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Mediazione domanda riconvenzionale: la Cassazione chiarisce

Con la sentenza n. 3452/2024, le Sezioni Unite della Cassazione hanno stabilito che la condizione di procedibilità della mediazione obbligatoria non si applica alla domanda riconvenzionale. Analizzando un caso di locazione, la Corte ha chiarito che l’obbligo di mediazione riguarda solo l’atto introduttivo del giudizio, per non aggravare il processo e rispettare il principio di ragionevole durata. La funzione deflattiva della mediazione si esaurisce una volta che la causa è già iniziata.

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Mediazione e Domanda Riconvenzionale: Le Sezioni Unite Fanno Chiarezza

Con la sentenza n. 3452 del 7 febbraio 2024, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto un dubbio interpretativo di grande rilevanza pratica: l’obbligo di esperire la mediazione si estende anche alla domanda riconvenzionale? La risposta della Corte è stata netta e mira a salvaguardare l’efficienza del processo civile, stabilendo che la condizione di procedibilità vale solo per l’atto introduttivo del giudizio. Questa decisione ha implicazioni significative per avvocati e parti in causa, delineando con precisione i confini di uno strumento deflattivo fondamentale.

I Fatti di Causa

La controversia trae origine da un contratto di locazione. Una società immobiliare aveva citato in giudizio il proprio conduttore per ottenere la risoluzione del contratto e il rilascio dell’immobile. Il conduttore, costituendosi in giudizio, non solo si è opposto alla domanda principale, ma ha anche proposto una domanda riconvenzionale per ottenere la restituzione del deposito cauzionale versato all’inizio del rapporto.

La procedura di mediazione obbligatoria era stata regolarmente svolta per la domanda principale della società locatrice, ma non per quella riconvenzionale del conduttore. Di fronte a questa situazione, il Tribunale di Roma, incerto sull’applicabilità dell’obbligo di mediazione anche alla domanda del convenuto, ha deciso di sospendere il giudizio e di rimettere la questione alle Sezioni Unite della Cassazione tramite un rinvio pregiudiziale.

La Questione Giuridica: Il Dubbio sulla Mediazione e Domanda Riconvenzionale

Il quesito posto alla Suprema Corte era il seguente: nel caso in cui una controversia rientri tra le materie soggette a mediazione obbligatoria (ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. 28/2010), e la mediazione sia già stata effettuata per la domanda principale, sussiste l’obbligo per il convenuto di avviare un’autonoma procedura di mediazione per la propria domanda riconvenzionale?

La questione è cruciale perché un’interpretazione estensiva dell’obbligo avrebbe potuto comportare un allungamento dei tempi processuali e un aggravio di costi per le parti, imponendo un secondo (o ulteriore) tentativo di conciliazione stragiudiziale a processo già iniziato.

L’Analisi della Corte: Perché la Mediazione non si applica alla Domanda Riconvenzionale

Le Sezioni Unite hanno escluso che il tentativo obbligatorio di mediazione sia una condizione di procedibilità per la domanda riconvenzionale. La decisione si fonda su un’analisi teleologica della norma, bilanciando la finalità deflattiva dell’istituto con i principi costituzionali di ragionevole durata del processo e di effettività della tutela giurisdizionale.

La Funzione Deflattiva della Mediazione

La Corte ha ribadito che la ratio della mediazione obbligatoria è quella di fungere da ‘filtro’ all’accesso alla giurisdizione, con l’obiettivo di risolvere la lite prima che essa approdi in tribunale. Una volta che il processo è già stato instaurato a seguito del fallimento del primo tentativo di mediazione, questa funzione preventiva si è di fatto esaurita. Imporre un nuovo tentativo per la domanda riconvenzionale non impedirebbe più l’avvio del processo (che è già pendente), ma ne ritarderebbe solamente la conclusione.

Il Principio di Ragionevole Durata del Processo

Assoggettare anche la domanda riconvenzionale a un nuovo obbligo di mediazione comporterebbe un inevitabile allungamento dei tempi processuali. Il giudice dovrebbe sospendere nuovamente il giudizio, attendere l’esito della seconda mediazione e solo dopo riprendere la trattazione. Questo, secondo la Corte, creerebbe un ‘effetto eccessivo’ non voluto dal legislatore, in palese contrasto con l’art. 111 della Costituzione. L’eccesso di mediazione, anziché deflazionare, finirebbe per intralciare la giustizia.

Il Ruolo del Giudice e del Mediatore

La Corte ha sottolineato che, una volta iniziata la causa, lo strumento principale per la conciliazione diventa il giudice stesso, il quale, ai sensi degli artt. 185 e 185-bis c.p.c., ha il potere e il dovere di tentare la conciliazione in ogni fase del processo. Inoltre, spetta al mediatore, durante il primo e unico procedimento di mediazione obbligatorio, farsi carico dell’intera controversia, esplorando tutti gli interessi in gioco, comprese le potenziali pretese del convenuto, al fine di raggiungere un accordo che definisca l’intera lite.

Le Motivazioni

Le motivazioni della sentenza si concentrano sull’interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata della normativa sulla mediazione. La Corte ha affermato che la ‘condizione di procedibilità’ è una deroga al diritto di agire in giudizio (art. 24 Cost.) e, come tale, deve essere interpretata restrittivamente. Estenderla a domande proposte a processo già avviato sarebbe sproporzionato rispetto allo scopo deflattivo della legge.

La decisione evidenzia come il legislatore stesso abbia voluto evitare un ‘eccesso di mediazione’, prevedendo limiti temporali stringenti per la procedura e circoscrivendo la rilevabilità dell’improcedibilità alla prima udienza. Pertanto, l’obbligo di mediazione è strutturalmente legato all’atto introduttivo del giudizio, non a ogni singola domanda che emerge nel corso della causa. Imporre ulteriori mediazioni creerebbe inoltre incertezza, generando nuovi contenziosi sulla questione se una domanda riconvenzionale sia ‘nuova’ o ‘connessa’ a quella principale, un esito paradossale per un istituto pensato per ridurre il contenzioso.

Le Conclusioni

Le Sezioni Unite hanno enunciato il seguente principio di diritto: ‘La condizione di procedibilità prevista dall’art. 5 d.lgs. n. 28 del 2010 sussiste per il solo atto introduttivo del giudizio e non per le domande riconvenzionali’. Viene comunque sottolineato il duplice ruolo del mediatore (che deve valutare tutti gli interessi delle parti nella mediazione iniziale) e del giudice (che deve esperire il tentativo di conciliazione durante il processo).

Questa pronuncia fornisce un chiarimento fondamentale, promuovendo la certezza del diritto e l’efficienza processuale. Per le parti, significa che una volta superato lo scoglio della prima mediazione, il processo procederà senza ulteriori interruzioni obbligatorie, concentrandosi sulla decisione di merito. Per gli avvocati, è un’indicazione chiara a far emergere tutte le questioni controverse già nella prima sede di mediazione, per sfruttarne appieno il potenziale conciliativo.

È obbligatorio avviare una nuova procedura di mediazione per una domanda riconvenzionale?
No. Le Sezioni Unite della Cassazione hanno chiarito che l’obbligo di mediazione, quale condizione di procedibilità, si applica solo all’atto che introduce il giudizio per la prima volta e non alle domande riconvenzionali proposte dal convenuto.

Qual è lo scopo principale della mediazione obbligatoria secondo la Corte?
Lo scopo è deflattivo, cioè evitare l’instaurazione di un processo. Una volta che la causa è già pendente, questo scopo è superato, e imporre un’ulteriore mediazione causerebbe solo ritardi contrari al principio di ragionevole durata del processo.

Il convenuto che vuole proporre una domanda riconvenzionale perde la possibilità di una conciliazione?
No. La Corte ha precisato che spetta al mediatore, nella prima mediazione, valutare tutti gli interessi delle parti, incluse le potenziali richieste del convenuto. Inoltre, una volta in causa, il giudice ha sempre il potere e il dovere di tentare la conciliazione tra le parti per l’intera durata del processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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