Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 25907 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 25907 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 12537/2024 r.g. proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, con sede in Parma, alla INDIRIZZO, in persona del Responsabile della Direzione NPE dott. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende giusta procura speciale allegata al controricorso.
-controricorrente – avverso la sentenza, n. cron. 408/2024, della CORTE DI APPELLO DI ANCONA depositata in data 08/03/2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 17/09/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto notificato il 12 settembre 2018, NOME COGNOME citò RAGIONE_SOCIALE innanzi al Tribunale di Pesaro per sentire accogliere le seguenti conclusioni: « In via principale e nel merito, accertata la violazione del divieto di patto commissorio, dichiarare nulla la procura speciale rilasciata dal Sig. NOME COGNOME per la vendita del fabbricato ubicato in Fano (PU), INDIRIZZO, ai sensi dell’art. 2744 c.c., in relazione all’a rt. 1344 c.c.; accertata l’errata valutazione del merito creditizio e la concessione abusiva del credito al Sig. NOME COGNOME nonché l’illegittimità del comportamento tenuto dalla Cassa di Risparmio di Fano S.p.a. e dalla Credito Valtellinese S.p.a., condannare quest’ultima a risarcire il danno arrecato al cliente, nella misura che risulterà di giustizia a istruttoria conclusa ed a qualsiasi titolo dovuta, oltre interessi e rivalutazione monetaria » .
Costituitasi la banca convenuta, che contestò le avverse pretese chiedendone il rigetto, l’adito tribunale, istruita la causa, con sentenza pubblicata in data 1 giugno 2021, disattese le domande d ell’attore , ritenuto responsabile della sua esposizione per plurimi mutui, e lo condannò al rimborso delle spese di lite.
Il gravame promosso dal COGNOME contro quella decisione fu respinto dalla Corte di appello di Ancona, con sentenza del giorno 8 marzo 2024, n. 408, pronunciata nel contraddittorio con RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE (incorporante la RAGIONE_SOCIALE s.p.aRAGIONE_SOCIALE, già Credito Valtellinese s.p.a.).
Per quanto qui ancora di interesse, quella Corte, dopo aver analiticamente descritto i finanziamenti concessi dalla banca al RAGIONE_SOCIALE, opinò che quest’ultima aveva « adeguatamente assolto l’obbligo di rispettare i principi di cd. sana e corretta gestione posti a suo carico, verificando il merito creditizio del cliente in forza di informazioni adeguate tratte dalle articolate e analitiche relazioni dallo stesso prodotte. Le conclusioni raggiunte dal primo giudice devono pertanto essere confermate» (cfr. pag. 13 della sentenza impugnata).
Per la cassazione di questa sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso affidandosi ad un motivo. Ha resistito, con controricorso, RAGIONE_SOCIALE
Il 17/19 novembre 2024, il consigliere delegato ha depositato una proposta di definizione anticipata del giudizio ex art. 380bis cod. proc. civ., come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Con istanza del 19/20 dicembre 2024, il COGNOME ha chiesto la decisione del suo ricorso, depositando, poi, anche una memoria ex art. 380bis .1 cod. proc civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’unico formulato motivo di ricorso, rubricato « Violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1176 e 1375 c.c., del principio di sana e corretta gestione di cui agli artt. 5, 14, 53bis , 67ter , 107, 108, 114quinquies , 114nonies , 114quaterdecies T.U.B., degli artt. 142 e ss. Regolamento UE n. 575/2013 nonché della circolare della Banca d’Italia n. 263 del 27.12.2006 », contesta alla corte distrettuale di non avere fatto buon governo delle norme generali che richiedono la buona fede e la diligenza nell’adempimento delle obbligazioni, né della disciplina che regola l’esercizio dell’attività bancaria. Si assume, in particolare, che, nella specie, è configurabile una grave responsabilità della banca in ordine all’origine ed al peggioramento della situazione debitoria del ricorrente. La stessa, infatti, avrebbe dovuto astenersi dal concedere il primo mutuo in assenza di capacità restitutoria da parte del COGNOME e, a maggior ragione, avrebbe dovuto evitare la concessione degli ulteriori mutui, attesa l’incapacità del debitore di rimborsare le rate emersa da subito e risolta dalla banca concedendo ulteriore credito, con cui veniva ripianata di volta in volta l’esposizione ed evitat a la segnalazione alla Centrale Rischi.
Va rilevato, innanzitutto, che la menzionata proposta ex art. 380bis cod. proc. civ. ha il seguente tenore:
« 1. L’unico formulato motivo di ricorso si rivela manifestamente inammissibile.
1.1. Invero, giova premettere che il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. (specificamente invocato dal ricorrente nella doglianza in esame) può rivestire la forma della violazione di legge (intesa come errata negazione o affermazione dell’esistenza o inesistenza di una norma, ovvero attribuzione alla stessa di un significato inappropriato) e della falsa applicazione di norme di diritto (intesa come sussunzione della fattispecie concreta in una disposizione non pertinente perché, ove propriamente individuata ed interpretata, riferita ad altro, ovvero deduzione da una norma di conseguenze giuridiche che, in relazione alla fattispecie concreta, contraddicono la sua, pur corretta, interpretazione. Cfr., tra le più recenti, Cass. nn. 27328, 19423, 16448 e 5436 del 2024; Cass. n. 1015 del 2023; Cass. nn. 5490, 3246 e 596 del 2022; Cass. nn. 40495, 28462, 25343, 4226 e 395 del 2021). È opportuno evidenziare, inoltre, che questa Corte, ancora recentemente (cfr., pure nelle rispettive motivazioni, oltre alle pronunce appena citate, Cass. n. 35041 del 2022, Cass. n. 33961 del 2022 e Cass. n. 13408 del 2022), ha chiarito, tra l’altro, che: a) non integra violazione, né falsa applicazione di norme di diritto, la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poiché essa si colloca al di fuori dell’ambito interpretative ed applicativo della norma di legge; b) il discrimine tra violazione di legge in senso proprio (per erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa) ed erronea applicazione della legge (in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, diversamente dalla prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (cfr. Cass. n. 10313 del 2006; Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2015; Cass. n. 8315 del 2013; Cass. n. 16698 del 2010; Cass. n. 7394 del 2010); c) le doglianze attinenti non già all’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito (cfr. Cass. n. 13238 del 2017; Cass. n. 26110 del 2015).
1.2. Fermo quanto precede, va rilevato che la sentenza impugnata ha esaustivamente motivato, con precisi riferimenti anche a circostanze fattuali, relativamente al merito creditizio ed alla capacità restitutoria dell’odierno ricorrente (cfr. amplius , pag. 9 e ss. della motivazione). In particolare: i) con riguardo all’analisi del cliente, ha evidenziato che: i -a) «il COGNOME era proprietario di un vasto compendio immobiliare destinato (in parte) all’esercizio dell’attività di impresa e che alla data di concessione del primo finanziamento godeva di una notevole liquidità economica (cfr. estratti conto sub doc. 7-1 nel fascicolo della Banca, da cui emerge al 31.12.2007 un attivo contabile di € 228.149,32). A ciò si aggiunge l’ulteriore elemento (allega to dallo stesso appellante al punto 1 dell’atto di citazione di primo grado) della risalente esistenza di rapporti tra le parti, tali da far ritenere che la Banca avesse qualificato il cliente come ‘affidabile’. Inoltre, dall’esame della terza relazione in data 3/5/2011, emerge come l’appellante ha rappresentato anche la possibilità di disporre di ulteriore liquidità derivante dalla cessione di un terreno, la cui tempistica era tuttavia legata alla definizione della pendenza del contenzioso relativo alla sua qualificazione come edificabile o meno, operazione che avrebbe consentito la restituzione di ‘una buona parte della quota capitale finanziata’ in relazione al mutuo in data 5/12/2011 di maggior importo (2.200.000,00). Alla data di concessione del primo finanziamento, il COGNOME poteva contare su una cospicua liquidità economica nonché su un vasto compendio immobiliare destinato all’attività di impresa»; i -b) l’impresa del COGNOME «intendeva inserirsi ‘nel panorama dell ‘offerta turistica extra alberghier a della città di Fano’ ritenuto, anche sulla base ‘dei recenti studi sulle prospettive di sviluppo dell’economia marchigiana’, con ‘enormi potenzialità di crescita’ sia per la mancanza rispetto alle regioni limitrofe di strutture analoghe, sia per la ‘cres cente attenzione di molti operatori turistici, soprattutto stranieri’, sia per la particolare collocazione della struttura a poca distanza dalla città di Fano, dalle terme di Carignano, dalla città di Urbino e dall’eremo di Monte Giove»; i-c) fino ad aprile 2016, la Centrale Rischi non mostrava alcun segnale di tensione e i conti personali del Mariotti, così come quelli dell’impresa, erano caratterizzati da una movimentazione del tutto
equilibrata. Inoltre, «Dalla raccomandata di revoca degli affidamenti in data 9/4/2018 (cfr. doc. sub 16 nel fascicolo dell’appellante), come correttamente accertato dal primo giudice, risulta che l’inadempimento del COGNOME sia da collocare nel giugno 2015 limitatamente al mutuo concesso il 5/12/2011 (in relazione al quale è contestato il mancato pagamento di 5 rate semestrali) e quindi oltre un anno dopo la concessione dell’ultimo finanziamento (mentre con riferimento agli ulteriori mutui il mancato pagamento delle rate è collocabile tra il dicembre 2016 e il dicembre 2017)»; ii) con riferimento all’analisi dell’operazione, dopo aver sottolineato che «la circostanza che l’attività di impresa è di fatto iniziata solo nel 2008 (punto 2 dell’atto di citazione), potenziando gli originari otto posti letto realizzati nella ex scuderia con altri tre appartamenti ricavati nella ex casa colonica vicina alla villa (cfr. relazione 30/11/2009), non consente di dare particolare rilevanza alla circostanza della mancata acquisizione da parte della banca dei bilanci di esercizio, atteso che gli utili ipotizzati non potevano che essere futuri e legati alla realizzazione degli interventi», ha evidenziato che: ii-a) le proiezioni finanziarie contenute nelle relazioni di volta in volta depositate dal COGNOME erano «sorrette da piani aziendali ben articolati e particolareggiati» ed apparivano «realistiche e ragionevoli in relazione alla fetta di mercato cui erano rivolte»; ii-b) tenuto conto del potenziamento non solo dei posti letti, ma anche dei ricavi connessi alla realizzazione dell’area benessere e di quella ristorazione/convegni, «l’aspettativa di guadagno annuo indicata per l’annualità 2014 -2015 in € 384.000,00 appariva idonea a sostenere gli impegni finanziari assunti»; iii) con riguardo all’analisi delle garanzie, ha rimarcato che «la valutazione del merito creditizio non può prescindere dalla valutazione anche delle garanzie offerte, ancorché in posizione subordinata e sussidiaria rispetto alle indagini di cui ai punti precedenti. Le garanzie, infatti, anche all’esito del recepimento di Basilea II, intervengono nel processo di valutazione incidendo in maniera determinante sulla percentuale di rischio di perdita derivante dall’inadempimento. Nella specie risultano essere state offerte garanzie reali, che per proprio per la loro natura facilitano l’accesso al credito».
1.2.1. La corte ha concluso, dunque, affermando che, «Alla luce della disamina fin qui svolta, questa Corte ritiene che la Banca abbia adeguatamente assolto l’obbligo di rispettare i principi di cd. sana e corretta gestione posti a suo carico, verificando il merito creditizio del cliente in forza di informazioni adeguate tratte dalle articolate e analitiche relazioni dallo stesso prodotte. Le conclusioni raggiunte dal primo giudice devono pertanto essere confermate» (cfr. pag. 13 della sentenza impugnata).
1.3. Pertanto, non resta che prendere atto dei relativi accertamenti, evidentemente fattuali, svolti dal giudice a quo, rispetto ai quali le argomentazioni della censura in esame si rivelano generiche e sostanzialmente volte ad ottenerne un riesame, così dimenticando che: i) il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. deve essere dedotto, a pena di inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4, cod. proc. civ., non solo con la indicazione delle norme assertivamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendosi alla Corte regolatrice di adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione (cfr. tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 27328, 16448 e 15033 del 2024; Cass. nn. 13408, 10033 e 9014 del 2023; Cass. n. 31071 del 2022; Cass. nn. 28462 e 25343 del 2021; Cass. n. 16700 del 2020. Si veda pure Cass., SU, n. 23745 del 2020, a tenore della quale, «in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non
potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni -la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa»); ii) il giudizio di legittimità, come si è già detto, non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. nn. 1822, 2195, 3250, 5490, 9352, 13408, 5237, 21424, 30435, 35041 e 35870 del 2022; Cass. nn. 1015, 7993, 11299, 13787, 14595, 17578, 27522, 30878 e 35782 del 2023; Cass. nn. 4582, 4979, 5043, 6257, 9429, 10712, 16118, 19423 e 27328 del 2024) » .
Il Collegio reputa affatto condivisibile tali conclusioni, facendole proprie, altresì evidenziando che le stesse nemmeno risultano efficacemente confutate nella memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ. del ricorrente del 5 settembre 2025.
In essa, infatti, il COGNOME sebbene abbia affermato di avere « denunciato la violazione e falsa applicazione di norme cd. elastiche, quali sono i principi della buona fede e diligenza nell’adempimento delle obbligazioni previsti dagli artt. 1175, 1176 e 1375 c.c. ed il principio di sana e corretta gestione di cui agli artt. 5, 14, 26, 53bis , 67ter , 107, 108, 114quinquies , 114nonies , 114quaterdecies T.U.B. e all’art. 142 e ss. Regolamento UE n. 575/2013 » e che, in relazione alle norme che si dicono ‘elastiche’, « il collegamento della previsione normativa astratta al caso concreto impone accertamenti di fatto che si compenetrano strettamente con valutazioni di natura giuridica », traendone la conclusione che il sindacato di legittimità sull’applic azione di tali norme rimane praticabile, ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., « nei casi in cui gli standards valutativi sulla cui base è stata definita la controversia finiscano per collidere con i principi costituzionali, con quelli generali dell’ordinamento, con precise norme suscettibili di applicazione in via estensiva o analogica, ed infine anche nei casi in cui i suddetti standards si pongano in contrasto con regole che si configurano, per la costante e pacifica
applicazione giurisprudenziale e per il carattere di generalità assunta, come diritto vivente », in realtà, altro non ha fatto che reiterare, sostanzialmente, le contestazioni già avanzate e respinte in sede di merito (oltre che riproposte in ricorso), relative ad una pretesa erronea valutazione del merito creditizio e alla capacità di rimborso del COGNOME stesso. Egli, in altri termini, ha inteso ricostruire concretamente l’intera vicenda sulla base di una propria ( e diversa da quella effettuata dalla corte distrettuale) valutazione delle risultanze istruttorie.
Così operando, tuttavia, lo stesso non ha considerato che, come correttamente rimarcato nella proposta ex art. 380bis cod. proc. civ., non integra violazione, né falsa applicazione di norme di diritto, la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poiché essa si colloca al di fuori dell’ambito interpretativo ed applicativo della norma di legge e che le doglianze attinenti non già all’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito.
In definitiva, il formulato motivo, per come concretamente articolato, è volto a contestare accertamenti di natura chiaramente fattuali e, come tali, insindacabili in questa sede, posti dalla corte distrettuale a fondamento della sua conclusione (con una motivazione che non integra violazione dei principi dettati in tema di onere della prova e di prova presuntiva, oltre che priva di vizi logici, siccome basata sulla puntuale e dettagliata descrizione e ponderazione di indici concreti), così dimenticando che la valutazione degli elementi istruttori costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in Cassazione ( cfr . Cass. n. 11176 del 2017). In effetti, come puntualizzato, in motivazione, da Cass. n. 7612 del 2022, Cass. n. 8671 del 2025 e Cass. n. 20895 del 2025, « Il compito di questa Corte, , non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti
a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito (Cass. n. 3267 del 2008), anche se il ricorrente prospetta un migliore e più appagante (ma pur sempre soggettivo) coordinamento dei dati fattuali acquisiti in giudizio (Cass. n. 12052 del 2007), dovendo, invece, solo controllare, a norma degli artt. 132, n. 4, e 360 comma 1, n. 4, c.p.c., se costoro abbiano dato effettivamente conto delle ragioni in fatto della loro decisione e se la motivazione al riguardo fornita sia solo apparente ovvero perplessa o contraddittoria (ma non più se sia sufficiente: Cass. SU n. 8053 del 2014), e cioè, in definitiva, se il loro ragionamento probatorio, qual è reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto, com’è in effetti accaduto nel caso in esame, nei limiti del ragionevole e del plausibile (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.) ».
In conclusione, quindi, l’odierno ricorso di NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, restando a suo carico le spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitasi controricorrente.
4.1. Poiché il giudizio è definito in conformità della proposta ex art. 380bis , comma 1, cod. proc. civ. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), va disposta la condanna della parte istante a norma dell’art. 96, commi 3 e 4, cod. proc. civ.
Vale rammentare, in proposito, che, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , comma 3, cod. proc. civ. (pure novellato dal menzionato d.lgs. n. 149 del 2022) -che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ. -codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente ( cfr . Cass., SU, n. 28540 del 2023; Cass. nn. 11346 e 16191 del 2024). Pertanto, non ravvisando il Collegio (stante la complessiva ‘tenuta’ del provvedimento della PDA rispetto alla motivazione necessaria
per confermare l’inammissibilità del ricorso) ragioni per discostarsi dalla suddetta previsione legale ( cfr ., in motivazione, Cass., SU, n. 36069 del 2023), il ricorrente suddetto va condannato nei confronti della costituitasi controricorrente, al pagamento della somma equitativamente determinata di € ,00, oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
4.2. Deve darsi atto, infine, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del medesimo ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto da NOME COGNOME e lo condanna al pagamento, in favore della costituitasi controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, che liquida in € 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi, liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Condanna il medesimo ricorrente al pagamento della somma di € 6.000,00 in favore della costituitasi controricorrente, e di una ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di NOME COGNOME dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 17 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME