Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24975 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24975 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 17585-2024 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentate e difese dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 196/2024 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 25/01/2024 R.G.N. 2113/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/07/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Fatti di causa
Oggetto
Retribuzione rapporto privato
R.G.N. 17585/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 09/07/2025
CC
La Corte di appello di Roma, con la sentenza n. 196/2024, decidendo in sede di rinvio a seguito della sentenza della Corte Suprema di Cassazione n. 13815/2023, ha rigettato il ricorso proposto in prime cure da NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME e ha condannato le predette a restituire alla RAGIONE_SOCIALE quanto ricevuto in esecuzione della sentenza cassata, oltre accessori.
La Corte territoriale ha rilevato, dopo avere limitato il thema decidendum unicamente in relazione alle suddette lavoratrici, che queste, dopo la pronuncia di secondo grado del 2012 che aveva riconosciuto la esistenza di un rapporto di lavoro ‘tuttora in corso’ con la RAGIONE_SOCIALE, non avevano dedotto né provato di avere messo in mora la società offrendo la loro prestazione lavorativa per il periodo aprile 2012-giugno 2016, di talché dovevano restituire le somme loro versate in adempimento della sentenza annullata.
Avverso tale decisione NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi cui ha resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE
Le parti hanno depositato memorie.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
Ragioni della decisione
Preliminarmente va dichiarata l’estinzione del processo, relativamente al rapporto processuale tra NOME COGNOME e NOME COGNOME da un lato, e la RAGIONE_SOCIALE, dall’altro, per intervenuta rinuncia e accettazione, nulla disponendo in ordine alle spese ex art. 391 u.c. cpc.
Per le altre due ricorrenti, i motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1206, 1207, 1453 e 1460 cod. civ., in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per avere errato la Corte territoriale nella individuazione del dictum della sentenza rescindente che non aveva mai affermato, nel caso di specie, che occorresse una messa in mora successiva alla pronuncia di accertamento della esistenza di un rapporto di lavoro ‘tuttora in corso’ con la società per avere diritto alle retribuzioni.
Il motivo è infondato.
La sentenza della Corte di Cassazione n. 13815/2023, nel caso di specie, ha chiaramente e univocamente statuito, con un principio vincolante e intangibile, che, ai fini del riconoscimento del diritto delle quattro lavoratrici ad ottenere il pagamento delle retribuzioni, pur in assenza di attività lavorativa, occorreva un atto di costituzione in mora successivo all’ordine giudiziale di ripristino del rapporto e, proprio tale accertamento, per il periodo aprile 2012 -giugno 2016, ha delegato al giudice del rinvio che correttamente si è attenuto a quanto statuito in sede di legittimità, nulla valendo eventuali mutamenti giurisprudenziali sul punto nelle more intervenuti.
Con il secondo motivo si censura la violazione dell’art. 394 cpc perché la Corte distrettuale, non svolgendo gli accertamenti demandati, non ha tenuto conto della originaria domanda di esse lavoratrici, con ciò violando gli artt. 112 e 434 cpc in quanto, da un lato, la motivazione era contraddittoria e presente solo da un punto di vista grafico e, dall’altro, vi era stata una omessa pronuncia sulla originaria domanda delle ricorrenti.
Anche tale motivo non è meritevole di accoglimento.
Alcuna anomalia motivazionale, imputabile alla gravata sentenza, ricorre nel caso di specie essendo essa anomalia ravvisabile, a seguito della nuova formulazione dell’art. 360 co. 1 n. 5 cpc, solo quando la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (per tutte, Cass. n. 7090/2022; Cass. Sez. Un. n. 8053/2014): ipotesi quest’ultima non ravvisabile nel caso de quo .
Inoltre, va osservato che la Corte territoriale, in ossequio alla natura del giudizio di rinvio, si è attenuta ad accertare proprio quanto richiesto in sede rescindente circa la sussistenza di un valido atto di messa in mora dopo l’ordine giudiziale di ripristino del rapporto, dandone adeguata spiegazione.
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso, relativamente alle posizioni di NOME COGNOME e NOME COGNOME, deve essere rigettato.
Al rigetto segue la condanna delle suddette ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo, con riguardo alle ricorrenti NOME COGNOME
PQM
La Corte dichiara estinto il processo limitatamente al rapporto processuale tra COGNOME NOME e COGNOME NOME, da un
lato, e la RAGIONE_SOCIALE, dall’altro, nulla disponendo in ordine alle spese; rigetta nel resto il ricorso. Condanna le ricorrenti NOME COGNOME e NOME COGNOME al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti NOME e COGNOME, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 luglio 2025