Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21719 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 21719 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/08/2024
S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del legale rappresentante sig. NOME COGNOME, rappresentata e difesa per procura alle liti allegata al ricorso dagli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO i n Roma, INDIRIZZO;
Ricorrente
contro
NOME, rappresentata e difesa per procura alle liti in calce al controricorso dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso lo studio d ell’AVV_NOTAIO in Roma, INDIRIZZO;
Controricorrente avverso la sentenza n. 2218/2017 della Corte di appello di Palermo, pubblicata il 27. 11. 2017.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18. 6. 2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME.
Udite le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Udite le difese svolte dall’AVV_NOTAIO per la società ricorrente.
Fatti di causa
Con sentenza n. 167 del 2012 il Tribunale di Trapani, in accoglimento della domanda proposta con atto di citazione del 2007 da COGNOME NOME, che aveva lamentato la presenza di un muro divisorio all’interno del proprio fondo, condannò la RAGIONE_SOCIALE, proprietaria confinante, alla demolizione del tratto di muro ricadente nella particella 330 di proprietà dell’attrice e a l rilascio della porzione nord della stessa particella ricompresa tra il muro e la linea di confine indicata nella relazione del consulente tecnico d’ufficio.
Il Tribunale dichiarò fondata la domanda dell’attrice sul rilievo che il muro era stato realizzato nella particella 330, che, alla luce dei titoli di provenienza, risultava di proprietà della NOME, e che non era controverso il confine tra i fondi, avendo la parte convenuta limitato le sue difese eccependo il difetto di titolarità della NOME su detta porzione di terreno, per essere stata oggetto di espro prio da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, eccezione risultata infondata alla luce delle risultanze della consulenza tecnica d ‘u fficio, che aveva accertato che la suddetta particella di terreno non era stata coinvolta dal provvedimento di espropriazione.
Proposta impugnazione, con sentenza n. 2218 del 27. 11. 2017 la Corte di appello di Palermo confermò la decisione di primo grado.
La Corte territoriale motivò il rigetto del gravame rilevando che il motivo di appello che contestava la decisione di primo grado per non avere accertato che il muro si trovava sulla linea di confine tra i due fondi era inammissibile per novità, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., introducendo una contestazione nuova, atteso che la parte in primo grado aveva limitato la propria difesa all’eccezione di difetto di legittimazione attiva dell’attrice, poi risultata infondata. Affermò quindi la correttezza della decisione del Tribunale, fondata sulle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, che aveva accertato che detta porzione di terreno non era stata coinvolta dal provvedimen to di esproprio in favore dell’RAGIONE_SOCIALE , e
sul fatto che la parte attrice, la cui domanda andava qualificata come rivendica, aveva fornito, attraverso i titoli di provenienza, risalenti al 1945, la prova attenuata della sua proprietà della particella 330.
Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato il 28. 5. 2018, ha proposto ricorso la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, sulla base di cinque motivi.
NOME ha notificato controricorso.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
Il primo motivo di ricorso, che denuncia falsa applicazione degli artt. 183 e 345 c.p.c., censura la sentenza impugnata per avere dichiarato inammissibile il motivo di appello con il quale l’odierna ricorrente contestava la presenza del muro all’interno della proprietà della controparte, deducendo che esso era st ato edificato sulla esatta linea di confine tra i due fondi. Si assume che tale conclusione è in contrasto con le difese svolte dalla convenuta, di cui la stessa sentenza dà atto, e comunque erronea, in quanto le deduzioni in ordine alla esatta collocazione del muro integrano mere difese e non eccezioni o domande nuove.
Il mezzo appare fondato.
Dalla lettura della sentenza impugnata emerge che il Tribunale aveva accolto la domanda dell’attrice sulla base della premessa di fatto che i confini tra i due fondi non fossero stati contestati e che, per l’effetto , il muro fosse stato eretto all’interno della particella 330 di proprietà dell’attrice , ritenendo quindi provati i fatti costitutivi della domanda.
A fronte di tale accertamento, la contestazione della appellante in ordine alla collocazione del muro rispetto al confine tra i fondi non integrava alcuna eccezione o domanda nuova, ma costituiva una mera difesa, essendo volta a mettere in discussione l’accertamento di fatto su cui poggiava la sentenza di primo grado e a provocare su di esso una nuova valutazione del giudice di appello.
Ai sensi dell’art. 345 c.p.c. il divieto di ius novorum in appello ha per oggetto esclusivamente le domande nuove e le nuove eccezioni non rilevabili d’ufficio,
non anche le mere difese. Questa Corte ha sul punto precisato che l’eccezione in senso stretto, la cui proposizione per la prima volta in appello è vietata dalla norma, consiste nella deduzione di un fatto impeditivo o estintivo del diritto vantato dalla controparte, laddove è mera difesa, come tale consentita, la contestazione dei fatti posti dall’altra parte a fondamento del suo diritto (Cass. n. 8525 del 2020; Cass. n. 14515 del 2019; Cass. n. 23796 del 2018; Cass. n. 816 del 2009; Cass. n. 15211 del 2005).
Nel caso di specie, la censura svolta dall’appellante, laddove deduceva che il muro era sul confine e non all’interno della proprietà della controparte, non introduceva o opponeva fatti o temi di indagine nuovi, ma si limitava a negare la sussistenza e fondatezza dei fatti costitutivi della pretesa avanzata dalla controparte.
La sentenza è pertanto errata, in quanto la contestazione sollevata dalla società appellante costituiva una mera difesa, ammissibile in quanto tale anche se proposta per la prima volta in appello, non essendo le mere difese soggette al campo di applicazione dell’art. 345 c.p.c..
Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 2697 c.c., censurando la decisione impugnata per avere ritenuto provata, da parte della COGNOME, la proprietà della particella oggetto dell’azione di rivendica, sulla base dei titoli di provenienza risalenti ad epoca precedente il tempo utile per il maturarsi dell’usucapione, senza tuttavia accertare la continuità del possesso ed anzi traendo argomento di prova di tale requisito dalla assenza di deduzioni contrarie da parte della convenuta.
Il terzo motivo di ricorso denunzia nullità della sentenza per apparenza di motivazione, per avere respinto il motivo di appello che contestava l’accoglim ento delle conclusioni della consulenza tecnica d’uffic io sulla base della mera acritica adesione alle stesse.
Il quarto motivo di ricorso denuncia vizio di omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, consistente nei numerosi rilievi critici sollevati e riproposti con il secondo motivo di appello nei confronti delle risultanze della consulenza tecnica d’uffic io, a cui il Tribunale aveva acriticamente aderito.
Il quinto motivo di ricorso denuncia vizio di omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, consistente nelle note critiche riproposte con il terzo motivo di appello nei confronti delle conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio.
I motivi dal secondo al quinto vanno dichiarati assorbiti, risultando la rilevanza delle questioni con essi sollevate dipendenti dall’accertamento di fatto richiesto dal motivo accolto.
La sentenza è pertanto cassata in relazione al primo motivo e la causa rinviata alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in