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Modifica della domanda in corso di causa: limiti

Un’impresa ha citato in giudizio un ente pubblico previdenziale per maggiori oneri derivanti da un contratto di appalto. Durante la causa, ha tentato di cambiare la natura della sua richiesta di risarcimento, da responsabilità contrattuale a pre-contrattuale. La Corte di Cassazione ha confermato l’inammissibilità di tale operazione, delineando i rigidi confini della modifica della domanda e ribadendo che un cambiamento sostanziale del fondamento della pretesa è vietato per tutelare il corretto svolgimento del processo.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Modifica della domanda: quando un cambiamento in corso di causa è inammissibile?

La modifica della domanda in corso di causa è un tema delicato nel diritto processuale civile, che bilancia l’esigenza di flessibilità con la necessità di garantire un contraddittorio ordinato e la certezza del processo. Con l’ordinanza n. 1380/2024, la Corte di Cassazione è tornata su questo punto cruciale, confermando l’inammissibilità di una domanda nuova introdotta in corso di giudizio, in un complesso contenzioso nato da un contratto di appalto pubblico stipulato decenni prima.

I fatti di causa: un appalto pubblico e gli oneri imprevisti

La vicenda trae origine da un contratto di appalto del 1984, con cui un consorzio di imprese si era aggiudicato un imponente lavoro di microfilmatura e acquisizione dati per un importante ente nazionale di previdenza sociale. L’oggetto dell’appalto era la gestione di circa 50 milioni di documenti.

Tuttavia, l’esecuzione del contratto si rivelò più complessa del previsto. Il consorzio lamentò che l’ente non aveva messo a disposizione gli archivi in modo tempestivo e ordinato, costringendolo a sostenere costi maggiori per riordinare schede illeggibili, spillate ad altri documenti o conservate senza alcun criterio. Per questi motivi, il consorzio citò in giudizio l’ente pubblico, chiedendo un cospicuo risarcimento per i maggiori oneri sopportati.

La questione giuridica e la modifica della domanda

Il cuore della questione processuale, tuttavia, è emerso durante il giudizio di primo grado. Inizialmente, il consorzio aveva basato la sua richiesta di risarcimento su una responsabilità contrattuale dell’ente, ovvero sull’inadempimento degli obblighi derivanti dal contratto di appalto. Successivamente, con una memoria procedurale, aveva introdotto una nuova domanda, fondata questa volta su una responsabilità pre-contrattuale, lamentando la violazione dei doveri di correttezza e buona fede nella fase delle trattative, con particolare riferimento alla mancata assegnazione di tutto il volume di lavoro promesso.
La Corte d’Appello aveva dichiarato inammissibile questa nuova domanda, e la Cassazione ha confermato tale decisione, offrendo importanti chiarimenti sui limiti della modifica della domanda.

La distinzione tra emendatio e mutatio libelli

La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: una domanda può essere modificata (emendatio libelli) se la modifica serve a precisare o correggere la pretesa originaria, purché rimanga connessa alla stessa vicenda sostanziale e non comprometta le potenzialità difensive della controparte.
Nel caso di specie, invece, il passaggio da una richiesta di risarcimento per inadempimento contrattuale a una per responsabilità pre-contrattuale è stato considerato una trasformazione radicale (mutatio libelli). Questo cambiamento introduceva un tema di indagine completamente nuovo, basato su presupposti di fatto e di diritto diversi da quelli originari (la condotta delle parti prima della stipula del contratto, anziché durante la sua esecuzione). Una tale alterazione del thema decidendum avrebbe disorientato la controparte e alterato il corretto svolgimento del contraddittorio.

Gli altri motivi di ricorso rigettati

La Cassazione ha respinto anche gli altri motivi di ricorso del consorzio, tra cui:
* La presupposizione: Non è stato possibile individuare una situazione di fatto, comune a entrambe le parti, che potesse considerarsi il fondamento implicito del contratto.
* La condizione meramente potestativa: La facoltà dell’ente di ridurre progressivamente il volume di lavoro non era basata su un mero arbitrio, ma su fattori oggettivi legati alla propria riorganizzazione interna.
* Il valore confessorio di una relazione interna: Una relazione di una commissione d’indagine interna all’ente non poteva avere valore di confessione, in quanto la commissione non aveva il potere di disporre dei diritti in contestazione.

Le motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione sul principio di stabilità del processo. Permettere una modifica della domanda così radicale, come quella dal piano contrattuale a quello pre-contrattuale, significherebbe stravolgere l’oggetto del giudizio dopo che questo si è già incardinato. La sentenza sottolinea che la nuova domanda non solo si fondava su un titolo giuridico diverso, ma introduceva anche uno specifico pregiudizio (i costi per mantenere una struttura aziendale adeguata in vista di un lavoro mai interamente assegnato) che non era stato specificamente considerato nella domanda iniziale. Questo ha comportato l’introduzione di un tema d’indagine completamente nuovo, idoneo a determinare un disorientamento della controparte e un’alterazione dello svolgimento del contraddittorio. La Corte ha quindi concluso che, in assenza dei presupposti per una modifica ammissibile, la domanda doveva essere correttamente dichiarata inammissibile, a prescindere da un’eventuale accettazione del contraddittorio da parte dell’ente convenuto, poiché la definizione del thema decidendum non è nella disponibilità delle parti dopo la chiusura della fase istruttoria.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un’importante conferma dei limiti procedurali alla modifica della domanda. Gli avvocati e le parti devono prestare la massima attenzione nella formulazione degli atti introduttivi del giudizio, definendo con precisione sia il petitum (ciò che si chiede) sia la causa petendi (i fatti e le ragioni giuridiche a fondamento della richiesta). Sebbene il processo consenta delle precisazioni, un cambiamento radicale del fondamento della pretesa è una strada rischiosa e, come dimostra questo caso, spesso preclusa. La stabilità dell’oggetto del contendere è un presidio fondamentale per la tutela del diritto di difesa e per la ragionevole durata del processo.

È possibile modificare una domanda di risarcimento da responsabilità contrattuale a pre-contrattuale durante il processo?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che un tale cambiamento costituisce una ‘mutatio libelli’, ovvero una modifica inammissibile della domanda. Introduce infatti un tema d’indagine completamente nuovo, basato su presupposti di fatto e di diritto diversi, alterando così lo svolgimento del contraddittorio.

Un accordo sindacale o una delibera interna di un ente pubblico possono creare obblighi contrattuali per l’ente stesso?
No, secondo la Corte, questi atti hanno natura preparatoria e rilevanza meramente interna. Non possono creare obblighi vincolanti nei confronti di terzi, a meno che non siano espressamente richiamati e recepiti in un contratto formale stipulato in forma scritta dall’organo competente a rappresentare l’ente.

Quando una sentenza può essere considerata nulla se riproduce il testo di un’altra decisione?
La mera circostanza che una sentenza riproduca il contenuto di un altro provvedimento non ne comporta automaticamente la nullità. La nullità non sussiste se le ragioni della decisione sono, in ogni caso, chiaramente attribuibili all’organo giudicante e risultano espresse in modo chiaro, univoco ed esaustivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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