Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30459 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 30459 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 18683-2024 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante COGNOME NOME anche in proprio, rappresentati e difesi dall’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– resistenti con mandato –
nonché contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE – RISCOSSIONE;
– intimata –
Oggetto
MINIMALE
CONTRIBUTIVO
R.G.N.NUMERO_DOCUMENTO
Ud 09/10/2025 CC
avverso la sentenza n. 62/2024 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 22/02/2024 R.G.N. 860/NUMERO_DOCUMENTO più 1; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/10/2025 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Rilevato che:
Con ricorso ex art. 414 c.p.c. depositato in data 13 agosto 2018 le RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, nonché NOME COGNOME ed NOME COGNOME (questi ultimi in qualità di responsabili aziendali) impugnavano innanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, in funzione di Giudice del Lavoro, il verbale unico di accertamento e notificazione n. NUMERO_DOCUMENTO formato in data 14 dicembre 2017, verbale con il quale l’Ispettorato Territoriale del Lavoro di RAGIONE_SOCIALE contestava la violazione della disciplina dettata dal contratto collettivo nazionale di RAGIONE_SOCIALE applicato in punto di maggiorazioni per RAGIONE_SOCIALE straordinario, festivo e notturno, nonché la mancata corresponsione della retribuzione nel periodo di carenza per malattia. L’Ispettorato, sotto diverso profilo, accertava l’ errata determinazione della base imponibile previdenziale, in violazione dell’art. 1 della legge n. 389/1989. In conseguenza l’Autorità Ispettiva disponeva la revoca degli sgravi e dei benefici contributivi riconosciuti ex art. 1, comma 118 della legge n. 190/2014, diffidando il pagamento complessivo dell’importo di € 274.722,99. I Ricorrenti chiedevano annullarsi il verbale di accertamento e le conseguenti sanzioni.
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE seguito la RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, impugnava innanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE l’avviso di addebito n. 419 2018 00037917 79 000 con cui l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE chiedeva il pagamento della somma di € 323.361,48 per contributi non versati che traevano origine dal verbale unico di accertamento formato dall’Ispettorato Territoriale di
RAGIONE_SOCIALE in data 14 dicembre 2017, già oggetto di impugnazione innanzi al Tribunale. L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE si costitutiva in questo giudizio chiedendo il rigetto della domanda.
Riuniti i due procedimenti su istanza di parte, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE accoglieva parzialmente i ricorsi e confermava, nel resto, la fondatezza del verbale di accertamento dei rilievi ispettivi e delle conseguenti riprese contributive.
Avverso detta sentenza proponevano appello innanzi tutto la RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE. L’RAGIONE_SOCIALE si costituiva chiedendo il rigetto dell’avverso gravame. A sua volta l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE aveva proposto autonomo atto di appello chiedendo la riforma della sentenza di primo grado nelle parti in cui l’Istituto era rimasto soccombente. La RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, nonché NOME COGNOME ed NOME COGNOME si costituivano in questo secondo giudizio. I due appelli venivano riuniti. Con la sentenza n. 62/2024, pubblicata il 22/02/2024, la Corte di Appello di Venezia, sezione RAGIONE_SOCIALE, accoglieva l’appello dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e determinava in euro 323.361,48 la somma dovuta all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e accertava la responsabilità solidale del RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE per la somma di euro 185.806,32; rigettava l’appello proposto dalla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in proprio e in qualità di socio della estinta società RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE articolando cinque motivi di ricorso. L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, e per essa la RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, si è limitata al deposito della Procura mentre l’Agenzia delle Entrate Riscossione è rimasta intimata.
La parte ricorrente ha depositato memorie conclusive.
Il ricorso è stato trattato dal RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE nella camera di consiglio del 09/10/2025.
Considerato che :
Con il primo motivo di ricorso si deduce ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.: violazione dell’art. 1 del d.l. n. 338/1989 convertito nella legge n. 389/1989 e dell’art. 2070 c.c. per avere la sentenza impugnata ritenuto applicabile la regola del minimale contributivo alle prestazioni di RAGIONE_SOCIALE straordinario, notturno e festivo, nonché alla fattispecie della c.d. malattia breve.
Deduce in proposito la parte ricorrente che «la sentenza oggetto del presente gravame risulta meritevole di riforma, in primo luogo, per aver erroneamente applicato la disciplina del c.d. minimale contributivo alle prestazioni di RAGIONE_SOCIALE straordinario, notturno e festivo per cui è causa, nonché alla fattispecie della c.d. malattia breve. (..) Invero, come esposto e mai contestato da controparte, gli accordi RAGIONE_SOCIALE de quibus definivano la modifica, in peius ed in deroga al CCNL applicato dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, delle percentuali, in diminuzione, dei compensi da riconoscere a titolo di RAGIONE_SOCIALE straordinario, notturno e festivo, nonché una diversa modulazione della remunerazione per la malattia breve, la c.d. carenza. Orbene, la Corte d’Appello statuisce c he la determinazione dell’imponibile contributivo attinente alle prestazioni lavorative oggetto di causa debba essere effettuata sulla base della disciplina stabilita dall’art. 1 del d.l. n. 338/1989, convertito nella legge n. 389/1989. La motivazione non può essere assolutamente condivisa, non potendosi estendere alle prestazioni lavorative oggetto di accordi RAGIONE_SOCIALE aziendali la regola del minimale contributivo».
Il motivo è infondato. La costante giurisprudenza di questa Corte afferma che il minimale contributivo come stabilito dall’art. 1 del d.l. n. 338/1989 convertito nella legge n. 389/1989 si applica sulla retribuzione dovuta e non sulla retribuzione in concreto corrisposta.
2.1. Nella fattispecie non coglie nel segno il ricorso nella parte in cui deduce che la contribuzione doveva essere calcolata in ragione della contrattazione aziendale perché ciò che doveva rilevare e che continuava a rilevare era la contrattazione individuale ovvero collettiva se prevedeva una retribuzione maggiore.
2.2. In proposito si consideri quanto affermato da Cass. 26/04/2023 n. 10960: detta pronuncia dopo aver affermato l’applicabilità della regola su l minimale contributivo anche alle cooperative, specifica come ai fini del minimale contributivo debba prendersi in considerazione la retribuzione comunque dovuta in ragione della contrattazione collettiva ovvero del contratto individuale, se migliorativa, e come essa prevalga sulla minore retribuzione eventualmente in concreto corrisposta anche in ragione di accordi stipulati per crisi aziendali
2.2. Si consideri anche quanto affermato da Cass. 04/12/2023, n. 33839: «il D.L. n. 338 del 1989, art. 1, comma 1, (conv. con L. n. 389 del 1989), stabilisce che la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale non può essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo.
Nell’interpretare tale disposizione, questa Corte, oltre a chiarire che essa ha aggiunto al previgente principio secondo cui l’imponibile si determina sul “dovuto” (e non su quanto “di fatto erogato”) il nuovo ed ulteriore criterio del “minimale contributivo”, ha precisato che la norma da essa desumibile opera esclusivamente nell’ambito del rapporto contributivo, che è affatto autonomo rispetto al rapporto di RAGIONE_SOCIALE, di talché la fissazione del “dovuto” sul piano previdenziale non esplica alcuna influenza sul diverso problema della determinazione del “dovuto” sul piano del rapporto di RAGIONE_SOCIALE (così Cass. n. 12122 del 1999 e numerose succ. conf.)». Nel medesimo senso milita il principio affermato da Cass. 17/10/2023, n. 28833: la regola del cd. minimale contributivo, che deriva dal principio di autonomia del rapporto contributivo rispetto alle vicende dell’obbligazione retributiva, opera anche con riferimento all’orario di RAGIONE_SOCIALE, che va parametrato a quello previsto dalla contrattazione collettiva, o dal contratto individuale, se superiore; ne deriva che la contribuzione è dovuta anche in caso di assenze o di sospensione concordata della prestazione che non trovino giustificazione nella legge o nel contratto collettivo, bensì in un accordo tra le parti che derivi da una libera scelta del datore di RAGIONE_SOCIALE (vd. Cass. nn. 15120 del 2019; 16859 del 2020; 23360 del 2021)».
Con il secondo motivo di ricorso si deduce ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. violazione dell’art. 1 del d.l. n. 338/1989, convertito nella legge n. 389/1989, in relazione agli artt. 2116 e 1362 c.c. per aver la sentenza impugnata applicato la regola del c.d. minimale contributivo alla fattispecie di sospensione concordata della prestazione lavorativa. Violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 20 del CCNL
per i dipendenti da imprese di spedizione, autotrasporto e logistica.
3.1. Il motivo è infondato, assumono rilievo le pronunce richiamate sopra sub. 2.1 e 2.2. e, in particolare, il principio affermato di recente da questa Corte con Cass. 09/06/2023, n. 16432: «in base ai più recenti arresti di questa Corte, non sussiste alcuna possibilità per i RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di modulare l’obbligazione contributiva in funzione dell’orario o della stessa presenza al RAGIONE_SOCIALE che abbiano concordato con i loro dipendenti: l’obbligazione relativa ai contributi deve piuttosto ritenersi affatto svincolata dalla retribuzione effettivamente corrisposta e semmai connotata da caratteri di predeterminabilità e oggettività, anche in funzione della possibilità di un controllo da parte dell’ente previdenziale, per modo che rimane dovuta nell’intero ammontare previsto dal contratto collettivo anche nei casi di assenza del lavoratore o di sospensione della prestazione lavorativa che costituiscano il risultato di un accordo tra le parti derivante da una libera scelta del datore di RAGIONE_SOCIALE e non da ipotesi previste dalla legge e dal contratto collettivo medesimo, quali malattia, maternità, infortunio, aspettativa, permessi, cassa integrazione (così, espressamente, Cass. nr. 4676 del 2021 e Cass. nr. 15120 del 2019, sulla scorta di quanto già affermato da Cass. nr. 13650 del 2019».
Con il terzo motivo di ricorso si deduce ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.: violazione dell’art. 1, comma 1175 della legge 296/2006 per avere la sentenza impugnata accertato il diritto dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE di revocare gli sgravi contributivi pur in assenza del DURC negativo e cioè senza verificare se sussistesse un Durc.
4.1. Il motivo è infondato. Si tratta di questione già ampiamente risolta da Cass. 02/12/2024, n. 30788 che afferma, citando ulteriori conformi precedenti: «valga al proposito richiamare quanto di recente ribadito in Cass. n. 21378/2023: «questa Corte di legittimità, …in tema di sgravi ma esprimendo un principio di ordine generale, ha avuto modo di precisare, in tema di rilevanza ed effetti del documento di regolarità contributiva (DURC), che la circostanza che l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE non abbia provveduto a segnalare eventuali irregolarità ostative al rilascio del DURC non determina in alcun modo l’inesigibilità delle differenze contributive rispetto agli sgravi, non potendo rovesciarsi sull’ente previdenziale gli effetti dell’inosservanza degli obblighi inerenti la regolarità contributiva, che sono in primis del datore di RAGIONE_SOCIALE, …(così Cass. n. 27107 del 2018, cui ha dato continuità Cass. n. 24854 del 2022; Cass. 15-12-2022, n. 36846). Deve convenirsi con il Procuratore Generale laddove osserva che il mero possesso del DURC, di per sé solo, non può essere inteso come dimostrazione ex se della regolarità contributiva e non può, quindi, essere considerato elemento che impedisce, di fatto, all’Istituto previdenziale di procedere al recupero di sgravi che risultino indebitamente fruiti, a ciò ostando le peculiari funzioni e finalità del documento nonché la lettera stessa dell’art. 1, comma 1175, cit. che qualifica il Durc come condizione necessaria ma non sufficiente per fruire dei benefici contributivi, posto che è altresì richi esta ‘l’assenza di violazioni nelle predette materie’ e restano ‘fermi gli altri obblighi di legge e il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE comparativamente più rappresentative
sul piano nazionale’. Su un piano più generale, è costante l’orientamento secondo cui, nascendo (ed essendo conformato) il rapporto di obbligazione contributiva direttamente dalla legge, per modo che gli atti ed i procedimenti amministrativi posti in essere dagli enti previdenziali in ordine alla sua gestione possiedono natura meramente ricognitiva, le iniziative degli enti medesimi che siano dirette alla riscossione di contributi che, con precedenti determinazioni, gli stessi enti avevano ritenuto non dovuti non sono propriamente riconducibili alla figura dell’autotutela, quale espressione del potere autoritativo dell’amministrazione di provvedere in merito ad atti precedentemente emanati, e non sono pertanto assoggettabili alle relative garanzie formali e sostanziali (così già Cass. n. 256 del 2001); si è recentemente precisato che tale principio non può soffrire deroghe nemmeno in relazione alla L. n. 212 del 2000, art. 10, che tutela l’affidamento del contribuente, trattandosi di principio che va contemperato con l’inderogabilità delle norme tributarie, l’indisponibilità dell’obbligazione contributiva, la vincolatività della funzione di imposizione e l’irrinunciabilità del diritto ai contributi, con conseguente impossibilità di attribuire effetti vincolanti per sé e per il giudice ordinario alle determinazioni dell’ente concernenti la sussistenza e la misura dell’obbligazione contributiva, sotto pena di riconoscere agli enti previdenziali un potere normativo che sarebbe in palese conflitto con il principio costituzionale della riserva relativa di legge di cui all’art. 23 Cost. » (così Cass. n. 36846/2022, che richiama Cass. n. 16865 del 2020)».
5. C on il quarto motivo di ricorso si deduce ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.: violazione dell’art. 116, comma 8, lett. b) della legge n. 388/2000 per aver accertato la
sentenza impugnata la sussistenza della fattispecie di evasione contributiva. Secondo la parte ricorrente ricorreva, semmai, la diversa e più tenue ipotesi omissione contributiva.
5.1. Il motivo è infondato. In proposito giova richiamare il principio secondo il quale: in tema di obblighi contributivi verso le gestioni previdenziali e assistenziali, l’omessa o infedele denuncia mensile all’RAGIONE_SOCIALE attraverso i modelli NUMERO_DOCUMENTO, circa i rapporti di RAGIONE_SOCIALE e le retribuzioni erogate, integra un'”evasione contributiva” ex art. 116, comma 8, lett. b), della l. n. 388 del 2000, e non la meno grave “omissione contributiva” di cui alla lettera a) della medesima norma, dovendosi presumere una finalità RAGIONE_SOCIALEale di occultamento dei dati, sicché grava sul datore di RAGIONE_SOCIALE l’onere di provare l’assenza d’intento fraudolento (Cass. 24/06/2022, n. 20446). Ed ancora: in tema di evasione ed omissione contributiva previdenziale ex art. 116 della l. n. 388 del 2000, ricorre la prima ipotesi quando il datore di RAGIONE_SOCIALE ometta di denunciare all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE rapporti lavorativi in essere e relative retribuzioni corrisposte, mentre va ravvisata la seconda, più lieve, qualora l’ammontare dei contributi, di cui sia stato omesso o ritardato il pagamento, sia rilevabile dalle denunce o registrazioni obbligatorie (Cass. 01/03/2017, n. 5281).
5.2. Nella fattispecie, come puntualmente osservato dalla sentenza impugnata all’esito di un accertamento in fatto non contestabile innanzi a questa Corte per i limiti connaturati alla funzione del giudizio di legittimità, l’ammontare dei contributi non era rilevabile dalle denunce o registrazioni obbligatorie e solo in ragione del l’atto di accertamento dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE è stato possibile ricostruire la retribuzione corrisposta, quella dovuta
in ragione della contrattazione integrativa aziendale e quella dovuta in ragione dei contratti individuali.
Con il quinto motivo di ricorso si deduce ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 324 c.p.c. per avere la pronuncia impugnata statuito il passaggio in giudicato dei capi della sentenza n. 174/2020 del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE riguardante il computo degli sgravi contributivi conseguenti alla trasformazione di un contratto di RAGIONE_SOCIALE da tempo determinato a tempo indeterminato. Secondo il motivo di ricorso la sentenza impugnata avrebbe errato nell’affermare il passaggio in giudicato delle statuizioni della sentenza di primo grado in relazione ai citati passaggi e ai conseguenti recuperi contributivi e tanto perché la società aveva contestato specificamente le affermazioni del Tribunale.
6.1. Il motivo è infondato perché la Corte di Appello con affermazione esatta ha negato che le osservazioni riportate nell’appello fossero idonee a scalfire il contenuto della sentenza di primo grado. La decisione impugnata appare incensurabile perché le riprese a contribuzione operate sotto quei profili dagli Ispettori sono corrette e sono il frutto di errori e violazioni della società che in sostanza non sono smentiti dalla parte ricorrente. Le doglianze sollevate non superano, ancora una volta, quanto già affermato sul punto già dalla sentenza di primo grado.
In definitiva il ricorso deve essere integralmente respinto.
Nulla in ordine alle spese in difetto di formale costituzione dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
nulla in ordine alle spese;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 9 ottobre 2025.
Il Presidente (NOME COGNOME)