Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 32454 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 32454 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
Oggetto: mediazione obbligatoria violazione del termine di 15 gg. ex art. 5 d. lgs. 28/10 -conseguenze -improcedibilità della causa esclusione – condizioni.
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 1138/23 proposto da:
-) COGNOME NOME , domiciliato ex lege presso all’indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
-) NOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME, COGNOME NOME ;
– intimati – avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli 11 novembre 2022 n. 3335;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 ottobre 2024 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel 2017 NOME NOME lannotta NOME lannotta NOME e lannotta NOME intimarono a NOME COGNOME sfratto per morosità, citandolo per la convalida dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
A fondamento del ricorso dedussero di avere concesso in locazione a NOME COGNOME un immobile sito a S. Angelo in Formis (CE) con atto del 30.5.2012 e decorrenza dal 1° giugno 2012, e che il conduttore era moroso nel pagamento di 56 canoni.
N.R.G.: 1138/23
Camera di consiglio del 10.10.2024
NOME COGNOME si costituì negando la morosità.
Dedusse che il negozio qualificato dai ricorrenti come ‘contratto di locazione’ non era tale, ma era solo una puntuazione preparatoria di un futuro accordo mai concluso.
In subordine chiese:
-) che il suddetto contratto del 30.5.2012 fosse qualificato come ‘transazione’ ex art. 1965 c.c. , e fosse dichiarato nullo per mancanza di causa o almeno annullabile per temerarietà, ex art. 1971 c.c.;
-) la condanna degli intimanti al rimborso in suo favore di varie somme di denaro: sia per avere restaurato a proprie spese immobili degli intimanti, sia per avere per conto o nell’interesse degli intimanti pagato vari creditori di essi, transigendo le relative controversie.
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere con ordinanza 20.4.2017 negò la convalida dello sfratto, ordinò la conversione del rito e fissò alle parti termine di 15 giorni per avviare la procedura di mediazione di cui al d. lgs. 28/10.
Quindi, con sentenza, 14.11.2018 n. 3368 dichiarò improcedibili ambo le contrapposte domande, sul presupposto che nessuna delle parti aveva avviato la procedura di mediazione.
La sentenza fu appellata da NOME COGNOME in INDIRIZZO e da NOME NOME, lannotta NOME, lannotta NOME e lannotta NOME in INDIRIZZO incidentale.
Con sentenza 11.11.2022 n. 3335 la Corte d’appello di Napoli rigettò il gravame principale proposto da NOME COGNOME ed accolse quello incidentale.
La Corte d’appello ritenne che il termine fissato dal Tribunale a NOME COGNOME per dare avvio alla procedura di mediazione in merito alle proprie domande riconvenzionali fosse perentorio; che NOME COGNOME non lo rispettò; che di conseguenza correttamente il Tribunale ritenne le sue
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domande riconvenzionali improponibili, a nulla rilevando che la mediazione fu comunque tentata, e portata (infruttuosamente) a termine prima dell’udienza cui il Tribunale, nel fissare il termine suddetto, aveva rinviato la causa.
Dopo avere stabilito ciò (pp. 610 della sentenza d’appello) la Corte d’appello esaminò comunque nel merito tutte le deduzioni svolte da NOME COGNOME nell’atto d’appello , ivi comprese le domande riconvenzionali riproposte in appello di annullamento della transazione e condanna al pagamento di somme di denaro.
La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da NOME COGNOME con ricorso fondato su due motivi.
NOME NOME lannotta NOME lannotta NOME e lannotta NOME non risultano avere notificato controricorso, ma risultano avere depositato una memoria (avente i contenuti di un controricorso).
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va dichiarata l’ inammissibilità della memoria depositata da NOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOME in data 20 settembre 2024 ed intitolata ‘ Memoria di trattazione ex art. 378 c.p.c.’ .
Le parti controinteressate al ricorso infatti sono rimaste intimate, e non hanno depositato alcun controricorso nel termine stabilito dall’art. 370 c.p.c..
Il mancato deposito del controricorso preclude la possibilità di compiere altri atti del giudizio di legittimità, salva la partecipazione alla discussione in pubblica udienza quando il giudizio sia celebrato in tale forma ( ex permultis, Sez. 1 – , Ordinanza n. 2599 del 29/01/2024; Sez. 3 – , Sentenza n. 4049 del 09/02/2023; Sez. 5 – , Ordinanza n. 17030 del 16/06/2021).
I primi due motivi del ricorso possono essere esaminati congiuntamente.
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Con essi è censurata la sentenza d’appello nella parte in cui ha confermato il giudizio di primo grado di improcedibilità delle domande (qualificate dal giudice di merito ) ‘riconvenzionali’ , proposte da NOME COGNOME.
Deduce il ricorrente che il termine previsto dall’art. 5 , comma 1, quarto periodo, del d. lgs. 4.3.2010 n. 28 (nel testo applicabile ratione temporis, e cioè anteriore alle modifiche introdotte dal d. lgs. 149/22), non è un termine perentorio, e che in ogni caso la circostanza che la mediazione sia comunque iniziata, e si sia infruttuosamente conclusa prima della dell’udienza cui il giudice ha rinviato la causa, era circostanza di per sé sufficiente a soddisfare la ratio legis e rendere procedibile la domanda.
2.1. La censura è fondata, a prescindere da qualsiasi rilievo sulla correttezza della qualificazione delle difese svolte in primo grado da NOME COGNOME come ‘domande riconvenzionali’, piuttosto che come meri accertamenti incidentali ex art. 34 c.p.c..
Infatti l ‘affermazione del Tribunale e della Corte d’appello , secondo cui sarebbe improcedibile la domanda riconvenzionale non preceduta da mediazione iniziata entro il termine di 15 gg. di cui all’art. 5 , comma 1, quarto periodo, d. lgs. 28/10 è erronea in diritto sotto tre aspetti.
2.2. In primo luogo è erronea l’affermazione secondo cui la domanda riconvenzionale deve essere preceduta da mediazione, in virtù di quanto stabilito da Sez. U, Sentenza n. 3452 del 07/02/2024, pronunciata ex art. 363 bis c.p.c., secondo cui ‘ la mediazione obbligatoria ex art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010, quale condizione di procedibilità finalizzata al raggiungimento di una soluzione conciliativa che scongiuri l’introduzione della causa, è applicabile al solo atto introduttivo del giudizio e non anche alle domande riconvenzionali ‘.
2.3. In secondo luogo, non è condivisibile l’affermazione secondo cui la domanda (qualsiasi domanda: principale o riconvenzionale) sarebbe improcedibile se la mediazione ordinata dal giudice non venga iniziata nel
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termine di 15 gg. previsto dall’abrogato quarto periodo del primo comma dell’art. 5 d.lgs. 28/10 , anche nell’ipotesi in cui la mediazione si fosse comunque conclusa prima dell’ udienza cui il processo è stato rinviato contestualmente alla fissazione di quel termine.
2.4. Stabiliva infatti l’art. 5 cit. ne testo applicabile ratione temporis : ‘ il giudice (…) fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione ‘ .
Lo scopo della norma è favorire gli accordi conciliativi, evitando nello stesso tempo che il mancato esperimento della mediazione porti tout court ad una sentenza di improcedibilità.
Se quindi le parti cercano una mediazione senza riuscirvi, e la mediazione si concluda con un nulla di fatto prima che il processo riprenda il suo corso, lo scopo della norma è raggiunto ed il processo è procedibile. In questi casi infatti ben poco rilievo potrà avere la circostanza che la mediazione sia stata iniziata prima o dopo la scadenza del termine di 15 giorni di cui al vecchio testo dell’art. 5 d. lgs. 28/10 (termine, non a caso, abrogato dal d. lgs. 149/22). Quel che conta ai fini della ratio legis è il momento in cui la mediazione termina, non il momento in cui la mediazione inizia.
2.5. L’interpretazione adottata dalla sentenza impugnata, per contro, capovolge lo scopo della norma nel suo contrario. Infatti è proprio quando le parti, pur avendo cercato una mediazione, non l’abbiano trovata, che c’è bisogno del giudice. La sentenza impugnata invece, qualificando come ‘perentorio’ il termine di cui all’art. 5, comma primo, vecchio testo, d. lgs. 28/10, è pervenuta al paradossale risultato di negare alle parti una pronuncia sul merito della lite proprio là dove una tale pronuncia era ormai l’ extrema ratio .
Né va sottaciuto che l’interpretazione adottata dalla Corte d’appello ha adottato una interpretazione onerosa per le parti, senza vantaggio per
l’amministrazione della giustizia. Quell’interpretazione, infatti, produce i seguenti effetti paradossali:
-) costringe le parti ad una seconda mediazione, nonostante ne abbiano già tentata una (con duplicazione di costi e tempi), ed in assenza di fatti nuovi;
-) eleva al rango di circostanza ad litis ingressum impediens una condotta (iniziare la mediazione dopo il 15° giorno del provvedimento giudiziale di rinvio della causa) che nessun effetto avrebbe avuto sui tempi del processo:
-) sperpera l’attività processuale, costringendo le parti ad introdurre una nuova causa.
2.5. In terzo luogo, ma non per ultimo, quand’anche per mera ipotesi si ammettesse che la lettera dell’art. 5 d. lgs. 28/17 non escluda di per sé la rigorosa interpretazione adottata dalla sentenza qui impugnata, tale interpretazione non sarebbe comunque compatibile con l’ordinamento comunitario e con i princìpi stabiliti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, che d el diritto comunitario formano parte integrante ai sensi dell’art. 6, comma 3, del Trattato sull’Unione Europea (nel testo consolidato risultante dalle modifiche apportate dal Trattato di Lisbona del 13.12.2007, ratificato e reso esecutivo con l. 2.8.2008 n. 130).
Tra i princìpi della CEDU ‘comunitarizzati’ viene in rilievo ai nostri fini l’art. 6, § 1, CEDU, ovvero il diritto di accesso alla giustizia.
L’interpretazione che di tale norma ha dato la giurisprudenza della Corte di Strasburgo impedisce di condividere l’interpretazione adottata dalla Corte d’appello.
La Corte EDU infatti ha ripetutamente stabilito che, in caso di ambiguità d’una norma processuale, i giudici degli Stati membri hanno l’obbligo di preferire l’interpretazione che consenta una decisione piena sul merito, piuttosto che l’interpretazione la quale conduca ad un non liquet (così Corte EDU, sez. I, 15.9.2016, Trevisanato c. Italia , in causa n. 32610/07, §§ 42-
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44; Corte EDU, sez. II, 18.10.2016, Miessen c. Belgio , in causa n. 31517/12, §§ 71-73).
Pertanto, anche ad ammettere che l’art. 5 d lgs. 28/10 fosse una norma ambigua, proprio per questa ragione il giudice di merito avrebbe dovuto interpretarla in modo consentaneo alla prosecuzione del giudizio, invece che alla sua conclusione.
2.6. I princìpi appena esposti trovano conferma nella motivazione della già ricordata decisione pronunciata da S.U. 3452/24, là dove si afferma che ‘ i tanti distinguo rivelano l’imbarazzo, percepito dalle stesse decisioni che li propongono, di ritardare il processo con ulteriori oneri, quando le parti comunque non siano addivenute ad un accordo bonario palesando una indisponibilità al riguardo’.
Il che è esattamente quanto è accaduto nel presente giudizio: il Tribunale ad aprile del 2017 fissò alle parti 15 giorni per tentare la mediazione, e rinviò la causa ad ottobre dello stesso anno. La mediazione fu tentata da NOME COGNOME il 23 maggio, e non andò a buon fine per espressa indisponibilità dichiarata dal legale delle controparti. La mediazione si concluse a luglio del 2017, cioè tre mesi prima della successiva udienza.
Dunque nessun frutto le parti, il giudicante o l’amministrazione della giustizia avrebbero potuto trarre dalla tempestiva introduzione della procedura di mediazione, posto che essa comunque non è andata a buon fine.
In conclusione, reputa la Corte che le misure alternative alla giurisdizione, anche quando imposte a pena di improcedibilità, restino pur sempre degli strumenti rispetto al fine di deflazionare il contenzioso, e non debbano trasformarsi in totem da idolatrare.
Tutte le restanti censure formulate dal ricorrente sono inammissibili per difetto di rilevanza.
Questa Corte infatti ha ripetutamente affermato – anche a Sezioni Unite che quando il giudice di merito dichiari inammissibile od improcedibile una domanda od una impugnazione, si spoglia per ciò solo della potestas iudicandi circa il merito di essa, sicché tutte le ulteriori considerazioni o statuizioni sul merito della controversia da lui svolte debbono ritenersi tamquam non essent , e non vi è necessità per il soccombente di impugnarle (così Sez. U, Sentenza n. 3840 del 20/02/2007, Rv. 595555 – 01; nello stesso senso, ex multis, Sez. 3 – , Ordinanza n. 27388 del 19/09/2022, Rv. 665905 – 01; Sez. 1 – , Ordinanza n. 11675 del 16/06/2020, Rv. 657952 01; Sez. U – , Ordinanza n. 31024 del 27/11/2019, Rv. 656074 – 01).
4 . La causa va dunque cassata con rinvio alla Corte d’appello di Napoli, la quale tornerà ad esaminare l’appello proposto da NOME COGNOME applicando il seguente principio di diritto:
‘la circostanza che la mediazione imposta dalla legge a pena di improcedibilità della domanda sia iniziata oltre il termine di 15 giorni fissato dal giudice ai sensi dell’art. 5, comma 1, quarto periodo, d. lgs 28/10 (nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d. lgs. 149/22), non rende improcedibile la domanda, se la mediazione si sia comunque infruttuosamente conclusa prima dell’udienza fissata per la prosecuzione del giudizio’.
5 . La cassazione della sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto improcedibile la domanda proposta da NOME COGNOME comporta, ai sensi dell’art. 336 c.p.c., la caducazione della sentenza d’appello anche nella parte in cui ha deciso, accogliendolo, sull’appello incidentale proposto da COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
P.q.m.
(-) accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso e cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti; dichiara inammissibili i restanti motivi;
(-) dichiara caducata, ex art. 336 c.p.c., la sentenza impugnata nella parte in cui ha accolto il gravame proposto da COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME;
(-) rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile