Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20767 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 3 Num. 20767 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
Oggetto
Procedimento civile -Procedimento di mediazione obbligatoria ex d.lgs. n. 28 del 2010 -Comparizione personale delle parti, anche tramite rappresentante sostanziale -Necessità -Condizione di procedibilità -Realizzazione -Condizioni -Fattispecie
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 4233/2021 R.G. proposto da COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME domiciliata digitalmente ex lege ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, rappresentato dalla RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’Avv . NOME COGNOME domiciliata digitalmente ex lege ;
-controricorrente –
e contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’Avv . NOME COGNOME domiciliata digitalmente ex lege ;
-controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione;
– intimata – avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano, n. 1639/2020, pubblicata il 15 luglio 2020.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 14 luglio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
udito l’Avvocato NOME COGNOME
udito l’Avvocato NOME COGNOME per delega;
udito l’Avvocato NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso riportandosi alla memoria depositata e chiedendo che la Corte dichiari la inammissibilità del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 1801/2019, pubblicata il 21/02/2019, il Tribunale di Milano, pronunciando sulla domanda proposta, con atto di intimazione di sfratto, da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE in relazione ad un immobile ad uso abitativo di proprietà di quest’ultimo e concesso in locazione a NOME COGNOME, nonché sulle domande riconvenzionali svolte gradatamente da quest’ultima, dichiar ò il contratto oggetto di causa cessato per finita locazione al 31/10/2016, confermò l’ordinanza di rilascio de l 5/10/ 2017 emessa all’esito della fase
sommaria e respinse le domande riconvenzionali proposte dalla conduttrice, gravandola delle spese di lite.
Con sentenza n. 1639/2020, pubblicata il 15/07/2020, nella contumacia di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, ma con l’intervento di RAGIONE_SOCIALE), la Corte d’ appello di Milano ha rigettato l’appello proposto dalla COGNOME, conferma ndo la sentenza di primo grado e compensando le spese di lite.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre la COGNOME, sulla base di tre motivi; cui resistono, con separati controricorsi, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, rappresentato dalla RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione è rimasta intimata.
All’esito dell’adunanza camerale del 24 aprile 2024, in vista della quale la ricorrente e RAGIONE_SOCIALE avevano depositato memorie, questa Corte, con ordinanza interlocutoria n. 15361 del 31/05/2024, ha disposto il rinvio della causa a nuovo ruolo, perché fosse trattata in pubblica udienza, in relazione alle questioni poste con il primo e con il secondo motivo di ricorso.
Il P .M. ha depositato, il 1° luglio 2025, conclusioni scritte con le quali ha chiesto che la Corte « dichiari inammissibile il ricorso ».
La ricorrente e le società controricorrenti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia « violazione e falsa applicazione art. 185 e 83 c.p.c. in relazione agli artt. 5 comma 1 bis e D.Lgs. 28/2010 e successive modifiche », per avere la Corte d’appello rigettato la reiterata eccezione di improcedibilità del giudizio, già respinta dal primo giudice, sollevata a fronte della mancata comparizione personale del legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE all’incontro di mediazione, elusa sul piano motivazionale sulla
base del « valore sostanziale della procura del difensore di RAGIONE_SOCIALE nel procedimento di convalida ».
Ad avviso della parte ricorrente, la pur ampia procura alle liti conferita all’ Avv. COGNOME nel procedimento di mediazione, al cui espletamento le parti erano state invitate dal giudice del primo grado, non aveva i requisiti formali tali da permettere al procuratore di sostituire la parte sul piano sostanziale e decisionale, sì che il principio di diritto enunciato da Cass. n. 8743 del 2019, pur richiamato nella sentenza impugnata, sarebbe stato frainteso, dal momento che il testo della procura in questione non corrisponderebbe al modello ritenuto idoneo dalla richiamata sentenza della Corte di cassazione per produrre effetti sostanziali stanti l’ incipit « delego a rappresentare e difendere » e l’autentica del procuratore di tale delega.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce che la Corte di appello è incorsa nella violazione delle norme regolatrici del d.lgs. n. 28 del 2010 e successive per avere omesso di dichiarare improcedibile il giudizio di primo grado, non essendosi la parte istante presentata davanti al mediatore con l’assistenza del difensore .
Con il terzo motivo NOME COGNOME denuncia, infine, « violazione delle norme riguardanti la successione nel processo nell’ambito di un contratto di mandato per scadenza del termine o per intervenuto compimento dell’affare da parte del mandatario nell’ipotesi di necessità di una manifestazione di volontà che l’incidenza sostanziale che se non espressa al momento in cui doveva esserlo (all’incontro di mediazione del 20.4.2018) non poteva in ogni caso ritenersi implicitamente surrogata retroattivamente per gli effetti dell’art. 182 c.p.c. ».
Sostiene la ricorrente che l’inidoneità della procura in senso sostanziale rilasciata all’ Avv. COGNOME per la partecipazione all’incontro per la mediazione del 20 /4/2018 era vieppiù aggravata
dall’estinzione , in data anteriore, del mandato dell’I.N.P.S. ad I.G.E.I., posto che l’effetto sanante ex art. 182 c.p.c., valido solo ai fini della rappresentanza processuale, non poteva agire retroattivamente e convalidare la manifestazione di volontà resa dal soggetto privo di potere.
I tre motivi, congiuntamente esaminabili per la loro stretta connessione, sono inammissibili, mancando in essi alcuna censura con riferimento alla prima delle due autonome rationes decidendi poste a fondamento della sentenza, peraltro di carattere preliminare e assorbente.
Ed invero, le ragioni che è possibile trarre dalla sentenza come giustificative del confermato rigetto dell’eccezione di « improcedibilità del giudizio per omesso corretto espletamento dell’obbligatoria mediazione » sono essenzialmente due (v. sentenza, pag. 8).
5.1. La prima di esse è racchiusa nei seguenti testuali rilievi: « l’appellante ha omesso di documentare (come sarebbe stato suo onere), le modalità con cui si è svolta nella specie la procedura dinanzi all’organismo di mediazione, nulla rinvenendosi al riguardo neppure nel fascicolo d’ufficio »; « del tutto prive di riscontro sono le affermazioni di parte appellante circa le modalità di svolgimento della procedura di mediazione ed il soggetto che abbia effettivamente partecipato in rappresentanza di IGEI all’incontro dinanzi al mediatore ».
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Le due frasi, come sopra estrapolate dalla motivazione, ripetono evidentemente il medesimo concetto. La prima di esse è introdotta dalla locuzione « anche a non voler considerare che », alla quale però deve attribuirsi il significato di mero espediente retorico per significare non che non si intende porre tale accertamento a fondamento della decisione (il contrario emergendo univocamente proprio dalla ripetizione del rilievo attraverso la seconda frase, essa
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invece preceduta dall’inciso « fermo restando che »), ma all’opposto che, nonostante il suo rilievo assorbente, si vuole rimarcare l’esistenza anche di altr a autonoma ragione di rigetto dell’eccezione .
Al medesimo rilievo preliminare e assorbente (sostanzialmente di difetto di prova a fondamento dell’eccezione) va anche associato il successivo riferimento ad un non meglio precisato « documento » del quale si dice che è prodotto dalla appellante « (tardivamente peraltro) nel corso del giudizio di appello (e precisamente in data 10.02.2020) ».
5.2. La seconda ratio è rappresentata dalla seguente considerazione: « contrariamente a quanto asserito dall’appellante, dal documento dal medesimo prodotto (tardivamente, peraltro) nel corso peraltro) nel corso del giudizio di appello (e precisamente in data 10.02.2020) risulta che il potere di rappresentanza a tal fine conferito dal legale rappr.te di RAGIONE_SOCIALE all’avv. NOME COGNOME non era esclusivamente di natura processuale, bensì, all’evidenza, anche di natura sostanziale (come necessario ai fini del valido espero del procedimento di mediazione obbligatoria ex art. 5 d.lgs. citato, secondo l’orientamento espresso da Cass. 8473/2019), in quanto comprendente ” ogni più ampia facoltà e potere “, con espressa autorizzazione ” ad avviare o aderire alla procedura, a conciliare la… controversia nel modo che riterrà più opportuno, a sottoscrivere l’accordo conciliativo … ” ».
Ebbene, nessuno dei tre motivi attinge la prima delle suesposte rationes decidendi , di per sé certamente idonea a sorreggere la decisione impugnata, indipendentemente da ogni considerazione circa la fondatezza delle critiche esclusivamente riferite, sotto diversi convergenti profili, alla seconda.
Anzi, il rilievo secondo cui il documento che dovrebbe dimostrare la fondatezza dell’eccezione è stato prodotto tardivamente solo in data 10/2/2020 nel corso del giudizio di appello è sostanzialmente
confermato dallo stesso ricorrente che, in calce al ricorso, indica tale documento tra quelli prodotti anche nel presente giudizio di cassazione come allegato n. 1, descrivendone il contenuto come « Testo della procura all’Avv. COGNOME da parte di RAGIONE_SOCIALE per la mediazione, già prodotta in 1° grado ud. 10.02.2020 », essendo agevole rilevare che l’affermazione che si tratti di documento prodotto in primo grado, lungi dal potersi considerare motivo di critica della diversa affermazione contenuta in sentenza, è imputabile a mero lapsus essendo smentita dal confermato dato cronologico dell’essere la produzione avvenuta il 10 febbraio 2020, dunque necessariamente nel corso del giudizio di appello, iniziato nel 2019.
Ne discende l’inammissibilità dei motivi tutti.
È appena il caso di rammentare al riguardo che, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, quando la sentenza assoggettata ad impugnazione sia fondata su diverse rationes decidendi , ciascuna idonea a giustificarne autonomamente la statuizione, la circostanza che tale impugnazione non sia rivolta contro alcuna di esse determina l’inammissibilità del gravame per l’esistenza del giudicato sulla ratio decidendi non censurata, piuttosto che per carenza di interesse (v. ex multis Cass. n. 2174 del 24/01/2023; n. 13880 del 06/07/2020; n. 14740 del 13/07/2005).
Può peraltro soggiungersi sotto altro profilo che la ricorrente nemmeno precisa, come sarebbe stato suo onere onde dimostrare la decisività del denunciato error in procedendo , se il non corretto espletamento della mediazione obbligatoria fosse stato tempestivamente eccepito, come ragione di improcedibilità, entro la prima udienza del giudizio di primo grado, come prescritto, a pena di decadenza dell’eccezione e dello stesso rilievo d’ufficio, dall’art. 5, comma 2, d. lgs. 4 marzo 2010, n. 28.
A pag. 5 del ricorso parte ricorrente si limita, infatti, del tutto
genericamente, ad asserire che « sin in primo grado eccepito ritualmente l’improcedibilità del relativo giudizio per invalidità della procedura di mediazione delegata ». È appena il caso di rilevare che, in questa sede, tanto più in ragione della ratio decidendi , la carenza di dimostrazione dell’essere stata «mantenuta viva» la quesitone bene potrebbe essere rilevata da questa Corte, tanto più al lume dell’art. 360 -bis n. 1 c.p.c.
Il terzo motivo, peraltro, si espone ad ulteriore aggiuntivo motivo di inammissibilità, poiché omette di confrontarsi in alcun modo con le considerazioni espresse in sentenza a confutazione del rilievo aggiuntivo svolto ancora a supporto dell’eccezione di improcedibilità, in ragione dell’asserito venir meno del potere rappresentativo in capo a Igei.
Sempre a pagina 8 della sentenza sono, invero, leggibili le considerazioni che a confutazione di tale argomento sono svolte dalla Corte d’appello, le quali sono così condensabili:
─ non è dato sapere, anzitutto, se il mandato in questione fosse venuto a cessare prima o dopo la domanda di mediazione;
─ in ogni caso, essendo stata la RAGIONE_SOCIALE, a ciò pienamente legittimata quale mandataria dell’INPS, a promuovere il giudizio di sfratto nei confronti della Galluccio, alla medesima (e non certo ad altri soggetti, intervenuti in giudizio solo successivamente) spettava la legittimazione, in quanto parte del giudizio, a promuovere la procedura di mediazione ex art. 5 d.lgs. 28/2010, a nulla rilevando che nel frattempo il mandato conferitole dall’INPS ad amministrare il suo patrimonio immobiliare fosse eventualmente venuto a cessare; e ciò « per quanto detto in precedenza » (a pag. 7), circa l’inidoneità dell’estinzione del mandato ai sensi dell’art. 1722, n. 1, c.c. (per scadenza del termine o per intervenuto compimento dell’affare da parte del mandatario) a far venire meno la legittimazione del mandatario ad esercitare nei confronti del terzo le azioni connesse
agli atti compiuti per conto del mandante (v. Cass. 8145/2009), e circa il fatto che comunque, secondo le regole generali sul mandato, l’eventuale carenza (nella specie, sopravvenuta alla proposizione del giudizio) del potere di rappresentanza in capo alla RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto essere fatto valere soltanto dal mandante che si fosse ritenuto falsamente rappresentato, ma non da terzi estranei al rapporto di mandato.
Anche in tal caso nessuna considerazione critica è rivolta nei confronti di tale parte della motivazione.
La memoria che, come detto, è stata depositata dal ricorrente, ai sensi dell’art. 380 -bis.1 , primo comma, cod. proc. civ., reitera le tesi censorie già esposte in ricorso e non offre argomenti che possano indurre a diverso esito dell’esposto vaglio dei motivi .
Manifestamente privo di pregio è in particolare l’assunto che sembrerebbe essere adombrato in apertura di tale atto difensivo secondo cui, a causa del tenore del l’ordinanza di rinvio alla p.u., lo scrutinio in questa sede dovrebbe essere limitato alla interpretazione del valore della procura, mentre non potrebbe considerarsi l’inammissibilità prospettata dal P.G..
Nessun effetto limitativo delle questioni da esaminare può, infatti, attribuirsi all’ordinanza interlocutoria, che come tale non ha alcun rilievo processuale esterno che non sia quello di rinviare la trattazione del ricorso ad altra udienza, intatti rimanendo in tutta la loro estensione e ampiezza i poteri/doveri connessi al vaglio di legittimità richiesto.
Quella espressa in tale ordinanza interinale è infatti valutazione per definizione sommaria e, comunque, del tutto priva di specifici argomenti e come tale in nessun modo vincolante, neppure sul piano logico.
Il ricorso deve essere dunque dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna della ricorrente alla rifusione, in favore delle
contro
ricorrenti, delle spese processuali, liquidate per ciascuna come da dispositivo.
12. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione, in favore delle controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, per ciascuna, in Euro 3.100 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P .R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza