Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 33614 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 33614 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE (GIÀ RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME di Tarsia di Belmonte , -controricorrente –
Avverso la sentenza n. 295/2023 della Corte D’Appello di Roma, pubblicata il 16.1.2023, non notificata.
Oggetto:
Preuso Marchio di fatto
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13.12.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE, società operante nella Sicilia occidentale dagli anni ’60 (e prima dal dopoguerra come impresa individuale NOME COGNOME in Mazzara del Vallo), nel settore della molitura dei cereali e della pastificazione, titolare, tra gli altri, del marchio italiano ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, rubricato al n. di domanda RM1993C000929 , depositato il 24 marzo 1993 e concesso il 16 ottobre 1995, rinnovato, in classe n. 30 , marchio preusato di fatto dal 1946, conveniva in giudizio, con atto di citazione notificato in data 23.12.2015, innanzi al Tribunale di Catania, la RAGIONE_SOCIALE (società costituita dal figlio di NOME COGNOME, socio della RAGIONE_SOCIALE, che aveva negli anni ’80 avviato la produzione e commercializzazione di pasta), per sentire accertare: (i) la nullità del marchio nazionale ‘RAGIONE_SOCIALE ‘, registrato dalla convenuta (con domanda depositata nel 1990, concesso nel 1993), per difetto del requisito di novità, in considerazione del pregresso uso di fatto del marchio COGNOME per pasta e prodotti affini, a partire quantomeno dalla fine deli anni ’60, preuso che aveva determinato una notorietà del segno non puramente locale in epoca precedente al deposito del marchio NOME COGNOME ; (ii) l’illiceità dell’utilizzo da parte della NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE del patronimico COGNOME, e ciò ai sensi dell’art. 13, co mma 2, r.d. n. 929/1942 ovvero ai sensi dell’art. 21 c.p.i.; (iii) che l’utilizzo del nome patronimico COGNOME da parte della società convenuta era tale da ingenerare confusione sulla provenienza dei prodotti, integrando quindi la fattispecie di concorrenza parassitaria; (iv) che il marchio ‘RAGIONE_SOCIALE‘ era altresì nullo ai sensi dell’art. 48 l.m. in quanto depositato in mala fede.
Si costituiva in giudizio la NOME RAGIONE_SOCIALE eccependo, in via prelimi nare di rito, l’incompetenza del Tribunale di Catania per essere
competente la Sezione Specializzata in Materia di RAGIONE_SOCIALE del Tribunale di Roma.
Con sentenza n. 351/2018 il Tribunale di Catania ha dichiarato la propria incompetenza, « essendo competente a conoscere il merito il Tribunale di Roma, Sezione specializzata in Materia di Imprese ».
Il giudizio è stato riassunto dinanzi al Tribunale di Roma che con la sentenza n. 5241/2021 ha rigettato le domande, rilevando che le produzioni documentali in atti facevano emergere un uso del marchio continuato nel tempo e la conseguente notorietà del Marchio Poiatti limitatamente ad una regione e alle province di Trapani e Catania e non in ambito utraregionale.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello dinanzi alla Corte di Appello di Roma che con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello.
Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha precisato che: a) Il marchio di fatto, per costituire anteriorità invalidante di un successivo marchio registrato, deve, in primo luogo, essere stato preusato effettivamente come marchio per i prodotti interessati e, in secondo luogo, il preuso deve essere caratterizzato da notorietà non solo locale e l’uso effettivo del segno deve essere stato omogeneo e costante nel tempo; b) il preuso di un marchio di fatto con notorietà nazionale comporta tanto il diritto all’uso esclusivo del segno distintivo da parte del preutente, quanto l’invalidità del marchio successivamente registrato ad opera di terzi, venendo in tal caso a mancare (fatta salva la convalidazione di cui all’art. 48 del r.d. 21.6.1942, n. 929) il carattere della novità, che costituisce condizione per ottenerne validamente la registrazione; c) nella specie, non vi è prova che il marchio ‘ Poiatti ‘ utilizzato dall’attrice avesse assunto notorietà non puramente locale anteriormente alla registrazione, da parte della convenuta, del marchio per cui è causa, atteso che dai documenti in atti emerge che la promozione pubblicitaria del marchio attori era limitata in ambito regionale, in
particolare tra le città di Catania e Trapani; d) in via generale non è sufficiente la diffusione a livello meramente regionale del marchio, dovendosi piuttosto ritenere la notorietà non puramente locale del marchio di fatto allorché esso, sia pure con dati di vendita più o meno significativi, al momento della domanda di registrazione del marchio in contestazione fosse distribuito in una pluralità di regioni; e) la tutela accordata nel nostro ordinamento al preuso, impone una rigorosa valutazione della sussistenza di un presupposto di fatto tale da determinare la nullità di una situazione di diritto ‘forte ‘, qual è la tutela del marchio registrato, in ragione della pubblicità e della tutela riconosciuta a quest’ultimo a seguito della registrazione ; f) nel caso in esame, inoltre, contraddistinta con il marchio ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, al momento della registrazione del mar chio ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ , era pasta ad uso alimentare in diversi formati, quindi un prodotto che aveva, al contempo, una potenzialità di diffusione senz’altro a livello nazionale e che era destinato, in Italia, alla generalità dei consumatori; g) non è possibile ritenere che una conoscenza anche regionale, ma invero limitata soltanto ad alcune province della Sicilia, costituisca una notorietà non meramente locale tale da determinare la mancanza di novità di un marchio registrato; h) il rischio di confusione può aversi unicamente quando il consumatore non solo conosca il segno usato sul mercato, ma in più percepisca il segno come marchio di un certo imprenditore e non vi è prova che il marchio ‘ Poiatti ‘ utilizzato dall’attrice avesse assunto notorietà non puramente locale anteriormente alla registrazione, da parte della convenuta, del marchio per cui è causa, atteso che dai documenti in atti emerge che la promozione pubblicitaria del marchio della società attrice era limitata in ambito regionale, in particolare tra le città di Catania e Trapani.
RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso per cassazione, notificato il 14/7/2023, con un motivo.
NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso. La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.La ricorrente deduce, con unico motivo, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 47 R.D. n. 929/1942 (c.d. legge marchi), degli artt. 13 e 14 l. n . 158/1967 e dell’art. 12 c.p.i. e lamenta che la dimensione ultraprovinciale dell’uso del marchio di fatto si qualifica come ultralocale e quindi ostativa alla registrazione di altro marchio confondibile. La sentenza non avrebbe di conseguenza applicato correttamente l’art. 12, co mma 1, lett. a) c.p.i. (e le corrispondenti norme vigenti in epoca precedente alla introduzione del codice di proprietà industriale) ed il correlato criterio di valutazione in merito alla qualificazione del preuso di un marchio di fatto e della conseguente notorietà non puramente locale, che determinano la nullità della registrazione nel medesimo ambito merceologico di un marchio successivo confondibile con il primo, erroneamente escludendo la notorietà generale del Marchio di fatto Poiatti al momento della registrazione del Marchio NOME COGNOME.
Nel caso di specie è pacifico che l’uso del Marchio COGNOME per pasta e prodotti affini è prioritario rispetto alla registrazione del Marchio NOME COGNOME (il Marchio COGNOME è stato utilizzato da RAGIONE_SOCIALE fin dalla fine degli anni ’60), ed è stat o un uso costante nel tempo sui prodotti e nella pubblicità.
La censura verte sul terzo motivo di appello, rigettato dalla Corte di merito, muovendo rilievi sul concetto di notorietà del marchio di fatto e sull’accertamento della notorietà puramente locale del marchio avversario.
Le doglianze sono infondate.
La ricorrente ritiene di aver dimostrato un uso del proprio marchio di fatto, nel territorio regionale, omogeneo e costante nel tempo, diversamente da quanto accertato e statuito dalla Corte di merito
che espressamente ha affermato: « non vi è prova che il marchio ‘RAGIONE_SOCIALE‘ utilizzato dall’attrice avesse assunto notorietà non puramente locale anteriormente alla registrazione, da parte della convenuta, del marchio per cui è causa, atteso che dai documenti in atti emerge che la promozione pubblicitaria del marchio attori era limitata in ambito regionale, in particolare tra le città di Catania e Trapani ».
Le questioni poste sono, quindi, due:
quando si riscontra il requisito della notorietà del marchio in ambito non locale;
gli esiti probatori sono adeguati al fine di dimostrare che l’uso del suo marchio sia avvenuto a livello almeno regionale.
Questa Corte ha più volte ribadito che l’uso in ambito ultralocale di un marchio, priva il marchio successivo del requisito della novità.
S i è definito l’ambito ultralocale come un ambito di diffusione del marchio almeno regionale ed il concetto non può logicamente coincidere con quello di pluri-provinciale, perché presuppone una diffusione, più o meno limitata quantitativamente, ma almeno su tutto il territorio regionale (in alcune pronunce si fa riferimento alla necessità di diffusione del preuso su scala nazionale non limitata all’ambito locale: cfr., Cass., n. 22845/2015) , poiché soltanto in questa ipotesi si può ritenere ultralocale (in motivazione, anche se per aspetti diversi, Cass., n. 2976/2020).
In tema di marchi d’impresa, ai sensi dell’art. 12, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 30 del 2005, il preuso di un marchio non registrato che non importi notorietà di esso, o che ne importi una notorietà puramente locale, non esclude la novità del marchio successivo e, quindi, la possibilità che il medesimo sia registrato; tuttavia, il detto preuso locale conferisce al titolare del segno il diritto di continuare ad utilizzarlo, per lo stesso genere di prodotto, nell’ambito dell’uso fattone, senza però che il preutente abbia anche il diritto di vietare
a colui che successivamente registri il marchio di farne anch’egli uso nella zona di diffusione locale, essendo in tale ipotesi configurabile una sorta di regime di “duopolio”, atto a consentire, nell’ambito locale, la coesistenza del marchio preusato e di quello successivamente registrato (Cass., n. 34531/2019; Cass., n.18736/2018).
Egualmente corretta è la valutazione degli esiti probatori sulle allegazioni riguardanti la pacifica coesistenza dei due marchi per decenni, che anzi avevano intrattenuto costanti rapporti commerciali di fornitura anche dopo la registrazione del marchio da parte della controricorrente.
In tema di marchi d’impresa, la ” preclusione per coesistenza “, che rappresenta un’ipotesi del tutto particolare, in cui viene meno il requisito essenziale del pericolo di confusione tra i segni distintivi di cui all’art. 20, comma 1, lett. b, d.lgs. n. 30 del 2005, richiede l’accertamento della prolungata coesistenza dei marchi ed anche della buona fede del titolare del marchio posteriore (Cass., n. 2976/2020; Cass., 23727/2023, ove si è chiarito che non può assumere rilievo il fatto che chi ha per primo registrato abbia acconsentito all’utilizzo del marchio identico o simile in un ambito strettamente locale).
La medesima censura è per altri aspetti anche inammissibile poichè tenta di dimostrare che la valutazione degli esiti probatori non abbia considerato una serie di circostanze idonee ad allegare prove su una effettiva diffusione del marchio su ll’intero territorio regionale. Circostanze tutte valutate e ritenute dalla Corte di merito non idonee a consentire di ritenere sussistente quella « notorietà non meramente locale che il giudice di prime cure ha ritenuto difettare » (p.11 s. della motivazione).
Viene formulata, così una pretesa di rivalutazione delle prove non ammissibile in sede di legittimità. La denuncia di violazione di legge
ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., ivi formalmente proposta, non può essere mediata dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie (cfr., anche Cass., n. 15235/2022; Cass., n. 9352/2022; Cass., n. 6000/2022; Cass., n. 25915/2021), « non potendosi surrettiziamente trasformare il giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative » (letteralmente Cass., n. 15235/2022; cfr. Cass., S.U., n. 34476/2019; Cass. n. 9021/2023; Cass. n. 6073/2023; Cass. n. 2415/ 2023; Cass. n. 7993/2023).
3. Per quanto esposto, il ricorso va rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 5.000 per compensi e € 200 per esborsi , oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione