domanda modificata’ e ‘domanda nuova’?
Una ‘domanda modificata’ è una domanda che, pur cambiando alcuni elementi, rimane connessa alla vicenda sostanziale originaria e si pone in rapporto di alternatività o subordinazione con essa. Una ‘domanda nuova’ è quella che introduce un tema di indagine completamente diverso e non connesso. La questione rimessa alle Sezioni Unite è proprio se una domanda sorta in reazione alla difesa del convenuto, pur essendo tecnicamente ‘nuova’, possa essere trattata come una ‘modifica’ ammissibile.

Perché la Corte di Cassazione ha rimesso la questione alle Sezioni Unite?
La Corte ha ritenuto che la questione avesse un’importanza fondamentale per l’interpretazione delle norme processuali (‘questione di massima di particolare importanza’). La decisione è necessaria per fornire un indirizzo univoco su come bilanciare il principio di economia processuale (risolvere tutto in un unico processo) con il principio delle preclusioni e del diritto di difesa, stabilendo confini chiari per la modifica della domanda giudiziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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