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Mansioni superiori: retribuzione e pianta organica P.A.

Una psicologa ha svolto mansioni superiori dirigenziali in un’azienda sanitaria. La Corte d’Appello ha negato le differenze retributive per la mancanza di un posto vacante in pianta organica. La Corte di Cassazione, riconoscendo l’importanza della questione, ha rinviato il caso a pubblica udienza per una decisione di principio sulle condizioni per il riconoscimento delle mansioni superiori nel pubblico impiego.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Mansioni superiori nel pubblico impiego: il posto in pianta organica è sempre necessario?

Il diritto alla maggiore retribuzione per lo svolgimento di mansioni superiori nel settore pubblico è un tema complesso e dibattuto. Una recente ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione riaccende i riflettori su una questione cruciale: per ottenere il riconoscimento economico, è indispensabile che esista un posto formalmente vacante nella pianta organica dell’ente? La Suprema Corte ha ritenuto la questione così importante da meritare un approfondimento in pubblica udienza, segnalando un possibile punto di svolta interpretativo.

Il caso in esame: da psicologa a dirigente di fatto

Una psicologa dipendente di un’Azienda Sanitaria Provinciale ha svolto per anni compiti di natura dirigenziale. Forte di ciò, ha chiesto al Tribunale il riconoscimento delle mansioni superiori e il pagamento delle conseguenti differenze retributive. In primo grado, la sua domanda è stata accolta. Tuttavia, la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione, accogliendo il ricorso dell’Azienda Sanitaria. Secondo i giudici di secondo grado, nel pubblico impiego contrattualizzato, il diritto alla qualifica dirigenziale (e alla relativa paga) è subordinato all’esistenza di una posizione corrispondente, specificamente prevista e vacante nella pianta organica dell’ente. La lavoratrice, a dire della Corte territoriale, non aveva fornito prova di tale presupposto.

I motivi del ricorso in Cassazione

La lavoratrice ha impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui spiccano due motivi principali:

Eccezioni procedurali e di merito

La ricorrente ha contestato la tardività con cui l’Azienda Sanitaria aveva sollevato l’eccezione sulla mancanza di un posto in pianta organica, sostenendo che tale argomento avrebbe dovuto essere introdotto nel primo grado di giudizio.

La questione centrale sulle mansioni superiori

Il cuore del ricorso risiede nella violazione dell’art. 52 del D.Lgs. 165/2001 e dell’art. 36 della Costituzione. La tesi della lavoratrice è che nessuna norma, nell’impiego pubblico, condizioni il diritto alle differenze retributive per mansioni superiori alla presenza di un posto vacante. Interpretare la legge in tal senso creerebbe una disparità di trattamento ingiustificata: lavoratori che svolgono le medesime mansioni riceverebbero un compenso diverso solo in base a un fattore formale come la pianta organica. Tale interpretazione, inoltre, violerebbe il principio costituzionale che garantisce una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte non ha deciso il caso nel merito ma ha emesso un’ordinanza interlocutoria. I giudici hanno riconosciuto che il terzo motivo di ricorso, relativo all’interpretazione dell’art. 52 del D.Lgs. 165/2001, riveste un “valore nomifilattico”. Ciò significa che la questione ha un’importanza fondamentale per l’interpretazione uniforme della legge a livello nazionale. La decisione che verrà presa avrà un impatto significativo su tutti i casi simili futuri nel pubblico impiego. Per questa ragione, la Corte ha ritenuto opportuno che la discussione avvenga in una pubblica udienza, un contesto più solenne che permette un’interlocuzione più ampia e diretta tra le parti e il Pubblico Ministero. Questa scelta sottolinea la delicatezza e la rilevanza del principio di diritto da stabilire.

Le conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione sospende il giudizio e prepara il terreno per una pronuncia di grande rilievo. La futura sentenza dovrà chiarire in modo definitivo se, nel pubblico impiego, il diritto a essere pagati per il lavoro di livello superiore effettivamente svolto prevalga sui requisiti formali legati alla struttura organizzativa dell’ente. La decisione avrà conseguenze dirette non solo sulla lavoratrice protagonista del caso, ma su innumerevoli dipendenti pubblici che si trovano in situazioni analoghe, definendo il bilanciamento tra i vincoli di bilancio e di organizzazione della Pubblica Amministrazione e il diritto fondamentale a una giusta retribuzione sancito dalla Costituzione.

Un dipendente pubblico che svolge mansioni superiori ha sempre diritto alle differenze retributive?
La questione è complessa. Secondo la Corte d’Appello, il diritto è subordinato alla prova dell’esistenza di un posto vacante corrispondente nella pianta organica dell’ente. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto la questione meritevole di un approfondimento in pubblica udienza, suggerendo che questo principio potrebbe essere riesaminato.

Perché la Corte di Cassazione non ha deciso subito il caso?
La Corte ha emesso un’ordinanza interlocutoria perché ha riconosciuto che la questione legale sollevata (il rapporto tra mansioni superiori e pianta organica) ha un’importanza tale da richiedere una decisione ponderata per garantire un’interpretazione uniforme della legge. Questo si definisce “valore nomifilattico”.

Cosa si intende per violazione dell’articolo 36 della Costituzione in questo contesto?
Si sostiene che negare il compenso per le mansioni superiori effettivamente svolte solo perché manca un posto in pianta organica violerebbe il principio di una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato. Si creerebbe una situazione in cui lavoratori che svolgono gli stessi compiti dirigenziali vengono pagati in modo diverso, in maniera ritenuta ingiustificata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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