Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20677 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20677 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11525/2023 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente incidentale-
contro
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 1413/2023 depositata il 31/03/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con sentenza del 31.3.23 la C orte d’appello di Roma, in parziale riforma di sentenza del Tribunale della stessa sede, ha condannato la odierna ricorrente principale a pagare al lavoratore un indennità risarcitoria sostitutiva della reintegra commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dalla data del licenziamento al 27.10.21, detratto l’aliunde perceptum da altre attività lavorative svolte dopo l’estromissione. Con l’originario ricorso il lavoratore aveva dedotto di essere stato assunto di fatto in qualità di cameriere in data 2.5.2010, di essere stato licenziato verbalmente in data 30.6.2011 e quindi riassunto il 20.12.2013 con regolarizzazione successiva del rapporto in data 4.2.2014 con qualifica di apprendista e rapporto a tempo parziale e quindi nuovamente licenziato verbalmente in data 3.6.2017 . Il Tribunale all’esito della opposizione proposta dal lavoratore dichiarava inefficace il licenziamento del 3.6.2017 e condannava la società alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro ed al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal licenziamento all’effettiva reintegrazione , dedotto quanto nelle more percepito dal lavoratore per l’espletamento di altre attività lavorative, rigettando nel resto il ricorso.
Rispetto alla pronuncia di primo grado la Corte territoriale ha rideterminato la retribuzione globale di fatto tenendo conto delle mensilità aggiuntive, del TFR, del compenso per lavoro straordinario (ritenuto provato); ha quindi condannato a pagare le spese di lite secondo soccombenza.
Avverso tale sentenza ricorre il datore per cinque motivi, cui resiste con controricorso il lavoratore, che propone ricorso incidentale per un motivo rispetto al quale il datore è rimasto intimato.
Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
Quanto al ricorso principale, il primo motivo deduce violazione dell’art. 416, 414 c.p.c., per avere la Corte territoriale respinto la deduzione della società in punto di tardività dell’eccezione di nullità del contratto di apprendistato.
Il secondo motivo lamenta violazione dell’art. 2041 c.c., per avere la Corte territoriale omesso di detrarre ai fini dell’aliunde perceptum l ‘indennità di disoccupazione e quella connessa alla cassa integrazione.
Il terzo motivo deduce violazione dell’art. 18, comma quattro, st.lav., per non avere la Corte di merito indicato l’ammontare dell’aliunde perceptum in concreto.
Il quarto motivo deduce violazione dell’art. 2697 c.c., per aver la C orte territoriale onerato il datore di provare l’occasionalità dello straordinario.
Il quinto motivo deduce violazione dell’art. 91 c.p.c., per aver condannato la parte al pagamento delle spese di lite nonostante la reciproca soccombenza.
I motivi del ricorso principale sono infondati.
Il primo motivo di ricorso presenta un profilo di inammissibilità connesso al difetto di compiuta esposizione della vicenda
processuale, come indispensabile al fine della verifica della dedotta tardività della eccezione di nullità del contratto di apprendistato. In ogni caso parte ricorrente sembra fondare la censura articolata sull’assunto della necessità di definizione completa del thema decidendum già nella fase di cognizione sommaria del cd rito Fornero e ciò in contrasto con consolidati approdi di questa Corte in ordine all’unicità del giudizio di primo grado a composizione bifasica ( ex plurimis v. Cass. 9458/2019) . Nel merito si osserva che c ertamente è nullo l’ apprendistato, che è del tutto privo dei requisiti formali come accertato dalla Corte (motivo primo) (v. Cass. Sez. L – , Sentenza n. 6704 del 13/03/2024, Rv. 670355 -01, secondo la quale n tema di contratto di apprendistato, il requisito della forma scritta, previsto ratione temporis dall’art. 2, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 167 del 2011, va inteso in senso funzionale, in quanto prescritto a pena di nullità “di protezione” di una delle parti contrattuali, sicché esso è rispettato solo quando è redatto per iscritto anche il piano formativo individuale).
In relazione al secondo motivo si osserva che l’ indennità di disoccupazione e la cassa integrazione non sono detraibili secondo la giurisprudenza di legittimità richiamata dalla stessa sentenza, di secondo grado, trattandosi di somme che traggono origine dal sistema di sicurezza sociale che appronta a misure sostitutive del reddito in favore del lavoratore (motivo secondo) (tra le tante, Cassazione Sez. L – , Ordinanza n. 23306 del 18/09/2019,Rv. 655059 – 01), Sez. L – , Ordinanza n. 22428 del 06/08/2021, Rv. 662090 – 01).
Quanto al terzo motivo, se è vero (cfr. Sez. L, Sentenza n. 6668 del 05/04/2004, Rv. 571850 -01) che in riferimento al licenziamento dichiarato illegittimo, ai fini della sottrazione “dell’aliunde perceptum” dalle retribuzioni dovute al lavoratore ingiustamente licenziato a titolo di risarcimento del danno secondo quanto previsto dall’art. 18 della legge n. 300 del 1970, è
necessario che risulti la prova, da qualsiasi parte provenga, non solo del fatto che il lavoratore licenziato abbia assunto nel frattempo una nuova occupazione, ma anche di quanto percepito essendo questo il fatto che riduce l’entità del danno presunto- va rilevato che nel caso di specie la sentenza impugnata a pag. 7 par. 4.2.3. ha confermato la statuizione del tribunale che aveva calcolato le somme percepite (tenendo conto espressamente dei documenti prodotti dall’originario ricorrente a seguito di apposito ordine pronunciato dal giudice nella fase sommaria); a fronte di tale statuizione, la parte avrebbe dovuto appellare con indicazione delle somme a suo dire corrette, laddove tale appello non è stato presentato.
Nessuna inversione all’onere della prova è stata imposta dalla corte territoriale, posto che lo straordinario è stato provato dalla sua dimensione continuativa dal lavoratore (quarto motivo).
Infine (motivo quinto), occorre premettere che il regolamento delle spese di lite e la mancata compensazione delle stesse non è censurabile in sede di legittimità: come precisato tra le tante da Sez. 5 – , Ordinanza n. 9860 del 15/04/2025 (Rv. 674674 – 01) secondo cui, in tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata – nemmeno in minima parte – al pagamento delle stesse; ne consegue che il sindacato della Corte di cassazione è limitato all’accertamento della mancata violazione di detto principio, esulandovi sia la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite (tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto in quella di concorso con altri giusti motivi) sia la relativa quantificazione, ove quest’ultima non ecceda i limiti (minimi, ove previsti e) massimi fissati dalle tabelle vigenti, che restano appannaggio del potere discrezionale del giudice di merito.
Peraltro, va rilevato nel caso che non vi era una reciproca soccombenza, avendo operato la corte una valutazione di soccombenza sostanziale del datore (tenuto a pagare diverse somme e perciò condannato).
Ne consegue il rigetto del ricorso principale.
Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto, nei riguardi del ricorrente principale.
Venendo al ricorso incidentale, l’unico motivo lamenta violazione dell’art. 91 per violazione dei minimi tabellari.
Al fine di potere stabilire lo scaglione applicabile alla fattispecie, va precisato il valore della controversia in relazione all’indennità risarcitoria maturata dal giorno del recesso alla data del 27.10.21, pari a complessivi 52 mesi, per retribuzione globale di fatto di euro 2.004,58, con indennità totale dunque di euro 104.238, 16, oltre accessori: si rientra dunque nello scaglione da euro 52.000 a euro 260.000.
Il ricorrente incidentale ha operato i calcoli dei compensi professionali sulla base di detto scaglione: anche solo a considerare le attività di studio, quella introduttiva e quella decisionale, senza tener conto della fase istruttoria a merito pieno, in difetto di prova di svolgimento in appello, risultano violati i minimi tariffari, che ammontano ad euro 4.522 per la fase sommaria ed euro 5.103 per l’opposizione di primo grado (secondo tabelle all’epoca vigenti) e 4.997 per l’appello (secondo le nuove tabelle medio tempore entrate in vigore), laddove la sentenza impugnata ha liquidato euro 2500 per la fase sommaria, 4000 per la fase di opposizione e 4.500 per l’appello.
In accoglimento del ricorso incidentale, la sentenza va cassata in parte qua in relazione al motivo e la causa va rinviata alla medesima corte d’appello in diversa composizione per un nuovo esame ed anche per le spese di legittimità.
p.q.m.
accoglie il ricorso incidentale, rigettato quello principale; cassa la sentenza impugnata in parte qua in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla medesima corte d’appello in diversa composizione per un nuovo esame ed anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 giugno 2025.