Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 243 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 243 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 26270/2020 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO sc. 8, int. 6, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE.
– Ricorrente –
Contro
COGNOME elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE.
– Controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli n. 2940/2020 depositata il 26/08/2020.
Domanda ex art. 2932, cod. civ. Pactum fiduciae Simulazione
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 20 dicembre 2023.
Rilevato che:
con citazione notificata in data 22/04/2010 NOME COGNOME convenne in giudizio NOME COGNOME ed espose di essere esclusiva proprietaria di un appartamento ubicato in Napoli, INDIRIZZO (descritto in atti), per averlo acquistato dal convenuto, all’epoca suo convivente, per atto pubblico di compravendita in data 12/06/1993, e che, nel 2010, conclusa la relazione sentimentale, era stata costretta a lasciare l’immobile, lasciandovi il convenuto insieme con i figli NOME e NOME (quest’ultimo figlio delle parti).
Chiese, pertanto, che venisse accertato e dichiarato che era proprietaria esclusiva dell’immobile, con condanna del convenuto al rilascio del bene.
NOME COGNOME costituendosi in giudizio, contestò la domanda e dedusse: che l’atto di trasferimento del bene all’attrice celava una interposizione reale; che l’appartamento, di sua proprietà, era stato intestato all’attrice per ragioni fiscali; che la vendita era avvenuta senza il pagamento del prezzo e che le parti, contestualmente al rogito, avevano sottoscritto una controdichiarazione con la quale la compratrice si obbligava a ritrasferire il bene all’effettivo proprietario, a sua ‘mera richiesta’.
Chiese, infine, il rigetto della domanda dell’attrice e, in riconvenzionale, l’accertamento dell’esistenza di un pactum fiduciae e, in caso di indebito rifiuto della controparte, il trasferimento dell’immobile ex art. 2932, cod. civ.;
il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 11745/2015, accolse la domanda principale di rivendicazione e rigettò la riconvenzionale;
interposto gravame da NOME COGNOME la Corte d’appello di Napoli, nel contraddittorio dell’appellata, ha rigettato l’appello e ha confermato la decisione di primo grado;
in sintesi, la sentenza si fonda sui seguenti argomenti:
(a) con il primo motivo di impugnazione, l’appellante ha contestato la ricostruzione della fattispecie, operata dal primo giudice, in termini di negozio fiduciario, e si è doluto che il Tribunale abbia immotivatamente omesso di analizzare il differente istituto della simulazione, laddove, in effetti, il contratto del 12/06/1993 era evidentemente simulato poiché le parti non volevano porre in essere una compravendita;
(b) l’appellante ha evidenziato che, nella prima memoria ex art. 183, sesto comma, cod. proc. civ. (d’ora in poi, ‘prima memoria’), ritenendo di non proporre una domanda nuova, aveva precisato la domanda ed aveva evidenziato il carattere simulato della compravendita, a suo avviso comprovato da una controdichiarazione scritta, nella quale le parti affermavano che l’atto non avrebbe prodotto alcun effetto tra di esse e che era stato stipulato per sottrarre i beni ai creditori del venditore.
Sotto altro profilo, prosegue la sentenza, il sig. COGNOME ha lamentato che la decisione del Tribunale di non dare ingresso alla prova testimoniale della simulazione non teneva conto che il mezzo istruttorio era ammissibile in presenza di un principio di prova scritta (fotocopia della controdichiarazione) ed a causa dell’impossibilità della parte di procurarsi la prova scritta, in conseguenza della perdita, incolpevole, dell’originale della controdichiarazione.
La parte ha aggiunto che la prova per testi articolata al fine di dimostrare il furto della controdichiarazione, al contrario di quanto asserito dal Tribunale, non era tardiva sia perché la necessità di acquisire l’atto in originale era sorta soltanto successivamente alla
produzione della fotocopia, che era stata contestata dalla controparte, sia perché tale ritardata richiesta probatoria era dovuta al fatto che solo il giorno dell’udienza era emerso che il notaio che lo custodiva aveva smarrito l’originale della controdichiarazione;
(c) tutto ciò precisato, a giudizio della Corte d’appello la doglianza non è fondata in quanto è corretta la qualificazione della fattispecie come negozio fiduciario, alla luce della prospettazione dell’appellante – che pure nelle sue difese aveva alluso, in maniera confusa, ad una simulazione soggettiva per interposizione reale di persona e ad una vendita simulata alla quale aveva partecipato quale interponente -, dovendosi dare risalto alle sostanziali differenze tra le figure giuridiche del pactum fiduciae e del contratto simulato. Non può dunque essere qualificato come semplice emendatio il mutamento delle conclusioni rassegnate dall’attore in riconvenzionale che, nella prima memoria, ha chiesto l’accertamento della simulazione assoluta o relativa della compravendita;
(d) in ogni caso, sia che si tratti di negozio fiduciario, come afferma il Tribunale, sia che si tratti di negozio simulato, come sostiene l’appellante, il tema della prova, rispettivamente, del pactum fiduciae o della controdichiarazione della simulazione si presta alla medesima soluzione, correttamente individuata dal primo giudice, poiché trova applicazione il limite generale dell’art. 2722, cod. civ., a norma del quale la prova per testimoni non è ammessa se ha per oggetto patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento, anteriori o contestuali ad esso;
(e) quanto all’eccezione al divieto di prova testimoniale, invocata dall’appellante, è corretta la scelta del Tribunale di non esaminare e di non ammettere la prova per testi circa l’asserito smarrimento dell’originale della controdichiarazione, dopo avere evidenziato che l’attrice aveva contestato la fotocopia (ai sensi degli artt. 2712, 2719,
cod. civ.) nella memoria del 02/12/2011, e che, dal canto suo, il convenuto aveva dedotto l’incolpevole smarrimento del documento originale ed aveva chiesto la relativa prova testimoniale soltanto in data 08/01/2013, ‘oltre i termini perentori’, mentre avrebbe dovuto fare valere l’impedimento e avanzare la richiesta istruttoria nella prima difesa successiva alla contestazione;
(f) non si ravvisa il principio di prova scritta (art. 2724, cod. civ.), dato che esso non può consistere nel medesimo documento che è stato privato di valore proprio per effetto della contestazione.
Inoltre, il documento che rileva quale principio di prova scritta, sì da consentire la prova testimoniale per accertare, tra le parti, la simulazione assoluta (art. 1417, cod. civ.) di un contratto che richiede la forma scritta ad substantiam (art. 1350, cod. civ.), deve provenire dalla controparte e non dalla parte che chiede la prova;
(g) è infondato anche il motivo di appello concernente l’erroneità della sentenza di primo grado che ha accolto la domanda di rivendica dell’attrice propendendo per l’attenuazione del rigoroso onere probatorio richiesto da tale tipo di azione.
Infatti, richiamati i princìpi articolati dalla giurisprudenza di legittimità, (cfr. pag. 8 della sentenza) «è evidente che gli acquisti delle parti si collocano nella medesima sequenza proprietaria di titoli, atteso che il dante causa prossimo di COGNOME, che a sua volta ha venduto in favore della Valle, costituisce anche dante causa più risalente di quest’ultimo. Il fatto che il COGNOME abbia contestato il trasferimento che egli stesso ha effettuato in favore della Valle non incide sulla consistenza dell’onere probatorio della rivendica, atteso che egli stesso ha presupposto la valenza del suo precedente acquisto e dovendosi ritenere valido ed efficace l’atto di vendita da lui effettuato in favore della Valle»;
per la cassazione della decisione d’appello, NOME COGNOME ricorre affidandosi a sei motivi.
NOME COGNOME resiste con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie per l’adunanza camerale;
Considerato che:
1. con il primo motivo -ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 183, sesto comma, 184 e 113, cod. proc. civ. -il ricorrente censura la sentenza impugnata che ha qualificato come mutatio libelli -inammissibile – la modificazione della domanda del convenuto che, prima, in comparsa di risposta, ha chiesto l’accertamento dell’esistenza di un negozio fiduciario e una pronuncia ex art. 2932, cod. civ., per ottenere il trasferimento della proprietà dell’immobile e, successivamente, nella prima memoria, ha chiesto la declaratoria di nullità della compravendita per simulazione.
Rimarca che già in comparsa di risposta aveva fatto riferimento alla interposizione soggettiva e alla simulazione assoluta dell’atto traslativo, sicché nella menzionata prima memoria aveva esclusivamente ‘aggiustato il tiro’ e chiarito meglio la propria posizione, con una modifica del petitum assolutamente lecita, sulla quale il giudice d’appello avrebbe dovuto pronunciare;
il secondo motivo -ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 1414, cod. civ. -denuncia che, una volta stabilito che la domanda aveva ad oggetto la natura simulata del contratto, la Corte d’appello avrebbe dovuto dichiarare che la compravendita era nulla e che non produceva effetti giuridici;
3. con il terzo motivo -ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., nullità della sentenza e del procedimento per non avere ammesso le prove orali assumendo erroneamente che i capi
relativi siano inammissibili poiché finalizzati a provare la simulazione o perché articolati tardivamente in relazione all’art. 183, sesto comma, cod. proc. civ., e 184, cod. proc. civ. -il ricorrente deduce che: con la seconda memoria, aveva prodotto una fotocopia della controdichiarazione datata 12/06/1993, sottoscritta dall’attrice, la quale, nella terza memoria, aveva contestato la conformità all’originale della fotocopia e si era riservata di disconoscere la sottoscrizione, in caso di produzione dell’originale; all’udienza dell’8/01/2013, il convenuto aveva dichiarato che l’originale della controdichiarazione era stato smarrito dal notaio rogante che ne aveva la custodia e aveva articolato prova testimoniale su tale circostanza; il Tribunale aveva escluso le prove per testi richieste dal convenuto al fine di provare lo smarrimento dell’atto e al fine di dimostrare la simulazione assoluta della compravendita e l’esistenza della controdichiarazione.
Svolte queste premesse, il ricorrente censura la sentenza impugnata che ha condiviso la declaratoria, in primo grado, di inammissibilità della prova orale diretta a dimostrare il carattere simulato della compravendita e l’esistenza di una controdichiarazione scritta con la quale la compratrice si impegnava a ritrasferire l’appartamento a semplice richiesta del venditore sul rilievo che la prova era stata formulata tardivamente, ‘oltre i termini perentori’, senza considerare che, in realtà, l’audizione dei testi era stata chiesta tempestivamente in quanto una cosa è il deposito dell’originale, che deve avvenire nel primo atto successivo alla contestazione, altra cosa è la prova dell’avvenuto smarrimento;
4. con il quarto motivo -ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2722, 2724 e 2719, cod. civ. -il ricorrente assume che i giudici di merito non hanno ammesso i capitoli di prova volti a dimostrare la natura
simulata della compravendita, in applicazione dell’art. 2722, cod. civ., per il divieto della prova orale quando questa abbia per oggetto circostanze, contrarie ad un documento scritto, ad esso contemporanee o anteriori.
Sostiene che, in realtà, la prova per testi doveva essere ammessa in ragione del fatto che esisteva una controdichiarazione, che era andata smarrita, sicché si era in presenza della fattispecie disciplinata dall’art. 2724, cod. civ., che consente la prova orale (in tema di simulazione), per quanto adesso rileva, nell’ipotesi in cui il contraente abbia perduto senza sua colpa il documento che gli forniva la prova.
Inoltre, al contrario di quanto hanno affermato i giudici di merito, la deduzione della prova per testi dello smarrimento della controdichiarazione scritta era tempestiva.
Invero, il Tribunale, con ordinanza emessa all’udienza del 23/11/2012, aveva assegnato al convenuto termine fino alla successiva udienza dell’08/01/2013, per la produzione dell’originale della controdichiarazione, e la parte aveva dedotto lo smarrimento del documento proprio all’udienza di rinvio (dell’8/01/2013) poiché solo allora era venuta a conoscenza dello smarrimento da parte del notaio che conservava l’originale della controdichiarazione;
5. con il quinto motivo ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2724, cod. civ., anche in collegamento con l’art. 116, cod. proc. civ. -subordinatamente al mancato accoglimento del motivo precedente, il ricorrente censura la sentenza impugnata che ha escluso che la mera contestazione della conformità della fotocopia all’originale rendesse la fotocopia del tutto inutilizzabile, là dove invece essa poteva integrare un principio di prova scritta idoneo a rendere ammissibile, ai sensi dell’art. 2724, cod. civ., la prova per testimoni della controdichiarazione;
il sesto motivo -ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 948, cod. civ. -censura la sentenza impugnata che, pur qualificando la domanda dell’attrice come azione di rivendicazione, nella parte in cui ha escluso che l’attrice dovesse fornire la probatio diabolica potendosi giovare della mancata contestazione da parte del convenuto, ha tralasciato che, in realtà, la domanda riconvenzionale di quest’ultimo valeva quale contestazione ‘a monte’ della proprietà dell’attrice, il che impediva l’attenuazione del rigore probatorio proprio dell’azione ex art. 948, cod. civ.;
il primo motivo è fondato e il secondo motivo è assorbito;
7.1. la questione che occorre risolvere concerne l’ammissibilità o meno della modificazione della riconvenzionale, proposta in comparsa di risposta come domanda di pronuncia costitutiva, ai sensi dell’art. 2932, cod. civ., in attuazione di un negozio fiduciario, e prospettata, nella prima memoria, come domanda di nullità della compravendita del medesimo immobile per simulazione assoluta dell’atto traslativo.
Come è noto le Sezioni unite di questa Corte, con sentenza 15/06/2015, n. 12310, hanno enunciato il principio di diritto secondo cui «a modificazione della domanda ammessa ex art. 183 cod. proc. civ. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (‘ petitum ‘ e ‘ causa petendi ‘), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali».
E questo perché, spiega la Corte (pag. 19 della sentenza), «a vera differenza tra le domande ‘nuove’ implicitamente vietate – in relazione alla eccezionale ammissione di alcune di esse -e le domande ‘modificate’ espressamente ammesse non sta nel fatto
che in queste ultime le ‘modifiche’ non possono incidere sugli elementi identificativi, bensì nel fatto che le domande modificate non possono essere considerate ‘nuove’ nel senso di ‘ulteriori’ o ‘aggiuntive’, trattandosi pur sempre delle stesse domande iniziali modificate – eventualmente anche in alcuni elementi fondamentali -, o, se si vuole, di domande diverse che però non si aggiungono a quelle iniziali ma le sostituiscono e si pongono pertanto, rispetto a queste, in un rapporto di alternatività»; inoltre ( ibidem , pagg. 1920), «secondo la disciplina positiva enucleabile dalla struttura dell’art. 183 c.p.c., sta tutto il loro non essere domande ‘nuove’, rispetto ad un divieto implicitamente ricavato dalla (e pertanto oggettivamente correlato alla) necessità espressa di prevedere l’ammissibilità di alcune specifiche domande ‘nuove’ aventi la caratteristica di non essere alternative alla (o sostitutive della) domanda iniziale, ma di aggiungersi ad essa: in pratica, con la modificazione della domanda iniziale l’attore, implicitamente rinunciando alla precedente domanda mostra chiaramente di ritenere la domanda come modificata più rispondente ai propri interessi e desiderata rispetto alla vicenda sostanziale ed esistenziale dedotta in giudizio».
Peraltro, chiarisce la Corte ( ibidem , pagg. 22 e 23), «una interpretazione che vede la possibilità di una modifica della domanda iniziale anche con riguardo agli elementi identificativi oggettivi della stessa, non espone al rischio di trasformare il processo in un ‘tram’ da prendere al volo caricandolo di tutte le possibili ed eventualmente eterogenee ragioni di lite nei confronti di una determinata controparte, se si considera che, oltre a rimanere ovviamente immutato rispetto alla domanda originaria l ‘elemento identificativo soggettivo delle personae , la domanda modificata deve pur sempre riguardare la medesima vicenda sostanziale dedotta in
giudizio con l’atto introduttivo o comunque essere a questa collegata, regola sicuramente ricavabile da tutte le indicazioni contenute nel codice in relazione alle ipotesi di connessione a vario titolo, ma soprattutto se si considera in particolare che la domanda modificata si presenta certamente connessa a quella originaria quanto meno per ‘alternatività’, rappresentando quella che, a parere dell’attore, costituisce la soluzione più adeguata ai propri interessi in relazione alla vicenda sostanziale dedotta in lite»;
Nella fattispecie concreta, la sentenza impugnata, discostandosi da questi princìpi di diritto, trascura che la domanda modificata (domanda iniziale: sentenza costitutiva ex art. 2932, cod. civ.; domanda prospettata nella prima memoria: accertamento del diritto di proprietà per la simulazione assoluta del contratto traslativo), non si aggiunge a quella inizialmente proposta ed è soltanto una ‘domanda diversa’, sostitutiva della precedente, connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio, ‘alternativa’ alla domanda originaria, che meglio si confà agli interessi del richiedente, il quale persegue l’obiettivo di vedere affermato e riconosciuto il suo diritto di proprietà esclusiva sull’immobile che le parti si contendono;
il terzo e il quarto motivo, suscettibili di esame congiunto per connessione, sono fondati e il quinto motivo è assorbito;
8.1. la Corte di Napoli ha condiviso la mancata ammissione della prova per testimoni da parte giudice di primo grado dando rilievo alla tardività della richiesta istruttoria e al fatto che la disciplina dell’art. 2724, cod. civ., non poteva operare in quanto il ‘principio di prova scritta’ non può concretizzarsi nel documento contestato.
La soluzione del giudice d’appello presta il fianco a due diverse obiezioni, desumibili dagli atti di causa.
In primo luogo, la richiesta di prova per testimoni avanzata dal convenuto era tempestiva. Infatti, la parte, nella seconda memoria,
aveva prodotto la copia della controdichiarazione, e l’attrice, nella terza memoria, aveva contestato la conformità della copia all’originale.
Conseguentemente, il giudice istruttore aveva assegnato al convenuto termine fino alla successiva udienza (dell’08/01/2013) per produrre l’originale; in quella stessa udienza, ossia nella prima difesa utile, il convenuto aveva allegato di non avere la disponibilità dell’originale e aveva chiesto che fosse sentito come testimone il notaio che – questa è la tesi del sig. COGNOME -custodiva l’originale della controdichiarazione che sarebbe andato smarrito, su uno specifico capitolo di prova con cui si deduceva, appunto, che l’originale della controdichiarazione (nella quale NOME COGNOME si impegnava a ritrasferire a NOME COGNOME la proprietà dell’appartamento sito in Napoli a semplice richiesta di quest’ultimo), con le sottoscrizioni delle parti, era custodito presso il notaio ed era andato smarrito.
Il Tribunale avrebbe dovuto pronunciare sull’ammissibilità e rilevanza dell’istanza istruttoria anziché disattenderla perché tardiva.
In secondo luogo, la Corte d’appello non ha considerato che la parte invocava, in maniera consentita, la prova per testimoni della controdichiarazione sul presupposto si tratta dell’ipotesi di eccezione al divieto di prova testimoniale indicato dall’art. 2724, n. 3), cod. civ. -che l’originale dell’atto, secondo la sua prospettazione, sarebbe stato smarrito dal notaio che ne aveva la custodia;
9. il sesto motivo è assorbito;
i primi cinque motivi riguardano la domanda riconvenzionale di accertamento della proprietà dell’appartamento in capo al convenuto, domanda pregiudiziale rispetto alla domanda di rivendicazione dell’attrice.
Pertanto, in seguito alla cassazione della sentenza, il giudice del rinvio dovrà statuire sulla domanda di rivendicazione esclusivamente nel caso in cui ritenga non fondata la riconvenzionale di nullità della compravendita;
in conclusione, accolti il primo, il terzo e il quarto motivo, assorbiti il secondo, il quinto e il sesto motivo, il ricorso è accolto, con rinvio al giudice a quo , anche per le spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
accoglie il primo, il terzo e il quarto motivo, assorbiti gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, in data 20 dicembre 2023.