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Mobilità volontaria: no alla qualifica dirigenziale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha stabilito che la mobilità volontaria nel pubblico impiego non consente di ottenere un inquadramento in una qualifica superiore, come quella dirigenziale, se il dipendente non ha precedentemente superato un apposito concorso pubblico. Il caso riguardava un funzionario trasferitosi da un’amministrazione provinciale a un’agenzia regionale, che rivendicava la qualifica di dirigente. La Corte ha rigettato il ricorso, confermando che la mobilità comporta una cessione del contratto e non una progressione di carriera, la quale è subordinata al principio costituzionale del concorso pubblico.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Mobilità Volontaria nel Pubblico Impiego: Impossibile Acquisire la Qualifica Dirigenziale Senza Concorso

La mobilità volontaria pubblico impiego è uno strumento fondamentale per la gestione delle risorse umane nella Pubblica Amministrazione, ma non può trasformarsi in una scorciatoia per progressioni di carriera. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio cardine: il passaggio a una qualifica dirigenziale può avvenire solo tramite il superamento di un concorso pubblico. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un funzionario tecnico che, dopo aver lavorato per un’amministrazione provinciale del Nord Italia, otteneva il trasferimento tramite mobilità volontaria presso un’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente in Sicilia. Nell’amministrazione di provenienza, il dipendente era inquadrato nella più alta qualifica non dirigenziale prevista dal contratto locale (la nona qualifica funzionale). Una volta trasferito, egli ha richiesto di essere inquadrato come dirigente, sostenendo che le sue precedenti mansioni e la sua qualifica fossero equivalenti a quelle dirigenziali nel nuovo ente. Al suo arrivo, l’Agenzia lo aveva invece inquadrato in una categoria (DS) corrispondente al profilo di “collaboratore tecnico professionale esperto”, la più alta del comparto non dirigenziale. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto le sue richieste, ritenendo corretto l’inquadramento operato dall’ente di destinazione.

L’Inquadramento nella mobilità volontaria pubblico impiego

Il cuore della questione risiede nell’interpretazione dell’articolo 30 del D.Lgs. 165/2001, che disciplina la mobilità. Questa norma configura il trasferimento come una cessione del contratto di lavoro, in cui cambia solo il datore di lavoro (da un’amministrazione all’altra). Il dipendente ha diritto alla conservazione dell’anzianità, della qualifica e del trattamento economico, che verranno però parametrati secondo il contratto collettivo dell’amministrazione di destinazione. La Corte di Cassazione ha chiarito che questo processo non può mai tradursi in una promozione automatica. L’inquadramento deve avvenire ricercando la corrispondenza tra il livello posseduto e quello equivalente nel nuovo ordinamento, ma sempre all’interno della stessa area funzionale. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente confrontato le declaratorie contrattuali dei due profili, concludendo che entrambi rappresentavano le posizioni apicali del personale non dirigente.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del lavoratore sulla base di argomentazioni giuridiche solide e coerenti con i principi fondamentali del pubblico impiego.

Il Principio del Concorso Pubblico

Il motivo principale del rigetto è il rispetto dell’articolo 97 della Costituzione, che stabilisce il concorso pubblico come via maestra per l’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni. Questo principio si applica non solo alla prima assunzione, ma anche alle progressioni verso aree o qualifiche superiori, come il passaggio al ruolo dirigenziale. Consentire di acquisire la qualifica di dirigente tramite mobilità, senza aver mai superato un concorso specifico, costituirebbe una violazione di tale principio. Il ricorrente, infatti, non aveva mai vinto un concorso per dirigente né era iscritto all’albo degli aspiranti dirigenti presso l’ente di provenienza.

La Corretta Valutazione dei Giudici di Merito

La Cassazione ha inoltre sottolineato che la comparazione tra la nona qualifica funzionale dell’ordinamento di provenienza e la categoria DS dell’ente di arrivo è un accertamento di fatto. Tale valutazione, eseguita dalla Corte d’Appello analizzando le mansioni, i compiti e le responsabilità descritte nei rispettivi contratti collettivi, è stata ritenuta logica e ben motivata. Pertanto, è considerata “insindacabile in sede di legittimità”, ovvero non può essere messa in discussione davanti alla Cassazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza riafferma con forza che la mobilità volontaria è uno strumento di riallocazione del personale e non un meccanismo di progressione di carriera. L’accesso alla dirigenza pubblica è blindato dalla regola del concorso, a garanzia di imparzialità, trasparenza e selezione dei migliori. I dipendenti pubblici che intendono avvalersi della mobilità devono essere consapevoli che il loro inquadramento sarà effettuato per equivalenza nell’area funzionale di appartenenza, senza poter aspirare a “salti” di qualifica che la legge riserva esclusivamente alle procedure concorsuali.

È possibile ottenere una qualifica superiore, come quella dirigenziale, attraverso la mobilità volontaria nel pubblico impiego?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la mobilità volontaria non può essere utilizzata per ottenere un inquadramento in una qualifica superiore. L’accesso a ruoli dirigenziali richiede il superamento di un apposito concorso pubblico, come previsto dalla Costituzione.

Come viene determinato l’inquadramento di un dipendente che si trasferisce in un’altra amministrazione pubblica?
L’inquadramento viene determinato assicurando la corrispondenza con l’area funzionale e la posizione economica possedute nell’amministrazione di provenienza, applicando la disciplina legale e contrattuale dell’ente di destinazione. Si effettua un confronto tra i profili professionali descritti nei rispettivi contratti collettivi.

La valutazione di equivalenza tra due profili professionali può essere contestata in Cassazione?
No. La valutazione della corrispondenza tra i profili professionali è un accertamento di fatto che spetta ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Se la loro decisione è basata su una motivazione logica e coerente, non è riesaminabile dalla Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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