LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Mobilità volontaria: diritto all’assegno ad personam

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20953/2024, ha stabilito che un dipendente pubblico trasferito tramite mobilità volontaria ha diritto a un assegno ‘ad personam’ per conservare il trattamento economico acquisito. Il principio del divieto di ‘reformatio in peius’ (peggioramento della condizione economica) prevale, anche dopo le modifiche legislative all’art. 30 del D.Lgs. 165/2001. La mobilità si configura come una cessione del contratto di lavoro, garantendo la continuità giuridica ed economica del rapporto.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Mobilità Volontaria e Assegno Ad Personam: la Cassazione fa Chiarezza

La mobilità volontaria nel pubblico impiego rappresenta uno strumento fondamentale per l’ottimale distribuzione del personale tra le amministrazioni. Tuttavia, spesso sorgono dubbi riguardo al trattamento economico del dipendente che si trasferisce. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è intervenuta per chiarire un punto cruciale: il passaggio a un nuovo ente non può comportare una riduzione dello stipendio. Vediamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Una dipendente, a seguito di una procedura di mobilità volontaria, era transitata da un ente pubblico previdenziale a un altro. Dopo il trasferimento, si era vista applicare il trattamento economico previsto dal contratto collettivo del nuovo ente, che risultava inferiore a quello percepito in precedenza. Ritenendo leso il suo diritto a mantenere il trattamento economico acquisito, la lavoratrice ha agito in giudizio per ottenere il riconoscimento di un assegno ad personam riassorbibile, pari alla differenza retributiva.
La Corte d’Appello le aveva dato ragione, ma l’ente di destinazione ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che le recenti riforme normative, finalizzate al contenimento della spesa pubblica, avrebbero escluso la possibilità di corrispondere somme ulteriori rispetto a quelle previste dal contratto dell’amministrazione di arrivo.

La Decisione della Corte di Cassazione e la mobilità volontaria

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’ente, confermando la decisione della Corte d’Appello e consolidando un principio di fondamentale importanza per tutti i dipendenti pubblici. I giudici hanno stabilito che, anche in caso di mobilità volontaria, il lavoratore ha diritto alla conservazione del trattamento economico complessivo goduto presso l’amministrazione di provenienza, attraverso l’erogazione di un assegno ad personam.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su diversi pilastri argomentativi solidi e coerenti con la giurisprudenza pregressa.

In primo luogo, ha ribadito che la mobilità volontaria, disciplinata dall’art. 30 del D.Lgs. 165/2001, si configura come una “cessione del contratto di lavoro”. Questo inquadramento giuridico implica il trasferimento del complesso unitario di diritti e obblighi derivanti dal contratto, lasciando immutati gli elementi oggettivi essenziali. Di conseguenza, si realizza una continuità giuridica del rapporto di lavoro, che include la conservazione dell’anzianità e, soprattutto, del trattamento economico maturato.

In secondo luogo, i giudici hanno sottolineato la vigenza del principio generale del divieto di reformatio in peius. Questo principio impedisce che il lavoratore subisca un peggioramento delle condizioni economiche acquisite per il solo fatto di essersi trasferito. La riforma del 2005, che ha introdotto l’avverbio “esclusivamente” per indicare l’applicazione del trattamento economico dell’ente di destinazione, non ha la forza di derogare a questo principio fondamentale. Secondo la Corte, il termine “esclusivamente” serve solo a chiarire che, dal momento del trasferimento in poi, la normativa di riferimento diventa quella dell’ente di arrivo, ma non può giustificare una decurtazione della retribuzione.

L’assegno ad personam riassorbibile è stato identificato come lo strumento più idoneo a bilanciare le diverse esigenze: da un lato, tutela il diritto del lavoratore a non vedere ridotto il proprio stipendio; dall’altro, permette un progressivo riallineamento della retribuzione con quella del personale già in servizio presso l’ente di destinazione, poiché l’assegno verrà eroso dai futuri aumenti contrattuali.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione rafforza in modo significativo la tutela dei dipendenti pubblici che scelgono la strada della mobilità volontaria. La decisione chiarisce che l’obiettivo di contenimento della spesa pubblica non può essere perseguito a discapito dei diritti quesiti dei lavoratori. Il principio di conservazione del trattamento economico prevale, garantendo che la mobilità rimanga uno strumento incentivante per una migliore allocazione delle risorse umane, senza trasformarsi in una penalizzazione per chi decide di intraprenderla. In sintesi, chi si trasferisce ha diritto a mantenere il proprio livello retributivo, e l’assegno ad personam è il meccanismo corretto per assicurare questa garanzia.

Un dipendente pubblico che si trasferisce con mobilità volontaria ha diritto a mantenere lo stesso stipendio?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che il dipendente ha diritto a conservare il trattamento economico goduto presso l’ente di provenienza. La differenza retributiva deve essere corrisposta sotto forma di un assegno ‘ad personam’ riassorbibile.

Cosa si intende per divieto di ‘reformatio in peius’ nella mobilità volontaria?
Significa che il trasferimento di un dipendente da un’amministrazione a un’altra non può comportare un peggioramento del suo trattamento economico acquisito. Questo principio generale tutela la stabilità economica del lavoratore.

La riforma dell’art. 30 del d.lgs. 165/2001 ha eliminato il diritto all’assegno ad personam?
No. Secondo la Corte di Cassazione, le modifiche legislative, inclusa l’introduzione del comma 2-quinquies, non hanno superato il divieto di ‘reformatio in peius’. L’applicazione ‘esclusiva’ del trattamento dell’ente di destinazione non esclude il mantenimento della retribuzione precedente tramite un assegno personale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati