Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6169 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 6169 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 7868-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 124/2018 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 29/08/2018 R.G.N. 133/2017;
Oggetto
Minimale contributivo
R.G.N.7868/2019 Cron. Rep. Ud.14/02/2025 CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con sentenza n.124/18, l a Corte d’appello di Campobasso, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, accoglieva l’opposizione svolta da RAGIONE_SOCIALE avverso un verbale ispettivo dell’Inps in cui era contestato il mancato pagamento ai lavoratori delle retribuzioni dovute in base al CCNL di riferimento.
Per quanto qui di rilievo, riteneva la Corte che la società, in relazione al CCNL applicato ai propri lavoratori, avesse dimostrato il pagamento delle retribuzioni e dei contributi.
Avverso la sentenza ricorre l’Inps, in proprio e quale procuratore speciale della RAGIONE_SOCIALE, per un motivo illustrato da memoria.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
All ‘odierna adunanza camerale il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo di ricorso l’Inps deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt.1, 2 d.l. n.692/45 recepito negli artt.27 e 28 d.P.R. n.797/55, e successive modificazioni, nonché dell’art.1 d.l. n.338/89, conv. con modif. in l. n.389/89 e degli artt.2697 c.c. e 115 c.p.c.
Sostiene che a fronte del CCNL applicato dalla società ai lavoratori, diverso da quello ritenuto dall’Inps e con previsione di retribuzioni superiori, la Corte abbia errato nel suo riferirsi al minimale contributivo. Al contrario, era questione di omesso versamento contributivo su tutte le voci retributive pagate dalla società ai propri lavoratori.
Il motivo è inammissibile.
Premesso che la qualificazione dell’azione giudiziale compete al giudice di merito (Cass.19475/05), va detto che il verbale ispettivo non faceva affatto riferimento al mancato versamento contributivo su tutte le voci retributive corrisposte ai lavoratori, come affermato nel motivo di ricorso, ma contestava che, in base al CCNL ritenuto applicabile dall’Ente, non fosse stata pagata l’intera retribuzione dovuta e, di conseguenza, nemmeno versato il minimale contributivo. Recitava infatti il verbale ispettivo che la società: ‘non ha adeguato le retribuzioni a quelle previste dal CCNL in vigore per il settore cui essa appartiene (Legno e arredamento) e quindi non ha corrisposto ai lavoratori dipendenti occupati in tali mesi il trattamento economico previsto dal predetto CCNL applicabile’.
Con il ricorso l’Inps deduc e una questione nuova, di cui non è cenno nella sentenza impugnata; deduce che, una volta individuato il CCNL applicato dal datore, il quale prevedeva retribuzioni superiori a quelle dovute in base al CCNL invocato dall’Inps, su tali retribuzioni non sarebbero stati pagati per intero i contributi dovuti: la società avrebbe erogato voci retributive senza versare la correlata contribuzione.
Ora, il motivo è inammissibile poiché, come anticipato, deduce una questione nuova senza specificare in quale grado di giudizio e in quali atti essa sarebbe stata sottoposta al giudice di merito (v. Cass.20694/18, Cass.23675/13).
L’Inps afferma come pacifico tra le parti che il CCNL applicato dal datore prevedesse retribuzioni superiori a quelle corrispondenti al minimale contributivo dovuto in base al CCNL invece invocato nel verbale ispettivo. Tuttavia, il motivo è privo sul punto di autosufficienza, non riportando specificamente il contenuto degli atti difensivi dei gradi di merito dal quale evincere l’esistenza del fatto pacifico.
Oltre a ciò, il motivo si mostra del tutto generico, non specificando quale parte della (maggior) retribuzione non sarebbe stata assoggettata a contribuzione.
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna alle spese secondo soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente a rifondere le spese di lite del presente giudizio di cassazione, liquidate in € 3500 per compensi, €200 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali e accessori di legge;
ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, attes a l’inammissibilità , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte d ell’Inps , dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, all’adunanza camerale del 14.2.25