Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 20439 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 20439 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: ABETE NOME
Data pubblicazione: 23/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 21853 – 2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (già s.n.c.) -c.f./p.i.v.a. P_IVA -in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa in virtù di procura speciale in calce al ricorso dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO.
RICORRENTE
contro
RAGIONE_SOCIALE ABRUZZO -c.f. CODICE_FISCALE – in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla INDIRIZZO, domicilia.
CONTRORICORRENTE ;
avverso la sentenza n. 1828/2019 della Corte d’A ppello di L’Aquila
udita la relazione nella camera di consiglio del 12 aprile 2024 del AVV_NOTAIO NOME COGNOME,
RILEVATO CHE
Con ricorso in data 13.11.2006 al Tribunale di L’Aquila ‘La RAGIONE_SOCIALE‘ s.n.c. chiedeva ingiungersi alla Regione Abruzzo il pagamento della somma di euro 4.215.663,00, oltre interessi legali, a titolo di conguagli sui contributi di esercizio – relativamente alle annualità 1987/2002 – per il trasporto pubblico locale di cui alla legge Regione Abruzzo n. 62/1983, conformemente al provvedimento assunto in data 8.7.2005 dal commissario ad acta nominato dal T.A.R. Abruzzo (cfr. ricorso, pag. 2) .
Con decreto del 29.11.2006 il tribunale pronunciava l’ingiunzione .
Con citazione notificata in data 22.1.2007 la Regione Abruzzo proponeva opposizione.
Instava per la revoca dell’ingiunzione.
Resisteva ‘RAGIONE_SOCIALE
Espletata la c.t.u., acquisita la relazione integrativa del consulente, con sentenza n. 121/2014 il Tribunale di L’Aquila revocava il decreto ingiuntivo e condannava la Regione Abruzzo a pagare all’opposta la somma di euro 2.732.583,42, oltre interessi legali e maggior danno.
Proponeva appello la Regione Abruzzo.
Resisteva ‘RAGIONE_SOCIALE; esperiva appello incidentale.
Con sentenza n. 1828/2019 la Corte d’Appello di L’Aquila rigettava sia il gravame principale sia il gravame incidentale e compensava le spese del grado.
Reputava la Corte di L’Aquila in ordine al primo motivo dell’appello incidentale -con cu i ‘RAGIONE_SOCIALE‘ aveva lamentato l’omessa pronuncia in merito alla domanda formulata all’udienza di precisazione delle conclusioni del 10.10.2013 e con la quale aveva chiesto la condanna della Regione al pagamento dei conguagli mercé applicazione dei criteri di aggiornamento annuale dei costi indicati nella delibera della Giunta regionale n. 2865/1989 -che la domanda spiegata all’udienza del 10.10.2013 doveva reputarsi nuova e come tale inammissibile (cfr. sentenza d’appello, pagg. 5 6) .
Reputava invero che l ‘ anzidetta domanda risultava ancorata ad un titolo diverso, siccome con la domanda esperita con l’iniziale ricorso monitorio l’appellante incidentale aveva fatto riferimento ai criteri indicati nella delibera della Giunta regionale n. 7786/1990.
Premetteva la Corte di L’Aquila in ordine al secondo motivo dell’appello incidentale -con cui ‘RAGIONE_SOCIALE‘ aveva lamentato l’ erronea quantificazione dei conguagli, giacché operata dal tribunale in adesione al conteggio di cui allo schema n. 4) predisposto dal c.t.u. -che il consulente d’ufficio aveva elaborato tre schemi di calcolo, costituenti gli allegati n. 4), n. 5) e n. 6), l’uno in linea con il metodo seguito dal commissario ad acta , l’altro in linea con il metodo seguito da lla Regione, l’altro ancora in linea con il metodo seguito dalla RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE (cfr. sentenza d’appello, pagg. 7 -8) .
Premetteva altresì che l ‘ausiliario d’ufficio aveva determinato il conguaglio, in sorte capitale, come da schema n. 4), prescindendo dall’aggiornamento ISTAT dei costi (cfr. sentenza d’appello, pag. 8) .
Premetteva inoltre che il tribunale, seppur concisamente, aveva enunciato le ra gioni per le quali aveva optato per l’utilizzo dello schema n. 4), siccome gli ulteriori schemi di computo risultavano ‘condizionati da meccanismi automatici di calcolo che possono non corrispondere alla realtà economica dell’azienda, condizionata da fattori economici differenti e che comunque non sono normativamente previsti’ (cfr. sentenza d’appello, pag. 9) .
Indi reputava -la corte – di condividere il dictum del primo giudice, giacché l’opzione di calcolo prescelta dall’ausiliario era da considerare la più corretta (cfr. sentenza d’appello, pag. 9) .
Avverso tale sentenza ‘ RAGIONE_SOCIALE (già s.n.c.) ha proposto ricorso; ne ha chiesto la cassazione sulla base di due motivi.
La Regione Abruzzo ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso con il favore delle spese.
La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 183 e 633 cod. proc. civ.
Deduce che all’udienza di precisazione delle conclusioni del 10.10.2013 si è limitata a domandare che la quantificazione della pretesa contributiva avvenisse sulla scorta della delibera della Giunta regionale n. 2865/1989, anziché sulla scorta della delibera della Giunta regionale n. 7786/1990 (cfr. ricorso, pag. 12) .
Deduce che la delibera della Giunta regionale n. 2865/1989 contempla il medesimo ‘sistema di quantificazione del costo standard consuntivo’ di cui alla
delibera della Giunta regionale n. 7786/1990 e ne differisce unicamente per le annualità di riferimento, e siccome tal ultima delibera ha apportato senza alcuna motivazione un taglio del 20% dei costi di esercizio delle sole autolinee urbane (cfr. ricorso, pag. 13) .
Deduce del resto che ha chiesto ed ottenuto con sentenza passata in giudicato del T.A.R. Abruzzo n. 576/1991 l’annullamento della delibera n. 7786/1990, sicché l’ultimo costo consuntivo standard cui occorre far riferimento , è quello relativo all’annualità 1986, approvato con la delibera n. 2865/1989 (cfr. ricorso, pag. 13) .
Deduce dunque che all’udienza di precisazione delle conclusioni del 10.10.2013 si è limitata a precisare la domanda, senza modificare i fatti che ne costituiscono il fondamento, e ad ampliare il petitum , onde conseguire l’effettivo soddisfacimento della pretesa azionata in giudizio (cfr. ricorso, pag. 14) .
Deduce quindi che ha fatto luogo ad una mera ‘ emendatio libelli ‘.
Il primo motivo di ricorso va respinto.
Va debitamente ribadito che il presente giudizio ha avuto inizio in prime cure con ricorso monitorio in data 13.11.2006.
Viene in rilievo perciò -ratione temporis -il disposto dell’art. 183 cod. proc. civ., quale introdotto dall’art. 2, 3° co., lett. c -ter ), del dec. leg. n. 35/2005, convertito con modificazioni nella legge n. 80/2005 e come ulteriormente modificato dall’art. 1, 1° co., lett. a), della legge n. 263/2005.
Ebbene, in relazione al suindicato disposto normativo esplica valenza l’elaborazione di questa Corte ancorché propriamente correlata al sistema delle preclusioni introdotto già dalla legge n. 353/1990 -a tenor della quale il
‘ thema decidendum ‘ non è più modificabile dopo la chiusura della prima udienza di trattazione o dopo la scadenza del termine concesso dal giudice ai sensi del 5° co. del l’art. 183 cod. proc. civ. (5° co. della formulazione dell’art. 183 cod. proc. civ. antecedente alla novellazione del 2005) (cfr. Cass. 24.1.2012, n. 947; Cass. 26.9.2019, n. 24040; Cass. 17.5.2004, n. 9323) .
In tal guisa, nel caso di specie, la cristallizzazione del ‘ thema decidendum ‘ in momento processuale ampiamente antecedente all’udienza – in prime cure – del 10.10.2013, fissata ex novo -all’esito dell’udienza del 4.10.2012 per la precisazione delle conclusioni (cfr. ricorso, pagg. 3 – 5) , senza dubbio ostava pur a quella che la ricorrente riduttivamente qualifica mera ‘ emendatio libelli ‘.
Ovviamente, nella vigenza del regime giuridico delle preclusioni introdotto dalla legge n. 353 del 1990, la novità della domanda formulata nel corso del giudizio è rilevabile anche d ‘ ufficio da parte del giudice, trattandosi di una questione sottratta alla disponibilità delle parti (cfr. da ultimo Cass. (ord.) 8.5.2024, n. 12633) .
13. In ogni caso, al di là dei suindica ti rilievi, il riferimento all’udienza del 10.10.2013 alla delibera della Giunta regionale n. 2865/1989, in luogo dell’iniziale riferimento alla delibera della Giunta regionale n. 7786/1980 esorbita e trascende certamente i margini dell a ‘ritualità’.
Viene in risalto l’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte , a tenor del quale la modificazione della domanda, ammessa ex art. 183 cod. proc. civ., può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (‘petitum’ e ‘causa petendi’) , sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo,
si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte ovvero l’allungamento dei tempi processuali (cfr. Cass. sez. un. 15.6.2015, n. 12310. Cfr. Cass. 22.12.2016, n. 26782; Cass. (ord.) 16.2.2021, n. 4031) .
14. A tali affermazioni di principio si correla l’analo go insegnamento afferente al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo (cfr. Cass. (ord.) 13.4.2021, n. 9668, secondo cui nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è sempre ammessa la modifica della domanda da parte del creditore opposto, sia con riguardo al ‘ petitum ‘ che alla ‘ causa petendi ‘ , purché la domanda modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e non si determini né una violazione dei diritti di difesa della controparte né l’allungamento dei tempi del processo; cfr. altresì Cass. 24.3.2022, n. 9633 e Cass. 27183/2023, secondo cui, in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, il convenuto opposto può proporre con la comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata una domanda nuova, diversa da quella posta a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo, anche nel caso in cui l ‘ opponente non abbia proposto una domanda o un ‘ eccezione riconvenzionale e si sia limitato a proporre eccezioni chiedendo la revoca del decreto opposto, qualora tale domanda si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, attenga allo stesso sostanziale bene della vita e sia connessa per incompatibilità a quella originariamente proposta, ciò rispondendo a finalità di economia processuale e di ragionevole durata del processo e dovendosi riconoscere all ‘ opposto, quale attore in senso sostanziale, di avvalersi delle stesse facoltà di modifica della domanda riconosciute, nel giudizio ordinario, all ‘ attore formale e sostanziale dall’art. 183 cod. proc. civ. ) .
Orbene, alla luce di siffatto insegnamento, è da disconoscere senz’altro che ‘RAGIONE_SOCIALE‘ abbia all’udienza di precisazione delle conclusioni -ben vero, si ribadisce, considerata la pregressa ‘cristallizzazione’ del ‘ thema decidendum ‘ (il dictum delle sezioni unite concerne la modificazione ammessa ex art. 183 cod. proc. civ.) -atteso alla rituale modificazione dell’iniziale domanda.
Pur ad ammettere che la delibera n. 2865/1989 si correlasse alla vicenda sostanziale cui ineriva l’iniziale istanza monitoria, incardinata sulla delibera della Giunta regionale abruzzese n. 7786/1990, di certo è la stessa ricorrente a riferire che la delibera n. 2865/1989 non contemplava il taglio del 20% dei costi di esercizio delle autolinee urbane (cfr. ricorso, pag. 13) .
E, ovviamente, la divergenza contenutistica, innegabilmente favorevole alla ricorrente, della delibera antecedente, successivamente invocata a ‘ thema decidendum ‘ ed a ‘ thema probandum ‘ già definiti, non poteva non importare compromissione delle potenzialità difensive della controparte, oltre che l’ine vitabile allungamento dei tempi processuali.
Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 49, 50 e 56 della legge regionale 9.9.1983, n. 62.
Deduce che la quantificazione dei conguagli cui il c.t.u. ha fatto luogo con lo schema di calcolo costituente l’allegato n. 5) alla relazione di RAGIONE_SOCIALE, è l’unica aderente alla normativa regionale e fa leva sui medesimi criteri di cui alla delibera della Giunta n. 7786/1990, delibera con la quale sono stati approvati i costi standard consuntivi relativi all’anno 1987 e preventivi relativi all’anno 1988 (cfr. ricorso, pag. 21) .
Deduce al contempo che la mancata produzione dei bilanci relativi agli esercizi 1987-2002 dai quali ricavare i costi effettivi del trasporto pubblico locale, rende conforme alla normativa regionale unicamente la quantificazione di cui al prospetto n. 5) , che prescinde dai dati effettivi e si limita all’adeguamento dei costi standard mediante l’aggiornamento annuale ISTAT dei prezzi al consumo (cfr. ricorso, pag. 22) .
Il secondo motivo di ricorso del pari va respinto.
Va d ebitamente premesso che la Corte di L’Aquila, allorché in sede di reiezione del secondo motivo dell’appello incidentale ha condiviso il primo dictum – giacché l’opzione di calcolo prescelta dall’ausiliario e recepita dal tribunale era da considerare la più corretta -ha fatto luogo alle seguenti ulteriori precisazioni.
Ovvero ha puntualizzato che l’appellante incidentale non aveva contestato né la conformità alla normativa vigente del metodo di calcolo -lo schema n. 4) prescelto dal c.t.u. né il rilievo del c.t.u. secondo cui i ricavi standard erano stati commisurati ai costi standard , perché ‘RAGIONE_SOCIALE‘ non aveva provveduto ad allegare, come sarebbe stato suo onere, i conti economici relativi al periodo 1987-2002 (cfr. sentenza d’appello, pag. 9) .
Ha puntualizzato quindi che l’omessa applicazione di meccanismi automatici di rivalutazione monetaria si giustificava attesa l’impossibilità di determinare i costi effettivi sostenuti da ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (cfr. sentenza d’appello, pag. 9) .
È bene evidente, dunque, che il secondo mezzo di impugnazione non reca, così come sarebbe stato necessario, specifica censura dei passaggi motivazionali alla cui stregua la Corte di L’Aquila ha respinto il secondo m ezzo
del gravame incidentale (cfr. Cass. (ord.) 10.8.2017, n. 19989, secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, è necessario che venga contestata specificamente la ‘ratio decidendi’ posta a fondamento della pronuncia impugnata; Cass. (ord.) 24.2.2020, n. 4905; Cass. 17.7.2007, n. 15952) .
Propriamente ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ , in questa sede, avrebbe dovuto non già addurre che il metodo di calcolo di cui a llo schema n. 5) è l’unico conforme alla normativa regionale e che la mancata produzione dei bilanci rende conforme alla normativa regionale unicamente la quantificazione di cui al prospetto n. 5); avrebbe dovuto bensì addurre, specificamente, di aver mosso le puntuali contestazioni che la Corte aquilana ha ritenuto carenti.
Per altro verso, va debitamente rimarcato che in spregio agli oneri di specificità e di ‘autosufficienza’ di cui al n. 4 ) ed al n. 6) del 1° co. dell’art. 366 cod. proc. civ. ‘La RAGIONE_SOCIALE‘ non ha nel ricorso riprodotto , neppure in via di mera sintesi, i termini dello schema di calcolo, della cui omessa utilizzazione si duole, di cui all’allegato n. 5) alla relazione di c.t.u.
Per altro verso ancora, invano la ricorrente prospetta che il metodo di calcolo riflesso dall’allegato n. 5) è stato dalla Giunta regionale utilizzato ai fini della ‘determinazione dei costi standard determinati in via preventiva per le annualità successive’ (così ricorso, pag. 22; cfr. memoria, pag. 5) .
Evidentemente, in tal maniera ‘RAGIONE_SOCIALE‘ adduce a sostegno dei suoi assunti una circostanza di mero ‘fatto’, destinata come tale a non sortire alcun esito nel presente contesto di legittimità (con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione
della fattispecie operate dai giudici del merito poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità: cfr. Cass. (ord.) 7.12.2017, n. 29404) .
Un’ultima notazione si impone in ordine alla ‘seppur stringata (…) motivazione addotta dal Tribunale (…) a sostegno della scelta di utilizzare i conteggi indicati nello schema 4) della perizia’ (così sentenza d’appello, pag. 9) .
Qualora il giudice del merito aderisca -così come nella fattispecie – al parere del consulente tecnico d ‘ ufficio, non è tenuto ad esporne in modo specifico le ragioni, poiché l ‘ accettazione del parere, delineando il percorso logico della decisione, ne costituisce adeguata motivazione, non suscettibile di censure in sede di legittimità, ben potendo il richiamo, anche ‘ per relationem ‘ dell ‘ elaborato, implicare una compiuta positiva valutazione del percorso argomentativo e dei principi e metodi scientifici seguiti dal consulente (cfr. Cass. (ord.) 6.5.2021, n. 11917; Cass. (ord.) 11.6.2018, n. 15147. Si ribadisce che nella specie ‘RAGIONE_SOCIALE‘ non aveva contestato la conformità alla normativa vigente del calcolo prescelto dal c.t.u. : cfr. sentenza d’appello, pag. 9 ) .
In dipendenza del rigetto del ricorso la ricorrente va condannata a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità.
La liquidazione segue come da dispositivo (si tenga conto che, in tema di spese processuali, gli enti territoriali non sono ammessi alla prenotazione a debito del contributo unificato ex art. 158 del d.P.R. n. 115 del 2002, trattandosi di tributo erariale e non locale e non essendo i detti enti ‘altra amministrazione p ubblica’, diversa dall’amministrazione dello Stato, ammessa, da specifiche
norme di legge, alla detta prenotazione in forza dell’estensione operata dall’art. 3, lett. q), del citato d.P.R.: cfr. Cass. 29.10.2020, n. 23879) .
23. Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede:
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrent e, ‘RAGIONE_SOCIALE, a rimborsare alla controricorrente, Regione Abruzzo, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 12.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;
a i sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte