Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12240 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12240 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17004/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’ avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio presso dell’avv . NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO -ricorrente-
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore ; -intimato- per la cassazione del decreto della Corte di appello di Salerno n. 186/2023, depositato l’ 8 agosto 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con decreto n. 541/2023 reso in data 23 febbraio 2023 dalla Corte di Appello di Salerno – Sezione Lavoro, in accoglimento
della domanda di equa riparazione ex l. 24.3.2001 n. 89 e ss. mod. proposta dall’odierno ricorrente, veniva ingiunto al Ministero della giustizia il pagamento della somma di euro 1.067,00, considerata una durata complessiva del giudizio presupposto di 10 anni, 5 mesi e 17 giorni (anni 2, mesi 11 e giorni 4 per il processo di primo grado dal 16/07/2010 al 20/06/2013; anni 1, mesi 9 e giorni 8 per il processo di secondo grado dal 12/02/2014 al 20/11/2015; anni 5, mesi 9 e giorni 5 per il grado di legittimità dal 20/05/2016 al 25/2/2022).
-Il COGNOME proponeva opposizione avverso il decreto, chiedendone la riforma.
Il Ministero della giustizia non si costituiva in giudizio.
La Corte di Appello di Salerno, in composizione collegiale, con decreto depositato l’ 8 agosto 2023, n. 186/2023 accoglieva parzialmente il ricorso avverso il decreto monocratico, evidenziando come quest’ultimo aveva errato nel calcolo della durata del procedimento e aveva infondatamente ritenuto totalmente soccombente il ricorrente, liquidando euro 2.000,00 a titolo di indennizzo, oltre interessi.
-Avverso tale decreto il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il Ministero della Giustizia non ha svolto difese.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ.
Parte ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo di ricorso si censura il decreto sotto i seguenti profili: Error in iudicando – violazione art. 360, co. 1, n. 3 cod. proc. civ. – violazione ed errata applicazione delle norme di legge di cui agli artt. 91 c.p.c., 2233 cod. civ. e 4, Tabelle nn. 8 e 12 del D.M. n. 55/2014 e succ. mod., per mancato rispetto del medio legale violazione dell’art. 360, co. 1, n. 4 cod. proc. civ. in relazione
all’art. 132, co. 1, n. 4 cod. proc. civ. – Nullità del decreto in ordine alla quantificazione delle spese di lite contenente solo formule stereotipate asetticamente trascritte e (quindi) priva di reale e riconoscibile motivazione. Parte ricorrente contesta la decisione poiché, nonostante la dettagliata nota spese prodotta, ometteva di liquidare sia la fase monitoria, sia la fase della trattazione, sia, infine, il richiesto aumento del compenso per la redazione degli atti con modalità ipertestuali di cui all’art. 4, co. 1 bis, del D.M. n. 55/2014 come modificato dal D.M. n. 37/2018 e ult. succ. mod. disponeva: ‘che le spese seguono la soccombenza e vengono poste a carico del Ministero, altresì condannato al pagamento delle spese per gli esborsi documentati e collegati con la presente procedura ‘. Si evidenzia, peraltro, che la liquidazione delle spese di causa, ferma restando la decisione del merito, appare ictu oculi lesiva della dignità professionale e incongrua rispetto ai minimi delle tabelle professionali pur evocati dalla decisione gravata. In tal senso, la Corte d’appello, in violazione dei parametri vigenti (D.M. 55/2014 agg. al D.M. 147/2022), ha liquidato in dispositivo l’importo di euro 962,00, attenendosi ai minimi tariffari e non ai valori medi e, come dichiarato in motivazione, eliminava, senza alcuna giustificazione valida, la fase ‘istruttoria/trattazione’ . Al contrario, il compenso per l’opposizione andava liquidato, a tutto concedere, ai minimi parametrali, in euro 1.458,00, oltre alla fase monitoria ex l. COGNOME completamente omessa dal Collegio salernitano.
Con il secondo motivo di ricorso si contesta il decreto sotto i seguenti profili: Error in procedendo – violazione art. 360, co. 1, n. 4 cod. proc. civ. violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per omessa pronuncia su specifici capi della domanda circa le spese di lite omessa liquidazione dell’aumento del compenso per redazione ai atti navigabili ex art. 4, co. 1 bis, del D.M. n. 55/2014 come modificato dal D.M. n. 37/2018 e ult. succ. mod. – Nullità del decreto in ordine alle omesse liquidazioni delle spese di lite contenente solo formule
stereotipate asetticamente trascritte. Parte ricorrente deduce che la Corte d’appello, inoltre, ha omesso ogni decisione circa la richiesta liquidazione dell’aumento del compenso per la redazione degli atti con modalità ipertestuali, sia per il procedimento monitorio, sia per la fase dell’opposizione. L’aumento del compenso per la redazione degli atti con modalità ipertestuali di cui all’art. 4, co. 1 bis, del D.M. n. 55/2014 come modificato dal D.M. n. 37/2018 e ult. succ. mod. andava invece riconosciuto sia per la fase monitoria sia per quella di opposizione.
1.1. -I motivi, da trattarsi congiuntamente, sono fondati nei termini di cui motivazione.
In tema di spese legali, in assenza di diversa convenzione tra le parti, il giudice, ove la liquidazione dei compensi professionali e delle spese di lite avvenga in base ai parametri di cui al d.m. n. 55/2014, come modificato dal d.m. n. 37/2018, non può scendere al di sotto dei valori minimi, in quanto aventi carattere inderogabile (Cass., Sez. II, 13 aprile 2023, n. 9815).
Riguardo al procedimento di equa riparazione per irragionevole durata del processo, l’opposizione ex art. 5-ter della legge n.89 del 2001, avverso il decreto di rigetto non è assimilabile ad un appello, né introduce un autonomo giudizio di impugnazione del decreto che ha deciso sulla domanda, ma realizza una fase a contraddittorio pieno di un unico procedimento, avente ad oggetto la medesima pretesa fatta valere con il ricorso introduttivo (Cass., Sez. VI-2, 26 maggio 2020, n. 9728). Ne consegue che, se la domanda viene accolta in tale sede, la condanna alle spese segue l’esito complessivo del giudizio, senza che sia possibile procedere a una distinta liquidazione per la fase monocratica (Cass., Sez. II, 3 settembre 2024, n. 23630; Cass., Sez. VI-2, 16 settembre 2015, n. 18200).
Se corretta risulta la liquidazione unitaria del compenso per la fase di merito complessivamente intesa, applicando le tabelle di cui al D.M. n. 147 del 13 agosto 2022, tenuto conto di un valore della
causa da € 1.101 a € 5.200 (euro 2.000,00 a titolo di indennizzo), si ottiene un compenso tabellare minimo di euro 1.458,00, senza contare l’aumento per la redazione degli atti con modalità ipertestuali di cui all’art. 4, co. 1 bis, del D.M. n. 55/2014, da riconoscersi nel caso di specie alla luce della documentazione prodotta.
La censura è quindi fondata, avendo la Corte d’appello riconosciuto a titolo di spese processuali, in relazione al valore della causa, somme inferiori a quelle risultanti dalla massima riduzione percentuale consentita dal citato art. 4, comma primo, D.M. 5 5/2014, nel testo novellato, e con l’attribuzione di un importo onnicomprensivo senza distinzione per fasi (Cass. n. 6518/2022; Cass. n. 23873/2021; Cass. n. 19482/2018; Cass. n. 6306/2016).
2. -Alla stregua delle suesposte considerazioni, il ricorso va accolto.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la controversia può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ. con la cassazione del decreto impugnato limitatamente alla liquidazione delle spese della fase monitoria e di quella di opposizione, liquidate in euro 2.700,00, considerato un valore della causa da euro 1.101 a euro 5.200 applicando le tabelle del 2022 (D.M. n. 147 del 13/08/2022), prevedendo sia l’aumento del 30% per l’utilizzo di tecniche informatiche che la successiva riduzione del 30% per assenza di specifiche e distinte questioni di fatto e diritto (art. 4, comma 4).
Anche le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo (euro 1.750,00 per compensi, oltre euro 100,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali (15%) ed accessori come per legge) considerato un valore della causa da euro 1.101 a euro 5.200 applicando le tabelle del 2022 (D.M. n. 147 del 13/08/2022), prevedendo sia l’aumento del 30% per l’utilizzo di tecniche informatiche che la successiva riduzione del
30% per assenza di specifiche e distinte questioni di fatto e diritto (art. 4, comma 4).
Il ricorrente è stato ammesso al patrocino a spese dello Stato per il giudizio di legittimità come da decreto del 24 giugno 2024, per cui la parte soccombente viene condannata ai sensi dell’art 133 del D.P.R. n. 115 del 2002 al pagamento delle spese, non già alla parte vittoriosa, bensì allo Stato limitatamente alla spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato limitatamente alla liquidazione delle spese e condanna il Ministero della giustizia alla rifusione, in favore del ricorrente delle spese di lite relative alla fase monitoria e di quella di opposizione, liquidate in euro 2.700,00 per compensi, oltre euro 50,00 per esborsi, al rimborso spese generali (15%) ed accessori come per legge.
Condanna il Ministero della giustizia alla rifusione, in favore dello Stato ai sensi dell’art . 133 del D.P.R. n. 115 del 2002, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 1.750,00 per compensi, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali (15%) ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione