Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5440 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5440 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 25644-2021 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
Oggetto
Altre ipotesi pubblico impiego
R.G.N. 25644/2021 Cron. Rep. Ud. 06/02/2025 CC
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 122/2021 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 07/04/2021 R.G.N. 15/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/02/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE:
la c orte d’ appello di Caltanisetta ha respinto il gravame di NOME COGNOME contro la sentenza del Tribunale di Enna che aveva rigettato il ricorso, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, volto ad ottenere l’accertamento del diritto a vedersi attribuire, con decorrenza 16/7/2010 (o in subordine dal 8/7/2013), la categoria E con le conseguenti differenze retributive;
la corte distrettuale, quanto alla domanda di riconoscimento delle mansioni superiori sia ai fini dell’inquadramento sia ai fini delle differenze retributive, ne ha escluso la fondatezza, ciò alla luce della prova per testi espletata in primo grado, non avendo la lavoratrice, pur rientrante nel profilo di biologa, fornito prova di aver espletato mansioni riconducibili non già alla categoria C d’appartenenza -qualifica di ‘impiegato amministrativo’ -ma nella categoria E, posizione E1, difettando nella specie quell’autonomia decisionale propria di tale categoria, la quale richiederebbe di «coordinare, controllare e gestire l’attività all’interno dell’area sanitaria », incombenze svolte dai soli «direttori e responsabili»;
per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la lavoratrice sulla base di due motivi, ai quali ha opposto difese
con controricorso RAGIONE_SOCIALE entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo si denuncia «violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 132 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 4 cod. proc. civ. -violazione degli artt. 115, 116 e 342 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 4 cod. proc. civ. -omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.»;
la ricorrente ripercorre le risultanze della prova per testi, a suo dire non lette correttamente dal giudice d’appello, ed osserva che al biologo che si occupa «esclusivamente degli infortuni da rischio biologico» compete l’inquadramento in categoria E; cita numerose note, verbali e relazioni aziendali dal contenuto delle quali si sarebbe dovuto evincere, a suo avviso, lo svolgimento di mansioni superiori;
con il secondo motivo, che alla rubrica della critica precedente (art. 360 nn. 3-4-5 cod. proc. civ.) aggiunge la violazione di legge in relazione agli artt. 1362, 1363 e 2103 cod. civ. e agli artt. 15 e 51 del c.c.n.l. per il Personale dipendente delle strutture sanitarie associate all’AIOP, all’ARIS e alla Fondazione Don NOME COGNOME, la ricorrente precisa che, in quanto biologa, era solita svolgere i compiti assegnati in piena autonomia, come attestato dalla documentazione ed emerso dall’istruttoria espletata: trascrive, a riguardo, un brano delle
dichiarazioni di un testimone che parla di «decisioni che venivano da lei assunte in autonomia»;
non occorreva, ex art. 51 c.c.n.l. cit., ai fini del riconoscimento delle pretese rivendicate , svolgere – come ritenuto dal giudice d’appello – compiti di ‘coordinamento e controllo’;
i due motivi, che ben possono essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili;
3.1 sono innanzitutto denunciate promiscuamente sia violazioni di norme di diritto -sia sostanziali che processuali sia vizi motivazionali, senza che sia adeguatamente specificato quale errore, tra quelli dedotti, sia riferibile ai vizi di così diversa natura qui lamentati, in tal modo non consentendo una sufficiente identificazione del devolutum e dando luogo alla convivenza, in seno al medesimo motivo di ricorso, «di censure caratterizzate da irredimibile eterogeneità» (v. Cass., Sez. U., 24 luglio 2013, n. 17931; Cass., Sez. Un., 12 dicembre 2014, n. 26242; Cass. 13 luglio 2016, n. 14317; Cass. 7 maggio 2018, n. 10862);
infatti, il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. ricorre o non ricorre per l’esclusivo rilievo che, in relazione al fatto così come accertato dai giudici del merito, la norma, della cui esatta interpretazione si controverte, non sia stata applicata quando doveva esserlo, ovvero che lo sia stata quando non si doveva applicarla, ovvero che sia stata ‘male’ applicata, e cioè applicata a fattispecie non esattamente sussumibile nella norma
(v. Cass. 15 dicembre 2014, n. 26307; Cass. 24 ottobre 2007, n. 22348), sicché il sindacato sulla violazione o falsa applicazione di una norma di diritto presuppone la mediazione di una ricostruzione del fatto incontestata; al contrario del sindacato ai sensi dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. che invece postula un fatto ancora oggetto di contestazione tra le parti;
nei motivi in esame mal si comprende in quali sensi convivano i differenti vizi denunciati, articolati in una intricata commistione di elementi di fatto, riscontri di risultanze istruttorie, argomentazioni giuridiche, frammenti di sentenza impugnata, rendendo i motivi medesimi inammissibili per difetto di sufficiente specificità;
3.2 non si ravvisa, inoltre, la violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., perché, all’esito della riformulazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., come evidenziato dalle Sezioni Unite di questa Corte, l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità, quale violazione di legge costituzionalmente rilevante, attiene solo all’esistenza della motivazione in sé e prescinde dal confronto con le risultanze processuali, esaurendosi nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili», nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile» (Cass. S.U. n. 8053/2014 che richiama Cass. S.U. n. 5888/1992);
il difetto del requisito di cui all’art. 132 cod. proc. civ. si configura, quindi, solo qualora la motivazione o manchi del tutto
-nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione -ovvero esista formalmente come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum ;
esula, invece, dal vizio di violazione di legge la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle quaestiones facti , implicante un raffronto tra le ragioni del decidere adottate ed espresse nella sentenza impugnata e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito;
nel caso di specie, il preteso vizio motivazionale, sul quale il ricorrente ha insistito, è ricavato dal confronto con la documentazione prodotta e con le deposizioni dei testi, e sollecita, quindi, un sindacato precluso alla Corte di legittimità dopo la riformulazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.;
3.3 anche la denuncia in ordine all’omesso esame di un fatto decisivo non coglie nel segno perché, anche prescindendo dalla preclusione dell’art. 348 ter comma 5, cod. proc. civ. (vertendosi in ipotesi di c.d. ‘doppia conforme’), le allegazioni difensive sono volte a sollecitare inammissibilmente una revisione delle valutazioni operate dalla corte d’appello in ordine agli esiti dell’attività istruttoria;
detta sollecitazione si pone in conflitto con il principio enunciato da questa Corte, per cui, nel procedimento civile, sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione
del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento (Cass., Sez. 2 -, Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019; Cass., Sez. 2-, Sentenza n. 1554 del 28/01/2004);
conclusivamente, il ricorso va dichiarato nel suo inammissibile; spese di legittimità -liquidate in dispositivo -secondo soccombenza.
P.Q.M.
La Corte: dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di legittimità, che liquida in €. 3.000,00 per compensi professionali ed €. 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie e agli accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione