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Marchio decettivo: priorità d’uso non giustifica l’uso

In una complessa vicenda sulla tutela di un marchio conteso tra un produttore americano e uno boemo, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale: il diritto di priorità d’uso (“preuso”) non legittima l’utilizzo di un marchio se questo è stato giudicato decettivo. L’uso di un marchio decettivo è un atto illecito che può costituire contraffazione dei marchi validamente registrati da terzi. La sentenza chiarisce che la protezione del consumatore dall’inganno prevale sul diritto di preuso, affermando che quest’ultimo non può essere esercitato in modo illecito.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Commerciale, Giurisprudenza Civile

Marchio Decettivo e Diritto di Preuso: La Cassazione Stabilisce un Principio Cruciale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 18683/2024) getta nuova luce su un tema centrale del diritto industriale: il conflitto tra il diritto di priorità d’uso di un marchio (“preuso”) e l’illiceità derivante dal suo carattere ingannevole. La Corte ha affermato con chiarezza che l’uso di un marchio decettivo costituisce un illecito e non può essere protetto, nemmeno se basato su un uso anteriore alla registrazione di un marchio concorrente. Questa decisione segna un punto fermo nella tutela dei consumatori e della lealtà commerciale.

I Fatti: Una Lunga Battaglia Legale su un Marchio Conteso

La vicenda giudiziaria, che dura da decenni, vede contrapposti un noto produttore di birra americano e un produttore boemo. Il cuore della disputa è un nome di birra famoso a livello mondiale, che il produttore boemo rivendica come indicazione geografica legata a una storica città della Boemia, mentre il produttore americano ne rivendica l’uso sin dagli inizi del XX secolo, ben prima delle registrazioni del concorrente.

Nel corso degli anni, diverse sentenze avevano riconosciuto da un lato il diritto di preuso del produttore americano, dall’altro la validità dei marchi registrati dal produttore boemo e, soprattutto, la natura decettiva del marchio americano, in quanto idoneo a indurre il consumatore italiano a credere che la birra provenisse dalla Boemia anziché dall’America.

La Corte d’Appello di Milano, nella sentenza impugnata, aveva rigettato la domanda di contraffazione del produttore boemo, ritenendola “tecnicamente impossibile” dato il diritto di preuso riconosciuto in capo al produttore americano.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’impatto sul marchio decettivo

La Suprema Corte ha ribaltato la decisione dei giudici di merito, cassando la sentenza e rinviando la causa alla Corte d’Appello. Il principio cardine affermato è che il diritto di preuso non costituisce uno scudo contro le conseguenze dell’illiceità.

Se un marchio, sebbene oggetto di preuso, viene dichiarato nullo per decettività, il suo utilizzo diventa illegale. Di conseguenza, tale uso illecito non solo non è più protetto, ma può integrare una contraffazione dei marchi validamente registrati da un concorrente. La Corte ha sottolineato che la tutela contro l’inganno del pubblico è un principio superiore che condiziona l’esercizio di qualsiasi diritto, incluso quello di preuso.

Le Motivazioni della Sentenza: Perché un Marchio Decettivo non può prevalere

La Cassazione ha sviluppato il proprio ragionamento su alcuni pilastri fondamentali:

1. Distinzione tra esistenza ed esercizio del diritto: Un conto è l’esistenza di un diritto di preuso, accertata in un precedente giudicato. Un altro conto è il suo esercizio concreto. Se tale esercizio si traduce in un’attività illecita, come l’inganno dei consumatori, non può trovare tutela nell’ordinamento.

2. La decettività come causa di illiceità: La sentenza ribadisce che un marchio decettivo è un marchio illecito ai sensi del Codice della Proprietà Industriale. L’uso di un marchio illecito è vietato. Pertanto, il produttore americano, continuando a usare un marchio giudicato decettivo, ha commesso un illecito.

3. La contraffazione come conseguenza dell’uso illecito: L’uso di un segno identico a un marchio validamente registrato, se compiuto senza averne diritto, costituisce contraffazione. Poiché l’uso del marchio decettivo da parte del produttore americano era divenuto illecito, esso ha violato il diritto di esclusiva del produttore boemo sui propri marchi validi, configurando così la contraffazione.

La Corte d’Appello aveva quindi errato nel considerare la contraffazione “impossibile”, poiché non aveva dato il giusto peso all’accertata e perdurante decettività del marchio del produttore americano, che ne rendeva illegittimo l’uso.

Conclusioni: Le Implicazioni per la Tutela dei Marchi

Questa importante pronuncia della Cassazione rafforza la protezione dei consumatori e la concorrenza leale, stabilendo che la trasparenza sul mercato è un valore non negoziabile. Le aziende non possono trincerarsi dietro un diritto di preuso, anche se riconosciuto da tempo, per continuare a utilizzare un marchio che trae in inganno il pubblico sulla reale origine dei propri prodotti.

La sentenza chiarisce che la decettività “infetta” il diritto di preuso, rendendone l’esercizio illegittimo e vulnerabile ad azioni di contraffazione. Per i titolari di marchi, ciò significa che la validità e la difendibilità del proprio segno distintivo non dipendono solo dalla priorità temporale, ma anche e soprattutto dalla sua costante conformità ai principi di correttezza e liceità.

Il diritto di priorità d’uso di un marchio (“preuso”) giustifica il suo utilizzo anche se viene accertato che è decettivo?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il diritto di preuso non può legittimare l’utilizzo di un marchio che è stato dichiarato decettivo, poiché tale uso è considerato illecito e viola il divieto di ingannare il pubblico.

L’uso di un marchio decettivo può costituire contraffazione di un altro marchio valido e registrato successivamente?
Sì. Secondo la sentenza, l’utilizzo di un marchio illecito perché decettivo costituisce una violazione dei diritti del titolare di un marchio valido, configurando quindi una contraffazione.

Un giudicato che riconosce il diritto di preuso impedisce a un tribunale di valutare in un processo successivo l’illiceità di tale uso per decettività?
No. La Corte ha chiarito che il giudicato sul diritto di preuso non preclude un successivo accertamento sull’illiceità di tale uso per ragioni diverse, come la decettività, che non erano state considerate nel primo giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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