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Minimale contributivo: obbligo anche senza stipendio?

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’obbligo di versare i contributi previdenziali, basati sul minimale contributivo, sussiste anche durante i periodi di sospensione del rapporto di lavoro concordati tra le parti e senza retribuzione. Il ricorso di un’azienda di trasporti è stato rigettato perché il rapporto contributivo è autonomo da quello retributivo, e le sospensioni non previste dalla legge o dal CCNL non giustificano il mancato versamento.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Minimale contributivo: obbligo di versamento anche senza retribuzione

L’obbligo di versare i contributi previdenziali sussiste anche quando il rapporto di lavoro è sospeso e il dipendente non riceve lo stipendio? La Corte di Cassazione ha risposto a questa domanda, chiarendo la portata del principio del minimale contributivo e l’autonomia del rapporto previdenziale rispetto a quello retributivo. Una recente ordinanza ha confermato che le sospensioni del lavoro concordate tra le parti, se non previste dalla legge o dai contratti collettivi, non esonerano il datore di lavoro dal versamento dei contributi.

I fatti del caso

Una società di autotrasporti si era opposta a un verbale di accertamento dell’ente previdenziale nazionale, che le contestava il mancato versamento di contributi per alcuni dipendenti nel periodo 2015-2017. L’azienda sosteneva che, in tale periodo, i rapporti di lavoro erano stati sospesi di comune accordo con i lavoratori, senza erogazione di retribuzione, come consentito, a suo dire, da specifiche clausole del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) di settore. Mentre il Tribunale di primo grado aveva in parte accolto le ragioni della società, la Corte d’Appello aveva riformato la decisione, dando ragione all’ente previdenziale. La società ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

Il ruolo del minimale contributivo nella decisione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il punto centrale della controversia era l’applicabilità del principio del minimale contributivo anche nei casi di sospensione concordata del rapporto di lavoro senza diritto alla retribuzione. La Corte ha ribadito un orientamento ormai consolidato, basato su principi fondamentali del diritto previdenziale.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha spiegato che l’obbligo contributivo è autonomo rispetto all’obbligazione retributiva. La legge (in particolare il D.L. n. 338/1989) stabilisce che la base imponibile per il calcolo dei contributi non può essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito dai contratti collettivi nazionali. Questo importo è il cosiddetto minimale contributivo.

Questo principio serve a garantire l’adeguatezza delle tutele previdenziali e assistenziali, che altrimenti verrebbero indebolite da accordi individuali volti a ridurre la retribuzione (e di conseguenza i contributi). La Corte ha chiarito che l’obbligazione contributiva rimane dovuta per intero anche nei casi di assenza del lavoratore o di sospensione della prestazione che non derivino da cause previste dalla legge o dal contratto collettivo (come malattia, maternità, infortunio). Le sospensioni frutto di una libera scelta concordata tra le parti non rientrano in queste eccezioni e, pertanto, non fanno venir meno l’obbligo di versamento basato sul minimale.

Le conclusioni

La decisione ha importanti implicazioni pratiche per i datori di lavoro. Stabilisce in modo chiaro che non è possibile modulare l’obbligo contributivo in base ad accordi individuali di sospensione del lavoro non retribuita, a meno che tali sospensioni non siano espressamente contemplate e giustificate da specifiche norme di legge o del CCNL di riferimento. Il rapporto con l’ente previdenziale segue regole proprie, finalizzate a tutelare l’interesse pubblico e del lavoratore a una solida copertura previdenziale, e non può essere derogato dalla volontà delle parti del rapporto di lavoro. Pertanto, l’obbligo di versare i contributi sul minimale contributivo persiste, garantendo così la continuità della posizione assicurativa del lavoratore.

Un datore di lavoro deve versare i contributi se il lavoro è sospeso di comune accordo e senza stipendio?
Sì, secondo la Corte di Cassazione l’obbligo di versamento dei contributi previdenziali, calcolati sul minimale contrattuale, sussiste anche in caso di sospensione concordata del rapporto senza retribuzione, a meno che la sospensione non sia dovuta a cause specificamente previste dalla legge o dal CCNL (es. malattia, maternità).

Cos’è il minimale contributivo e perché è fondamentale?
Il minimale contributivo è l’importo minimo di retribuzione, stabilito dai contratti collettivi nazionali, su cui devono essere calcolati i contributi. È fondamentale perché garantisce che la contribuzione sia adeguata a finanziare le prestazioni previdenziali e assistenziali, indipendentemente dalla retribuzione effettivamente corrisposta.

L’accordo tra datore di lavoro e dipendente può giustificare il mancato pagamento dei contributi durante una sospensione?
No. La Corte ha chiarito che l’obbligo contributivo è autonomo e non può essere derogato da un accordo tra le parti. Le uniche sospensioni che possono giustificare un’esenzione sono quelle previste da fonti normative superiori (legge e contrattazione collettiva), non dalla libera scelta del datore di lavoro e del lavoratore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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