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Mobilità orizzontale: esclusione dirigenti legittima

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un dirigente che chiedeva l’assunzione in una nuova società pubblica a seguito del fallimento della precedente. La Corte ha confermato che gli accordi di mobilità orizzontale escludevano legittimamente le figure dirigenziali dal passaggio di personale, basandosi sull’interpretazione degli accordi specifici e su vizi procedurali del ricorso.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Mobilità Orizzontale: L’Esclusione dei Dirigenti è Legittima

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 34494/2024, ha affrontato un interessante caso riguardante la mobilità orizzontale del personale tra società a partecipazione pubblica, chiarendo i limiti e i requisiti per l’ammissibilità dei ricorsi. La vicenda vede protagonista un dirigente escluso da un processo di trasferimento di personale a seguito del fallimento della sua azienda, il quale si è visto negare il diritto all’assunzione presso la nuova società subentrante. La Suprema Corte ha dichiarato il suo ricorso inammissibile, fornendo importanti precisazioni sia sul merito della questione che sugli aspetti procedurali.

I Fatti di Causa

Un ex dirigente di una società a controllo regionale, successivamente fallita, ha agito in giudizio per ottenere il riconoscimento del suo diritto ad essere assunto da una nuova società pubblica, costituita per assorbire le funzioni e il personale della precedente. Il dirigente sosteneva che tale diritto derivasse da una serie di intese e verbali volti a gestire la crisi occupazionale attraverso la mobilità orizzontale del personale, come previsto dalla Legge n. 147/2013.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto la sua domanda. I giudici di merito avevano accertato che gli accordi stipulati tra le società e le istituzioni regionali, pur prevedendo il trasferimento dei dipendenti, escludevano esplicitamente dal passaggio le figure con qualifica dirigenziale, limitando l’operazione al solo personale tecnico-impiegatizio. Insoddisfatto, il dirigente ha proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso del dirigente inammissibile per una pluralità di ragioni, confermando di fatto la legittimità della sua esclusione dal processo di assunzione. La decisione si fonda su vizi procedurali che hanno impedito ai giudici di entrare nel merito di alcune censure, ribadendo al contempo la corretta interpretazione degli accordi da parte della Corte d’Appello.

Le Motivazioni dell’Inammissibilità

La Corte di Cassazione ha articolato la sua decisione su diversi punti chiave, evidenziando le carenze del ricorso presentato.

In primo luogo, il motivo di ricorso relativo alla violazione della legge sulla mobilità orizzontale (L. 147/2013) è stato giudicato di assoluta genericità. Il ricorrente, infatti, non aveva specificato quali affermazioni della sentenza d’appello fossero in contrasto con la norma, né aveva argomentato in che modo il giudice avesse commesso un errore nell’applicare la legge ai fatti di causa.

In secondo luogo, la Corte ha chiarito che gli accordi e i verbali tra le società non potevano essere assimilati a contratti collettivi nazionali. Di conseguenza, la loro errata interpretazione non poteva essere contestata in Cassazione come violazione di legge (ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c.), ma avrebbe richiesto la denuncia della violazione delle regole legali di interpretazione dei contratti (artt. 1362 e ss. c.c.), cosa che il ricorrente non ha fatto. Egli si è limitato a proporre una propria interpretazione dei verbali, contrapposta a quella del giudice, ma senza dimostrare un’effettiva violazione dei canoni ermeneutici.

Un altro profilo di inammissibilità è stato riscontrato nella violazione dell’art. 366, n. 6, c.p.c., che impone al ricorrente di trascrivere nel ricorso le parti essenziali dei documenti su cui si fonda la sua contestazione. Il dirigente non aveva riportato il contenuto dei verbali, impedendo alla Corte di valutarne la portata.

Infine, la censura relativa al vizio di motivazione è stata bloccata dalla cosiddetta regola della “doppia conforme di merito” (art. 348 ter c.p.c.). Poiché le decisioni di primo e secondo grado erano conformi, il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare che si basavano su presupposti di fatto diversi, ma non lo ha fatto, rendendo anche questo motivo inammissibile.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti o l’interpretazione dei documenti data dai giudici di merito. È uno strumento di controllo della legittimità, che richiede il rispetto di rigorosi requisiti formali. La genericità delle censure, la mancata indicazione delle norme violate e l’omessa trascrizione dei documenti rilevanti portano inesorabilmente all’inammissibilità del ricorso.

Nel merito, la decisione conferma che gli accordi di mobilità orizzontale possono legittimamente circoscrivere il loro ambito di applicazione a specifiche categorie di personale, escludendone altre, come i dirigenti, sulla base del fabbisogno della società di destinazione. La volontà delle parti, come espressa negli accordi, rimane sovrana, a meno che non si dimostri una violazione di norme imperative o dei criteri legali di interpretazione contrattuale.

Un dirigente è sempre incluso in un processo di mobilità orizzontale tra società pubbliche?
No. Secondo la sentenza, gli accordi che regolano la mobilità possono legittimamente limitare il trasferimento a determinate categorie di personale (es. tecnico-impiegatizio) ed escluderne altre, come le figure dirigenziali, in base alla volontà delle parti e al fabbisogno della società ricevente.

Perché il ricorso del dirigente è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per diversi vizi procedurali: era generico nella denuncia della violazione di legge, non contestava correttamente la violazione delle norme sull’interpretazione dei contratti, non trascriveva i documenti decisivi e non superava lo sbarramento della “doppia conforme di merito”.

Cosa significa “doppia conforme di merito” e come ha influito sul caso?
Significa che sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno emesso decisioni concordanti sulla base degli stessi fatti. Questa circostanza, prevista dall’art. 348 ter c.p.c., impedisce di presentare ricorso in Cassazione per vizio di motivazione, a meno che il ricorrente non dimostri che le due sentenze si basavano su ricostruzioni dei fatti differenti. In questo caso, il ricorrente non ha fornito tale dimostrazione, e il motivo è stato quindi respinto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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