Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20953 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 20953 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 28123-2019 proposto da:
Oggetto
Impiego pubblico Mobilità da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ad RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE Divieto di reformatio in peius Interpretazione art. 30, comma 2 quinquies, d.lgs. n. 165/2001
R.G.N.28123/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 20/06/2024
CC
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1917/2019 RAGIONE_SOCIALE CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 17/07/2019 R.G.N. 1059/2016;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio del 20/06/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Roma ha accolto l’appello di NOME COGNOME, dipendente dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE transitata nei ruoli dell’I NPS con decorrenza dal 1° maggio 2010 a seguito di procedura di mobilità volontaria ex art. 30 del d.lgs. n. 165/2001, e, in riforma RAGIONE_SOCIALE sentenza del Tribunale che aveva rigettato la domanda, ha dichiarato «il diritto di parte appellante a percepire l’asseg no ad personam riassorbibile pari alla differenza tra quanto percepito presso l’amministrazione di provenienza e quanto percepito presso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE con decorrenza dalla data del trasferimento, con riconoscimento di anzianità di servizio 1/4/2001»;
la Corte distrettuale ha rilevato che il comma 2 quinquies del d.lgs. n. 165/2001, inserito dall’art. 16, comma 1, RAGIONE_SOCIALE l. n. 246/2005, ha solo chiarito che al dipendente trasferito per mobilità si applica, a far tempo dalla data del trasferimento, il trattamento giuridico ed economico, fondamentale ed accessorio, previsto dalla contrattazione nazionale ed integrativa vigente nel comparto dell’amministrazione di destinazione, ma non ha superato il divieto di reformatio in peius del trattamento acquisito, che discende dai principi generali cui il decreto legislativo si ispira nonché dalla natura RAGIONE_SOCIALE mobilità volontaria che comporta la continuità giuridica del rapporto;
al dipendente trasferito ex art. 30 del d.lgs. n. 165/2001 l’amministrazione di destinazione, quindi, è tenuta a riconoscere l’anzianità di servizio maturata presso l’ente di provenienza e a liquidare l’assegno personale riassorbibile,
finalizzato alla conservazione del trattamento economico goduto al momento del passaggio;
il giudice d’appello, in applicazione dei principi sopra citati, rilevata la sostanziale sovrapponibilità dei presupposti applicativi del salario di garanzia RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e del trattamento economico di professionalità RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, ha ritenuto che quanto a quest’ultimo l’istituto era tenuto ad effettuarne la liquidazione tenendo conto anche RAGIONE_SOCIALE anzianità maturata presso l’ente di provenienza e che in ogni caso doveva essere corrisposta alla lavoratrice la differenza fra i trattamenti economici goduti prima e dopo il passaggio;
per la cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenza l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso sulla base di due motivi, ai quali NOME COGNOME ha replicato con controricorso, illustrato da memoria.
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE denuncia, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 30 e 31 del d.lgs. n. 165/2001 nonché dell’art. 2112 cod. civ. e, richiamate le difese sviluppate in appello delle quali la Corte distrettuale non avrebbe tenuto conto, sostiene che il legislatore nel modificare l’art. 30 del d.lgs. n. 165/2001 ha perseguito l’obiettivo del contenimento RAGIONE_SOCIALE spesa e perciò ha escluso che il dipendente transitato, a seguito di sua richiesta, presso altra pubblica amministrazione possa pretendere somme ulteriori rispetto a quelle previste dalla contrattazione collettiva vigente per il comparto di destinazione;
richiama a sostegno RAGIONE_SOCIALE interpretazione prospettata il parere espresso dalla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, secondo cui la mobilità volontaria integra una cessione del contratto che è
governata da disposizioni speciali, fra le quali va inclusa quella che limita i diritti del dipendente interessato al passaggio ed esclude che lo stesso possa conservare il trattamento retributivo maturato nell’ente di provenienza;
2. con il secondo motivo l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE denuncia «vizio di motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza con riferimento all’erronea interpretazione e conseguente violazione degli artt. 1362, 1363, 1364, 1366 c.c. con riferimento alle disposizioni del CCNI 2012, sottoscritto in data 29/5/2012 sul trattamento accessorio c.d. T.E.P. che è stato riconosciuto con decorrenza 1/12/2012 al personale pervenuto in RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE dal 1/1/2009 al 31/12/2010 ( art.6 comma 2) per avere la decisione impugnata del tutto trascurata la circostanza (omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio), pure denunciata nei gradi di merito del periodo temporale concernente la domanda RAGIONE_SOCIALE dr.ssa COGNOME e vieppiù ignorato le deduzioni delle produzioni documentali dell’RAGIONE_SOCIALE operando un incondivisibile rifer imento ad una fantasiosa ‘svolta istruttoria testimoniale’»;
l’istituto ripercorre la contrattazione integrativa succedutasi nel tempo, a partire dal contratto collettivo decentrato di ente per l’anno 1997 e sino a giungere al CCNI del 29 maggio 2014 , con il quale il trattamento economico di professionalità (TEP) è stato riconosciuto, ma solo a decorrere dal 1° dicembre 2012, al personale transitato a seguito di mobilità nel periodo intercorrente fra il 1° gennaio 2009 ed il 31 dicembre 2010;
deduce che del contenuto RAGIONE_SOCIALE disciplina contrattuale la Corte distrettuale non ha tenuto alcun conto ed ha erroneamente affermato la sostanziale sovrapponibilità fra salario di professionalità e T.E.P. quando, in realtà, solo quest’ultimo è legato alla produttività individuale e collettiva ed è riconosciuto
unicamente al personale che abbia conseguito un coefficiente minimo individuale di merito;
richiama, poi, le medesime argomentazioni già esposte nel primo motivo quanto all’asserita impossibilità di corrispondere l’assegno personale all’esito RAGIONE_SOCIALE riscrittura dell’art. 30 del d.lgs. n. 165/2005 e fa leva anche sulla natura volontaria RAGIONE_SOCIALE mobilità, dalla quale discende che alla stessa non possono essere applicati i principi affermati in relazione alla diversa fattispecie disciplinata dall’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001;
infine evidenzia ancora l’istituto che il legislatore ( art. 1 comma 458 RAGIONE_SOCIALE l. n. 147/2013) ha abrogato anche l’art. 202 del d.P.R. n. 3/1957 riguardante i passaggi di carriera nell’impiego statale sicché, alla luce del mutato quadro normativo, non vi è possibilità alcuna di riconoscere trattamenti perequativi in favore del personale transitato dall’ uno all’altro ente ;
va preliminarmente disattesa l’eccezione, formulata dalla controricorrente, di inammissibilità del ricorso per difetto di procura;
questa Corte ha già affermato in fattispecie analoga (si rimanda a Cass. n. 9200/2023 che a sua volta richiama Cass. n. 22145/2022; Cass. n. 15476/2021; Cass. n. 18042/2019; Cass. n. 3649/2019) che ai sensi dell’articolo 16, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 165/2001 i dirigenti titolari di uffici dirigenziali generali, comunque denominati, nell’ambito delle loro competenze (come definite dall’articolo 4 dello stesso decreto legislativo) esercitano, fra gli altri, il potere di promuovere e resistere alle liti, di conciliare e di transigere (fermo restando quanto disposto dall’articolo 12, comma 1, RAGIONE_SOCIALE legge 3 aprile 1979, n. 103);
di conseguenza è loro attribuito il potere di rilasciare al difensore procura speciale per proporre ricorso in cassazione;
nella specie, il AVV_NOTAIO NOME COGNOME, nel rilasciare la procura speciale ai difensori dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ha dichiarato di essere titolare dell’incarico di livello dirigenziale generale di Direttore delle risorse umane, come tale nominato con determinazione presidenziale n. 19/2017;
la fonte diretta del potere rappresentativo del AVV_NOTAIO COGNOME non è, allora, la determinazione n. 19/2017 -di investitura nell’ufficio dirigenziale di livello generale -ma la legge e, in particolare, il citato art. 16, comma 1, lettera f), d.lgs. n. 165/2001 che, nel riordinare le norme in tema di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, già entrate in vigore con il d.lgs. n. 29/1993, ha previsto che «i dirigenti generali promuovono e resistono alle liti che hanno il potere di conciliare e transigere» (Cass. n. 15715/2012 e n. 3445/2004); 3.2. quanto alla suddetta delibera si è già evidenziato nei precedenti citati che ai sensi del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 (anche nella versione precedente alle modifiche di cui al d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97) le pubbliche amministrazioni « pubblicano e aggiornano le informazioni e i dati concernenti la propria organizzazione, corredati dai documenti anche normativi di riferimento » ed in particolare i dati relativi « all’articolazione degli uffici, le competenze e le risorse a disposizione di ciascun ufficio, anche di livello dirigenziale non generale, i nomi dei dirigenti responsabili dei singoli uffici » (art. 13), sicché, a fronte del regime di pubblicità ricavabile dalle richiamate disposizioni, la controricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente l ‘ esistenza del potere rappresentativo del AVV_NOTAIO COGNOME, allegando che il medesimo non era titolare, alla data di rilascio RAGIONE_SOCIALE procura, dell’ufficio dirigenziale generale avente competenza sulle risorse umane e
non limitarsi a fare leva sul solo omesso deposito RAGIONE_SOCIALE deliberazione indicata nella procura speciale;
4. il primo motivo di ricorso è infondato;
la Corte territoriale ha richiamato a fondamento RAGIONE_SOCIALE decisione il principio di diritto enunciato da Cass. n. 19039/2017, secondo cui l’assegno personale va riconosciuto anche in caso di mobilità volontaria, perché finalizzato ad impedire la reformatio in peius , ferma restando la riassorbibilità dell’assegno medesimo , giustificata dalla necessità di pervenire ad un progressivo riallineamento RAGIONE_SOCIALE retribuzione con quella del personale già in servizio presso l’ente o il diverso comparto di assegnazione;
4.1. l’istituto ricorrente sostiene che quell’orientamento non sarebbe applicabile alle mobilità disposte in epoca successiva all’entrata in vigore dell’art. 16 RAGIONE_SOCIALE legge n. 246/2005 che, nel riscrivere il testo dell’art. 30 del d.lgs. n. 165/2001, avrebbe escluso, al comma 2 quinquiens ed a fini di contenimento RAGIONE_SOCIALE spesa pubblica, che al dipendente transitato per mobilità presso altra amministrazione possa essere corrisposto un trattamento economico aggiuntivo rispetto a quello previsto dai contratti c ollettivi vigenti nel comparto dell’ente di destinazione;
4.2. detto assunto non merita condivisione;
il citato art. 16 RAGIONE_SOCIALE legge n. 246/2005 ha apportato all’art. 30 del d.lgs. n. 165/2001, specifiche modifiche e, per quel che in questa sede rileva, ha previsto che: a) al comma 1, le parole: ‘passaggio diretto’ sono sostituite dalle seguenti: ‘cessione del contratto di lavoro’ ; c) dopo il comma 2-quater, è aggiunto il seguente: “2-quinquies. Salvo diversa previsione, a seguito dell’iscrizione nel ruolo dell’amministrazione di destinazione, al dipendente trasferito per mobilità si applica esclusivamente il trattamento giuridico ed economico, compreso quello
accessorio, previsto nei contratti collettivi vigenti nel comparto RAGIONE_SOCIALE stessa amministrazione “;
4.3 senonché, l’espressione ‘esclusivamente’ riferita al trattamento economico da riconoscersi e l’esplicito riferimento alla ‘iscrizione nel ruolo dell’amministrazione di destinazione’ non conducono affatto a concludere che, a seguito RAGIONE_SOCIALE novella, sia riconoscibile al dipendente coinvolto in procedura di mobilità solo il trattamento economico RAGIONE_SOCIALE P.A. di destinazione, senza alcun adeguamento in rapporto al pregresso percorso lavorativo;
4.4 infatti, la sostituzione dell’espressione “passaggio diretto”, di cui all’art. 30 del d.lgs n. 165 del 2001 nella sua formulazione originaria, con la dizione ‘cessione del contratto di lavoro’ non fa che ribadire l’esegesi che a tale disposizione già era stata data dalla giurisprudenza di legittimità, e che riconnetteva la fattispecie all’istituto civilistico RAGIONE_SOCIALE cessione del contratto (art. 1406 cod. civ.) che, come precisato a partire da Cass. 5 novembre 2003 n. 16635, comporta il trasferimento soggettivo del complesso unitario di diritti e obblighi derivanti dal contratto, lasciando immutati gli elementi oggettivi essenziali e realizzando soltanto una sostituzione soggettiva, con conservazione RAGIONE_SOCIALE anzianità e mantenimento del trattamento economico goduto nell’amministrazione di provenienza;
è significativo che la pronuncia delle Sezioni Unite n. 26420 del 12 dicembre 2006 richiami, infatti, la modificazione all’art. 30, introdotta dall’art. 16 RAGIONE_SOCIALE legge n. 246 del 2005, esclusivamente per rilevare che l’introduzione nel nuovo testo dell’espressione ‘cessione del contratto’ offr e un elemento per l’interpretazione dell’espressione atecnica ‘passaggio diretto’ anche per il passato (nello stesso senso cfr. Cass. n. 24949 del 24/11/2014);
così l’espressione ‘esclusivamente’, riferita al trattamento economico da riconoscere, non esclude che possa essere mantenuto, sotto forma di assegno ad personam riassorbibile, il trattamento economico già in godimento onde evitare per il dipendente una regressione delle condizioni economicoretributive in violazione dei «vincoli esistenti per la mobilità del settore pubblico, quanto a conservazione dell’anzianità , RAGIONE_SOCIALE qualifica e del trattamento economico» (così Cass. SU n. 26420/2006, cit., v. in particolare a p. 9);
4.5 su tale formante interpretativo, Cass. n. 18299 del 25.7.2017 ha affermato, in un caso in cui il transito del lavoratore si era verificato nel settembre 2006 e, quindi, successivamente all’entrata in vigore RAGIONE_SOCIALE legge n. 246 del 2005, art. 16 comma 1, che «la regola per cui il passaggio da un datore di lavoro all’altro comporta l’inserimento del dipendente in una diversa realtà organizzativa e in un mutato contesto di regole normative e retributive, con applicazione del trattamento in atto presso il nuovo datore di lavoro (art. 2112 cod. civ.) è confermata, per i dipendenti pubblici, dal d.lgs. n. 165 del 2001, art. 30, che, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 16 comma 1 RAGIONE_SOCIALE legge n. 246 del 2005, applicabile ratione temporis riconduce ormai in maniera espressa il passaggio diretto di personale da amministrazioni diverse alla fattispecie RAGIONE_SOCIALE ‘cessione del contratto’ (art. 1406 cod. civ.), al cui schema dogmatico anche prima RAGIONE_SOCIALE modifica apportata nel 2005 questa Corte aveva riferito l’istituto RAGIONE_SOCIALE mobilità volontaria (Cass. SSUU 6420/2006 e 19251/2010; Cass. 2/2017, 24724/2014, 5949/2012), affermando il principio secondo cui al lavoratore trasferito spetta il trattamento giuridico ed economico, compreso quello accessorio, previsto nei contratti collettivi nel comparto
dell’Amministrazione cessionari, non giustificandosi diversità di trattamento (salvi gli assegni ad personam attribuiti al fine di rispettare il divieto di reformatio in peius del trattamento economico acquisito) tra dipendenti, dello stesso ente, a seconda RAGIONE_SOCIALE provenienza (Cass. 169/2017, 22782/2016, 20557/2016, 18850/2016, 101219/2014, 24949/2014, 2181/2013, 5959/2012; Ord. 21803/2014)» (negli stessi termini Cass. n. 24122/2018);
4.6. al richiamato orientamento va qui data continuità, ribadendo che il legislatore, nel riformulare l’art. 30 del d.lgs. n. 165/2001, se, da un lato, ha voluto con chiarezza ricondurre la mobilità all’istituto più generale RAGIONE_SOCIALE cessione del contratto, dall’altro, però, anche in ciò mostrando di condividere l’approdo al quale la giurisprudenza di questa Corte era già pervenuta, ha inteso con altrettanta chiarezza rimarcarne una specialità rispetto alla cessione civilistica del contratto, evidenziando che, a seguito dell’inserimento definitivo nella nuova amministrazione, il dipendente viene ad essere assoggettato, quanto agli aspetti economici e normativi, alle regole che vigono nell’ente di destinazione e non può, conseguentemente, pretendere un’ultratt ività RAGIONE_SOCIALE disciplina contrattuale opponibile al solo cedente né far valere nei confronti del cessionario mere aspettative maturate rispetto al precedente datore di lavoro pubblico;
4.7. la riforma del 2005 si è inserita in un contesto ancora caratterizzato dalla vigenza del principio generale, proprio dell’impiego pubblico, del divieto di reformatio in peius , sicché, ove il legislatore avesse inteso derogare detto principio, lo avrebbe fatto in modo esplicito, non essendo sufficiente a giustificare la riduzione del trattamento economico il solo uso dell’avverbio «esclusivamente», che, come si è detto, è
compatibile anche con l’opzione esegetica alla quale si ritiene di prestare adesione, ben potendo il termine rimarcare solo la giuridica impossibilità di attribuire rilievo, in relazione alle vicende successive al trasferimento, alla normativa, legale e co ntrattuale, dell’ente di provenienza;
4.8. né l’interpretazione qui ribadita contrasta con quella che, a detta del l’istituto ricorrente, sarebbe la ratio RAGIONE_SOCIALE riscrittura dell’art. 30 e RAGIONE_SOCIALE prevista necessità di ricorrere, per la copertura delle vacanze, alla procedura di mobilità in via prioritaria;
il legislatore, infatti, ha senz’altro apprezzato anche l’esigenza di contenimento del costo del personale, ma valutandola, non in relazione alla singola amministrazione, bensì in un’ottica più generale, ossia con riferimento all’intero complesso delle articolazioni dello Stato e degli enti pubblici che concorrono ad assicurare l’attività amministrativa, sicché, sotto questo profilo, la conservazione del trattamento economico fisso e continuativo goduto dal dipendente nell’ente di provenienza non determina alcuna lesione dell’interesse perseguito;
4.9. d’altro canto è proprio quella finalità che porta a conclusioni opposte a quelle sollecitate da parte ricorrente: se, infatti, il legislatore ha voluto incentivare la mobilità volontaria, ravvisando in essa uno strumento per attuare, a parità di costo, l’o ttimale distribuzione del personale fra le amministrazioni pubbliche, incompatibile con detta finalità sarebbe la previsione di una riduzione del trattamento economico del dipendente transitato, che, all’evidenza, finirebbe per disincentivare quella redistribuzione delle risorse umane indicata dalla norma riformulata come prioritaria rispetto al reclutamento;
4.10 le conclusioni alle quali sono pervenute le pronunce sopra citate, cui si intende qui dare continuità, non possono essere
contrastate facendo leva su quanto si legge in Cass. n. 10266/2021 ed in Cass. n. 9770/2024, perché dette decisioni, seppure mostrano in motivazione di aderire alla tesi, sollecitata dal ricorrente e non condivisa dal Collegio, hanno deciso fattispecie nelle quali la normativa dettata dalla legge n. 246/2005 è stata ritenuta inapplicabile, sicché quanto affermato sull’interpretazione RAGIONE_SOCIALE stessa, non costituendo la ratio decidendi RAGIONE_SOCIALE pronuncia, finisce per essere un obiter, come tale non idoneo a far sorgere un effettivo contrasto con i principi affermati dai precedenti richiamati nei punti che precedono;
4.10 infine non è dirimente il richiamo al parere del 27 luglio 2007 espresso dalla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE;
occorre ribadire il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. fra le tante Cass. n. 276/2024 resa in continuità con precedenti arresti espressamente richiamati in motivazione), secondo cui le circolari ed i pareri non contengono norme di diritto e sono riconducibili alla categoria degli atti unilaterali negoziali o amministrativi, sicché la loro violazione non può costituire motivo di ricorso per cassazione sotto il profilo RAGIONE_SOCIALE violazione di legge;
infatti la prassi amministrativa, di cui le circolari medesime ed i pareri sono espressione, non costituisce una fonte di diritti e di obblighi e non pone alcun vincolo quanto all’interpretazione delle disposizioni di legge neanche per l’amministrazione alla quale la stessa è riferibile, potendo solo contribuire, come elemento fattuale concorrente con i dati linguistici del testo, ad orientarne l’esegesi, nei limiti consentiti dal dettato normativo; nella fattispecie, pertanto, la sola circostanza che all’intervento additivo la RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE abbia attribuito
un significato diverso da quello qui ritenuto, non vale a far ritenere non corretta l’interpretazione che alla norma ha dato il giudice d’appello, in adesione ad analogo principio già espresso da questa Corte;
5. il secondo motivo è inammissibile perché, da un lato, quanto al necessario riconoscimento dell’anzianità maturata presso l’ente di provenienza, non coglie pienamente il decisum RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata e non censura in modo specifico l’affermazione, che si legge nella sentenza impugnata, secondo cui le disposizioni contrattuali che non tengano conto di detta anzianità sarebbero «incompatibili con i principi legislativi in materia»; dall’altro, quanto agli istituti contrattuali che vengono in rilievo, il motivo in sostanza denuncia la violazione RAGIONE_SOCIALE contrattazione collettiva integrativa e, al di là RAGIONE_SOCIALE formulazione RAGIONE_SOCIALE rubrica ( che richiama ma solo formalmente gli artt. 1362 e seguenti cod. civ. -cfr. pag. 2 del ricorso), sollecita questa Corte ad interpretare e ad applicare direttamente le disposizioni contrattuali per pervenire ad un esito diverso da quello indicato nella sentenza impugnata;
da tempo questa Corte ha affermato che i contratti integrativi attivati dalle amministrazioni sulle singole materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali hanno una dimensione di carattere decentrato rispetto al comparto, e per essi non è previsto, a differenza dei contratti collettivi nazionali, il particolare regime di pubblicità di cui all’art. 47, ottavo comma, del d.lgs. n. 165 del 2001;
5.1. in relazione a detti contratti, pertanto, valgono gli oneri sopra indicati, sicché il ricorrente è tenuto al deposito degli stessi, a fornire precise indicazioni sulle modalità e sui tempi RAGIONE_SOCIALE produzione nel giudizio di merito, a trascrivere nel ricorso le clausole che si assumono erroneamente interpretate dalle
Corte territoriale ( si rimanda, fra le tante, a Cass. nn. 7981, 7216, 6038, 20872, 2709, 95 del 2018);
5.2. è stato precisato, inoltre, che in ragione RAGIONE_SOCIALE dimensione di carattere decentrato rispetto al comparto, i contratti integrativi non rientrano fra quelli per i quali è consentita nel giudizio di cassazione la denuncia di violazione ex art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., con la conseguenza che la loro interpretazione è riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizio di motivazione, nei l imiti fissati dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. nel testo applicabile ratione temporis (cfr. fra le tante Cass. n. 5565/2004; Cass. n. 20599/2006; Cass. n. 28859/2008; Cass. n. 6748/2010; Cass. n. 15934/2013; Cass. n. 4921/2016, Cass. n. 16705/2018; Cass. n. 33312/2018; Cass. n. 20917/2019; Cass. n.7568/2020; Cass. n. 25626/2020);
5.3. ciò perché, una volta esclusa l’applicabilità ai contratti integrativi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., opera il principio, parimenti consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui «in tema di ermeneutica contrattuale, l’accertamento RAGIONE_SOCIALE volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità nella sola ipotesi di motivazione inadeguata ovvero di violazione di canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e seguenti cod. civ. Pertanto, al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamene violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del
merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità.» (Cass. n. 17168/2012 e, fra le tante negli stessi termini, Cass. n. 9054/2013; Cass. n. 10271/2016; Cass. n. 9461/2021);
5.4. nella fattispecie il secondo motivo di ricorso, dopo avere riassunto l’evoluzione RAGIONE_SOCIALE contrattazione collettiva integrativa, peraltro senza assolvere agli oneri di specificazione e di allegazione ricordati in premessa, non indica con chiarezza quali errori la Corte territoriale avrebbe commesso nell’affermare che il salario di garanzia goduto presso l’ente di provenienza doveva essere apprezzato ai fini RAGIONE_SOCIALE quantificazione dell’assegno personale riassorbibile, perché fisso e continuativo, né evide nzia in modo specifico, come imposto dall’art. 366 n. 4 cod. proc. civ., le ragioni per le quali sulla base RAGIONE_SOCIALE disciplina contrattuale integrativa non poteva essere riconosciuta l’anzianità di servizio;
le regole di ermeneutica contrattuale richiamate nella rubrica sono solo enunciate perché il motivo, che, lo si ripete, confusamente richiama la contrattazione integrativa snodatasi nel tempo, non specifica quale criterio sarebbe stato nella specie violato dal giudice d’appello né individua il passaggio argomentativo RAGIONE_SOCIALE sentenza gravata che da quei criteri si sarebbe discostato;
5.5. inammissibile, perché del tutto esorbitante rispetto al decisum ed al thema decidendum, è il richiamo all’art. 21 RAGIONE_SOCIALE legge n. 214/2011, di conversione del d.l. n. 201/2011, che riguarda la mobilità collettiva verificatasi in epoca successiva a quella volontaria RAGIONE_SOCIALE quale qui si discute, al pari dell’invocazione RAGIONE_SOCIALE legge n. 147 del 2013, anch’essa
successiva ai fatti oggetto di causa, con la quale è stato abrogato l’art. 202 del d.P.R. n. 3/1957 inerente al passaggio di carriera dei soli dipendenti dello Stato, disposizione che non è quella applicata dalla Corte territoriale, la cui pronuncia è rima sta circoscritta all’art. 30 del d.lgs. n. 165/2001, nel testo applicabile ratione temporis ;
5.5. infine è inammissibile la censura di omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, rilevante ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ., e di difetto di motivazione, riferita alla mancata valutazione del parere reso dal RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e degli argomenti sviluppati, in primo grado ed in appello, dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE;
con la sentenza n. 34476/2019 le Sezioni Unite di questa Corte hanno riassunto i principi, ormai consolidati, affermati in relazione alla riformulazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. ad opera del d.l. n. 83/2012 e, rinviando a Cass. S.U. n. 8053/2014, Cass. S.U. n. 9558/2018, Cass. S.U. n. 33679/2018, hanno evidenziato che:
il novellato testo dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo RAGIONE_SOCIALE sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, oltre ad avere carattere decisivo;
b) l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie;
c) neppure il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito dà luogo ad un vizio rilevante ai sensi RAGIONE_SOCIALE predetta norma;
nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, in quanto attiene all’esistenza RAGIONE_SOCIALE motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali;
tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza RAGIONE_SOCIALE motivazione;
il vizio motivazionale, dunque, non riconducibile al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., va denunciato ai sensi del combinato disposto degli artt. 132 e 360 n. 4 cod. proc. civ. ed è ravvisabile solo qualora la carenza o la contraddittorietà siano tali da indurre la mancanza di un requisito essenziale RAGIONE_SOCIALE decisione;
è evidente che nella fattispecie la critica mossa alla sentenza impugnata non è sussumibile in alcuno dei due vizi in rilievo, perché i fatti storici sono stati esaminati dalla Corte territoriale e non integra un «fatto» l’omesso esame del parere più volte citato;
inoltre le affermazioni che si leggono nella sentenza impugnata, seppure sintetiche, danno conto delle ragioni del decisum , il che esclude l’apparenza RAGIONE_SOCIALE motivazione, e lungi dall’essere inconciliabili fra loro, seguono un percorso argomentativo
coerente che, ove ritenuto erroneo, poteva essere censurato in questa sede solo mediante la denuncia del vizio di violazione di norma di legge, vizio nel quale, per le considerazioni esposte nei punti che precedono sull’interpretazione del riformulato art. 30 del d.lgs. n. 165/2001, la Corte territoriale non è incorsa; 5.6. non determina alcun vizio motivazionale né, tantomeno, le argomentazioni sviluppate nei propri scritti difensivi dall’RAGIONE_SOCIALE un’omessa pronuncia la mancata risposta a tutte previdenziale;
il vizio di omessa pronuncia, configurabile solo allorquando manchi il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto, non ricorre nel caso in cui, seppure in difetto di una specifica argomentazione, la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto (cfr. fra le tante Cass. n. 12652/2020 e Cass. n. 2151/2021);
il giudice del merito, infatti, non è tenuto ad esaminare espressamente e singolarmente ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, atteso che ai sensi dell’art. 132 n. 4 cod. proc. civ. è necessario e sufficiente che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento RAGIONE_SOCIALE sua decisione, con la conseguenza che si devono ritenere disattesi per implicito tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’ iter argomentativo seguito;
6. in via conclusiva il ricorso deve essere rigettato con condanna dell’RAGIONE_SOCIALE ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, da distrarre in favore dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha reso la prescritta dichiarazione;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla L. 24.12.12 n. 228, si deve dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, RAGIONE_SOCIALE ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dal ricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in € 200,00 per esborsi ed € 4.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali del 15% ed agli accessori di legge, da distrarre in favore dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Sezione