Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7592 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7592 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/03/2024
Oggetto: Somministrazione.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1569/2020 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, giusta procura speciale in calce al ricorso, con domicilio eletto in RomaINDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del procuratore speciale, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME, giusta procura speciale allegata al controricorso, con domicilio eletto presso lo studio
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RAGIONE_SOCIALE della seconda, in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente – avverso l’ordinanza ex art. 348 bis c.p.c. della Corte di appello di Bologna n. 2524 del 22 ottobre 2019 nonché avverso la sentenza del Tribunale di Bologna n. 21085 del 30 novembre 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 gennaio 2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Bologna ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE ex art. 348 bis c.p.c. avverso la sentenza del Tribunale di Bologna, con cui era stata respinta l’ opposizione proposta dalla stessa società RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto ingiuntivo n. 576/2016 emesso dal Tribunale della stessa città in favore della società RAGIONE_SOCIALE, con cui le era stato ingiunto il pagamento del l’importo di euro 24.354,47, oltre interessi e spese, a titolo di due fatture insolute relative al contratto attribuito ad RAGIONE_SOCIALE per la fornitura di RAGIONE_SOCIALE, in ‘ regime di salvaguardia ‘ ad opera del distributore che ne aveva monitorato i consumi.
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze, la società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi. Ha resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1. c.p.c.
La parte ricorrente e la parte resistente hanno depositato rispettive memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la società ricorrente contesta la ‘ Violazione e errata applicazione dell’art. 2697 c.c. ex art. 360 n. 3, c.p.c, con riguardo all’onere della prova gravante sulla società odierna resistente in ordine all’effettiva e concreta fornitura di RAGIONE_SOCIALE ele ttrica ‘ ; nello specifico lamenta che il giudice di appello, erroneamente, ha affermato che la RAGIONE_SOCIALE
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RAGIONE_SOCIALE aveva fornito prova di cui era onerata, avendo, invece, soltanto allegato documentazione di provenienza unilaterale e non sussistendo alcun rapporto contrattuale tra le odierne parti, tenuto conto che la ricorrente aveva in corso un contratto con altro fornitore di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE; lamenta altresì che le fatture poste a fondamento del decreto ingiuntivo non rappresentano certa ed incontestabile prova del credito vantato ex adverso e che, viceversa, siano state considerate tali dal Tribunale, nonchè la violazione dei criteri di riparto dell’onere probatorio tenuto conto che la società creditrice non ha dato prova dei presupposti per l’applicazione del regime di salvaguardia .
2. Con il secondo motivo, denuncia la ‘ Violazione e errata di norme di cui al d.l. 73 del 2007 convertito in l. 125/2007 ex art. 360 n. 3, c.p.c. con riguardo all’operatività del regime di salvaguardia per la fornitura di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in proprio favore ‘ e contesta, in particolare, la violazione della disciplina normativa di cui all’art. 1, comma 4 , del decreto legge n.73/2007 ove si stabilisce che il servizio di salvaguardia si applica esclusivamente in presenza dei seguenti requisiti: assenza di un fornitore di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sul mercato libero e mancata scelta verso uno specifico fornitore da parte del cliente, requisiti che difetterebbero nella fattispecie in esame.
3. Con il terzo motivo, lamenta la ‘ Violazione e errata dell’art. 183, comma 6, c.p.c. ex art. 360 n. 3, c.p.c., con riguardo alla modifica della domanda iniziale della società RAGIONE_SOCIALE per differente entità del credito azionato a seguito dell’emissione della nota di credito n. 421700113927 del 27/11/2017 ed alla violazione dei relativi termini perentori ‘; nello specifico, contesta la valenza e l’inte rpretazione data dalla sentenza impugnata alla sopra meglio indicata nota di credito, insiste nel ritenere che la società creditrice avesse con tale nota riconosciuto il proprio debito e inoltre mutato radicalmen te l’oggetto del giudizio, introducendo di fatto una domanda nuova rispetto a quella monitoria; difatti, con l’affermare che i depositi cauzionali erano già oggetto di storno in sede monitoria
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AVV_NOTAIO avrebbe mutato la domanda originaria, sostenendo la legittimità della richiesta degli stessi attraverso il decreto ingiuntivo.
I primi due motivi di ricorso, che per ragioni di connessione possono essere congiuntamente esaminati, vanno disattesi in relazione a ciascuno dei profili di censura prospettati.
4.1. Sotto il primo profilo, col quale si contesta, per un verso, la pretesa mancanza di un contratto stipulato tra le parti e , per l’altro, l’esistenza di un contratto a libero mercato con altro fornitore RAGIONE_SOCIALE, va richiamato il principio affermato da questa Corte secondo cui la distinzione tra domanda ed eccezione riconvenzionale non dipende dal titolo posto a base della difesa del convenuto, e cioè dal fatto o dal rapporto giuridico invocato a suo fondamento, né dal relativo oggetto sostanziale (il bene della vita), ma dal petitum processuale, vale a dire dal risultato che lo stesso intende con essa ottenere in giudizio, limitato, nel secondo caso, al rigetto della domanda proposta dall’attore; di conseguenza, non sussistono limiti al possibile ampliamento del tema della controversia da parte del convenuto a mezzo di eccezioni, purché vengano allegati, a loro fondamento, fatti o rapporti giuridici prospettati come idonei a determinare l’estinzione o la modificazione dei diritti fatti valere dall’attore, ed in base ai quali si chiede la reiezione delle domande da questo proposte e non una pronunzia di accoglimento di ulteriori e diverse domande (Cass. Sez. 3, 07/11/2023, n. 31010).
Applicato il principio al caso di specie, va osservato che la parte, odierna ricorrente, onerata della prova dell’inesistenza di un fatto modificativo, impeditivo o estintivo dell’inadempimento dedotto dalla controparte, ha in appello, come eccezione riconvenzionale, richiesto l’accertamento dell’esistenza di altro rapporto contrattuale con un terzo fornitore di RAGIONE_SOCIALE, contenuto dell’accertamento che esorbita da quello della eccezione riconvenzionale, avvalendosi della quale il deducente non può tendere a conseguire una utilità pratica diversa da quella consistente nell’ ottenere la reiezione della domanda avversaria.
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RAGIONE_SOCIALE
Ebbene, la Corte d’appello ha osservato che «come già accertato dal Tribunale, il periodo di fornitura di RAGIONE_SOCIALE risale al 1 luglio 2013, mentre le fatture di cui al contratto con RAGIONE_SOCIALE si riferiscono al periodo da aprile 2011 a marzo 2013, e se fosse vero che COGNOME non avesse mai disdetto il contratto con RAGIONE_SOCIALE, avrebbe dovuto provare la fornitura ancora in essere da parte di quest’ultima mentre, nelle proprie difese, l’opponente non ha mai smentito la fornitura ‘in salvaguardia’ dunque in assenza di gestore scelto sul mercato -ad opera di RAGIONE_SOCIALE, neppure in questo grado. La RAGIONE_SOCIALE ha inviato anche una dichiarazione di addebito bancario, di fatto riconoscendo la legittimità del servizio ed il proprio obbligo al pagamento dei compensi per la fornitura erogata» (foglio 2, non numerato, dell’ordinanza impugnata) .
Per completezza, vale accennare a quanto già da questa Corte rilevato a proposito della radicale trasformazione della disciplina del mercato dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE indotta dall’intervento del legislatore (d.l. n. 73/2007 conv. nella l. n. 125/2007), cui sono conseguiti rapporti tra le parti, come verosimilmente avvenuto nella specie, da ritenersi integralmente riconducibili alla disciplina autoritativa di fonte normativa, in forza della quale la stessa società RAGIONE_SOCIALE, odierna resistente, era stata individuata quale soggetto deputato ad assicurare la somministrazione dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in favore della RAGIONE_SOCIALE, in regime di salvaguardia (ai sensi del d.l. n. 73/2007 cit. e della normative di dettaglio dell’RAGIONE_SOCIALE), alle condizioni normative dettate in sede amministrativa per tutti gli utenti di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non domestica intestatari di almeno un sito di medie e grandi dimensioni, risultanti non somministrati sul mercato libero, come appunto la odierna ricorrente, non avendo la stessa dimostrato di aver esercitato l’opzione per la scelta del proprio fornitore in regime di mercato libero, con conseguente estinzione dell’originaria fonte contrattuale (Cass. Sez. 3, 25 febbraio 2018, n. 4525).
Neppure giova alla odierna ricorrente il richiamo al precedente di questa Corte in fattispecie simile (Cass. Sez. 3, 28/09/2018 n. 23478)
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AVV_NOTAIO poiché quella in esame risulta diversa, posto che, per come accertato dal giudice di prime cure, COGNOME NOME «era a conoscenza dell’attivazione del servizio di salvaguardia (doc. nn. 5, 8 e 9)», tanto da opporsi «alla disalimentazione dell’utenza richiesta da RAGIONE_SOCIALE in ragione della morosità maturata (doc. nn. 11 e 12)» (cfr. pag. 2 sentenza del Tribunale).
4.2. Sotto il secondo profilo, con cui si contesta l’asserita mancata prova dell’entità del credito e dei consumi, la censura è inammissibile; difatti, mediante la formale denuncia di violazione di legge, parte ricorrente tende ad ottenere dalla Corte di Cassazione un inammissibile riesame del merito della controversia; ebbene, in proposito l ‘ordinanza impugnata, concordemente con la sentenza del Tribunale, ha affermato che RAGIONE_SOCIALE soggetto erogatore della RAGIONE_SOCIALE in ‘salvaguardia’ aveva fornito prova dei consumi addebitati con la produzione in primo grado delle fatture e delle curve di carico di RAGIONE_SOCIALE, nonché delle tariffe applicate nediante il deposito delel condizioni economiche e contrattuali (foglio 2, non numerato, dell’ordinanza della Corte d’appello impugnata).
5. Il terzo motivo è infondato.
L ‘ odierna ricorrente si limita a riproporre il duplice tema connesso all’emissione da parte della società RAGIONE_SOCIALE della nota di credito del 27 dicembre 2017 che costituirebbe, per un verso, atto di riconoscimento di debito da parte della predetta nei confronti dell’utente e, per l’altro verso, atto mediante il quale la società creditrice avrebbe illegittimamente modificato la domanda monitoria, tema già ampiamente esaminato e ritenuto non fondato dai giudici di merito.
Il Tribunale espressamente ha ritenuto che il deposito cauzionale era previsto sia dalle condizioni generali di contratto sia dalla normativa di settore e che i depositi cauzionali inseriti nella nota di credito in questione erano stati già oggetto di calcolo nel conteggio del credito azionato nel procedimento monitorio dalla società creditrice (estratto conto allegato al minitorio) (pag. 3 della sentenza del Tribunale impugnata); ragionamento condiviso anche dalla ordinanza del giudice d’appello che ha ritenuto
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RAGIONE_SOCIALE predittivamente infondata anche la terza contestazione (ordinanza Corte d’appello impugnata foglio 2).
Pertanto, alcuna modificazione non legittima della domanda è avvenuta nel caso di specie.
Più in particolare, i giudici di merito si sono attenuti a ll’orientamento costante espresso da questa Corte sul tema della modificazione della domanda secondo cui non sono ammissibili le domande che si aggiungono alla domanda proposta nell’atto introduttivo, cioè quelle che sono altro da quella domanda; e che, viceversa, sono ammissibili le domande modificate non perché non possano incidere sul petitum e sulla causa petend i, ma perché non possono essere considerate ‘nuove’ nel senso di ulteriori o aggiuntive (Cass. Sez. U 15/06/2015 n. 12310), essendo conforme tale obiettivo al principio di economia dei mezzi processuali e di ragionevole durata dei processi (art. 111 Cost.), intesi ad evitare il frazionamento delle pretese con proliferazione di cause attinenti al medesimo rapporto ed al pericolo della formazione di giudicati contrastanti (cfr . amplius Cass. Sez. U 16/02/2017, n. 4090 che ritiene non abusivo il frazionamento delle pretese derivanti dal medesimo rapporto, soltanto ove sussista e sia dimostrato uno specifico ed oggettivo interesse del creditore).
In tale quadro ricostruttivo e con particolare riferimento al procedimento di opposizione a decreto monitorio, al creditore opposto – a fronte dell’opposizione del d ebitore opponente – è consentito di modificare la propria domanda originaria ai sensi dell’art. 183 c.p.c. nel senso di specificare e meglio chiarire e persino mutare, causa petendi e petitum al fine di adeguare la pretesa azionata in sede monitoria (cfr. Cass. 11/12/2017 n. 29619, secondo cui l’ambito della cognizione del rapporto dedotto in giudizio non è limitato alla editio actionis del ricorrente in monitorio ma deve essere definito, all’esito della fase di trattazione, anche in considerazione delle eccezioni, difese, domande riconvenzionali svolte dall’opponente e delle modifiche e precisazioni delle domande ed eccezioni già proposte, consentite alle parti ai sensi dell’art. 183 c.p.c.).
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RAGIONE_SOCIALE
Per completezza, è la stessa parte creditrice che rammenta come nella nota di credito de qua prodotta in atti dalla parte debitrice sia espressamente previsto che ‘l’importo verrà compensato con eventuali fatture in sospeso, riceverà invece per posta un assegno bancario se tutte le fatture precedenti sono già state pagate’ (cfr. pag. 48 del controricorso); compensazione verificatasi, come da previsione, nel caso di specie, tenuto conto del fatto che RAGIONE_SOCIALE prima di avviare l’azione monitoria aveva già tenuto conto degli storni dei depositi cauzionali nel conteggio del credito azionato (cfr. foglio 3 dell’ordinanza impugnata).
L e spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 4.600,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile 9