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Mobilità volontaria: sì al mantenimento anzianità

Un infermiere, trasferito per mobilità volontaria da un’ASL a un istituto scolastico, si è visto negare il riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8599/2024, ha stabilito che la mobilità volontaria si configura come una cessione del contratto di lavoro, non come una nuova assunzione. Pertanto, il lavoratore ha diritto alla conservazione dell’anzianità e del trattamento economico acquisito, annullando la decisione della Corte d’Appello.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Mobilità Volontaria nel Pubblico Impiego: La Cassazione Conferma la Conservazione dell’Anzianità

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale per i dipendenti pubblici: la mobilità volontaria tra amministrazioni diverse non azzera l’anzianità di servizio maturata. Questo istituto, disciplinato dall’art. 30 del D.Lgs. 165/2001, deve essere inteso come una cessione del contratto di lavoro e non come una nuova assunzione. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa: Il Trasferimento e il Mancato Riconoscimento

Il caso riguarda un infermiere trasferito da un’Azienda Sanitaria Locale ai ruoli del personale ATA di un istituto scolastico. Nonostante il trasferimento fosse avvenuto a seguito di una procedura di mobilità volontaria intercompartimentale, l’amministrazione di destinazione aveva stipulato un nuovo contratto individuale, con un nuovo periodo di prova e senza riconoscere l’anzianità di servizio maturata presso l’ente di provenienza. Il lavoratore si era quindi rivolto al Tribunale per ottenere il giusto riconoscimento, ma la sua domanda era stata respinta sia in primo grado che in appello.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla mobilità volontaria

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del lavoratore, cassando la sentenza della Corte d’Appello e rinviando la causa per un nuovo esame. I giudici supremi hanno chiarito che i giudici di merito hanno errato nell’applicare le norme relative alle nuove assunzioni (come gli artt. 569 e 570 del d.lgs. n. 297/1994) a un caso che invece rientrava pienamente nella disciplina della mobilità volontaria.

La corretta qualificazione giuridica

Il punto centrale della decisione è la corretta qualificazione giuridica dell’istituto. La Suprema Corte ha ribadito un orientamento consolidato: il “passaggio diretto” di personale tra amministrazioni diverse, previsto dall’art. 30 del d.lgs. n. 165/2001, è riconducibile alla figura della cessione del contratto (art. 1406 cod. civ.).

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su una chiara distinzione tra assunzione e mobilità. La mobilità volontaria non è una nuova assunzione, ma la continuazione del medesimo rapporto di lavoro con un datore di lavoro diverso. Questo comporta conseguenze giuridiche precise:

* Conservazione dell’anzianità: Il rapporto di lavoro prosegue senza interruzioni. Di conseguenza, tutta l’anzianità giuridica ed economica maturata presso l’amministrazione di provenienza deve essere conservata.
* Mantenimento del trattamento economico: Il lavoratore ha diritto a mantenere il trattamento economico goduto in precedenza.
* Illegittimità del nuovo patto di prova: La stipulazione di un nuovo contratto e di un nuovo periodo di prova è illegittima, poiché il rapporto di lavoro è già in essere e non ne sorge uno nuovo.

La Corte ha sottolineato che nelle procedure di mobilità, a differenza delle assunzioni, non si parla mai di “nuova assunzione”. Se il dipendente possiede i requisiti, viene semplicemente trasferito e il rapporto di lavoro continua con l’amministrazione di destinazione. La stipulazione di un nuovo contratto individuale non è richiesta e non può modificare gli elementi essenziali di un rapporto già esistente.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Dipendenti Pubblici

Questa ordinanza rafforza la tutela dei lavoratori nel pubblico impiego che si avvalgono della mobilità volontaria. Stabilisce in modo inequivocabile che il passaggio tra amministrazioni non deve comportare un pregiudizio per il dipendente, né in termini di anzianità né di trattamento economico. La decisione chiarisce che la mobilità è uno strumento per la razionalizzazione delle risorse umane e non un’occasione per le amministrazioni di destinazione per rinegoziare in peius le condizioni contrattuali del lavoratore. I dipendenti che si trovano in situazioni analoghe hanno quindi un solido precedente giurisprudenziale a cui fare riferimento per la tutela dei propri diritti.

Cosa succede all’anzianità di servizio in caso di mobilità volontaria tra enti pubblici?
Secondo la Corte di Cassazione, l’anzianità di servizio maturata presso l’amministrazione di provenienza viene integralmente conservata, poiché la mobilità volontaria si configura come una cessione del contratto e non come una nuova assunzione.

Dopo un trasferimento per mobilità volontaria, l’amministrazione di destinazione può imporre un nuovo periodo di prova?
No. La Corte ha chiarito che pretendere la stipulazione di un nuovo contratto e di un nuovo patto di prova è illegittimo, in quanto il rapporto di lavoro continua senza interruzioni e non ne viene costituito uno nuovo.

Qual è la normativa di riferimento per la mobilità volontaria nel pubblico impiego?
La norma principale è l’articolo 30 del Decreto Legislativo n. 165/2001, che disciplina il passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse. Questo istituto è giuridicamente inquadrato come una cessione del contratto ai sensi dell’articolo 1406 del codice civile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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