Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2544 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2544 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4564/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in MARINA INDIRIZZO RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè
NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO GENOVA n. 826/2022 depositata il 13/07/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Ritenuto
1.L’arch. NOME AVV_NOTAIO ha acquistato il 50% della proprietà di un immobile indiviso, a seguito della aggiudicazione in una procedura di espropriazione forzata.
L’altro 50% dell’immobile era di proprietà del RAGIONE_SOCIALE, che lo aveva affidato alla società RAGIONE_SOCIALE.
L’acquisto da parte del AVV_NOTAIO si è perfezionato nel maggio del 2005, ed è stato comunicato al comproprietario nel successivo mese di luglio.
Tuttavia, secondo il COGNOME, sia il comproprietario (RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE) che l’ente che ne aveva la gestione, non hanno mai provveduto alla manutenzione del bene, riducendolo in uno stato di degrado tale da provocare una ordinanza comunale di messa in sicurezza.
Infine, solo nel 2013, il comproprietario si è dimostrato disponibile ad alienare l’immobile al COGNOME, il quale tuttavia ha dovuto
ricorrere ad una ingiunzione per ottenere il corrispettivo e la sua parte dei canoni di locazione.
2.- Ciò detto, NOME COGNOME ha convenuto in giudizio sia il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che l’RAGIONE_SOCIALE per ottenere il risarcimento del danno consistente nel degrado in cui l’immobile era stato ridotto.
3.- A questa richiesta si sono opposti entrambi i convenuti, mentre RAGIONE_SOCIALE ha proposto domanda riconvenzionale per ottenere il rimborso del 50% delle spese di manutenzione.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ha accolto la domanda principale, sia pure riducendo l’ammontare della richiesta di risarcimento, ed ha rigettato quella riconvenzionale.
4.1.- Hanno dunque proposto appello principale il COGNOME, per ottenere una somma maggiore, ed appello incidentale il RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, per l’accoglimento della riconvenzionale.
5.La Corte di Appello di Genova ha accolto l’appello incidentale e ritenuto assorbito quello principale.
6.- Conseguentemente, NOME COGNOME ricorre per cassazione con un motivo, illustrato da memoria. Si sono costituiti con controricorso sia il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE che l’RAGIONE_SOCIALE, che ha altresì depositato memoria.
Considerato
La ratio della decisione impugnata
1.I giudici di appello hanno accolto la domanda dell’RAGIONE_SOCIALE, sul presupposto che era onere del COGNOME attivarsi per provvedere alla manutenzione: che egli cioè non poteva dolersi del degrado dell’immobile e della sua conseguente perdita di valore in quanto non aveva fatto alcunché né per ottenere il possesso del bene, né soprattutto per costringere il comproprietario ad agire. E ciò pur avendo l’onere di ottenere, ai sensi dell’articolo 1105 c.c., i
provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa in comune.
Né risulta dal carteggio tra le parti che il COGNOME avesse mai chiesto di entrare nel possesso del bene o di concorrere alla sua manutenzione.
Il motivo di ricorso
2.Con l’unico motivo di ricorso si prospetta violazione dell’articolo 1227 c.c.
La tesi è la seguente.
I giudici di merito hanno ritenuto che il ricorrente ha contribuito al danno, o che ne è sua la responsabilità, in quanto alcunché egli ha fatto per entrare in possesso del bene o per costringere il comproprietario (che il possesso aveva) a fare la manutenzione.
In questa affermazione vi sarebbe una violazione della regola contenuta nell’articolo 1227 c.c., che non comporta l’onere del danneggiato di agire in giudizio per evitare o ridurre il danno: essa addossa al danneggiato le condotte concorrenti nel danno, ma non fino al punto da addebitargli il danno che poteva essere evitato soltanto agendo in giudizio.
Il motivo è infondato.
La ratio della decisione impugnata è nel senso che dalla istruttoria svolta è emerso un comportamento inerte del COGNOME quanto alla manutenzione del bene, nel senso che egli non ha insistito per avere il possesso del bene, o per concorrere alla manutenzione del bene. Il richiamo all’articolo 1105 c.c. serve a rafforzare l’accertamento della inerzia del COGNOME, il quale, secondo i giudici di merito, avrebbe ben potuto attivare la procedura prevista da quella norma per rimediare alla inerzia del comproprietario.
Secondo i giudici di merito, il comproprietario, sebbene possessore, non aveva l’obbligo di fare lui esclusivamente la manutenzione, che era invece da decidersi a maggioranza, ed in mancanza di un accordo, era da demandare al giudice ex articolo 1105 c.c.
A fronte di ciò, non è pertinente osservare che l’articolo 1227 c.c. non si spinge al punto da gravare il danneggiato dell’onere di agire in giudizio per evitare il danno, che è regola estranea alla ratio decidendi , la quale non ha fatto applicazione della regola del concorso del danneggiato, ma ha soltanto escluso che il comproprietario potesse dirsi obbligato, in quanto tale , alla manutenzione straordinaria ed ha escluso che l’adempimento di quest’obbligo potesse essere preteso dall’altro comproprietario, se non ricorrendo alla procedura sopra citata.
Con la conseguenza che l’altro comproprietario non poteva ritenersi esclusivo responsabile del degrado.
Né ha senso obiettare che il COGNOME alcunché poteva fare non avendo il possesso del bene, che invece era interamente nella disponibilità dell’altro comproprietario, in quanto la ratio della decisione impugnata, non censurata sotto questo aspetto, è che pur non avendo il possesso del bene, il ricorrente poteva agire perché si decidesse la manutenzione, facendo ricorso alla procedura di cui all’articolo 1105 c.c.
In conclusione, non ha rilievo censurare una errata interpretazione dall’articolo 1227 c.c., di cui i giudici di merito non hanno fatto applicazione, avendo invece applicato una regola diversa: non già che il ricorrente, non avendo agito per ottenere il possesso del bene, ha contributo al suo degrado, bensì che il ricorrente aveva la medesima possibilità (pur non avendo il possesso) di contribuire alla manutenzione dell’immobile e non lo ha fatto in alcun modo, né offrendola (avendo il carteggio dimostrato tutt’altro, e questo è accertamento in fatto qui non censurabile), né provocandola con i mezzi a sua disposizione (art.
1105 c.c.). Con conseguente esclusione della responsabilità dell’altro comproprietario.
Il ricorso va dunque respinto. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, nella misura di 6000,00, oltre 200,00 euro per esborsi, ed oltre spese generali ed accessori.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 13/12/2023.