Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10860 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 10860 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/04/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 8281/2019 R.G. proposto da:
AMMINISTRAZIONE SEPARATA DEI BENI DI USO CIVICO DI COVELANO, COGNOME COGNOME PARIS THERESIA, COGNOME COGNOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME -per gli avvisi e le comunicazioni di rito e per le notificazioni, PEC: infoEMAILpecEMAIL
-ricorrenti- contro
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI BOLZANO n. 161/2018 depositata il 31/12/2018.
All’esito della pubblica udienza del 3.13.2024, u dita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME sentiti il Sostituto Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, dott. NOME COGNOME e i difensori delle parti, presenti, avv. NOME COGNOME e avv. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. NOME COGNOME, proprietario dei masi chiusi Trafratzhof INDIRIZZO e II in Covelano, aveva adito avanti al Tribunale di Bolzano, sez. dist. di Silandro, l’Amministrazione Separata dei Beni di Uso Civico di Covelano, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedendo che fosse dichiarata la nullità o l’inefficacia della transazione stragiudiziale del 2.12.2004, della successiva transazione giudiziale del 16.3.2005 e della integrazione di questa del 20.3.2006, tutte intervenute tra lui e le controparti senza previa autorizzazione della Commissione per i masi chiusi invece necessaria ai sensi dell’art.4 LP n.17/2001, con ripristino dello stato dei luoghi anteriore all’intavolazione degli atti contestati; in subordine l’attore aveva chiesto la declaratoria di risoluzione delle transazioni ex art.1453, 1459 c.c. e, in ogni caso, la condanna dell’Amministrazione Separata all’esatto adempimento degli obblighi assunti. La controversia tra le parti aveva avuto origine dal fatto che non era mai stato realizzato il collegamento diretto tra la
cava di Covelano e il paese per il trasporto a valle del marmo estratto ed esso era stato sostituito dal trasporto su ruota su strada forestale, attraverso un percorso che interessava in parte i masi chiusi di proprietà COGNOME. Le transazioni erano intervenute per comporre la lite, agita anche in sede giudiziaria, insorta tra le parti e contenevano pure trasferimenti di quote immobiliari facenti parte dei masi Tafratzhof I e II ma non vi era stata alcuna preventiva autorizzazione e, comunque, l’Amministrazione era rimasta inadempiente agli impegni assunti.
Si erano ritualmente costituiti i convenuti chiedendo il rigetto delle domande proposte, per essere intervenuta prima dell’intavolazione degli atti l’autorizzazione della Commissione per i masi chiusi, e instando, in via subordinata riconvenzionale, per una pronuncia ex art.2932 c.c. -con diverse modulazioni- previo riconoscimento di valenza di contratti preliminari ai contratti contestati dalla controparte.
Il Tribunale di Bolzano, sez. dist. di Silandro, aveva dichiarato la nullità delle transazioni del 2.12.2004, del 16.3.2005 e del 20.3.2006 perché stipulate senza l’autorizzazione della Commissione per i masi chiusi, che avrebbe dovuto intervenire prima della stipula e non successivamente ad essa ai sensi degli artt.4 e 37 LP n.17/2001; il Tribunale aveva altresì escluso che i contratti si potessero considerare quali contratti preliminari, respingendo tutte le domande riconvenzionali dei convenuti.
2. L’Amministrazione Separata e i signori NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano proposto appello avverso la sentenza del Tribunale insistendo per il rigetto della domanda di declaratoria di nullità dei contratti proposta dalla controparte e criticando il deciso di primo grado anche in relazione al rigetto delle domande riconvenzionali, insistendo in applicazione dell’art.1424 co 4 e 5 c.c.- per la pronuncia ex art.2932 c.c. sostitutiva degli effetti della
transazione giudiziale e dell’atto integrativo, o degli effetti della transazione stragiudiziale, previa sua qualificazione come contratto preliminare ad effetti obbligatori.
Si era costituito l’attore appellato insistendo, per l’ipotesi di eventuale accoglimento dell’appello, nelle altre domande già proposte.
La Corte d’Appello di Trento, sez. dist. di Bolzano, aveva respinto integralmente l’appello confermando la declaratoria di nullità delle transazioni oggetto di contestazione in base alle seguenti considerazioni: -le disposizioni ex art.37 della legge della Provincia di Bolzano n.17/2001 sui masi chiusi sono, ai sensi del IV comma della norma, di diritto pubblico, perché destinate alla tutela di interessi pubblici primari, e cioè la sopravvivenza di unità masali quali fattori produttivi idonei a garantire da un lato la decorosa sopravvivenza della famiglia contadina e dall’altro un razionale sfruttamento del terreno; i controlli in materia sono demandati in prima istanza alla Commissione locale per i masi chiusi e in seconda istanza alla Commissione provinciale; -gli art.4, 5 e 6 della stessa legge, riguardanti anche i contratti aventi ad oggetti i masi chiusi, vanno letti in relazione all’art.37 cit., che da un lato sancisce al primo comma la rilevabilità d’ufficio della mancanza del parere o dell’autorizzazione della commissione, dall’altra indica, al secondo comma, quale conseguenza della loro mancanza l’assenza di ‘efficacia giuridica’; occorre cioè stabilire se l’autorizzazione della Commissione sia condicio iuris , il cui solo definitivo mancato avveramento in modo indipendente dalla volontà delle parti rende irrimediabilmente inefficace il contratto, oppure se essa costituisca atto necessario per rendere commerciabile un bene altrimenti non disponibile; in questo secondo caso l’autorizzazione deve preesistere alla conclusione dell’accordo, perché diversamente l’oggetto del contratto non sarebbe possibile, ex art.1346 c.c., con conseguente nullità, mentre nel primo caso si sarebbe di fronte ad
un contratto valido ma inefficace prima dell’intervento dell’autorizzazione; -appare preferibile la prima soluzione descritta, alla luce della pur risalente giurisprudenza di legittimità (con l’unica voce dissonante della non condivisibile sentenza della Cass. n.2317/2008, peraltro riferita ad un contratto preliminare) e di quella del Consiglio di Stato e tenuto conto della regolamentazione normativa della materia, in particolare dell’art.37 co 4 cit. che rende inderogabili le disposizioni della LP n.17/2001 sui masi chiusi; non vale per una diversa considerazione della rilevanza dell’autorizzazione il disposto dell’art.37 co 3 cit, che si riferisce ad una specifica tipologia di tentativo di conciliazione regolato dall’art.21 LP cit, al quale non sono equiparabili le conciliazioni stragiudiziali e nemmeno le conciliazioni giudiziali, rispetto alle quali il carattere preventivo dell’autorizzazione richiamata non appare essere un problema; diversamente opinando, e cioè permettendo la possibilità di un’autorizzazione successiva al contratto con effetto sanante, potrebbe essere posto in pericolo l’effettivo controllo sulla compatibilità del distacco contrattuale con le esigenze masali; -deve essere respinta anche la domanda ex art.2932 c.c., sia in ragione della specificità del sistema tavolare dell’acquisto del diritto reale con la firma dell’atto traslativo, che ha efficacia differita, facendo sorgere in capo all’acquirente il diritto potestativo di intavolazione della proprietà a suo nome da cui consegue l’efficacia erga omnes del diritto reale acquistato, sia in ragione del fatto che tutti gli elementi interpretativi riferibili ai contratti di cui si discute e al comportamento delle parti in loro esecuzione escludono la possibilità di una loro qualificazione come contratti preliminari.
3. Propongono ricorso per cassazione l’Amministrazione Separata dei Beni di Uso Civico di Covelano, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME affidandolo a tre motivi.
Ha resistito con controricorso NOME COGNOME
Ha depositato considerazioni scritte anche il PG, concludendo per il rigetto del ricorso proposto, con adesione alla tesi seguita dai Giudici di merito sulla necessità di autorizzazione preventiva da parte della Commissione per i masi chiusi e alla qualificazione in termini di nullità dell’invalidità derivata al contratto in caso di sua assenza prima della stipula.
All’esito della pubblica udienza del 3.12.2024, sentite le argomentazioni difensive dell’avv. NOME COGNOME per i ricorrenti e dell’avv. NOME COGNOME per il controricorrente e le considerazioni del PG, dott. NOME COGNOME la Corte decide come segue.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso per cassazione i ricorrenti lamentano la ‘Violazione e falsa applicazione di norme di diritto: art.4 e 37 legge provinciale di Bolzano 28 novembre 2001, n.17 (‘legge sui masi chiusi’), in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c.’: i ricorrenti si dolgono del fatto che la sentenza della Corte d’Appello di Trento, sez. dist. di Bolzano, non avrebbe dato corretta applicazione delle norme richiamate, prospettando come necessariamente preventiva l’autorizzazione da parte dell’apposita Commissione a intervenire sulla consistenza territoriale dei masi chiusi, mentre detta autorizzazione, in quanto inquadrabile nell’ambito della condicio iuris , avrebbe dovuto essere considerata utilmente concessa anche dopo la stipula, purchè precedentemente all’intavolazione -come avvenuto nel caso di specie-; da questa errata ricostruzione normativa la Corte d’Appello avrebbe ingiustificatamente derivato la nullità delle transazioni intervenute tra le parti.
7.1. Per l’esame del primo motivo di ricorso per cassazione la questione centrale è costituita dalla natura da attribuire all’autorizzazione della Commissione per i masi chiusi,
pacificamente necessaria per tutti i negozi giuridici comportanti la modificazione di estensione e consistenza dell’unità masale: se si qualifichi l’autorizzazione richiamata come costitutiva della commerciabilità del bene ne conseguirebbe che senza di essa mancherebbe il requisito della possibilità dell’oggetto richiesto per la validità del contratto, a pena di nullità, dagli art.1346 e 1418 c.c.; se la si qualifichi invece come condicio iuris essa sarebbe necessaria per l’efficacia del contratto ma non per la sua validità.
7.2. Il ‘maso chiuso’ costituisce un complesso di beni -comprendente un fondo, con le relative scorte, una casa d’abitazione e fabbricati rurali, tali da assicurare un reddito annuo medio sufficiente a garantire il mantenimento di almeno quattro persone, senza superamento del triplo di tale reddito: cfr. art.2 co 1 LP n.17/2001- destinato al mantenimento di una famiglia contadina e caratterizzato dall’indivisibilità, se non nei casi e con le autorizzazioni prescritte, dei beni che lo compongono: sia la costituzione che la modificazione di consistenza che la perdita di qualifica di maso chiuso sono sottoposti ad autorizzazione dell’apposita Commissione dei masi chiusi, da ultimo regolata dalla LP n.17/2001 -cfr., in particolare, gli articoli da 5 a 9, e l’istituto è altresì sottoposto ad un peculiare regime successorio diretto sostanzialmente ad evitare il frazionamento dell’unità masale, quale azienda agricola familiare idonea a produrre un certo reddito attraverso tecniche tradizionali di sfruttamento del terreno.
7.3. Al fine di comprendere l’importanza della consistenza territoriale nell’ambito della disciplina del maso chiuso appare utile richiamare -con opportuna sintesi- la ricostruzione delle vicende legislative dell’istituto in esame, e delle ragioni ad esse sottese, operata dalla Corte Costituzionale nella motivazione della sentenza n.193/2017 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una serie di norme della Provincia Autonoma in materia di disciplina dei masi chiusi, nella parte in cui prevedevano in sede di successione
nello stesso grado la preferenza dei maschi sulle femmine-: ‘ Il “maso chiuso” trae origine da antichissime tradizioni diffuse nelle zone alpine orientali, regolate dalla legislazione austriaca fino alla legge della Provincia autonoma di Bolzano 29 marzo 1954, n. 1 (Ordinamento dei masi di chiusi nella Provincia di Bolzano), emanata in virtù dell’attribuzione statutaria della potestà legislativa (esclusiva o primaria) in materia di «ordinamento dei “masi chiusi”» (art. 11, n. 8, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5, recante «Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige»; e successivamente art. 8, n. 8, d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, recante «Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il TrentinoAlto Adige»). … fu essenzialmente per andare incontro alle aspirazioni chiaramente manifestate dagli esponenti della popolazione alto-atesina in riguardo al riconoscimento formale dell’antico istituto, che il legislatore costituzionale si indusse a dettare il disposto del n. 9 dell’art. 11 dello Statuto per il Trentino-Aldo Adige, col quale attribuì alla Provincia la facoltà di emanare norme legislative “per le seguenti materie n. 9: ordinamento delle minime unità culturali, anche agli effetti dell’art. 847 del Codice civile; ordinamento dei “masi chiusi” e delle comunità familiari rette da antichi statuti e consuetudini”» … . In sintesi, prima dell’accesso nel nostro ordinamento, il “maso chiuso” è stato disciplinato dalla legge 12 giugno 1900, n. 47 della Contea Principesca del Tirolo; successivamente fu abolito con regio decreto 4 novembre 1928, n. 2325 (Disposizioni per l’unificazione legislativa nei territori annessi al Regno), che estese anche all’Alto Adige la legislazione italiana (sopravvivendo peraltro, di fatto, nelle abitudini di vita delle popolazioni altoatesine); infine fu reintrodotto ad opera dello statuto speciale per il TrentinoAlto Adige. … Oggi l’istituto è disciplinato dalla legge prov. Bolzano n. 17 del 2001, che ne ha mantenuto la struttura ed i principi ispiratori, rivisitandolo in più
punti, ed in particolare … rimodulando i criteri di successione ed assunzione del maso. … I caratteri originari e pregnanti dell’istituto, che ne giustificano la conservazione attraverso una peculiare disciplina, sono le modalità di gestione, intestate ad una comunità familiare e ad una azienda agricola autosufficiente, ed un regime giuridico funzionale alla conservazione di dette modalità, costituito dall’indivisibilità del maso e dalla sua destinazione familiare, realizzata mediante un particolare sistema successorio, volto a designare un solo assuntore (Anerbe), il quale diviene debitore della massa ereditaria per l’ammontare del valore del maso. In definitiva, l’analisi delle norme succedutesi nel tempo fino alla vigente legge provinciale n. 17 del 2001 consente di affermare la persistenza del nucleo funzionale dell’istituto del maso chiuso consistente nell’indivisibilità del fondo, nella sua connessione con la compagine familiare e nella “assunzione” del fondo stesso da parte di un unico soggetto, cui un sistema particolare – anche relativo al procedimento di assegnazione e di determinazione del valore del fondo nel caso di pluralità di eredi – permette di perpetuare e garantire nel maso stesso il perseguimento delle finalità economiche e sociali proprie dell’istituto. … Al contrario, alcune modalità normative poste originariamente a corredo del peculiare istituto sono state progressivamente superate, tanto che già in passato la Corte Costituzionale aveva ‘ritenuto, in alcuni casi, compatibili e, in altri, viziate e non più rispondenti alla ratio originaria, alcune norme che, rispettivamente, erano state introdotte o facevano parte dell’ordinamento del maso chiuso’. Fu, per esempio ‘precisato «che la peculiare dilatazione della competenza legislativa provinciale trova esclusiva giustificazione nella circostanza che essa sia funzionale “alla conservazione dell’istituto nelle sue essenziali finalità e specificità” (sentenza n. 340 del 1996) ogni qualvolta la predetta finalità non sia riscontrabile, da un lato, riemergono gli ordinari impedimenti alla
competenza legislativa primaria della Provincia autonoma in materia di diritto privato e di esercizio della giurisdizione (sentenza n. 405 del 2006) e, dall’altro, la competenza nelle predette materie del legislatore statale, simmetricamente, conserva l’abituale estensione» … (sentenza n. 173 del 2010) ‘.
Nelle considerazioni riportate è ben chiarito che la ragione della particolare tutela riconosciuta al maso chiuso, riguardante la sua struttura come unità produttiva e tale da aver comportato la ‘ peculiare dilatazione della competenza legislativa provinciale ‘ per un’esigenza considerata di interesse pubblico, è da individuare prima di tutto nelle sue particolari modalità di gestione in relazione ad una determinata consistenza immobiliare, affidate ad un nucleo autosufficiente (comunità familiare o azienda agricola in grado di trarre un reddito adeguato dai beni gestiti), tali da giustificare l’articolazione di un regime giuridico funzionale al riconoscimento e alla conservazione di dette modalità e conseguentemente volto prima di tutto ad assicurare l’esistenza e il mantenimento dell’unità territoriale del maso.
In sostanza, in tanto si giustifica il riconoscimento -e il mantenimentodella tutela dell’unità masale in quanto essa sia inquadrabile come struttura produttiva, per le peculiarità evidenziate, nell’ambito di salvaguardia della funzione sociale della proprietà, comprensiva delle economie montane, ex art.42 Cost., contribuendo nel contempo a permettere la tutela anche di altri interessi di rango costituzionale, quali la salvaguardia della consistenza e delle caratteristiche del territorio e del paesaggio (art. 9 Cost).
7.4. Ne consegue che, alla luce della ratio sottesa alla normativa speciale di cui alla LP n.17/2001: l’attribuzione della qualificazione di maso chiuso ad un determinato compendio immobiliare presuppone il vaglio di sussistenza delle condizioni richieste dall’art.2 l. n.17/2001, che l’apposita Commissione per i masi
chiusi deve riscontrare; -nella stessa ottica di tutela, pure la perdita della qualificazione di maso chiuso, per il venir meno dei requisiti richiesti, non è automatica ma deve anch’essa essere riscontrata dalla Commissione citata; -infine, la consistenza immobiliare del maso chiuso, così come l’articolazione dei diritti reali su di esso, che devono rimanere tali da permetterne le modalità di gestione tradizionali, possono essere modificate, per incremento o distacco (con o senza aggregazione), solo ove intervenga l’autorizzazione dell’apposita Commissione per i masi chiusi, ex art.5 e s. LP n.17/2001.
7.5. L’autorizzazione che, nelle diverse situazioni descritte, la Commissione deve rilasciare non si può quindi considerare un adempimento solo formale volto all’eliminazione di un impedimento alla costituzione o cessazione della considerazione di un compendio immobiliare come ‘maso chiuso’, o alla sua modificazione territoriale e/o alla modificazione della consistenza dei diritti reali ad esso connessi, ma sottende una valutazione complessiva di merito in ordine all’esistenza originaria e al permanere dei presupposti necessari a garantire la funzionalità del maso chiuso come tale, anche all’esito degli interventi (costituzione, cessazione, modifica di consistenza) richiesti. L’autorizzazione costituisce in sostanza, come rilevato dal PG, ‘ un adempimento essenziale e non gravoso, funzionale anche al principio di pari trattamento per tali unità produttive ‘, che si giustifica con la natura pubblicistica dell’istituto in esame.
In quest’ottica si comprende quindi come l’art.4 della legge n.17 del 2001 sui masi chiusi, intitolato ‘ Modificazioni della consistenza di un maso chiuso ‘, disponga che ‘ 1. Per tutti i cambiamenti nell’estensione di un maso chiuso nonché nella consistenza dei diritti reali connessi con il maso chiuso, che non derivino da espropriazione per pubblica utilità ovvero da operazioni di riordino fondiario approvate dalla Giunta provinciale ai sensi delle vigenti
disposizioni, occorre l’autorizzazione della commissione locale per i masi chiusi; la stessa è pure necessaria per la costituzione del diritto di superficie ‘ -con la precisazione, al comma 2, che ‘ Nel procedimento giudiziario di accertamento dell’avvenuta usucapione su una parte del maso chiuso deve essere sentita la commissione locale competente ‘, a sottolineare come il parere della stessa debba comunque essere assunto, anche in presenza dei presupposti oggettivi e soggettivi usualmente richiesti per il maturare dell’usucapione, al fine di giustificare una riduzione territoriale potenzialmente idonea a incidere sulla consistenza, e quindi sulla funzionalità complessiva, di un maso chiuso-. E come l’art.37 della stessa legge, intitolato ‘ mancanza di pareri o autorizzazioni, … ‘, stabilisca che ‘ 1. La mancanza di un parere o di un’autorizzazione della commissione per i masi chiusi, in quanto previsti dalla presente legge, è rilevata d’ufficio. 2. Atti giuridici espletati senza detto parere o autorizzazione o comunque in contrasto con le disposizioni contenute nella presente legge sono privi di efficacia giuridica ‘; con la precisazione che ‘ 3. Atti giuridici espletati nel corso del tentativo di conciliazione intrapreso ai sensi dell’articolo 21 sono considerati validi anche quando la relativa autorizzazione della commissione per i masi chiusi è concessa successivamente, purché nel processo verbale di conciliazione venga fatto, a pena di nullità, esplicito riferimento alla necessità di detta autorizzazione’ ; la norma in esame continua esplicitando che ‘4. Le disposizioni della presente legge sono disposizioni di diritto pubblico. … ‘.
Le norme richiamate delineano le limitazioni che gli interventi rientranti nell’ambito dell’autonomia privata volti ad incidere sull’estensione del maso chiuso e sulla consistenza dei diritti reali su di esso incontrano, al fine di evitarne la perdita di funzionalità, come sopra delineata, normativamente tutelata trattandosi di struttura produttiva riconosciuta di pubblico interesse.
7.6. Nel contesto descritto appare corretto affermare che le limitazioni alla possibilità di modificare l’estensione e la consistenza dei diritti reali sul maso chiuso riguardano direttamente questo come bene giuridico suscettibile di formare oggetto di attività negoziale e lo connotano intrinsecamente, in modo tale che senza le autorizzazioni previste il compendio immobiliare costituente il maso chiuso non è un bene di cui è possibile la commercializzazione nell’ambito dell’autonomia privata.
A conferma di ciò, le previsioni della legge provinciale n.17/2001 appaiono effettivamente interpretabili come individuanti i termini in cui sono possibili interventi sull’estensione e consistenza dei diritti sui masi chiusi, in ossequio alla ratio che sottende la legge e che legittima l’imposizione di restrizioni e/o vincoli compatibili con le disposizioni generali dettate in materia di autonomia negoziale dalla normativa statale. Le disposizioni della legge provinciale vanno infatti a caratterizzare la possibilità dei masi chiusi di divenire, quanto alla loro consistenza territoriale, oggetto di attività rientrante nell’ambito dell’autonomia privata, ponendo restrizioni da valutare sulla base delle indicazioni dettate dall’art.1346 c.c.
I masi chiusi sono pertanto, quanto alla consistenza territoriale e ai diritti reali su di essa, beni commerciabili solo nel sistema di tutele sopra descritto, entro i limiti preventivamente delineati dalla normativa provinciale per finalità di pubblico interesse: solo in detti limiti essi sono suscettibili di essere oggetto possibile dell’attività negoziale privata.
7.7. A questo punto, se si considera il disposto dell’art.4 cit. in relazione alla rilevabilità d’ufficio dell’assenza di autorizzazione, ex art.37 co 1 cit., sottolineata dalla stessa norma con l’attribuzione, al comma 4, alle disposizioni in esame della legge provinciale della qualifica di disposizioni di diritto pubblico, nonchè alla possibilità, espressamente prevista, di una autorizzazione successiva per il solo caso di conciliazione ex art.21 -all’esito del tentativo di
conciliazione in sede pregiudiziale, sempre che si dia atto espressamente ‘a pena di nullità’ nel verbale della sua necessità, e quindi in una situazione specifica ben identificata e inesistente nel caso di specie, si deve ritenere che la previsione di ‘assenza di efficacia giuridica’ per gli atti conclusi in mancanza di autorizzazione o parere, prevista all’art.37 co 2 cit., sia da interpretare non tanto come volta a sancire in senso proprio l’inefficacia di un atto di per sé valido, ma come volta a decretare la radicale impossibilità del territorio del maso chiuso ad essere sottoposto a modificazioni quanto ad estensione e consistenza di diritti su di esso, e quindi ad essere oggetto possibile di quell’atto, se non vi sia stata prima l’autorizzazione in tal senso dell’apposita commissione.
7.8. L’autorizzazione della Commissione apposita viene a costituire quindi non tanto il frutto di un comportamento attivo che si deve pretendere dalle parti, senza il quale non sono possibili gli effetti giuridici del contratto concluso, ma un elemento inerente al contenuto necessario del contratto, senza il quale questo non può essere validamente stipulato -cfr., sul punto, Cass. a SSUU n.26724/07-: in assenza di autorizzazione della Commissione dei Masi Chiusi l’intero contratto si pone infatti in contrasto con la disciplina che prevede, in funzione di controllo, l’intervento necessario dei pubblici poteri per renderne possibile l’oggetto in base delle ragioni sopra esaminate.
7.9. L’esigenza della preesistenza dell’autorizzazione richiesta dall’art.4 LP n.17/20001 alla stipula di un contratto modificativo dell’estensione e/o della consistenza dei diritti reali su un maso chiuso è del resto stata affermata dalla giurisprudenza di legittimità nelle pronunce, pur non numerose, che si sono succedute dal 1982 ad oggi. Si richiama tra queste Cass. n. n.8524/1994 (la più ‘recente’, perfettamente in linea con le precedenti: il richiamo normativo è alla legge in vigore prima della LP n.17/2001 ma essa
conteneva, per il profilo che interessa, una disciplina corrispondente a quella attualmente vigente): ‘ L’autorizzazione da parte di apposita commissione amministrativa, che, ai sensi dell’art. 9 della legge della Provincia di Bolzano 29 marzo 1954 n. 1 (recepito nel T.U. delle leggi provinciali sull’ordinamento dei masi chiusi, approvato con decreto del Presidente della Giunta Provinciale di Bolzano 28 dicembre 1978 n. 32), è necessaria, a pena di nullità rilevabile d’ufficio, per gli atti privatistici che comportino modificazione dell’estensione del maso chiuso, non svolge il ruolo di mera “condicio juris”, ma ha l’effetto di rendere commerciabili beni altrimenti indisponibili e, pertanto, deve precedere l’atto per cui è prescritta e non può utilmente seguirlo con effetti di convalidazione ‘; la sentenza reitera l’inquadramento giuridico effettuato dalle pronunce precedenti dell’autorizzazione di cui si discute come volta ad eliminare un ostacolo alla suscettibilità degli interventi modificativi sul maso chiuso di essere oggetto di negoziazione privata (e sembra estendere la sua necessità preventiva anche al contratto preliminare ma, in concreto, non esamina specificamente questo aspetto).
Con un successivo intervento costituito dalla sentenza n.2317/2008, la Corte, precisando in modo espresso di non porsi in contrasto con il precedente provvedimento richiamato (come sopra anticipato, secondo la Corte la sentenza n. 8524/94 ribadisce la necessità dell’autorizzazione in via preventiva, non costituendo essa mera condicio iuris , ma non si occupa di verificare la validità del contratto in sua assenza perché non era questa una delle questioni controverse), ha evidenziato che: ‘ Il contratto preliminare di vendita avente ad oggetto beni immobili facenti parte di un maso chiuso non è affetto da nullità per il solo fatto che non sia stata previamente rilasciata l’autorizzazione al relativo distacco, la cui sussistenza condiziona la validità del contratto definitivo o, in caso di inadempimento di una delle parti, la
possibilità della emanazione della sentenza di cui all’art. 2932 cod. civ.’.
Si ritiene che, contrariamente all’assunto dei ricorrenti, non si possa riconoscere rilievo al fine di supportare la tesi della qualità di condicio iuris dell’autorizzazione di cui si discute alla sentenza da ultimo richiamata, che evidenzia semplicemente, traendone le opportune conseguenze, il profilo, pienamente condivisibile, del differente contenuto del contratto preliminare rispetto al contratto definitivo, avendo ad oggetto il primo le obbligazioni dei contraenti a concludere il contratto definitivo con identificazione dell’oggetto che avrà -che, rispetto al contratto preliminare, è oggetto mediatoe costituendo il secondo il momento di effettivo compimento dell’effettiva composizione dell’assetto economico finale perseguito dalle parti e quindi dell’effetto traslativo, solo in relazione alla stipula del quale è necessario che l’oggetto, che avrebbe potuto essere anche solo potenzialmente possibile e determinato/determinabile al momento di assunzione dell’obbligo a contrarre, abbia acquisito effettivamente tutte le caratteristiche richieste dall’art.1346 c.c. -si richiama la motivazione, condivisibile, della sentenza: cfr. anche Cass. n.24313/2008-.
Non può avere alcun rilievo, per le valutazioni svolte, il fatto che per i contratti aventi ad oggetto diritti reali sottoposti al regime di pubblicità dell’intavolazione, quest’ultima, che segue la stipula su impulso della parte acquirente, non sia finalizzata solo a rendere opponibile l’atto ai terzi ma sia costitutiva del sorgere del diritto reale negoziato: questi effetti dell’intavolazione non tolgono nulla al fatto che il contratto concluso, cui seguirà l’intavolazione, sia un contratto definitivo pienamente efficace tra le parti, pur se ad efficacia traslativa differita sorgendo con la stipula il diritto potestativo esercitabile dall’acquirente all’intavolazione (il sistema tavolare si struttura su una serie di adempimenti, il cui punto di partenza è comunque un atto negoziale, definitivo, ricevuto dal
notaio, cui devono seguire la domanda diretta a ottenere il decreto tavolare, il decreto tavolare e l’iscrizione nel libro fondiario, ovvero la materiale trasposizione nel libro fondiario del contenuto del decreto tavolare): anzi, ove si seguisse la tesi dell’autorizzazione come condicio iuris , potenzialmente richiedibile dopo la stipula purchè prima dell’intavolazione, si rischierebbe di lasciare spazio ad una gestione dell’estensione territoriale e della consistenza dei diritti reali sui masi chiusi concretamente effettuata e completamente rimessa ai privati contraenti, che potrebbe mantenersi per un tempo indefinito al di fuori del controllo da parte della Commissione competente ove entrambe le parti abbiano interesse al mantenimento della composizione negoziale concordata, non abbiano urgenza di rendere la stessa opponibile ai terzi e non vogliano rischiare il diniego da parte della Commissione -così sottraendo ad essa un tempestivo potere di controllo/verifica/intervento- (nel caso di specie, per esempio, le transazioni di ci si discute, risalenti agli anni 2004/2006, sono state efficaci tra le parti per anni prima che intervenisse, nel corso del 2014, la richiesta di autorizzazione alla Commissione dei Masi Chiusi in vista dell’intavolazione).
E’ del resto sicuramente legittima, anche alla luce della giurisprudenza di legittimità sopra richiamata, la stipula di un contratto preliminare di compravendita anche nel sistema dell’intavolazione e permane la differenza tra questo, i cui effetti sono solo obbligatori ‘puri’ e sono costituiti appunto dal sorgere dell’obbligo delle parti di stipulare il contratto definitivo, e quest’ultimo, che sancisce il raggiungimento dell’accordo tra le parti con il sorgere delle rispettive obbligazioni proprie della compravendita, pur se l’effetto traslativo è rinviato all’intavolazione e dipende dal diritto potestativo dell’acquirente di procedere ad essa, necessaria sia per il perfezionarsi dell’acquisto del diritto reale sia per l’opponibilità di questo ai terzi.
7.10. Se si esamina il caso sub iudice alla luce delle indicazioni esposte, si deve rilevare che le transazioni -quella stragiudiziale del 2.12.2004 e quelle giudiziali, la prima del 16.3.2005 e la successiva, integrativa, del 20.3.2006- sulla cui base le parti hanno concordato modifiche alla consistenza territoriale dei masi chiusi di cui è titolare NOME COGNOME non sono state precedute dalla necessaria autorizzazione della Commissione per i masi chiusi e sono pertanto nulle, per impossibilità dell’oggetto, non essendo rilevante l’intervento successivo dell’autorizzazione, richiesta e rilasciata solo nel corso del 2014 ai fini dell’attivazione del procedimento di intavolazione.
La declaratoria di nullità deve essere confermata anche per la transazione del 16.3.2005 e per quella integrativa del 20.3.2006, intervenute nel corso di un giudizio civile.
Non può trovare applicazione infatti il disposto dell’art.37 co 3 cit., perché esso si riferisce alla conciliazione ex art.21 LP, che è una conciliazione preventiva rispetto all’introduzione in sede giudiziaria di un contenzioso non ancora delineato, di cui si vuole evitare il consolidarsi; la conciliazione ex art.21 cit. ha caratteristiche proprie che non permettono di assimilarle -non solo la conciliazione stragiudiziale ma nemmeno- la conciliazione giudiziale -con la quale la necessità di autorizzazione preventiva non appare né contrastante né ingiustificatamente onerosa, potendo essere la definizione dell’accordo raggiunto modulata in modo che i relativi termini siano preventivamente sottoposti alla Commissione competente, per il rilascio dell’autorizzazione necessaria prima del definitivo incontro delle volontà delle parti su di esso-. La specificazione dell’art.37 co 3 cit. in relazione alla sola previsione dell’art.21 LP non solo conferma la necessità dell’autorizzazione in ambito transattivo, anche se l’accordo sia raggiunto avanti ad un organo terzo, ma supporta la tesi del necessario carattere preventivo dell’autorizzazione perché, diversamente, non avrebbe
senso giustificare, per la sola specifica ipotesi disciplinata, la possibilità che essa segua, a determinate condizioni, l’accordo (le vicende dell’art.12 LP n.5/2018, di interpretazione autentica dellart.37 cit. nel senso di prevedere la possibilità di autorizzazione successiva anche per ‘gli atti giuridici espletati nel corso di un tentativo di conciliazione giudiziale’, sono utili a confermare la correttezza delle considerazioni che precedono: a distanza di pochi mesi l’art.30 co 1 lett.b) LP n.10/2018 ha abrogato l’art.12 di interpretazione autentica per sospetta incostituzionalità).
Il primo motivo di ricorso è pertanto infondato.
8. Con il secondo motivo si lamenta la ‘Violazione e falsa applicazione di norme di diritto: art.1424 c.c., art.4, 5 e 37 legge provinciale di Bolzano 28 novembre 2001, n.17 (‘legge sui masi chiusi’), in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c.’. Secondo i ricorrenti, anche ipotizzando la contestata correttezza della declaratoria di nullità operata dalla Corte di merito, non sarebbe giustificato il rigetto della domanda ex art.2932 svolta sulla base della transazione giudiziale e della sua successiva integrazione, perché vi sarebbero tutti i presupposti per operare la loro conversione, ex art.1424 c.c., in ‘contratti con effetti obbligatori ancora da eseguire’ e quindi in contratti preliminari.
Deve essere respinto anche il secondo motivo del ricorso in esame, con il quale i ricorrenti vorrebbero una pronuncia ex art.2932 c.c. in relazione alla transazione giudiziale del 2005 e alla successiva integrazione della stessa, sempre in sede giudiziale, del 2006, sul presupposto che esse possano essere qualificate, ai sensi delll’art.1424 c.c. e dell’art.37 LP n.17/2001, come ‘contratti preliminari e/o contratti ad effetti obbligatori non ancora eseguiti e/o attuali’.
Al riguardo anche la Corte d’Appello (come già il primo Giudice il quale aveva negato la qualificabilità degli accordi sottoscritti come preparatori o meramente obbligatori), aveva rilevato che la stessa
Amministrazione Separata aveva chiesto -e ottenutol’intavolazione dei diritti reali trasferitile in base ai due accordi negoziali in esame e aveva sottolineato che ‘ La stessa lettura degli atti, peraltro, non permette la qualifica ‘ di contratti preliminari ‘ loro attribuita dalla parte appellante, trasparendo anzi dai termini e dalla forma in essi usata la incontestabile volontà dei contraenti di stipulare un atto definitivo e non invece quello di obbligarsi a concludere, in futuro, un ulteriore atto definitivo sulla base di quello firmato ‘.
A fronte delle concordi interpretazioni del contenuto delle transazioni giudiziali e della esclusione della possibilità di una loro conversione ex art.1424 c.c., offerte dai Giudici di merito, i ricorrenti non indicano in che cosa e in che modo le considerazioni svolte per escludere la richiesta conversione delle transazioni nulle in contratti preliminari o comunque con efficacia obbligatoria integrino un’ipotesi di violazione di legge, limitandosi a richiamare le conclusioni contenenti la domanda sul punto già formulata fin dalla costituzione nel giudizio di primo grado.
Il supporto argomentativo della censura, decisamente sintetico, non è in realtà rivolto a giustificare l’esistenza dei presupposti per la conversione, i quali nemmeno si prospetta in tesi che siano stati tempestivamente allegati e non considerati dai Giudici di merito, ma ribadisce profili di critica che consistono in ultima analisi in una richiesta di diversa valutazione e interpretazione del contenuto delle transazioni in adesione alla diversa tesi interpretativa proposta dagli interessati, e quindi in una rivalutazione di contenuto meritale preclusa in sede di legittimità (si richiama altresì la giurisprudenza di legittimità riportata nell’esame del successivo motivo di ricorso).
Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano la ‘Violazione e falsa applicazione di norme di diritto: art.1362, 1363, 1366 c.c., art.4 e 37 legge provinciale di Bolzano 28 novembre 2001, n.17 (‘legge
sui masi chiusi’), art.2932 c.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c.’, criticando il rigetto della domanda ex art.2932 c.c. svolta in relazione alla transazione stragiudiziale del 2.12.2004, che si afferma essere stata erroneamente ritenuta carente dei presupposti per essere interpretata come contratto preliminare.
Il terzo motivo ha contenuto ed articolazione analoghi al secondo motivo di ricorso esaminato, ma si rivolge al rigetto della domanda ex art.2932 c.c. effettuata dai Giudici di merito relativamente alla transazione stragiudiziale del dicembre 2004.
Pure per questo motivo di critica i ricorrenti richiamano le conclusioni assunte in via ulteriormente subordinata fin dal giudizio di primo grado e si dolgono del punto di decisione (del primo Giudice e) della Corte, che è lo stesso sopra riportato.
Anche in questo caso non è dato comprendere in quale parte dell’operato della Corte di merito sia individuabile un’ipotesi di violazione di legge delle norme di interpretazione dei contratti: i ricorrenti propongono un’interpretazione del contenuto degli accordi conclusi con la scrittura in esame, in contrasto con quanto ritenuto dai Giudici di merito, e ancora una volta ciò che si chiede alla Corte è di effettuare una valutazione sul punto che privilegi la tesi interpretativa proposta rispetto a quella posta a fondamento della decisione della Corte d’Appello, e cioè di svolgere attività meritale preclusa.
9.1. Si richiama sulle questioni in esame, anche in riferimento al motivo precedente, l’orientamento interpretativo univoco di questa Corte, nel senso che l’interpretazione del contratto -che, si ripete, è quanto in concreto i ricorrenti vorrebbero rimettere in discussione in questa sede attraverso la richiesta di rivalutazione di tutte e tre le transazioni- può essere sindacata in sede di legittimità solo nel caso di violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, la quale non può dirsi esistente sul semplice rilievo che il giudice di
merito abbia scelto una piuttosto che un’altra tra le molteplici interpretazioni del testo negoziale (cfr. Cass. n. 11254/2018).
Ancora su questo profilo si legge nell’ordinanza della Corte di Cassazione n.39169/2021 che ‘ secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte in tema di ermeneutica contrattuale, … (ex multis: Sez. 1, n. 4178 del 22.2.2007, Rv. 595003 -01; Sez. 3, n. 2560 del 6.2.2007, Rv. 594992 -01;Sez. 3,n. 15798 del 28.7.2005, Rv. 584351 -01;Sez. L, n. 17168 del 9.10.2012, Rv. 624346 -01; Sez. L,n. 9054 del 15.4.2013,Rv. 626803 -01;Sez. L, n. 25728 del 15.11.2013, Rv. 628585 -01;Sez. 1 ,n. 27136 del 15.11.2017, Rv. 646063 -01; Sez. 5 ,n. 873 del 16.1.2019, Rv. 652192 01) l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce un’attività riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione. Non è peraltro sufficiente l’astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è necessaria la specificazione dei canoni in concreto violati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è discostato, nonché, in ossequio al principio di specificità ed autosufficienza del ricorso, con la trascrizione del testo integrale della regolamentazione pattizia del rapporto o della parte in contestazione, ancorché la sentenza abbia fatto ad essa riferimento, riproducendone solo in parte il contenuto, qualora ciò non consenta una sicura ricostruzione del diverso significato che ad essa il ricorrente pretenda di attribuire. Infine non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva
proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra ‘.
Per le considerazioni esposte il ricorso deve essere integralmente respinto.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, si pongono a carico dei ricorrenti.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento a carico dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso.
Condanna l’Amministrazione Separata dei Beni di Uso Civico di Covelano, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità a favore di NOME COGNOME e le liquida in complessivi € 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge, inclusi iva e cassa avvocati.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda