Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8487 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8487 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 31/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5300/2023 R.G. proposto da:
I.N.RAGIONE_SOCIALES., elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
Contro
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 3412/2022 depositata il 20/09/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.La Corte d’Appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva accolto la domanda di NOME COGNOME -lavoratore dello spettacolo, titolare di trattamento di quiescenza a carico
della gestione cd. ex RAGIONE_SOCIALE -di riliquidazione della quota B del supplemento di pensione, utilizzando quale base di calcolo la media effettiva delle migliori retribuzioni in luogo di quella ridotta al limite di lire 315.000 giornaliere.
2.La Corte territoriale, al pari del Tribunale, dichiarava infondata l’eccezione di decadenza, sul rilievo che la decadenza introdotta con il d.l. n. 98/2001, art. 38 lett. d) trova applicazione esclusivamente alle prestazioni pensionistiche riconosciute a partire dal 6 luglio 2011.
3.Nel merito, riteneva che il massimale pensionabile di cui all’art. 12, comma 7, del D.P.R. n. 1420 del 1971, modificato dall’art.1, comma 10, del D.lgs. n. 182 del 1997, non fosse applicabile alla Quota B di pensione, sul rilievo che la specifica disciplina dei trattamenti ex ENPALS non conteneva alcun riferimento espresso a tale limite.
4.Per la cassazione della sentenza ricorre l’INPS con due motivi di censura, ulteriormente illustrati da memoria; ha resistito NOME COGNOME con controricorso.
RITENUTO CHE
In via preliminare deve essere disattesa la eccezione di giudicato interno sollevata dalla difesa della parte controricorrente, volta alla dichiarazione dell’intervenuto passaggio in giudicato del capo di sentenza con il quale il Tribunale ha accertato, in ordine alla quota B dei supplementi di pensione (per cui è causa), che l’Ente ha errato anche nella parte in cui ha conteggiato un numero di contributi giornalieri inferiore a quello effettivo.
2.Come già affermato nei precedenti resi da questa Corte in cause sovrapponibili (Cass. 31/12/2024, n.35136; Cass. n. 23988/2024), il motivo di ricorso contesta in radice le argomentazioni della Corte d’Appello in ordine all’abrogazione del «massimale pensionabile» per la «quota B». Ne consegue che il computo di tale quota rappresenta un tema ancora controverso e che nessun giudicato interno può precluderne l’esame.
3.Il giudicato non si forma, difatti, sulle singole affermazioni della pronuncia gravata, ma sull’unità minima di decisione, che è quella che ricollega ad un fatto, qualificato da una norma, un determinato effetto; in
tal senso si è anche parlato di «unità minima suscettibile di passaggio in giudicato».
In sostanza, ove la impugnazione investa anche uno solo degli elementi della «sequenza minima» fatto/norma/effetto nessun giudicato interno può dirsi formato (fra le molte, di recente, Cass., sez. lav., 3 ottobre 2022, n. 28565; idem, ord. n. 24249/24).
Con il primo motivo di ricorso è denunciata, ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 47 del D.P.R. 30 aprile 1970 n. 639, come novellato dall’art. 38 comma 1 lettera d) n. 1 del D.L. 6 luglio 2011 n. 98, convertito in legge 15 luglio 2011 n. 111.
Ad avviso dell’Istituto ricorrente, erroneamente la sentenza ha ritenuto inapplicabile la decadenza di cui all’art. 47 del D.P.R. n. 639 del 1970, come modificato dall’art. 38, comma 1, lett. d) D.L. n. 98 del 2011 laddove la norma introduttiva della decadenza incide anche sulle pensioni aventi decorrenza anteriore alla data della sua entrata in vigore (6 luglio 2011), con decorrenza in tal caso del triennio dalla suddetta data, in applicazione del meccanismo generale di cui all’art. 252 disp. att. cod.proc.civ. Rileva, inoltre, che l’atto che impedisce la decadenza deve essere individuato nella proposizione dell’azione giudiziaria, che, nel caso in esame, era stata proposta con ricorso depositato il 7 giugno 2016 e dunque ben oltre il triennio computato dal 6 luglio 2011, data di entrata in vigore del D.L. n. 98 del 2011.
7.Il motivo è fondato, nei limiti di cui segue.
In questa sede va ribadito il principio, ormai consolidato, enunciato da questa Corte a partire da Cass. n.7756 del 2016, secondo il quale il termine di decadenza introdotto dall’art. 38 comma 1 lett. d) n. 1) del D.L. n. 98 del 2011, convertito in l. n. 111 del 2011, con riguardo «alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito» trova applicazione anche con riguardo a prestazioni già liquidate ma solo a decorrere dall’entrata in vigore della citata disposizione (6 luglio 2011). 9.Si è ritenuto (Cass. n. 29754 del 2019; Cass. n. 2020 del 28416 e tutte le pronunce successive, tra le quali, da ultimo, Cass. 11 dicembre 2024,
n.31952) che l’arresto delle Sezioni Unite n.15352 del 2015, relativo all’applicazione del termine di decadenza introdotto dal legislatore del 1997 in materia di emotrasfusioni, contenesse l’affermazione di un principio generale sulla decorrenza dei nuovi termini di decadenza, valido anche nell’interpretazione della decadenza introdotta dall’art. 38 del D.L. n. 98 del 2011. Secondo tale principio, ove una modifica normativa introduca un termine di decadenza prima non previsto, la nuova disciplina si applica anche alle situazioni soggettive già in essere ma la decorrenza del termine è fissata con riferimento all’entrata in vigore della modifica legislativa.
10.Si deve aggiungere che la decadenza ex art. 47 DPR n. 639/1970 trova applicazione limitatamente alle differenze sui ratei di pensione precedenti il triennio dalla domanda giudiziaria; l’art. 47, comma 6, estende, infatti, alle azioni di riliquidazione i precedenti commi 2 e 3, in relazione ai quali il D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6, convertito in L. 1° giugno 1991, n. 166, chiarisce che la decadenza determina l’estinzione del diritto ai ratei pregressi.
11. L’applicazione della decadenza della domanda di riliquidazione ai soli ratei pregressi ultratriennali -e non all’intera pretesa del privato -attua un giusto equilibrio tra il diritto alla pensione e l’obiettivo decorso del tempo; la decadenza mobile comunque sanziona il pensionato in modo significativo, con la perdita dell’integrazione dei ratei ultratriennali rispetto alla domanda giudiziale (Cass. 17 giugno 2021, n.17430 e giurisprudenza successiva; da ultimo, Cass. 10 dicembre 2024 n. 31751). 12.A tali principi non si è attenuta la sentenza impugnata -che ha escluso del tutto la applicabilità della decadenza.
13. Con la seconda censura è denunciata, ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 12 del D.P.R. n. 1420 del 31.12.1971 e dell’art. 4 d.lgs. n. 182 del 30.04.1977. L’istituto previdenziale ricostruisce le norme in materia ed afferma che il massimale pensionabile giornaliero di cui all’art. 12 DPR n. 1420/1971 trova applicazione anche ai fini della liquidazione della quota B di pensione.
14. Il motivo è ugualmente fondato.
15. Questa Corte ha recentemente affrontato la tematica, affermando il principio di diritto per il quale «In tema di pensioni di anzianità in favore dei lavoratori dello spettacolo, nella determinazione della “quota B” della pensione, relativa alle anzianità maturate successivamente al 31 dicembre 1992 dai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo in data anteriore al 31 dicembre 1995, non si prendono in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dall’art. 12, comma 7, del D.P.R. n. 1420 del 1971, così come da ultimo modificato dall’art. 1, comma 10, del d.lgs. n. 182 del 1997; tale limite, infatti, non è stato abrogato né espressamente dai successivi interventi legislativi, né per incompatibilità dall’art. 4, comma 8, del medesimo decreto legislativo, dovendosi ritenere che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina, in quanto si colloca in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, in ordine all’entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l’INPS» (cfr. tra le tante: Cass. n. 36056 del 2022; Cass. n. 15651 del 2023; Cass. n. 31952 del 2024).
16.Si è ritenuta la perdurante vigenza applicativa dell’art. 12 co. 7 D.P.R. 1420/1971, osservando che l’art. 4 comma 8 del d.lgs. 182/97 -riferito al calcolo dei trattamenti pensionistici aventi decorrenza successiva alla data di entrata in vigore dello stesso decreto -non abroga né sostituisce il criterio di calcolo ivi previsto, limitandosi ad integrarlo ( sotto il profilo dell’applicazione dell’aliquota di rendimento del 2% sulla retribuzione giornaliera pensionabile corrispondente al limite massimo della retribuzione annua pensionabile in vigore tempo per tempo nell’assicurazione generale obbligatoria diviso 312 mentre per la quota di retribuzione giornaliera pensionabile eccedente il predetto limite, il computo è effettuato secondo le aliquote di rendimento previste dall’art. 12 del d.lgs. 503/1992). Si è aggiunto che il criterio di calcolo della retribuzione giornaliera è connaturato alle prestazioni dei lavoratori dello spettacolo, e che il tetto di retribuzione giornaliera pensionabile del
settimo comma del suddetto articolo 12 (di Lire 315mila) è rimasto inalterato nella sua astratta oggettività, fatta salva la rivalutazione annua in base ISTAT a decorrere dal 1/1/1998 come novellato dall’art. 1 co. 10 d.lgs. 182/97.
17.Alle motivazioni delle pronunce richiamate si rinvia ai sensi dell’articolo 118 disp. att. cod. proc. civ.
18.In conclusione, per le ragioni sopra esposte, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che si atterrà ai principi esposti e che provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
anche
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia -per le spese -alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale del 31 gennaio 2025.