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Mobilità docenti: la Cassazione fa chiarezza sulle fasi

Una docente ha contestato le regole sulla mobilità docenti per l’anno scolastico 2016/17, sostenendo di essere stata ingiustamente scavalcata da colleghi provenienti dal concorso 2012. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la legittimità delle diverse fasi di mobilità stabilite dalla contrattazione collettiva. Tali fasi davano priorità a determinate categorie in specifici contesti, come i trasferimenti endoprovinciali, rappresentando un bilanciamento non irragionevole degli interessi derivanti dalla riforma “Buona Scuola”.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Mobilità docenti: legittime le fasi prioritarie stabilite dalla contrattazione collettiva

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1055 del 10 gennaio 2024, è intervenuta su una questione complessa e dibattuta riguardante la mobilità docenti successiva al piano straordinario di assunzioni della Legge 107/2015, la cosiddetta “Buona Scuola”. La Corte ha stabilito la legittimità delle scelte operate dalla contrattazione collettiva che, nel disciplinare i trasferimenti, ha creato un sistema di fasi con priorità diverse per categorie di docenti, anche a prescindere dal punteggio individuale. Questa decisione offre importanti chiarimenti sul rapporto tra legge, autonomia contrattuale e diritti dei singoli lavoratori nel comparto scolastico.

I fatti del caso: la controversia sulla mobilità docenti

Una docente, assunta dalle Graduatorie ad Esaurimento (GAE) nell’ambito del piano straordinario, impugnava la procedura di mobilità per l’anno scolastico 2016/2017. La sua doglianza si fondava su due punti principali.

In primo luogo, lamentava di essere stata superata, nell’assegnazione di una sede all’interno della propria provincia (mobilità endoprovinciale), da docenti assunti tramite il concorso del 2012. Questi ultimi, pur avendo un punteggio inferiore, erano stati inseriti in una fase precedente e prioritaria (fase B) rispetto a quella della ricorrente (fase C).

In secondo luogo, sosteneva che anche altri docenti, inseriti in una fase successiva (fase D), avessero ottenuto posti da lei richiesti.

Se in primo grado il Tribunale aveva dato ragione alla docente, ritenendo violato il criterio meritocratico del punteggio, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, la precedenza accordata ai vincitori di concorso era legittima e, per quanto riguarda i docenti della fase D, era stato dimostrato che i soli due casi di scavalcamento riguardavano posti “di sostegno”, diversi da quelli “comuni” per cui la docente concorreva.

La decisione della Corte di Cassazione sulla mobilità docenti

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della docente, confermando la sentenza d’appello e la legittimità dell’intera procedura di mobilità. L’analisi della Corte si è concentrata sulla discrezionalità del legislatore e della contrattazione collettiva nel gestire un’operazione di vasta portata e complessità come quella dei trasferimenti post-riforma.

Il bilanciamento tra categorie di docenti

Il cuore della decisione risiede nel riconoscimento che il sistema di mobilità docenti non si basava unicamente sul punteggio, ma su una complessa organizzazione per fasi. La Corte ha spiegato che la preferenza data ai docenti del concorso 2012 non era irragionevole. Essi avevano già beneficiato di una posizione privilegiata in fase di assunzione, e tale vantaggio si estendeva logicamente alla stabilizzazione della sede.

La contrattazione collettiva, muovendosi nel perimetro disegnato dalla legge, ha operato un bilanciamento tra i vari interessi in gioco. Ha creato un sistema in cui, ad esempio, i docenti da concorso prevalevano nella mobilità endoprovinciale (fase B su fase C), mentre i docenti da GAE avevano la precedenza in quella interprovinciale. Secondo la Cassazione, queste sono scelte di merito tecnico, non sindacabili dal giudice se non presentano profili di manifesta irragionevolezza o di ingiustificata disparità di trattamento, cosa che in questo caso è stata esclusa.

L’onere della prova nelle procedure di trasferimento

Un altro aspetto rilevante toccato dalla sentenza riguarda l’onere della prova. La Corte ha chiarito che il docente che contesta una procedura di trasferimento ha l’onere di allegare in modo specifico l’inadempimento dell’amministrazione. Ciò significa che non è sufficiente lamentare una generica violazione, ma occorre indicare precisamente quale regola sia stata infranta e quale concorrente ne abbia indebitamente beneficiato.

Spetterà poi all’amministrazione dimostrare che l’inadempimento denunciato non sussiste, ad esempio provando che il concorrente che ha ottenuto il posto aveva un titolo di preferenza legittimo o concorreva per una tipologia di posto diversa. Nel caso di specie, il Ministero ha assolto a tale onere dimostrando che gli scavalcamenti erano avvenuti per posti di sostegno.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando l’autonomia della contrattazione collettiva nel definire le modalità tecniche e di dettaglio delle procedure di mobilità. La legge 107/2015 aveva fissato i principi generali, ma demandava alle parti sociali il compito di tradurli in un sistema funzionante. Tale sistema, per sua natura complesso, implicava la necessità di operare scelte che bilanciassero gli interessi contrapposti delle diverse categorie di personale coinvolte (assunti storici, assunti da GAE, assunti da concorso). La creazione di fasi distinte, ciascuna con le proprie regole di accesso e priorità, è stata ritenuta una scelta tecnica discrezionale e non manifestamente irragionevole. Pertanto, il criterio del punteggio individuale non poteva operare in modo assoluto, ma solo all’interno della medesima fase di appartenenza. L’assetto differenziale non è stato considerato discriminatorio, in quanto derivante dalle diverse regole che avevano governato il reclutamento di ciascuna categoria.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza n. 1055/2024 consolida un importante principio: nell’ambito della mobilità docenti, le scelte operate dalla contrattazione collettiva godono di un’ampia autonomia e non sono sindacabili nel merito, a meno che non violino apertamente la legge o non creino disparità di trattamento ingiustificate e palesemente irragionevoli. La Suprema Corte ha riconosciuto che la gestione di procedure complesse richiede necessariamente la creazione di un sistema articolato che può comportare la prevalenza di una categoria sull’altra a seconda del contesto, senza che ciò costituisca una violazione del principio meritocratico. Per i docenti, emerge la necessità di articolare eventuali contestazioni in modo estremamente specifico, indicando con precisione la norma violata e il pregiudizio subito.

È legittimo che la contrattazione collettiva stabilisca fasi di mobilità che danno la priorità ad alcuni docenti rispetto ad altri con punteggio più alto?
Sì, secondo la Corte di Cassazione è legittimo. La contrattazione collettiva ha l’autonomia di definire le modalità tecniche dei trasferimenti, operando scelte di merito per bilanciare gli interessi delle varie categorie di personale. Un sistema organizzato per fasi, dove la priorità è data dall’appartenenza a una fase piuttosto che dal solo punteggio, non è sindacabile se non risulta in contrasto con la legge o manifestamente irragionevole.

In una causa sui trasferimenti dei docenti, chi deve provare cosa?
Il docente che contesta la procedura ha l’onere di allegare in modo specifico l’inadempimento dell’amministrazione, indicando quale regola sarebbe stata violata e quale altro concorrente ne avrebbe tratto un ingiusto vantaggio. A fronte di questa specifica allegazione, spetta al Ministero dimostrare che l’inadempimento lamentato non è avvenuto e che la procedura si è svolta correttamente.

Perché la preferenza data ai docenti del concorso 2012 in fase di assunzione è stata ritenuta rilevante anche per la successiva mobilità?
La Corte ha ritenuto che vi fosse una coerenza logica. Il privilegio concesso dal legislatore ai docenti da concorso in fase di assunzione (su base nazionale e con preferenza rispetto ai docenti da GAE) era finalizzato a garantire loro una posizione stabile. Di conseguenza, è stata considerata una scelta non irragionevole quella di proteggere tale posizione escludendo i posti a loro assegnati dalla mobilità straordinaria di altre categorie e concedendo loro una priorità nella mobilità all’interno della provincia di assegnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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