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Marchio debole: la tutela contro l’imitazione

Due licenziatarie di una nota associazione statunitense legata al mondo del polo hanno citato in giudizio un’azienda concorrente e un grande distributore per contraffazione di marchio e concorrenza sleale, a causa della vendita di portafogli con un logo raffigurante due cavalieri. Il Tribunale ha respinto il reclamo, classificando i marchi delle ricorrenti come ‘marchio debole’ a causa dell’affollamento del mercato con segni simili. La corte ha concluso che non sussisteva alcun rischio di confusione per il consumatore, date le significative differenze visive e concettuali tra i loghi, negando di conseguenza la richiesta di inibitoria.

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Marchio Debole e Tutela Legale: Il Caso dei Simboli del Polo

Nel competitivo mondo della moda e degli accessori, la tutela del proprio marchio è fondamentale. Ma cosa succede quando un marchio, pur essendo registrato, è considerato un marchio debole? Un’ordinanza del Tribunale di Venezia offre spunti cruciali su questo tema, analizzando un caso di presunta contraffazione tra due aziende che utilizzano loghi con figure di cavalieri. La decisione evidenzia come l’affollamento di un mercato con segni simili possa ridurre drasticamente l’ambito di protezione di un marchio.

I Fatti: La Controversia tra i Marchi del Polo

La vicenda vede contrapposte le licenziatarie di una famosa associazione americana legata al gioco del polo e un’azienda concorrente, produttrice di portafogli e pelletteria. Le ricorrenti lamentavano che i prodotti della concorrente, venduti da un noto distributore, recavano un marchio e un logo – due cavalieri a cavallo con bandiere e la dicitura di un club – che costituivano una contraffazione dei propri marchi, notoriamente caratterizzati dalla figura di giocatori di polo a cavallo.

Le attrici hanno quindi richiesto al Tribunale un’ordinanza di inibitoria cautelare per fermare la commercializzazione dei prodotti ritenuti illeciti, sostenendo che tale pratica generasse confusione nei consumatori e costituisse un atto di concorrenza sleale, volto ad appropriarsi indebitamente del prestigio associato al mondo del polo.

La Decisione del Tribunale: Perché il Reclamo è Stato Rigettato

Il Tribunale di Venezia, confermando la decisione di primo grado, ha rigettato il reclamo. La corte ha basato la sua decisione su un’analisi approfondita della natura dei marchi in questione e del contesto di mercato, giungendo alla conclusione che non sussisteva né la contraffazione né la concorrenza sleale.

Il punto centrale della decisione risiede nella qualificazione dei marchi delle ricorrenti come ‘deboli’. Vediamo nel dettaglio le argomentazioni del collegio.

Analisi del Marchio Debole nel Settore Moda

Il Tribunale ha spiegato che la tutela di un marchio è direttamente proporzionale alla sua capacità distintiva. Un marchio può essere ‘forte’ o ‘debole’.

Distintività Intrinseca ed Estrinseca

Un marchio debole è un segno che ha un legame concettuale o descrittivo con il prodotto che identifica. Nel caso specifico, il riferimento al ‘polo’ e la rappresentazione di giocatori a cavallo sono strettamente connessi non solo allo sport, ma anche a uno stile di abbigliamento e a una categoria di prodotti (come le magliette ‘polo’). Il mercato della pelletteria e dell’abbigliamento è saturo di marchi che evocano questo mondo, rendendo qualsiasi segno basato su tale tema intrinsecamente debole.

Le ricorrenti, secondo il Tribunale, non sono riuscite a dimostrare che i loro marchi avessero acquisito una forte distintività attraverso l’uso (distintività estrinseca o ‘secondary meaning’). Nonostante gli ingenti fatturati, non hanno fornito prove decisive, come indagini demoscopiche, che attestassero un’associazione univoca nella mente dei consumatori tra il simbolo del giocatore di polo e la loro azienda.

Confronto tra Marchi e Rischio di Confusione

Per valutare la contraffazione, il giudice deve accertare il ‘rischio di confusione’ per il consumatore medio. Questa valutazione non può limitarsi a un singolo elemento, ma deve considerare i marchi nel loro complesso (valutazione sintetica e globale).

La Valutazione Globale e l’Elemento Dominante

Nonostante l’elemento figurativo (i cavalieri) fosse dominante in entrambi i segni, il Tribunale ha riscontrato differenze sostanziali:

* Marchi delle ricorrenti: Rappresentano due giocatori di polo in piena azione di gioco, con le mazze.
* Marchio della resistente: Raffigura due cavalieri affiancati, fermi, che sventolano bandiere (una delle quali britannica), senza alcun riferimento all’azione sportiva.

A ciò si aggiungono le differenze denominative: da un lato, il riferimento all’associazione nazionale statunitense; dall’altro, il nome di un singolo club specifico. Secondo la corte, il consumatore medio, valutando l’insieme degli elementi visivi e denominativi, sarebbe perfettamente in grado di distinguere la provenienza dei prodotti, escludendo così il rischio di confusione.

Le Motivazioni della Corte

Il Tribunale ha motivato il rigetto del reclamo sottolineando che i marchi delle reclamanti non possiedono una spiccata distintività. L’associazione tra il mondo del polo e un certo stile di abbigliamento e accessori è un fatto notorio, che indebolisce la capacità distintiva di qualsiasi marchio che si basi su tali elementi. L’affollamento del mercato con segni simili impone la necessità di un elevato grado di somiglianza per poter parlare di contraffazione, somiglianza che in questo caso non è stata ravvisata. Anche la domanda di concorrenza sleale è stata respinta, poiché l’uso di una placchetta metallica sui portafogli è una pratica comune nel settore e non una caratteristica esclusiva delle reclamanti. Il semplice richiamo al mondo del polo non costituisce un’appropriazione di pregi, ma un legittimo riferimento a un concetto stilistico diffuso.

Le Conclusioni: Implicazioni per i Titolari di Marchi

Questa ordinanza offre una lezione importante per le aziende: la scelta di un marchio debole, cioè legato a concetti descrittivi o evocativi molto diffusi nel proprio settore, comporta una tutela giuridica più ristretta. Per ottenere una protezione efficace, il titolare di un marchio debole deve dimostrare non solo la somiglianza con il segno contestato, ma anche che il proprio marchio ha acquisito una forte riconoscibilità sul mercato, tale da renderlo quasi sinonimo del prodotto stesso. In assenza di tale prova, anche modifiche non radicali al segno imitato possono essere sufficienti a escludere la contraffazione, come avvenuto nel caso in esame.

Quando un marchio è considerato ‘debole’ e quale tutela riceve?
Un marchio è considerato ‘debole’ quando è composto da elementi che hanno un legame semantico o concettuale con il prodotto o servizio che contraddistingue, oppure quando è diffuso in un mercato affollato di segni simili. La sua tutela è attenuata: per configurare una contraffazione, non basta una somiglianza generica, ma è necessario che le modifiche apportate dal concorrente siano talmente lievi da non essere percepite dal consumatore.

Come valuta il giudice il rischio di confusione tra due marchi complessi?
Il giudice effettua una valutazione sintetica e globale, considerando l’impressione d’insieme prodotta dai marchi nella memoria del consumatore di riferimento. Sebbene si possa identificare un elemento dominante (in questo caso, la figura dei cavalieri), il confronto deve tenere conto di tutti gli elementi, visivi, fonetici e concettuali, per determinare se il pubblico possa essere indotto in errore sulla provenienza dei prodotti.

Perché la corte ha negato che vi fosse concorrenza sleale?
La corte ha escluso la concorrenza sleale perché le pratiche contestate non erano esclusive delle ricorrenti. L’uso di una placchetta metallica sui portafogli è risultato essere una prassi comune nel settore della pelletteria. Inoltre, il generico richiamo al mondo del polo è considerato un riferimento a uno stile e non un’appropriazione indebita del prestigio specifico delle ricorrenti, data la diffusione di tale tema nel mercato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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