Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6190 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L   Num. 6190  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25960/2018 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO  presso  il  quale  è  domiciliata  come  da  pec  registri  di giustizia
– ricorrenti – contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELL A RICERCA -UFFICIO  SCOLASTICO  REGIONE  LIGURIA  II  AMBITO TERRITORIALE DI GENOVA
– intimato – e contro
COGNOME NOME, RASTELLI NOME, FIORE IDA – intimati – avverso  la  sentenza  della  Corte  d’Appello  di  Genova  n.  93/2018, depositata il 29.3.2018, RG 484/2017;
udita  la  relazione  svolta  nella  adunanza  camerale  del  18.12.2024 dal Consigliere NOME COGNOME .
FATTI DI CAUSA
la Corte d’Appello di Genova ha respinto il gravame proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva integralmente rigettato il ricorso con il quale la ricorrente, docente immessa in ruolo dall’anno RAGIONE_SOCIALE 2015/2016 e in precedenza iscritta nelle graduatorie ad esaurimento (di seguito, GAE), aveva contestato l’assegnazione definitiva a Genova per la classe di concorso A019 e per l’insegnamento delle discipline giuridiche, in luogo di un suo avvicinamento alla propria residenza in Scafati, provincia di Salerno.
2.
la Corte territoriale ha ritenuto che:
-erroneamente  era  stato  chiamato  in  giudizio  anche  l’RAGIONE_SOCIALE,  anziché  il  solo  Ministero,  unico  legittimato passivo e al riguardo ha disapplicato la disposizione regolamentare con  la  quale  la  legittimazione  medesima  era  stata  riconosciuta  in violazione della normativa primaria dettata dall’art. 75 del d.lgs. n. 300/1999;
-correttamente era stata disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei colleghi della ricorrente che, secondo le allegazioni del  ricorso,  sarebbero  stati  illegittimamente  assegnati  agli  ambiti territoriali della  regione  Campania,  pur  avendo  un  punteggio inferiore;
 il  Ministero  aveva  operato  nel  rispetto  della  normativa  dettata dalla  legge  n.  107/2015  che,  contrariamente  a  quanto  asserito dalla  appellante,  aveva  espressamente  privilegiato,  anche  per  la successiva  mobilità,  i  docenti  vincitori  del  concorso  del  2012 rispetto a quelli inseriti nelle GAE;
 non  sussisteva,  pertanto,  alcun  contrasto  fra  il  CCNI  relativo all’anno RAGIONE_SOCIALE 2016/2017 e la disciplina di legge;
-l’algoritmo  era  stato  correttamente  sviluppato  tenendo  conto dell’ordine di preferenze, al fine di dare massima valorizzazione al
criterio  della  vicinanza  territoriale  e  per  questo  la  appellante  era stata superata nella assegnazione  delle sedi da colleghi con punteggi  inferiori  che  quelle  sedi  avevano  indicato  secondo  un criterio di preferenza più alto;
la fase D era stata riservata ai soli docenti assunti a seguito del superamento  del  concorso  del  2012  e,  pertanto,  alla  stessa  la COGNOME non aveva potuto partecipare, sicché non poteva aspirare ai posti che si erano resi disponibili solo una volta ultimata la fase C;
 la  disponibilità  a  insegnare  nelle  scuole  speciali  attribuisce  un diritto di precedenza non assoluto ma  limitato alla singola graduatoria e nella specie dalla documentazione prodotta non era possibile  desumere quante scuole speciali fossero disponibili negli ambiti richiesti dalla COGNOME e quali fossero i docenti alle stesse assegnati;
 quanto  ai  docenti  indicati  dalla  COGNOME,  risultava  provata  la legittimità della prevalenza riconosciuta agli stessi, perché il COGNOME proveniva da graduatoria di merito e il COGNOME era titolare di  un punteggio aggiuntivo, in quanto  ricopriva la carica di consigliere comunale nella sede di prima preferenza;
 non risultava dagli atti che la COGNOME fosse stata superata da docenti che prestavano assistenza a disabili e in ogni caso legittimamente  la  contrattazione  integrativa  aveva  attribuito  agli stessi il titolo di precedenza;
3.
NOME  COGNOME  ha  proposto  ricorso  per  cassazione  sulla  base  di cinque motivi;
il Ministero è rimasto intimato;
il  Pubblico  Ministero  ha  depositato  note  scritte  con  le  quali  ha insistito per il rigetto del ricorso per cassazione; la ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 d.p.r. n. 280 del 2007, dell’art. 8 del d.p.r. n. 17 del 2009, dell’ art. 75 del d.p.r. n. 17 del 2009 e dell’art. 75 del d. lgs. n. 300 del 1999, oltre a violazione dell’art. 3 del D.M. del 18.12.2014 ed a violazione e falsa applicazione dell’art. 8, co. 7, lett. H del DPCM n. 98 del 2014; il motivo fa riferimento al capo della sentenza che ha escluso la legittimazione passiva dell’RAGIONE_SOCIALE;
1.1
si  tratta  di  censura  inammissibile  in  quanto  rispetto  ad  essa  la ricorrente è priva di interesse;
come  già  ritenuto  dalla  Corte  territoriale  la  questione  è  priva  di rilievo,  dato  il  fatto  che  è  stato  comunque  evocato  in  giudizio  il Ministero, unico legittimato passivo, come anche da giurisprudenza di questa S.C. (Cass. 9 novembre 2021, n. 32938);
2.
il secondo motivo adduce, ai sensi dell’art. 360 n. 3, 4 e 5 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 103 e 107 c.p.c., nonché dell’art. 3 del d.m. 18.12.2014 e dell’art. 8, co. 7, lett H, del DPCM 98/2014  e  con  esso  si sostiene che erroneamente  la  Corte territoriale aveva confermato il capo della sentenza di primo grado con  cui  si  era  ritenuta  giustificata  la  chiamata  in  giudizio iussu iudicis dei controinteressati;
la  ricorrente,  oltre  a  rilevare  che  gravava  sul  Ministero  l’onere  di indicare  con  precisione  i  litisconsorti  eventualmente  pretermessi, assume che  la  Corte  d’Appello  aveva  erroneamente  qualificato  la domanda come finalizzata ad ottenere una pronuncia costitutiva di attribuzione  di  una  determinata  sede  lavorativa,  in  quanto  la pretesa riguardava invece l’accertamento dell’illegittimità degli atti
impugnati al fine di ottenere una nuova valutazione della domanda di mobilità, destinata ad incidere solo sul rapporto organico fra la ricorrente e l’Amministrazione datore di lavoro;
2.1
il motivo è inammissibile, intanto perché non è dato comprendere, per difetto di trascrizione delle conclusioni di primo grado e quindi di specificità, quale fosse l’esatto tenore della domanda su cui poi la censura argomenta;
d’altra parte, essendovi stata chiamata in causa di quei controinteressati,  poi  non  costituitisi  né  in  secondo  grado,  né  in questa  sede,  non  è  spiegato  quale  sia  l’interesse  ad  insistere  su quei profili di critica;
3.
il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di  diritto  (art.  360  n.  3  c.p.c)  con  riferimento  alla  legge  n. 107/2015 (art. 1, commi 73, 108, 96, 98) e degli artt. 400, comma 17, e 201 della legge n. 124/1999 (da riferire più correttamente, sembrerebbe, d.lgs. n. 297/1994);
con esso si contesta la sentenza  impugnata  per non  avere considerato  che  anche  i  docenti  inseriti  nelle  GAE  avevano  in precedenza  superato  un  concorso  ordinario  (nella  specie  quello bandito  nel  1999),  sicché  non  si  giustificava  il  loro  inserimento, disposto  con  l’ordinanza  regolativa  della  mobilità,  in  una  fase deteriore rispetto a quella cui avevano potuto partecipare i docenti risultati idonei al concorso del 2012, favoriti anche da un indebito accantonamento di posti;
nella censura  si sostiene poi  che la Corte territoriale  aveva erroneamente interpretato la legge 107/2015, che non riconosceva alcuna precedenza ai vincitori dei concorsi, e di avere, di conseguenza,  escluso  l’illegittimità  della  O.M.  e  del  CCNI  che,  in contrasto con la legge, avevano inserito detta precedenza in favore
degli idonei del concorso del 2012, violando il principio della parità di trattamento e i canoni indicati nell’art. 97 Cost.;
3.1
il motivo va disatteso, avendo questa RAGIONE_SOCIALE già ritenuto non solo che « in tema di mobilità territoriale dei docenti della scuola pubblica, l’art. 40, comma 1, d.lgs. n. 165 del 2001 e gli artt. 462, comma 7, e 470, commi 1 e 2, d.lgs. n. 297 del 1994, demandano la regolazione in dettaglio delle modalità da seguire nell’attribuzione dei posti alla contrattazione collettiva, cui sono rimesse scelte di merito e tecniche per definire l’assetto dei contrastanti interessi dei candidati partecipi del procedimento, non sindacabili se non quando esse si pongano in contrasto con norme di legge, realizzino ingiustificate disparità di trattamento o risultino manifestamente irragionevoli » (Cass. 10 gennaio 2024, n. 1055), ma anche, attraverso la disamina di quelle ordinanze e della corrispondente contrattazione, che « il contratto collettivo nazionale integrativo concernente la mobilità del personale docente, educativo ed A.T.A. per l’a.s. 2016/2017 e l’ordinanza ministeriale n. 241 del 2016 hanno previsto che gli insegnanti provenienti da graduatorie di merito 2012 assunti da fasi B e C del 2015/2016 sono ammessi, a domanda, alla fase B della mobilità 2016/2017, con riferimento alla mobilità endoprovinciale su ambito, con la conseguenza che essi sono preferiti, rispetto all’ambito richiesto, ai docenti delle medesime fasi assunzionali provenienti dalle graduatorie ad esaurimento (cd. GAE), in quanto questi ultimi sono stati inseriti nella successiva fase C della mobilità 2016/2017, da svolgersi espressamente sui posti vacanti e disponibili dopo le operazioni di cui alle fasi precedenti; al contrario, per la mobilità interprovinciale su ambito, gli insegnanti provenienti da graduatorie di merito 2012 sono postergati ai docenti provenienti da GAE assunti nelle fasi B e C del 2015/2016, poiché nella mobilità 2016/2017 i primi docenti sono stati ammessi in fase D, mentre quelli provenienti da GAE
hanno  partecipato  alla  fase  C »  (ora  Cass.  27  dicembre  2024,  n. 34602, ma già anche Cass. 1055/2024, in motivazione, cit.);
nei citati precedenti, cui si rinvia anche ai sensi dell’art. 118 , co. 1, disp. att. c.p.c., si è anche escluso che la normativa presenti profili di legittimità costituzionale;
si è in particolare rilevato che l’avere il legislatore ritenuto che gli idonei di concorsi precedenti a quello del 2012 potessero accedere ai ruoli attraverso il reclutamento straordinario sostanzialmente solo attraverso le GAE, con il punteggio che avevano in dette graduatorie ed in regime di concorrenza con gli altri iscritti, « è scelta del tutto discrezionale e, di per sé, non sindacabile, valendo in ipotesi a giustificarla anche solo i plurimi scorrimenti per assunzioni dirette che quella lista di idonei poteva avere già assicurato »;
precisandosi altresì come « da tale preferenza in sede di reclutamento derivasse logicamente anche la necessità di mantenere i posti assegnati al di fuori dalla mobilità straordinaria 2016/2017 » e ciò perché gli idonei del 2012 « furono oggetto di posizione privilegiata in sede di reclutamento, in quanto nelle corrispondenti fasi (fasi B e C di assunzione) essi avrebbero comunque sopravanzato, sulla base di preferenze ‘tra tutte le province, a livello nazionale’, il personale proveniente da GAE (comma 100, dell’art. 1 L. 107/2015)» , sicché risultava inevitabile «che i posti assegnati al personale IGM 2012 non potessero, come invece accaduto con il personale delle medesime fasi proveniente da GAE, essere resi disponibili per la mobilità straordinaria dei docenti assunti entro il 2014/2015 », rischiandosi altrimenti che quel personale « pur privilegiato in sede di reclutamento, vedesse poi svanire la preferenza espressa su base provinciale, se nella Provincia di destinazione per il 2015/2016 i posti avessero potuto essere destinati anche in sede di mobilità straordinaria 2016/2017
al personale assunto entro il 2014/2015 o, in via concorrenziale, al personale proveniente da GAE »;
per quanto occorrer possa si evidenza che questa S.C. ha altresì ritenuto che nelle procedure di mobilità del personale docente di fascia C per l’anno RAGIONE_SOCIALE 2016-2017, l’assegnazione delle cattedre avviene, ex art. 6 del c.c.n.i. dell’8 aprile 2016 e del relativo Allegato 1, in considerazione delle preferenze espresse dai candidati, senza che sussista alcuna violazione del criterio meritocratico di cui all’art. 97 Cost., essendosi in una fase successiva a quella del reclutamento: ne consegue che all’assegnazione non si procede seguendo una graduatoria unitaria riferita a ciascun ambito territoriale, articolata tenendo conto del punteggio conseguito da ogni insegnante, ma sulla scorta di distinte graduatorie, elaborate sulla base dell’ordine di preferenze espresso dal richiedente in relazione ai vari ambiti territoriali, strutturate al loro interno in considerazione del punteggio conseguito (Cass. 19 marzo 2024 n. 7354);
4.
il quarto motivo è formulato ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c. come omesso esame di fatto decisivo e con esso si rileva che, nell’agire , la ricorrente aveva fatto riferimento all’opzione per l’insegnamento in scuole speciali ed in specie per adulti eo serali, profilo mal valutato dal Ministero e rispetto al quale la sentenza di appello aveva omesso di considerare anche la documentazione dalla quale risultavano classificate le sedi speciali con la dicitura ‘adulti o istruzione e scuole serali’;
il motivo è inammissibile;
la Corte d’Appello ha infatti espressamente esaminato quel punto, come  anche  la  documentazione,  avendo  ritenuto  che  essa  non consentisse di avere per raggiunta adeguata prova in favore della ricorrente, non emergendo né quali scuole speciali fossero
disponibili negli ambiti di riferimento, né quali docenti siano stati ad esse assegnati;
non vi è dunque stato alcun omesso esame di fatti e la valutazione dell’istruttoria  attiene  al  merito,  sicché  la  sollecitazione  ad  una revisione  di  essa  è  impropria  rispetto  al  giudizio  di  legittimità (Cass., S.U., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., S.U., 25 ottobre 2013, n. 24148; ora anche Cass. 22 novembre 2023, n. 32505);
5.
il  quinto  motivo  denuncia  la  violazione  e  falsa  applicazione  degli artt.  1339,  1418  e  1419  c.c.  e  addebita  alla  Corte  territoriale  di avere  erroneamente  ritenuto  che  la  nullità  della  contrattazione integrativa  fosse  stata  eccepita  ex  art.  40  d.lgs.  n.  165/2001 quando,  in  realtà,  era  stata  denunciata  la  violazione  di  norma imperativa ravvisata della disciplina dettata dalla legge n. 107/2015;
il  motivo  è  inammissibile  perché  non  coglie  il decisum della sentenza impugnata che, oltre a richiamare i limiti di competenza della  contrattazione  collettiva,  ha  anche  escluso  il  denunciato contrasto  con  la  legge  citata  e  nel  merito  di  ciò  già  si  è  detto  in precedenza;
6.
sussistendo i presupposti per l’integrale rigetto del ricorso, seppure si  rileva la  nullità della notifica di esso, in quanto eseguita presso l’Avvocatura  distrettuale  dello  Stato  e  non  presso  l’Avvocatura Generale,  esigenze  di  pronta  definizione  e  ragionevole  durata consigliano di non disporre la rinnovazione;
essendo le parti pubbliche rimaste intimate non occorre provvedere sulle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai  sensi  del  D.P.R.  n.  115  del  2002,  art.  13,  comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro