Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9616 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 9616 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 19810/2020 proposto da:
NOME COGNOME , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso di lui in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente-
nonché
RAGIONE_SOCIALE;
-intimata-
nonché
RAGIONE_SOCIALE;
-resistente-
avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello di Napoli n. 5497/2019 pubblicata il 5 novembre 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di RAGIONE_SOCIALE del 5 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto appello contro la sentenza n. 11499/2014 del Tribunale di Napoli, con la quale era stata rigettata la loro domanda, volta a conseguire l’inquadramento nella qualifica RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘area C, posizione economica C5 o, in subordine, C4 o C3 del CCNL di categoria, con condanna RAGIONE_SOCIALE controparti a pagare le differenze retributive maturate e alla ricostruzione RAGIONE_SOCIALEa posizione contributiva, oltre al risarcimento del danno patito per il demansionamento subito in seguito al passaggio alle dipendenze RAGIONE_SOCIALE‘I NAIL.
La Corte d’appello di Napoli, nel contraddittorio RAGIONE_SOCIALE parti, con sentenza n. 5497/2019, ha rigettato il gravame.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sette motivi e ha depositato memoria.
L’RAGIONE_SOCIALE si è difeso con controricorso e ha depositato memoria.
La RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
In corso di causa, ha depositato ‘atto di costituzione’ l’RAGIONE_SOCIALE, che non risulta avesse partecipato ai precedenti gradi di giudizio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via preliminare, occorre ricostruire la vicenda in esame.
La legge n. 58 del 1992 contiene disposizioni per la riforma del settore RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
L’art. 1 ha stabilito che i RAGIONE_SOCIALE di telecomunicazione, prima gestiti dall’RAGIONE_SOCIALE, fossero affidati a un’RAGIONE_SOCIALE costituita
dall’IRI che, per la durata di un anno, sarebbe stata concessionaria esclusiva. Tale RAGIONE_SOCIALE è stata l’RAGIONE_SOCIALE per effetto del D.M. del 29 dicembre 1993 e RAGIONE_SOCIALE‘apposita convenzione stipulata dal RAGIONE_SOCIALE con l’RAGIONE_SOCIALE, a decorrere dal 1° novembre 1993 è stata soppressa l’RAGIONE_SOCIALE (art. 1, comma 3).
Con riguardo al personale, l’art. 4 RAGIONE_SOCIALEa medesima legge n. 58 del 1992 ha previsto l’opzione per la permanenza nel pubblico impiego e, in mancanza, il passaggio diretto alle dipendenze RAGIONE_SOCIALEa concessionaria. In particolare, la suddetta norma ha così statuito: «1. Il personale RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, applicato alla data di entrata in vigore RAGIONE_SOCIALEa presente legge presso l’RAGIONE_SOCIALE, l’RAGIONE_SOCIALE, le segreterie del RAGIONE_SOCIALE e del RAGIONE_SOCIALE, nonché presso la RAGIONE_SOCIALE e le corrispondenti sezioni presso gli ispettorati di zona, è trasferito d’ufficio nelle corrispondenti qualifiche RAGIONE_SOCIALE‘Amministrazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con le modalità stabilite dal terzo comma RAGIONE_SOCIALE‘articolo 200 del testo unico RAGIONE_SOCIALE disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE, approvato con decreto del Presidente RAGIONE_SOCIALEa Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3. Il decreto del Ministro RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con il quale è disposto il trasferimento determina le conseguenti variazioni RAGIONE_SOCIALE dotazioni organiche.
La Società, per la durata RAGIONE_SOCIALEa concessione di cui al comma 1 RAGIONE_SOCIALE‘articolo 1, si avvale del personale RAGIONE_SOCIALE‘Amministrazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE addetto alle attività concernenti i RAGIONE_SOCIALE trasferiti alla Società stessa, nonché del personale dipendente RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE alla data di entrata in vigore RAGIONE_SOCIALEa convenzione di cui al comma 2 RAGIONE_SOCIALE‘articolo 1, ad esclusione di quello di cui al comma 1 del presente articolo. Il personale predetto conserva il trattamento giuridico, economico e pensionistico proprio del rapporto di pubblico impiego. I relativi oneri sono rimborsati allo RAGIONE_SOCIALE dalla Società stessa.
Entro sei mesi dalla delibera del CIPE di cui al comma 6 RAGIONE_SOCIALE‘articolo 1 e comunque non oltre la data di scadenza RAGIONE_SOCIALEa concessione di cui al comma 1 RAGIONE_SOCIALEo stesso articolo 1, il personale di cui al comma 2 del presente articolo, può optare per la permanenza nel pubblico impiego; ad esso si applicano le procedure per la mobilità di cui al decreto del Presidente del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE 5 agosto 1988, n. 325, ed alla legge 29 dicembre 1988, n. 554. Il Ministro RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, con proprio decreto da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore RAGIONE_SOCIALEa presente legge, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del personale interessato, determina, anche in deroga al decreto del Presidente del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE 5 agosto 1988, n. 325, e alla legge 29 dicembre 1988, n. 554, i criteri per l’assegnazione RAGIONE_SOCIALE sedi prevedendo comunque la facoltà per il dipendente di essere destinato nel territorio provinciale nell’ambito del quale ha svolto il precedente RAGIONE_SOCIALEo. Il Ministro per la funzione pubblica, con proprio decreto da emanarsi entro i successivi sessanta giorni, di concerto con il Ministro RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, e da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale, individua i posti vacanti presso le pubbliche amministrazioni che potranno essere ricoperti dal personale di cui al comma 2 con il ricorso alla mobilità. Il personale che ha optato per la permanenza nel pubblico impiego non può svolgere attività presso la Società oltre la data di scadenza RAGIONE_SOCIALEa concessione di cui al comma 1 RAGIONE_SOCIALE‘articolo 1.
Entro e non oltre la data di scadenza RAGIONE_SOCIALEa concessione di cui al comma 1 RAGIONE_SOCIALE‘articolo 1 il personale che non ha optato nei termini per la permanenza nel pubblico impiego transita alle dipendenze RAGIONE_SOCIALE concessionarie, ad eccezione di quello individuato dalla Società come necessario allo svolgimento RAGIONE_SOCIALE attività che ad essa residuano, che transita alle dipendenze RAGIONE_SOCIALEa Società stessa…».
La norma ha, dunque, previsto due diverse forme di mobilità a seconda degli uffici di provenienza:
il trasferimento d’ufficio nelle corrispondenti qualifiche RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE con le modalità di cui all’art. 200, comma 3, del d.P .R. n. 3 del 1957, relativamente al personale in RAGIONE_SOCIALEo in alcune peculiari strutture;
l’opzione per la permanenza nel pubblico impiego per il restante personale.
In particolare, la seconda tipologia (che qui rileva) è, come osservato in giurisprudenza (Cass., Sez. L, n. 4536 del 20 febbraio 2024) riconducibile alla mobilità volontaria e non al passaggio di competenze ed alla stessa si applicano le procedure per la mobilità di cui al decreto del Presidente del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE n. 325 del 1988 e alla legge n. 554 del 1988. La suddetta facoltà di opzione non risponde ad esigenza datoriale di perequazione del personale bensì a criteri di mera convenienza esclusiva per il lavoratore, il quale, nelle intenzioni del legislatore, è lasciato libero di mantenere uno status di pubblico dipendente, assistito, nella comune considerazione, da maggiori garanzie di stabilità, oppure di transitare alle dipendenze RAGIONE_SOCIALE società concessionarie.
Il ricorrente aveva esercitato tempestivamente l’opzione, sopramenzionata, per permanere nel pubblico impiego.
Su detta richiesta non vi era stata, tuttavia, alcuna pronuncia da parte RAGIONE_SOCIALE‘Amministrazione, tanto che il dipendente, da un lato, aveva agito dinanzi al giudice amministrativo affinché fosse deliberato il passaggio di ruolo ad altre Pubbliche RAGIONE_SOCIALE in base all’art. 4 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 58 del 1992 e, dall’altro, era passato all’RAGIONE_SOCIALE da novembre 1993 per non restare senza lavoro.
Con sentenza n. 2301/2008 il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ha definitivamente affermato l’obbligo RAGIONE_SOCIALE‘Amministrazione di concludere il procedimento amministrativo relativo alla sua istanza di mobilità, non esaminata dalla P.A.
Pertanto, il ricorrente era passato a lavorare alle dipendenze RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE dal 15 luglio 2009, con inquadramento nella terza area, fascia retributiva C1, corrispondente, in base alle tabelle di equiparazione, alla categoria di inquadramento, la settima, rivestita presso RAGIONE_SOCIALE.
2) Venendo all’esame del ricorso, si osserva che, c on il primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 30 ss. del d.lgs. n. 165 del 2001, 4 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 58 del 1992, del d.P.C.M. n. 35 del 1988, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 554 del 1988 in tema di mobilità, degli artt. 4 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 58 del 1992, 1230, 1406 e 2909 c.c. perché la corte territoriale avrebbe errato nel ricondurre la presente vicenda alla mobilità volontaria e non a quella d’ufficio che, in realtà, si era verificata, essendo seguita alla soppressione RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE. In particolare, egli non avrebbe potuto permanere nel pubblico impiego in quanto la P.A. non avrebbe adempiuto al suo obbligo di espletamento integrale RAGIONE_SOCIALE procedure di mobilità previste dal d.P.C.M. n. 35 del 1988 e dalla legge n. 554 del 1988, come richiamate dall’art. 4, comma 3, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 58 del 1992.
La Corte d’appello di Napoli avrebbe errato nel ritenere sussistere, nella specie, una novazione del contratto di lavoro, reputando estinto il precedente rapporto di lavoro, quando, invece, vi sarebbe stata una cessione del contratto. Da questa situazione sarebbe derivato il suo diritto a che il proprio rapporto di pubblico impiego fosse considerato decorrente, senza soluzione di continuità, dalla data di assunzione presso la ex RAGIONE_SOCIALE.
Con il secondo motivo il ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, in quanto l’RAGIONE_SOCIALE lo avrebbe inquadrato in maniera deteriore rispetto al contenuto RAGIONE_SOCIALE declaratorie, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 101 del 1979, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 797 del 1981, degli artt. 13 ss. del CCNL per il personale non dirigente del comparto Enti pubblici non economici 1998/2001, degli artt. 1362 ss. c.c., 112, 115 e 116 c.p.c., 4 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 58 del 1992 e 2103 c.c.
Egli afferma che la mancata verifica di una corrispondenza sostanziale tra la qualifica in precedenza da lui posseduta e quella attuale avrebbe violato l’art. 2103 c.c. e l’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 e che la Corte d’appello di Napoli avrebbe illegittimamente ritenuto precluso ogni accertamento sulla base del richiamato d.P.C.M.
Il ricorrente espone l’erroneità RAGIONE_SOCIALEa comparazione tra il C1 CCNL enti pubblici non economici e il VII livello RAGIONE_SOCIALE, atteso che dalla semplice lettura RAGIONE_SOCIALE declaratorie sarebbe stato possibile evincere l’errato inquadramento.
Il lavoratore evidenzia che, al momento RAGIONE_SOCIALEa soppressione RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, sarebbe stato un Revisore RAGIONE_SOCIALE coordinatore, corrispondente al VII livello, e che ingiustamente l’RAGIONE_SOCIALE lo avrebbe inquadrato nel settore amministrativo, Area C, posizione economica C1, quale collaboratore di RAGIONE_SOCIALE, senza tenere conto RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie.
Le due censure possono essere trattate congiuntamente, stante la stretta connessione.
La prima doglianza è infondata, mentre la seconda è inammissibile.
Per quanto qui viene in rilievo, il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto che il comportamento RAGIONE_SOCIALE‘Amministrazione che ometta di espletare la procedura sopra descritta vada qualificato come inadempimento di una obbligazione di mezzi, rispetto al quale va riconosciuto l’interesse del dipendente ad agire in giudizio per l’accertamento del diritto alla esatta applicazione RAGIONE_SOCIALEa normativa che disciplina la mobilità fra le pubbliche amministrazioni.
La sentenza del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE n. 2301/2008, per l’esattezza, ha riconosciuto un diritto perfetto del ricorrente non a permanere nel pubblico impiego, ma a vedere completata la procedura amministrativa avviata con la sua istanza di passaggio verso i ruoli RAGIONE_SOCIALEa pubblica RAGIONE_SOCIALE.
A seguito di tale pronuncia il ricorrente, immesso nei ruoli RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, ha agito deducendo che l’RAGIONE_SOCIALE lo avrebbe erroneamente inquadrato nell’area C, posizione economica C1, piuttosto che in posizioni economiche superiori.
2.1) In ordine al primo motivo, si osserva che, in cause similari, in quanto aventi a oggetto proprio l’esercizio del diritto di opzione di dipendenti ex RAGIONE_SOCIALE, questa Sezione RAGIONE_SOCIALEa Suprema Corte, con ordinanza n. 4536 del 20 febbraio 2024 (sopra citata) e con ordinanza n. 5086 del 26 febbraio 2024, ha affermato che la tipologia di trasferimento in esame è riconducibile alla mobilità volontaria e non al passaggio di competenze e che alla stessa si applicano le procedure per la mobilità di cui al decreto del Presidente del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE n. 325 del 1988 e alla legge n. 554 del 1988 (analogamente, Cass., Sez. L, n. 6663 del 22 maggio 2000).
Ha precisato, sul punto, che la detta facoltà di opzione non risponde ad esigenza datoriale di perequazione del personale bensì a criteri di mera convenienza esclusiva per il lavoratore, il quale, nelle intenzioni del legislatore, è lasciato libero di mantenere uno status di pubblico dipendente, assistito, nella comune considerazione, da maggiori garanzie di stabilità o di transitare alle dipendenze RAGIONE_SOCIALE società concessionarie.
Soprattutto, Cass., Sez. L, n. 5086 del 26 febbraio 2024 ha chiarito che la prima forma di mobilità prevista dalla norma summenzionata è equiparabile a quella disciplinata dall’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001, mentre la seconda (che qui interessa) è riconducibile alla mobilità volontaria, e non al passaggio di competenze. L’art. 4, comma 3, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 58 del 1992 costituisce, infatti, una disposizione speciale che attribuisce al dipendente il diritto al corretto espletamento RAGIONE_SOCIALEa procedura e non a permanere incondizionatamente nell’RAGIONE_SOCIALE pubblica.
Tale ricostruzione è condivisa anche dalla sentenza n. 2319 del 2008 del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, secondo cui l’art. 4, comma 3, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 58 del 1992 ha previsto due distinte forme di mobilità, a seconda degli uffici di provenienza del personale RAGIONE_SOCIALE: il trasferimento d’ufficio nelle corrispondenti qualifiche RAGIONE_SOCIALE‘Amministrazione RAGIONE_SOCIALE con le modalità di cui all’art. 200, comma 3, del DPR n. 3 del 1957 relativamente al personale in RAGIONE_SOCIALEo presso le peculiari strutture indicate nel comma 1, e l’opzione per la permanenza nel pubblico impiego per il restante personale.
2.2) In ordine alla seconda contestazione, concernente l’inquadramento riconosciuto dall’RAGIONE_SOCIALE al dipendente, si osserva che la corte territoriale ha ritenuto, alle pagine 7 e 8 RAGIONE_SOCIALEa motivazione, inammissibile l’analoga doglianza sollevata in appello in quanto ‘nei ricorsi di primo grado, il raffronto era stato effettuato, del tutto erroneamente, tra la posizione rivestita presso la RAGIONE_SOCIALE (lavoratore addetto ad attività specialistiche di tecniche numeriche di cui al sesto livello del CCNL RAGIONE_SOCIALE) e quella di destinazione presso RAGIONE_SOCIALE; per l’esattezza, ‘ci si doleva, in particolare, che non si era tenuto conto, dopo tanti anni di cessazione del rapporto con RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALEa professionalità acquisita presso
RAGIONE_SOCIALE che si assumeva non corrispondente, dal punto di vista sostanziale, a quella rientrante nella declaratoria di inquadramento presso l’RAGIONE_SOCIALE. Peraltro, il Tribunale di Napoli aveva rigettato la richiesta del ricorrente assumendo l’irrilevanza, nella specie, RAGIONE_SOCIALE mansioni svolte presso RAGIONE_SOCIALE prima del passaggio all’RAGIONE_SOCIALE.
Questo capo RAGIONE_SOCIALEa sentenza di appello non è stato, però, specificamente impugnato dal lavoratore.
Inoltre, sempre la Corte d’appello di Napoli ha fondato la sua decisione non tanto sulla vincolatività del d.P.C.M. al quale si riferisce il lavoratore nel suo ricorso (deve ritenersi il d.P.C.M. 7 novembre 2000), in realtà, concretamente, non applicato, ma sulla considerazione che il nuovo sistema di classificazione del personale del CCNL 2006-2009, enti pubblici economici, aveva inserito il livello VII nell’area C, posizione economica 1, e neppure questo aspetto è stato specificamente contestato.
D’altronde, la giurisprudenza è ormai consolidata nell’affermare che, in tema di pubblico impiego privatizzato, l’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 assegna rilievo solo al criterio RAGIONE_SOCIALE‘equivalenza formale RAGIONE_SOCIALE mansioni, con riferimento alla classificazione prevista in astratto dai contratti collettivi, indipendentemente dalla professionalità in concreto acquisita, senza che il giudice possa sindacare la natura equivalente RAGIONE_SOCIALEa mansione, non potendosi avere riguardo alla norma RAGIONE_SOCIALE di cui all’art. 2103 c.c. (Cass., Sez. L, n. 26084 del 4 ottobre 2024; Cass., Sez. L, n. 1665 del 16 gennaio 2024). Trova applicazione, quindi, il principio per il quale, in materia di pubblico impiego privatizzato, il dipendente cui sia stata accolta la domanda di mobilità in relazione ad una specifica vacanza nell’ente di destinazione e che abbia accettato la valutazione espressa da quest’ultimo quanto alla corrispondenza fra aree e profili professionali di inquadramento, non può contestare, a passaggio già avvenuto, l’inquadramento riconosciutogli e pretendere di rimanere nell’ente di destinazione con un RAGIONE_SOCIALE profilo professionale, percependo le relative differenze retributive, non potendo essere alterato il bilanciamento di interessi che il legislatore ha inteso realizzare attraverso il meccanismo RAGIONE_SOCIALEa mobilità e vanificate le esigenze di efficienza, buon andamento e contenimento RAGIONE_SOCIALEa spesa complessiva che le
norme generali sul rapporto di impiego alle dipendenze RAGIONE_SOCIALE PP.AA. mirano ad assicurare in attuazione dei principi di cui all’art. 97 Cost. (Cass., Sez. L, n. 5086 del 26 febbraio 2024).
Con il terzo motivo il ricorrente contesta l’omessa valutazione di un fatto decisivo oggetto di causa e RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie, in particolare RAGIONE_SOCIALE deposizioni dei testi escussi e RAGIONE_SOCIALE circostanze provate tramite queste.
La censura è inammissibile, in quanto, nella specie, ricorre una c.d. doppia conforme, il che esclude che possa prospettarsi il vizio di omesso esame di un fatto.
Peraltro, il motivo sarebbe sempre inammissibile atteso che con esso si domanda, nella sostanza, a questo Collegio di rivalutare le risultanze istruttorie.
In ogni caso, si sottolinea che l’omesso esame di una condotta processuale non è inquadrabile nel paradigma di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012; è infatti denunciabile per cassazione l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ossia di un preciso accadimento in senso storico-naturalistico, avente carattere decisivo e che abbia formato oggetto di discussione tra le parti.
Con il quarto motivo il ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. nell’apprezzamento RAGIONE_SOCIALE prove con riferimento alla legge n. 101 del 1979 e alla legge n. 797 del 1981, degli artt. 13 ss. del CCNL per il personale non dirigente del comparto Enti pubblici non economici 1998/2001, RAGIONE_SOCIALE‘art. 2013 c.c. e degli artt. 1362 ss. c.c. e 112 c.p.c. in quanto la corte territoriale, non richiamando i fatti e le prove acquisiti nel giudizio di primo grado, non avrebbe colto la distinzione tra attività di mera collaborazione e quella di assunzione di responsabilità e decisione anche in caso di criticità, con svolgimento di mansioni di facente funzione dei funzionari capo.
La censura è inammissibile, oltre che per le ragioni già evidenziate nell’esame dei precedenti motivi, perché il ricorrente domanda, nella sostanza, a questo Collegio di rivalutare le risultanze istruttorie agli atti.
5) Con il quinto motivo il ricorrente si duole del trattamento economico corrisposto dall’RAGIONE_SOCIALE per omesso esame di un fatto decisivo per la decisione, ossia il diritto al mantenimento del premio industriale e del compenso di incentivazione, voci retributive ordinarie e non legate alla specifica modalità di prestazione RAGIONE_SOCIALE‘attività lavorativa. Lamenta, altresì, la violazione del divieto di reformatio in peius e degli artt. 115 e 116 c.p.c. e 2697 c.c.
Egli sostiene di avere sempre contestato di avere percepito, presso l’RAGIONE_SOCIALE, un importo maggiore di quello ricevuto presso la RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE ed evidenzia che la giurisprudenza avrebbe riconosciuto che il premio industriale e quello di incentivazione, da lui reclamati, non erano collegati alle modalità RAGIONE_SOCIALEa prestazione.
La censura è inammissibile, in quanto la Corte d’appello di Napoli ha accertato, con un giudizio di merito, che il ricorrente ha ottenuto, presso l’RAGIONE_SOCIALE, un importo maggiore rispetto a quello conseguito presso l’RAGIONE_SOCIALE e, nel suo ricorso, non ha messo a confronto le somme percepite da RAGIONE_SOCIALE e quelle ricevute dall’RAGIONE_SOCIALE.
L’interessato, peraltro, non ha neppure criticato in maniera specifica quest’affermazione.
Inoltre, il giudice di appello, almeno in ordine al compenso di incentivazione, ha evidenziato che presso l’RAGIONE_SOCIALE sarebbe spettata al ricorrente analoga voce di importo RAGIONE_SOCIALE.
Non è in questione il principio, già affermato da questa Suprema Corte, che, in tema di trattamento economico di dipendenti RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE e successivamente RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, il premio incentivazione, variabile ma erogato anche per le giornate in cui la prestazione non abbia avuto luogo, e il premio i ndustriale, suddiviso a seguito RAGIONE_SOCIALE‘art. 8 del d.P.R. 23 dicembre 1980, n. 985, in parte variabile e in parte fissa, devono considerarsi ai fini RAGIONE_SOCIALEa determinazione del reddito complessivo attesa la loro corresponsione con carattere di continuità (Cass., SU, n. 9041 del 1° aprile 2019; Cass., Sez. L, n. 24488 del 21 novembre 2011 ).
Si ritiene, però, che, a fronte RAGIONE_SOCIALE‘espresso accertamento di merito del giudice di appello, secondo il quale non vi è stata una reformatio in peius in danno del
ricorrente, le contestazioni di quest’ultimo siano troppo generiche per potere essere accolte.
Si deve tenere conto che, comunque, la Corte d’appello di Napoli ha palesato di avere ben chiara la materia del contendere e le regole da applicare, in quanto ha motivato la sua decisione richiamando il principio, espresso dalla giurisprudenza di legittimità e massimato come segue, per il quale:
«L’art. 5 del d.P.C.M. n. 325 del 1988 garantisce al personale RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, risultante in esubero a seguito RAGIONE_SOCIALEa ristrutturazione, inquadrato in altre pubbliche amministrazioni, la conservazione del trattamento economico in godimento, inteso come il complesso degli emolumenti, alla condizione che questo sia più favorevole, e dispone anche in ordine allo strumento per tale conservazione, costituito dall’attribuzione RAGIONE_SOCIALEa differenza fra i due trattamenti con assegno ‘ad personam’. Conseguentemente, il premio di esercizio corrisposto dalle RAGIONE_SOCIALE in base alle previsioni del contratto collettivo può venire in rilievo solo quale elemento tra tutti quelli che compongono il trattamento, onde vederlo computare al fine di stabilire il trattamento complessivo precedentemente goduto e riconoscere il diritto alla differenza, in forma di assegno ‘ad personam’, se risultasse RAGIONE_SOCIALE a quello attribuito dalla RAGIONE_SOCIALE ricevente. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva respinto la domanda del lavoratore, trasferito alle dipendenze RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, diretta non all’accertamento del diritto di vedere incluso il premio di esercizio nel trattamento economico in godimento all’atto del passaggio, bensì all’inclusione di tale premio nel trattamento spettante a far data dal trasferimento, peraltro senza alcuna deduzione o prova in ordine al trattamento economico attribuitogli dall’RAGIONE_SOCIALE)» (Cass., Sez. L, n. 10637 del 9 maggio 2006).
6) Con il sesto motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 2909 c.c. e RAGIONE_SOCIALE‘art. 324 c.p.c. perché la corte territoriale non si sarebbe pronunciata sulla sua domanda di riconoscimento del diritto alla ricostruzione RAGIONE_SOCIALEa carriera, RAGIONE_SOCIALEa posizione contributiva e previdenziale e RAGIONE_SOCIALE‘anzianità giuridica ed economica, evidentemente considerandola assorbita nel rigetto RAGIONE_SOCIALEa domanda principale.
La censura è inammissibile, in ragione RAGIONE_SOCIALE‘esito dei precedenti motivi.
Con il settimo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 115 c.p.c. e degli artt. 2043, 2056, 2058, 2059, 2727 e 2729 c.c. e di un fatto notorio e non contestato da porre a fondamento RAGIONE_SOCIALEa decisione.
Afferma che la corte territoriale avrebbe dovuto tenere conto che, periodicamente, le amministrazioni pubblicavano bandi per le progressioni economiche e di carriera.
Inoltre, egli avrebbe subito un danno da demansionamento in seguito al suo errato inquadramento in un livello inferiore.
La censura è inammissibile.
Quanto al fatto notorio, si evidenzia che il ricorso, da parte del giudice, alle nozioni di fatto di comune esperienza, le quali riguardano fatti acquisiti alla conoscenza RAGIONE_SOCIALEa collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabili ed incontestabili, e non anche elementi valutativi che implicano cognizioni particolari ovvero nozioni che rientrano nella scienza privata del giudice, attiene all’esercizio di un potere discrezionale; pertanto, la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 115, comma 2, c.p.c. può configurarsi solo quando il giudice ne abbia fatto positivamente uso e non anche ove non abbia ritenuto necessario avvalersene, venendo in tal caso la censura ad incidere su una valutazione di merito insindacabile in sede di legittimità (Cass., Sez. 6-3, n. 7726 del 20 marzo 2019).
Peraltro, la sentenza impugnata ha rilevato che la domanda risarcitoria del ricorrente era priva di allegazioni concernenti i fatti costitutivi del suo diritto e questa ratio decidendi non è stata specificamente impugnata nella presente sede con l’indicazione RAGIONE_SOCIALE procedure di progressione alle quali l’interessato avrebbe potuto partecipare.
Infine, in ordine al demansionamento, si osserva che la Corte d’appello di Napoli ne ha escluso la sussistenza e che questo giudizio è stato confermato con la dichiarazione di inammissibilità dei precedenti motivi.
Il ricorso è rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo con riferimento alla posizione RAGIONE_SOCIALEa parte controricorrente.
Nessuna statuizione sul punto deve essere assunta in ordine alle RAGIONE_SOCIALE che non hanno depositato controricorso.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 si dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALEo stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte,
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere le spese di lite in favore di parte controricorrente , che liquida in € 6 .000,00 per compenso professionale e in € 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge e alle spese generali nella misura del 15%;
-ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALEo stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEa IV Sezione Civile, il 5 marzo