Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14729 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 14729 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28459/2021 R.G. proposto da:
COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, BORGO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
avverso la sentenza n. 1009/2021 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA pubblicata il 12.04.2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
15/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Con ricorso ex art. 702-bis c.p.c., COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME evocavano in giudizio innanzi al Tribunale di Belluno l’RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME NOME (d’ora in avanti anche semplicemente part e COGNOME), esponendo che l’adito Tribunale, con precedente sentenza n. 513/1998, confermata in appello ed avente autorità di giudicato, aveva accertato l’insussistenza del diritto dei convenuti di esercitare il passaggio pedonale e carrabile sulla particella n. 1970 in Cortina d’Ampezzo (in particolare, sulla strada antistante il fabbricato degli attori e sulla relativa area condominiale), per accedere ad un garage realizzato nel sottosuolo della particella n. 2555. Precisavano che, ciononostante, i convenuti avevano continuato a transitare sulla proprietà degli attori, peraltro intensificando il passaggio con la realizzazione di un secondo garage, in relazione al quale era stata introdotta un’ulteriore actio negatoria servitutis .
Precisavano inoltre che, allo scopo di porre fine alla violazione del divieto di transito stabilito dalla sentenza n. 513/1998, essi COGNOME–COGNOME avevano anche promosso un ricorso ex art. 612 c.p.c., con il quale avevano chiesto al giudice dell’esecuzione di individuare le modalità di esecuzione della suddetta pronuncia, mediante l’apposizione di un presidio (sbarra o cancello) che impedisse il passaggio ai soggetti non autorizzati.
Tanto premesso, con l’atto introduttivo del presente giudizio, gli attori chiedevano che il Tribunale – in attesa della realizzazione della struttura impeditiva del passaggio all’esito della procedura esecutiva parallelamente pendente tra le parti – adottasse una misura di coercizione indiretta ai sensi dell’art. 614 -bis c.p.c., condannando parte COGNOME al pagamento di una somma di danaro per ogni ulteriore inosservanza al divieto di esercitare il transito disposto dalla sentenza n. 513/1998.
Nella resistenza dei convenuti, il giudice di prime cure, ritenendo che la misura coercitiva ex art. 614 -bis c.p.c. non dovesse essere necessariamente disposta unitamente al provvedimento di condanna, ma che potesse anche costituire oggetto, come nella fattispecie, di un autonomo giudizio, in accoglimento della domanda, condannava i convenuti, in solido tra loro, al pagamento della somma di euro 300,00 per ogni giorno di inosservanza all’obbligo di non transitare sulla proprietà attorea.
Decidendo sul gravame interposto da NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE e dall’RAGIONE_SOCIALE la Corte d’Appello di Venezia, con sentenza n. 1009/2021, pubblicata in data 12.04.2021, ha confermato la pronuncia di prime cure, seppur sulla base di una diversa motivazione.
In particolare, la Corte lagunare ha osservato che:
non era condivisibile la pronuncia del Tribunale, nella parte in cui aveva ritenuto che la domanda volta all’adozione di una misura coercitiva ex art. 614 -bis c.p.c. potesse essere proposta in un autonomo procedimento, essendo la statuizione condannatoria e la misura di coercizione indiretta, nel sistema voluto dal
legislatore, frutto di una valutazione necessariamente unitaria, demandata al giudice della cognizione;
b) si doveva allora procedere all’interpretazione della domanda proposta dagli attori con l’atto introduttivo del giudizio, al fine di verificare se la stessa fosse stata effettivamente circoscritta alla sola richiesta di fissazione della misura coercitiva;
c) in proposito, non si potevano ignorare gli esiti della parallela procedura esecutiva promossa dagli COGNOME–COGNOME, che era stata medio tempore definita dalla sentenza n. 9637/2020 della Corte di Cassazione, la quale aveva confermato la declaratoria di inammissibilità del ricorso ex art. 612 c.p.c. sul presupposto che la sentenza n. 513/1998 del Tribunale di Belluno, azionata in executivis , avesse in realtà contenuto di mero accertamento negativo e non recasse, quindi, alcuna statuizione condannatoria suscettibile di esecuzione forzata;
in effetti, benché gli COGNOME–COGNOME avessero richiesto, nel precedente giudizio svoltosi innanzi al Tribunale di Belluno, anche l’inibizione del passaggio, il giudice, con la sentenza n. 513/1998, si era limitato ad accogliere la negatoria servitutis, senza pronunciarsi sulla domanda di inibitoria;
in tal modo, non si era formato alcun giudicato negativo su quest’ultima domanda, che poteva essere dunque riproposta;
la richiesta di inibitoria doveva ritenersi necessariamente implicita nella domanda di adozione della misura coercitiva ex art. 614 -bis c.p.c;
era priva di rilievo la circostanza che i convenuti transitassero sulla proprietà attorea per accedere anche ad un altro garage, costruito in un secondo momento e non contemplato nella
sentenza 513/1998 che aveva accolto la prima negatoria servitutis proposta dagli COGNOME–COGNOME, in quanto l’accesso alla nuova struttura implicava pur sempre l’infrazione al divieto di passaggio sulla particella n. 1970;
ai fini della determinazione del quantum della misura coercitiva, era irrilevante che le aree oggetto di causa fossero per loro natura destinate al passaggio da parte dei condomini dell’edificio posto sulla particella n. 1970, poiché l’uso della strada da parte degli utenti dell’Hotel Barisetti determinava un intensificarsi del transito non comparabile a quello esercitato dai soggetti legittimati, con conseguente aggravamento dei disagi da questi ultimi patiti, per cui solo la previsione di una somma adeguata poteva sortire l’effetto coercitivo voluto.
Contro tale sentenza COGNOME COGNOME Massimo e l’RAGIONE_SOCIALE hanno proposto ricorso sulla base di cinque motivi, contrastati con controricorso da COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, i quali hanno proposto a loro volta ricorso incidentale condizionato, affidato ad un unico motivo.
In prossimità dell’adunanza, le parti hanno depositato memorie illustrative insistendo nelle rispettive richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale, parte COGNOME nel denunziare, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 614 -bis c.p.c., censurano la pronuncia impugnata nella parte in cui la Corte distrettuale, una volta affermato che l’adozione dell’ astreinte non può costituire oggetto di un autonomo giudizio, ma deve
necessariamente essere pronunciata unitamente alla statuizione condannatoria alla quale è accessoria, non ha poi dichiarato inammissibile la domanda proposta dagli COGNOME–COGNOME sebbene questa fosse finalizzata al solo ottenimento di una misura coercitiva che rafforzasse il dictum della sentenza n. 513/1998 del Tribunale di Belluno, resa tra le parti anni prima.
Con il secondo motivo, nel denunziare, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 949, comma secondo, c.c., 612 c.p.c. e 2909 c.c., i ricorrenti deducono che la Corte d’Appello avrebbe erroneamente interpretato la sentenza n. 513/1998 del Tribunale di Belluno, la quale, a loro dire, non costituirebbe una pronuncia di mero accertamento negativo del diritto di transitare sulla proprietà degli Zambelli-Zanrosso, ma conterrebbe anche l’ordine di cessazione del transito, suscettibile di esecuzione forzata. Pertanto, ad avviso dei ricorrenti principali, il giudice di seconde cure, nel pronunciarsi nuovamente sulla domanda di inibitoria, avrebbe violato il giudicato esterno derivante dalla sentenza n. 513/1998, che già conteneva tale statuizione, contravvenendo al principio del ne bis in idem .
Il terzo motivo del ricorso principale è così rubricato: ‘ Ex art. 360 c.p.c. n. 4 nullità della sentenza per vizio di extra ed ultra petizione con riferimento all’art. 112 c.p.c. ‘. Parte Barisetti deduce che la Corte territoriale, nel ritenere la domanda di inibitoria del passaggio implicitamente contenuta nella richiesta di adozione della misura ex art. 614 -bis c.p.c., avrebbe violato il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, in quanto gli attori (tanto in questo giudizio, quanto in quello ex art. 612 c.p.c.)
avevano sempre sostenuto di essere già in possesso di un titolo esecutivo che inibisse il passaggio sulla particella n. 1970, rappresentato dalla sentenza n. 513/1998 del Tribunale di Belluno, delle cui statuizioni avevano lamentato le ripetute violazioni da parte dei convenuti, invocando la sola adozione di una misura coercitiva ex art. 614-bis c.p.c. allo scopo appunto di impedire ulteriori inosservanze al dictum della sentenza in questione.
Con il quarto motivo, nel denunziare, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 2909 e 949 c.c., i ricorrenti principali censurano la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte distrettuale ha ritenuto che la pronuncia n. 513/1998 del Tribunale di Belluno, che aveva accertato l’insussistenza del diritto di parte Barisetti di accedere al garage ubicato sulla particella n. 2555 passando attraverso la proprietà attorea, implicasse anche l’impossibilità di accedere ad un diverso garage, eretto su un altro fondo preteso dominante, individuato dalla particella n. 4581/6, che la sentenza già intercorsa tra le parti non aveva preso in considerazione.
Con il quinto motivo, i ricorrenti principali, nel lamentare l’esorbitanza del quantum della misura coercitiva, stabilito in euro 300,00 per ogni giorno di inadempimento, deducono, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame della documentazione versata in atti, da cui era emerso che il Comune di Cortina d’Ampezzo aveva fissato il canone di locazione della rampa di accesso ai garages, per l’intero anno 2017, in complessivi euro 693,61, cioè poco più del doppio di quanto stabilito dal giudice
di merito per una singola giornata di inosservanza al divieto di passaggio.
L’unico motivo del ricorso incidentale condizionato è così rubricato: ‘ violazione e/o falsa applicazione dell’art. 614 bis c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. ‘. Gli COGNOME –COGNOME deducono che la lettura restrittiva dell’art. 614 -bis c.p.c. fatta propria dalla Corte d’Appello, secondo la quale la domanda volta all’adozione di una misura coercitiva ex art. 614 -bis c.p.c. non può costituire oggetto di un autonomo giudizio, contrasterebbe sia con il tenore della norma, da cui non potrebbe in alcun modo desumersi la necessaria contestualità dell’ astreinte rispetto alla pronuncia di condanna cui è accessoria, sia con la collocazione sistematica della disposizione nell’ambito dell’esecuzione forzata.
Il primo e il terzo motivo del ricorso principale, suscettibili di esame congiunto in ragione della reciproca connessione, sono fondati nei termini che seguono.
Questa Corte di legittimità, la quale nei giudizi di opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi ha il potere -dovere di interpretare il giudicato derivante dal titolo di formazione di giudiziale (cfr. Cass. Sez. U., Sentenza n. 5633 del 21/02/2022, Rv. 664034), investita nel precedente procedimento intercorso tra le parti dell’interpretazione della sentenza n. 513/1998 del Tribunale di Belluno, che era stata in quel giudizio azionata dagli RAGIONE_SOCIALE al fine di ottenere l’esecuzione ai sensi dell’art. 612 c.p.c. del divieto di transito sulla particella n. 1970 da parte degli odierni ricorrenti, ha osservato che ‘ Il Tribunale di Belluno, pronunciando la sentenza utilizzata quale titolo esecutivo, ha accertato l’insussistenza della servitù di passaggio vantata dall’Hotel Barisetti
per raggiungere il garage, passando attraverso i fondi degli COGNOME. Questa sentenza, avente contenuto di mero accertamento negativo, non contiene alcuna condanna suscettibile di esecuzione forzata ex art. 612 cod. proc. civ. ‘ (così, in motivazione, Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 9637 del 26/05/2020, Rv. 657741; la pronuncia risulta massimata nei seguenti termini: ‘ La sentenza di mero accertamento di una servitù o della sua inesistenza non costituisce, in difetto di statuizioni di condanna, titolo esecutivo per richiedere al giudice dell’esecuzione misure idonee a far cessare impedimenti, turbative o molestie ‘.
La Corte d’Appello di Venezia, con la sentenza oggi impugnata, prendendo le mosse proprio dalla suddetta pronuncia di legittimità, ha ritenuto di dover verificare se una statuizione di condanna a cessare le turbative dell’RAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOME NOME potesse essere adottata nel presente procedimento, in relazione alla domanda ex art. 614 -bis c.p.c. proposta dagli COGNOME con l’atto introduttivo del giudizio.
In proposito, la Corte di merito ha rilevato che, sebbene con il ricorso ex art. 702-bis c.p.c. gli originari attori non avessero richiesto espressamente la condanna dei convenuti a non esercitare il passaggio sul loro fondo, tale domanda doveva necessariamente ritenersi implicita nella richiesta di adozione dell’ astreinte : ‘ Non importa che gli attori abbiano considerato il dispositivo di condanna come già contenuto nella sentenza che ha concluso la causa di negatoria: una volta chiarito che quella sentenza ha mero contenuto dichiarativo, ne consegue che necessariamente la domanda svolta in questa sede contiene anche l’implicita domanda di adozione di una simile pronuncia di condanna, alla quale è
accessoria l’istanza ex art. 614 bis c.p.c. ‘ (cfr. pag. 10 della sentenza).
Una simile interpretazione della domanda attorea non può essere condivisa. In proposito, occorre premettere che il principio secondo cui l’interpretazione delle domande, eccezioni e deduzioni delle parti dà luogo ad un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, non trova applicazione quando si assume – come nella fattispecie – che tale interpretazione abbia determinato un vizio riconducibile alla violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato di cui all’ art. 112 c.p.c., trattandosi in tal caso della denuncia di un error in procedendo che attribuisce alla Corte di cassazione il potere-dovere di procedere direttamente all’esame e all’interpretazione degli atti processuali (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21421 del 10/10/2014, Rv. 632593).
Orbene, dall’esame del fascicolo processuale che la natura dei vizi dedotti consente di compiere -emerge che con l’atto introduttivo del giudizio, gli COGNOME–COGNOME hanno lamentato che ‘ nonostante la sentenza del Tribunale di Belluno n. 513/98, poi confermata negli altri gradi, che pone il divieto a COGNOME di passare per la p.ed. 1970 per raggiungere il garage interrato nella propria p.ed. 2555, detto COGNOME ha, non solo continuato a passare e a far passare senza soluzione di continuo persone e macchine, ma ha creato (infischiandosene dei provvedimenti giudiziari proibitivi) anche un altro garage nella p.ed. 2555 per le macchine personali ‘ (cfr. pag. 13 del ricorso ex art. 702 bis c.p.c.). Gli attori hanno pertanto concluso affinché il Tribunale volesse, ‘ con riguardo agli inadempimenti, all’obbligo di non passare per la p.ed. 1970 per raggiungere la p.ed. 2555 perché non ha parte
Barisetti diritto di servitù sulla p.ed. 2555 come stabilito dal Giudice del merito del Tribunale di Belluno e di cui alla sentenza 513/98 e successive; stabilire il diritto dei consorti COGNOME di ottenere la misura coercitiva di cui all’art. 614/bis c.p.c., e per l’effetto condannare i convenuti al pagamento, in solido fra di loro, della somma di € 500,00 al giorno o a quella diversa somma che sarà ritenuta di giustizia, fino a tanto che non sarà predisposto un presidio (cancello o barra fissi) che vieti definitivamente e perennemente il passaggio sulla rampa di accesso ai garages de quo in p. ed. 2555 con provenienza dalla p.ed. 1970 ‘ (cfr. pag. 15 del ricorso ex art. 702-bis c.p.c.).
Come si vede, la domanda di adozione della misura di coercizione indiretta, per come formulata, non poteva essere interpretata dal giudice di merito nel senso di implicare anche una richiesta di condanna dei convenuti alla cessazione delle turbative, in quanto gli COGNOME
COGNOME muovevano dal presupposto che una simile condanna fosse stata già disposta dal Tribunale di Belluno con la sentenza n. 513/1998. Ciò trova chiara conferma sia nella espressa richiesta di emissione dell’ astreinte quale misura accessoria al dictum della sentenza già resa tra le parti, di cui gli attori lamentavano le sistematiche violazione da parte dei convenuti, sia nella limitazione temporale della misura invocata, che gli COGNOME
COGNOME chiedevano disporsi fin a tanto che non fosse stata apposta la sbarra impeditiva del passaggio, oggetto dell’azione esecutiva separatamente intentata proprio sulla base della sentenza n. 513/1998.
L’erroneità del ragionamento seguito dalla Corte distrettuale, d’altra parte, emerge anche dalla sola lettura della pronuncia
impugnata, la quale, consapevole che gli attori non avevano richiesto la condanna dei convenuti alla cessazione delle turbative, ha affermato che ‘ una volta chiarito che quella sentenza (cioè la n. 513/1998 ndr.) ha mero contenuto dichiarativo, ne consegue che necessariamente la domanda svolta in questa sede contiene anche l’implicita domanda di adozione di una simile pronuncia di condanna. Né pare rispondente al canone interpretativo discendente dal principio di ragionevole durata del processo una soluzione ermeneutica che imponesse alle parti l’avvio di una (ulteriore) causa diretta a ottenere la cessazione di quei comportamenti già denunciati in questa sede al solo fine di munirsi della sanzione accessoria ex art. 614 bis c.p.c. ‘ (cfr. pagg. 10 -11 della sentenza).
Il contenuto della domanda è stato dunque valutato non in relazione a quanto dedotto e richiesto dagli attori, i quali, per stessa affermazione del giudice di merito, avevano agito ‘ al solo fine di munirsi della sanzione accessoria ‘, ma alla luce del sopravvenuto esito del giudizio ex art. 612 c.p.c., che aveva negato agli RAGIONE_SOCIALE l’apposizione della sbarra impeditiva del passaggio, riconoscendo alla sentenza n. 513/1998 natura meramente dichiarativa.
Sennonché, così facendo, il giudice di merito ha malamente esercitato il potere di interpretazione della domanda, che, come noto, se non è condizionato dal tenore letterale delle espressioni adoperate dalle parti, deve pur sempre accertare il contenuto sostanziale della pretesa entro i limiti della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e del divieto di sostituire d’ufficio l’azione proposta con una diversa (cfr. Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 13602
del 21/05/201, Rv. 653921). Nella specie, la Corte lagunare è incorsa nella violazione di tale divieto, in quanto ha introdotto d’ufficio una domanda che gli attori non avevano proposto (cioè, appunto, quella di cessazione delle turbative). Né il richiamo al principio di ragionevole durata del processo può giustificare la sostituzione del giudice alle parti mediante il riconoscimento, in favore di uno dei contendenti, di un bene della vita non richiesto.
Correttamente interpretata la domanda come circoscritta alla sola adozione di una misura di coercizione indiretta ex art. 614 -bis c.p.c., la Corte distrettuale avrebbe dovuto dichiararne l’inammissibilità per il difetto a monte di una statuizione di condanna cui l’ astreinte potesse accompagnarsi come misura accessoria con funzione coercitiva, come peraltro accertato dallo stesso giudice di seconde cure.
Alla luce di tali considerazioni, l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato, che deve essere ora esaminato per esigenze di priorità logica, risulta infondato.
Infatti, anche accedendo in astratto alla prospettazione dei ricorrenti incidentali, secondo i quali l’ astreinte potrebbe essere richiesta in un giudizio di cognizione autonomo e successivo rispetto a quello definito dalla pronuncia di condanna, in ogni caso, nella fattispecie, la domanda attorea risulterebbe comunque inammissibile in ragione della natura meramente dichiarativa della sentenza n. 513/1998 del Tribunale di Belluno, già accertata dalla sentenza di questa Corte n. 9637/2020, sopra richiamata, avente autorità di giudicato tra le parti, mancando appunto un ‘ provvedimento di condanna ‘ suscettibile di coercizione indiretta ai
sensi dell’art. 614 -bis c.p.c. cui l’invocata misura accessoria dovrebbe accedere.
D’altra parte, la novella dell’art. 614 -bis c.p.c., sopravvenuta all’introduzione del presente giudizio per effetto dell’art. 3, comma 44, del d. lgs. n. 149 del 2022, benché non applicabile alla fattispecie in esame per ragioni di diritto intertemporale, conferma sul piano meramente esegetico che l’ astreinte , nel sistema delineato dal legislatore, è destinata ad operare sul piano puramente attuativo di un comando giudiziale suscettibile di esecuzione forzata. La riforma ha, infatti, introdotto la possibilità di richiedere la misura coercitiva anche ‘ se non è stata richiesta nel processo di cognizione ‘, mediante la presentazione di un ricorso al giudice dell’esecuzione, ‘ dopo la notificazione dell’atto di precetto ‘, e, dunque, sul presupposto che già esista un titolo azionabile esecutivamente, secondo un procedimento regolato dall’art. 612 c.p.c. L’art. 3, comma 7, del D.Lgs. n. 164 del 2024 ha ulteriormente innovato l’art. 614 -bis c.p.c., rimarcando la natura accessoria della misura di coercizione indiretta eventualmente disposta dal G.E. rispetto alla procedura esecutiva, mediante la previsione che l’ astreinte , in questa ipotesi, ‘ perde efficacia in caso di estinzione del processo esecutivo ‘.
In conseguenza dell’accoglimento del primo e del terzo motivo del ricorso principale, e del rigetto del ricorso incidentale condizionato, i restanti motivi del ricorso principale risultano assorbiti.
In conclusione, il primo e il terzo motivo del ricorso principale devono essere accolti, con assorbimento dei restanti motivi. Va invece respinto il ricorso incidentale condizionato.
11. Peraltro, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384, secondo comma, c.p.c., con la declaratoria di inammissibilità della domanda proposta dal COGNOME NOME COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOME NOME, volta all’ottenimento della sola misura ex art. 614 -bis c.p.c.
12. Le spese del l’intero giudizio , tanto di merito quanto di quello di cassazione, possono essere compensate in ragione dell’assenza di specifici precedenti di legittimità in ordine alla questione relativa all’a utonoma azionabilità dell’art. 614 bis c.p.c. e dell’incertezza interpretativa che ha caratterizzato la sentenza del Tribunale di Belluno che aveva contenuto di mero accertamento negativo di insussistenza della servitù di passaggio vantata dall’Hotel Barisetti per raggiungere il garage, passando attraverso i fondi degli COGNOME senza alcuna condanna suscettibile di esecuzione forzata ex art. 612 cod. proc. civ.
13. Va dato atto, infine, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per l’impugnazione incidentale, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il terzo motivo del ricorso principale, assorbiti i restanti, rigetta il ricorso incidentale condizionato, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l ‘originari a
domanda dei ricorrenti incidentali e compensa le spese dell’intero giudizio.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per l’impugnazione incidentale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione