Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6753 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6753 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15535/2019 R.G. proposto da:
CONDOMINIO INDIRIZZO GENOVA, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOMEricorrente- contro
COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOMECOGNOME che li rappresenta e difende -controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di GENOVA n. 261/2019 depositata il 21/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.- Il Condominio di INDIRIZZO Bavari INDIRIZZO di Genova ha proposto ricorso articolato in cinque motivi avverso la sentenza n. 261/2019 della Corte d’appello di Genova depositata il 21 febbraio 2019.
Resistono con controricorso NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
2. -La Corte d’appello di Genova ha accolto in parte il gravame avanzato da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME contro la sentenza resa il 18 aprile 2012 dal Tribunale di Genova, che aveva condannato il Condominio di INDIRIZZO Bavari INDIRIZZO a risarcire ai condomini COGNOME e COGNOME i danni emergenti (costi di pulizia del pavimento dell’immobile di proprietà degli attori) per infiltrazioni d’acqua, maturati al momento della citazione introduttiva del giudizio e liquidati, alla stregua della espletata c.t.u., in € 1.030,56, oltre interessi e rivalutazione.
La Corte d’appello ha invece ritenuto che l’avverbio ‘ già ‘ adoperato nella citazione notificata il 1° agosto 2005 non precludeva l’attribuzione agli attori dei danni derivanti dallo stesso fatto illecito, maturati in corso di causa e richiesti in sede di precisazione delle conclusioni (udienza 14 novembre 2011, con riferimento ai danni subiti fra l’ottobre 2010 e il gennaio 2011) per l’omessa regimentazione delle acque imputabile al Condominio, inottemperante all’ordine ex 700 c.p.c. in tal senso intimato con provvedimento del 23 giugno 2005. Affermata l’unicità del fatto generatore dei danni, la Corte d’appello ha rideterminato l’importo risarcitorio per danno emergente in € 10.759,66, in luogo dell’importo di € 1.030,56 liquidato in primo grado, ed in € 152.000,00 a titolo di lucro cessante, per la subita declaratoria di risoluzione del contratto di locazione
dell’immobile di loro proprietà adibito ad attività di lavanderia e per il periodo in cui lo stesso locale era rimasto sfitto.
Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Il primo motivo del ricorso del Condominio deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 100 c.p.c., quanto all’interpretazione della domanda proposta dagli attori COGNOME e COGNOME nella citazione notificata il 1° agosto 2005, la quale era limitata ‘ al risarcimento di tutti i danni che lo stato di fatto ha già arrecato ai conchiudenti (danno emergente per gli interventi manutentivi nei locali e lucro cessante derivante dalla mancata utilizzazione delle strutture) così come verrà accertato e quantificato in corso di causa’ .
Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 163, comma 2, n. 3 e n. 4, e 112 c.p.c., essendo stati riconosciuti agli attori danni non ‘ provocati dallo stesso fatto ‘ che aveva dato origine alla causa, quanto riferibili a fatti nuovi sopravvenuti in corso di causa.
Il terzo motivo di ricorso censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 153, 183, 184-bis e 112 c.p.c., ribadendo il petitum contenuto nell’atto di citazione e precisando che non vi era stato deposito di memorie integrative in sede di trattazione da parte degli attori.
Il quarto motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2056, 1223, 1226 e 2697 c.c., non avendo la Corte d’appello distinto quattro diversi episodi di allagamento dei locali di proprietà degli attori, uno avvenuto prima della citazione di agosto 2005, e tre avvenuti fra l’ottobre 2010 e il gennaio 2011.
Il quinto motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2056, 1223, 1226 e 2697 c.c., quanto alla carenza di prova ed alla liquidazione equitativa dei danni accordati. Il ricorrente critica i criteri di determinazione del danno, ricavato quale riparazione per la mancata locazione di uno dei due locali e per il mancato introito dei canoni dovuti dal conduttore dell’altro locale.
I primi quattro motivi di ricorso possono esaminarsi congiuntamente, giacché connessi, e sono fondati nei sensi di cui in motivazione, con assorbimento del quinto motivo, che rimane privo di immediata rilevanza decisoria per effetto dell’accoglimento delle altre censure.
-La domanda formulata dagli attori con la citazione introduttiva, volta ad ottenere la condanna del Condominio ad eseguire i lavori di regimentazione del deflusso delle acque, causa di infiltrazioni diffuse e dell’allagamento del piazzale, nonché ‘ al risarcimento di tutti i danni che lo stato di fatto ha già arrecato ai conchiudenti (danno emergente per gli interventi manutentivi nei locali e lucro cessante derivante dalla mancata utilizzazione delle strutture) così come verrà accertato e quantificato in corso di causa’ , valutata alla stregua dell’art. 163, comma 3, n. 4, c.p.c., delineava una ” causa petendi ” identificabile in uno specifico accadimento lesivo spazialmente e temporalmente determinato.
Essendo stata pertanto proposta la domanda in relazione a quei determinati fatti già oggetto del procedimento ex art. 700 c.p.c. ante causam , la formulazione della richiesta compiuta dagli attori nell’udienza di precisazione delle conclusioni per il risarcimento dei danni verificatisi in data 14 ottobre 2010, 1° novembre 2010 e 10 gennaio 2011, così come la richiesta di ristoro del sopravvenuto pregiudizio commisurato all’incidenza negativa esercitata da tali
eventi sul diritto degli attori a riscuotere il canone locatizio, con conseguente risoluzione della locazione (cfr. Cass. n. 24851 del 2014), e a stipulare ulteriori locazioni aventi ad oggetto gli immobili allagati, comportano non consentiti mutamenti della originaria domanda (ad esempio, Cass. n. 10045 del 1996).
In particolare, avendo gli attori, con l’atto introduttivo del giudizio, dedotto, come causa petendi della domanda di risarcimento dei danni provocati da infiltrazioni di acqua ed allagamenti già verificatisi, il difetto della regimentazione del deflusso delle acque meteoriche dal complesso condominiale, la allegazione, nel corso del giudizio di primo grado, di altre inefficienze della struttura e di conseguenti nuovi allagamenti, successivi a quelli dapprima indicati in citazione, e la richiesta dei danni nella misura definitiva corrispondente a tutti i guasti predetti, dando luogo ad incrementi dal danno preteso ab initio, ferma l’identità del fatto generatore, costituiscono una emendatio libelli, da svolgere entro i limiti dell’art. 183 c.p.c. nel testo vigente ed applicabile ” ratione temporis ” (cfr. Cass. n. 3160 del 1980; n. 2815 del 1968).
Ove invece gli attori avessero inteso dedurre che, dopo il maturare delle preclusioni, si erano verificati ulteriori danni, di natura diversa da quelli descritti con l’atto introduttivo (ovvero che l’allagamento dei locali, attribuibile alla condotta colposa del condominio, aveva determinato l’impossibilità di fruirne mediante concessione in locazione, oppure la risoluzione di una locazione in essere e la perdita del canone non più corrisposto dal conduttore), e che non era stato possibile prospettare prima, la richiesta dei medesimi danni poteva avvenire, ricorrendone le condizioni, previa rimessione in termini ex art. 153, comma 2, c.p.c. (cfr. Cass. n. 2533 del 2024; n. 25631 del 2018).
Devono quindi accogliersi, nei sensi di cui in motivazione, i primi quattro motivi di ricorso, rimanendo assorbito il quinto motivo, e la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione, la quale sottoporrà la causa a nuovo esame tenendo conto dei rilievi svolti e uniformandosi ai richiamati principi, provvedendo anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
Va infine considerato che il ricorrente, sia in ricorso, sia nella memoria ex art. 380bis .1. c.p.c. depositata il 28 febbraio 2025, ha richiesto a questa Corte di ‘ pronunciarsi previa sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata ‘. A norma dell’art. 373 c.p.c. (sin dalla modifica operatane dall’art. 44 della legge 14 luglio 1950, n.581) e dell’art. 131bis delle disposizioni di attuazione, tuttavia, l’istanza per la sospensione dell’esecuzione delle sentenze impugnate per cassazione va proposta non con il ricorso alla Suprema Corte, ma allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata.
P.Q.M.
La Corte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, i primi quattro motivi di ricorso, dichiara assorbito il quinto motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione